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Autore: silviaoceanomare    01/09/2020    0 recensioni
Esercitarsi alla scrittura con le storie degli altri, con le storie di chi, forse, neppure esiste, o forse sì.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caro Mastrocaro Stefano,
io ti amavo perché ti innamoravi continuamente delle donne degli altri e mai di me. Ognuno ha il diritto di farsi del male come vuole ed io mi facevo del male vedendoti soffrire per delle donne che desideravi e non potevi avere.
Ci siamo conosciuti quel giorno di fronte al castello di Miramare: tu già amavi Sorrento Marina, mia cugina, anche se i suoi occhi non ricordavano l'acqua per niente, mentre io, Germi Vittoria, già amavo te, suo pretendente sciagurato, giacché Sorrento Marina era fidanzata da tanti anni con Desiderio Ludovico, figlio dell'imprenditore edile Desiderio Filippo.
La famiglia Sorrento, come sai, era tra le famiglie rispettabili di Trieste, anche se il mare che sognavano di vedere non era di certo l'Adriatico… Ma nemmeno lo Ionio, a pensarci meglio. Tuttavia, il verde losco dell'Adriatico ricordava loro l'odore del denaro. In questa sinestesia avrebbero, infatti, voluto, come molta gente che dal sogno americano venne rapita, espatriare e solcare le coste del Nuovo Mondo, senza sapere tuttavia che, ormai, anche l'America s'era fatta vecchia e satura, senza valori né forza lavoro. Ti sei fatto rapire anche tu, Mastrocaro Stefano, dal sogno americano.
C'eravamo tanto amati, anche se tu non lo sapevi, anche se io avevo amato anche per te, anche se per te io ero solo la sublimazione temporanea dei tuoi orgasmi in cui avresti voluto urlare il nome di mia cugina, Sorrento Marina, non il mio, Germi Vittoria, ma ti sei fatto rapire anche tu dal sogno americano e, dal giorno della tua partenza, nessuno ha più notizie di te. Anzi, non le ebbe finché, qualche anno dopo, non vennero a sapere che ero stata io a organizzare la tua partenza, sì, ma all'inferno; per questo oggi, mercoledì venti marzo di un anno qualunque, io ti scrivo questa lettera presso via del Coroneo, al numero ventisei.
Ti hanno ritrovato un mese e ventuno giorni fa nei pressi della vecchia Risiera di San Sabba, quasi fossi stato un detenuto politico. Sui tuoi ormai logori vestiti sono state trovate delle tracce del mio DNA: solo perché poco prima di crepare, convinto che avresti raggiunto mia cugina a Santa Barbara, non ti eri risparmiato lo sfizio di scoparmi un'ultima volta. Così mi hai detto addio.
Mi hai detto addio sporcandoti pantaloni e giacca di un piacere che era mio, ma che non era vero, perché l'unico a provare piacere eri sempre stato tu, in quegli anni, che col corpo scopavi me ma con la mente ti scopavi mia cugina.

 
Sempre tua,
Vittoria Germi
   
 
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