2 - Traces
Patrice fissa attonito il volto dell’uomo che ha di fronte. Scuote la testa, incredulo. «Vostra figlia… Ma come… Quando… Impossibile!» sbotta costernato.
La smorfia tirata che vorrebbe far passare per un sorriso convince il capitano a desistere dalla sua incredulità. «Forse inspiegabile, ma a quanto pare affatto impossibile. Eppure…». Calcia l’aria, frustrato. «Non riesco a comprendere. Ho fatto in modo che non si sapesse del nostro legame; neppure lei stessa ne è stata informata. Si tratta solo di una giovane insegnante, dopo tutto. Dove mai può essere? Perché è svanita nel nulla senza ragione?».
«Due ottime domande» si intromette Desmalions. «Avete con voi una sua fotografia? Ci sarà di certo utile quanto inizieremo le ricerche».
Lo scruta in viso, pensieroso. Annuisce. «Naturalmente» conferma, estraendo dal portafogli un piccolo cartoncino. «Ecco a voi». Si allunga a porgere l’immagine al prefetto ma, prima che questi possa afferrarla, assottiglia lo sguardo. «Nessuno deve sapere chi realmente ella sia. Siamo intesi?» sibila in tono minaccioso.
«Sì, lo siamo» conferma il prefetto. Osserva con attenzione e un certo moto di curiosità la foto della donna e si porta una mano al mento. «D’altronde non gioverebbe a nessuno; tutt’altro. Diverrebbe invece solo fonte di disordini, e certo nessuno di noi vuole questo, dico bene, signor Perenna?».
«Nel modo più assoluto».
⁂
L’ispettore Flognard, in compagnia del sergente Lesmous, dopo essersi fatti annunciare raggiungono il prefetto e i suoi due ospiti. Il sergente Maxime Lesmous è un uomo vigoroso e dai modi decisi, una fronte prominente e il naso leggermente camuso sotto occhi neri e affilati.
L’ispettore Tobias Flognard, i cui capelli un po’ radi e già ingrigiti uniti a marcate rughe d’espressione sul viso serio denotano il suo aver già oltrepassato la soglia di una mezza età raggiunta con gran dispendio di energie, si fa avanti per primo. «Signor prefetto» borbotta, accennando un gesto con il capo e tornando poi a fissare il resto dei presenti con un’attenzione che rasenta l’aperto sospetto.
Desmalions lancia una breve occhiata all’uomo che ha messo a soqquadro la sua giornata altrimenti tranquilla, si schiarisce la voce e prepara una spiegazione ragionevole per i due funzionari.
«Ebbene, signori, questa è la situazione: il signor… Perenna, qui presente, si trova da noi per denunciare la scomparsa di una persona». Solleva la piccola fotografia di modo che tutti la possano vedere con agio. «Il fatto è accaduto due giorni fa, ma solo questa mattina egli ne è venuto a conoscenza. Pertanto è necessario che si dispongano le ricerche. Signore, dove risiedeva la scomparsa?».
«Abita e lavora a Saint-Denis, signor prefetto. Dall’autunno del 1913, ormai».
«Ha parenti? Amici? Una famiglia?».
Il suo sguardo è insondabile quando risponde a Desmalions. «Nessuna famiglia, attualmente. Un’amica, la medesima che mi ha avvertito della sua scomparsa. Che io sappia nessun parente in vita» spiega in tono asciutto e incolore.
«Capisco. Lasciatemi, per cortesia, l’indirizzo dell’abitazione e del luogo di lavoro».
«Insegna presso l’istituto Dauphin, che potrete trovare al numero 15 di Place Victor Hugo. Abita poco distante, al numero 5 di Rue des Boucheries» l’istruisce solerte.
Ancora una volta bussano alla porta. Il prefetto dà un sonoro sbuffo esasperato e ringhia un «Avanti» ben poco sentito.
L’usciere, con un’espressione mortificata in volto avendo intuito l’indisposizione del prefetto, si fa avanti con eccessiva prudenza, affacciandosi discretamente all’uscio. «Scusate, signor prefetto. La guardia all’ingresso ha mandato su una missiva per il signor Perenna e ho pensato… che potesse essere di una qualche importanza» riferisce, quasi bisbigliando l’ultima parte, essendosi avveduto del brusco movimento suscitato nell’interessato.
Quest’ultimo, infatti, ha abbandonato con un balzo la poltrona, raggiungendo il messaggero ad ampie falcate. «Il destinatario della vostra lettera sono io» afferma allungando una mano. «Datemela» ordina, dimenticando sul momento i dovuti riguardi.
L’usciere, interdetto, lancia uno sguardo preoccupato al prefetto, come chiedendo il permesso. Desmalions rotea gli occhi e conferma con un secco cenno della testa. La busta viene quasi strappata di mano al pover’uomo che, non avendo idea di come reagire, si prodiga in un ultimo imbarazzato inchino e lascia la stanza richiudendosi l’uscio alle spalle.
Senza attendere un istante di più, la busta viene aperta, strappandone in parte l’involucro, e la missiva rivelata: un unico foglio di sottile carta velina dattiloscritta da carta carbone, sul quale si leggono poche righe di testo.
GL
20 2 12 18
47 59 41 14, 7 50 59 5
22951419.1952112
Aggrotta le sopracciglia, passando più volte lo sguardo sul breve messaggio, infine si volta verso la scrivania del prefetto, mentre i presenti sono occupati a fissarlo con scetticismo o preoccupazione. «Una carta dell’Europa, per gentilezza».
Desmalions sarebbe tentato di cacciarlo fuori una volta per tutte, ma suo malgrado è anche curioso di scoprire in che modo l’inatteso visitatore riuscirà a districarsi dall’impiccio, perciò ancora una volta decide di venire incontro alle sue richieste e recupera per lui un rotolo fra i tanti presenti nel suo archivio, ponendolo sulla propria scrivania e srotolandolo a beneficio di tutti i presenti. «A voi, signore» insinua, tutto sommato divertito dalla faccenda.
Senza dare alcun peso all’atteggiamento di sufficienza del prefetto, fa correre le mani sulla mappa che gli è stata fornita e inizia la ricerca. «Vediamo, vediamo» lo sentono mormorare. «Ah!» esclama d’un tratto, facendo sobbalzare più d’un presente. «Qui. È qui l’appuntamento».
«Come? Che appuntamento?» sbotta il prefetto senza comprendere di cosa mai stia parlando.
«Quello del messaggio, è ovvio».
Desmalions, come del resto gli altri uomini che gli sono attorno, guardano confusi ora l’uomo ancora chino sulla mappa, ora il messaggio impresso sul foglio, senza comprendere il senso dell’affermazione appena udita.
«Di cosa state parlando, per amor del cielo? Sono solo numeri» tenta, ora più irritato che curioso.
Solleva lo sguardo sul prefetto e l’osserva per accertarsi che stia parlando sul serio. Appurato ciò soffia stizzito e afferra in malo modo il messaggio. «Sì, certo: numeri. Ma la prima serie è una data, la data di dopodomani, e c’è anche un orario, le sei di sera. È chiaramente un appuntamento. E la seconda serie sono fuor di dubbio coordinate geografiche, che portano qui» asserisce, mostrando sulla mappa un luogo preciso: Freiburg im Breisgau in Germania.
Ancora i presenti lo fissano stolidi e, per quanto abbia atteso una reazione alle sue parole, alla fine non può fare a meno di spazientirsi. «Ebbene, io parto» getta fra loro, all’apparenza incurante di eventuali opinioni contrarie.
«Come? Subito?» s’impensierisce Patrice, andandogli incontro e sperando di farlo ragionare.
«Esatto, non c’è un solo minuto da perdere» conferma.
«Se siete deciso, signor Perenna, allora organizzerò anche la partenza dell’ispettore Flognard e del sergente Lesmous, così che…».
«Impossibile. È necessario che mi ci rechi da solo» si oppone.
«Come sarebbe? Non siate sciocco, sarebbe imprudente…».
Ma le rimostranze del prefetto vengono nuovamente interrotte da un suo gesto impaziente. «Imprudente sarebbe presentarmi in compagnia, in particolar modo di agenti di polizia. Il messaggio avverte chiaramente di presentarmi da solo» spiega con quel poco di pazienza che gli rimane.
«Lasciate che almeno io vi accompagni» lo prega Patrice, la cui angoscia è ormai ascesa alle stelle. «Potrei venire in treno con voi e rimanere di guardia, nascosto, mentre voi incontrare questa gente. Non ci si può fidare di costoro, e inoltre sareste circondato da boches zotici e senza scrupoli».
Sorride e afferra con calore una spalla del capitano. «Ah, mio caro amico, mi farebbe solo che piacere poter contare su di voi. Purtroppo non sarebbe prudente. Con la vostra presenza non prevista correremmo il rischio di mal disporre chiunque si trovi dietro a questa brutta faccenda e mettere così in pericolo Geneviève» si rammarica.
Patrice sussulta, allarmato. «Oh, no, questo mai!» esclama, atterrito dall’eventualità. «Solo… promettetemi di essere prudente. Non conosciamo neppure i loro motivi» prega.
Annuisce, grave. «Non preoccupatevi, Patrice. Presterò la massima attenzione. Intendo giusto scoprire perché agiscono e a cosa mirano». Il suo sguardo deciso si rabbuia, le sue dita si serrano con forza. «Vedremo, infine. Ancora non sanno, costoro, in cosa sono andati a mettere il naso».