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Autore: Paridoso1    01/09/2020    0 recensioni
Pensate originariamente come storia singola, le Cronache raccontano del vaggio attraverso le dieci Ere di Loren e i suoi compagni alla ricerca di dieci leggendari artefatti che sarebbero in grado di cambiare il passato.
Genere: Avventura, Mistero, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo, parte prima: Storie

L’atterraggio fu stranamente doloroso. Di solito, quando viaggiavano tra un’Era e l’altra si ritrovavano semplicemente da qualche parte nel mondo, esattamente come se n’erano andati dall’epoca precedente. Quella volta, invece, era stato come atterrare dopo una lunga caduta. Richard aveva la schiena tutta indolenzita ed era seduto a terra in mezzo alla polvere, Nem giaceva faccia a terra con il naso sanguinante e Loren, Josse e Claire formavano un unico mucchio di lividi e contusioni. Attorno a loro si ergevano le rovine di un anfiteatro, marmo bianchissimo levigato dagli anni e dal vento e dalla sabbia del deserto di Center. Il sole era alto sul continente di Flurensia, e il vento del deserto non rinfrescava affatto il caldo torrido di mezzogiorno, sollevando anzi fastidiosi vortici di sabbia.

Improvvisamente, un enorme tonfo scosse la terra e lacerò l’aria, portando ai viaggiatori insieme un po’ d’ombra e una cascata di sabbia addosso. Alzando lo sguardo, Richard quasi si commosse nel vedere l’imponente sagoma umanoide del Kostchtchie in tutto il suo gigantesco splendore. Sembrava addirittura più pulito e lucido di quanto ricordasse, come se fosse fresco di fabbrica. Ovviamente, il gigantesco robot non aveva attirato solo l’attenzione del suo pilota, e tutti i suoi compagni di avventura si fermarono ad ammirarlo increduli dopo essersi alzati e massaggiati le membra doloranti.

-Beh, capo,- esclamò Josse, impressionato -avevi detto che era grosso. Ma non immaginavo così grosso.

-È proprio lui.- Richard sorrise estasiato. -Non è una stupida imitazione che so a malapena accendere. È lui.

-Possiamo usarlo per attraversare il deserto.- suggerì Claire. Solo il deserto? Richard avrebbe potuto portarli ovunque con il Kostchtchie nella sua forma originale. Tra l’altro, ora che il mech era tornato come nell’Ottava, magari la stessa sorte era toccata anche a Loren.

-Loren!- lo apostrofò -Come ti senti? Che effetto ti fa la Terza?

La Guida fece come per sciogliersi le articolazioni. I suoi occhi erano tornati di un blu elettrico uniforme e sentiva un leggero bisogno di bere un goccetto. Annusò l’aria, e subito le sue narici si riempirono dell’odore pungente del sangue e di uno strano odore simile alla polvere da sparo, ma più dolce. Qualunque cosa fosse successa lì, non poteva essere passata più di una settimana. -Fresco come se mi avessero appena assemblato, ragazzi. E altrettanto assetato.

Nem aspettò la fine della conversazione per parlare. Non conosceva bene nessuno degli altri, ad eccezione di Claire con la quale aveva comunque parlato poco e sempre come tramite di Mikahil, e si sentiva un po’ imbarazzata. -Vi… vi siete fatti male?- riuscì a balbettare, prima che gli sguardi fossero tutti puntati verso di lei. Con quelle due sfere blu senza vita, Loren era ancora più inquietante di quando era per metà di legno.

-Proprio tu.- esordì finalmente Claire -Da che Era esci, esattamente? Credevo fossi solo l’assistente dell’uomo-granchio.- Non c’era rabbia nelle sue parole, solo curiosità. Quante cose non le aveva detto, quel tipo?

-Sono uno scampolo, Claire. Dalla Quinta. -

Questo spiega qualcosa, si disse Claire. Dalla sua abilità a fare quasi di tutto alla maniera in cui si erano ritrovati nella Quarta, dato che non avevano avuto tempo per tenersi gli uni agli altri e si erano ritrovati sparpagliati per tutto il mondo. Per un momento, Claire ebbe voglia di incolparla per la sua terribile permanenza nell’epoca a venire, ma poi si disse che probabilmente Nem non avrebbe potuto saperlo. Sicuramente era anche lei vittima delle macchinazioni dell’uomo crostaceo.

-Voi lo sapevate?- chiese infine ai suoi amici. Nem rispose prontamente che ne sapevano esattamente quanto lei, e si propose di raccontare la sua storia con più chiarezza. All’ombra del mech, con il gruppo seduto in cerchio come attorno ad un immaginario falò, lo Scampolo raccontò di come aveva incontrato Mikahil durante un pellegrinaggio verso il luogo dove aveva visto la Quarta Era finire, e di come per uno scherzo del destino si era ritrovata a portare lei stessa la Nem ancora umana in quella prigione. Raccontò anche della motivazione sua e di Mikahil, o almeno del poco che sapeva riguardo a quest’ultima: se lei stava attraversando le epoche nel tentativo di trovare un modo per porre fine alla piaga degli Scampoli, dell’uomo crostaceo sapeva solo che lo faceva per il bene di qualcun altro.

-Voi, invece?- chiese infine. -Cosa vi ha spinto a viaggiare?-

In effetti, non tutti ci avevano pensato a fondo. Anzi, si sarebbe potuto dire che più d’uno dei viaggiatori si era ritrovato in quella situazione per caso o addirittura contro la propria volontà. Josse fu il primo a prendere la parola. -La mia vita mi annoiava. Mi sentivo quasi come se fossi un personaggio secondario nella mia stessa storia, non so se rende l’idea. Volevo una scossa, e devo dire che l’ho avuta. E poi,- rise, -volevo vedere le armature giganti di cui mi parlava sempre Richard. Sarà una cosa infantile, ma lo rifarei.-

Fu proprio Richard a seguirlo. -Al contrario, io ho preso a viaggiare per caso. Nella mia Era sono un soldato, combatto contro dei mostri da un altro mondo. Uno di questi aveva con sé una reliquia, e quando l’ho presa mi sono ritrovato su un’isola sperduta.-

-Ehi, però mi hai salvato.- intervenne Loren -Me la stavo vedendo bruttissima contro uno di quei bestioni anche io.-

-E poi tu hai salvato me, sull’isola.-

-Spero che tu non mi stia seguendo per quello, però. E anche tu, Claire.-

Entrambi scossero la testa. -No, ma preferisco comunque viaggiare in gruppo.- disse Richard sorridendo. -Se avrò la possibilità di tornare nella mia epoca tanto meglio, ma per ora mi sto godendo il viaggio. E comunque, non cambierei mai e poi mai compagni d’avventura. Mi state simpatici, ecco.- qualche risata ruppe il silenzio mentre Claire cercava le parole. Finalmente, si espresse anche lei. -Non saprei. Ammetto che all’inizio vi ho seguiti perché mi avete salvato la vita. A un certo punto però ho pensato che dopotutto questa mia nuova vita non era poi così male, in confronto alla continua fuga dai mercanti… da sola, soprattutto. Non posso davvero contare il mio vecchio equipaggio come amici.-

Per un po’ ci fu silenzio, animato soltanto dal rumore del vento che soffiava tra gli spalti e le colonne dell’anfiteatro. Josse si sdraiò lasciandosi cadere di peso sulla sabbia ormai più fresca grazie all’ombra del Kostchtchie. Chissà se Richard glielo avrebe fatto davvero pilotare.

-Sapete, un po’ vi invidio.- fece infine Nem -Come potete immaginare, faccio un po’ fatica a creare dei legami, e non perché non ci provi. È solo che, beh, non mi piace vedere i miei amici andarsene, e non sono certo una pazza suicida come molti miei simili.-

-E ti sei ritrovata invischiata in questo casino.- concluse Loren.

-In realtà non mi dispiace troppo. Almeno non vivo nella Quinta.-

All’affermazione di Nem seguì altro silenzio. Tutti coloro che l’avevano visitata sapevano che la Quinta Era era un tempo duro e spietato: gigantesche tempeste di sabbia spazzavano costantemente un mondo arido e affamato, la cui popolazione si era ridotta a vivere in un’unica grande città difesa da mura alte fino al cielo. Stando a Loren perfino la Decima, con le sue maree impazzite e la piaga delle Esperidi, era più desiderabile.

Dopo qualche attimo di riflessione, anche Loren si decise a condividere la sua storia. -È per un mio amico.- cominciò. -Beh, non proprio un amico. Un collega, diciamo. Lui era un archeologo, e io la sua Guida. Avrei dovuto proteggerlo dai pericoli delle rovine mentre lui recuperava la Reliquia.- Imitando Josse, Loren si sdraiò sulla sabbia. Era piacevole potersi rilassare, una volta tanto. -Però non ci sono riuscito. Proprio all’ultimo Ana, il mio collega, non ce l’ha fatta. Ho pensato che se avessi potuto tornare indietro nel tempo avrei potuto salvarlo… ma sono finito nel tempo sbagliato.-

-Lo rifaresti?- gli chiese Richard. Loren si girò di scatto verso di lui, incredulo. Non ci aveva mai pensato. Finora era andato avanti – o indietro – quasi per inerzia, come se qualcosa lo spingesse a proseguire. Si rimise a sedere e si guardò intorno. Qualsiasi cosa lo avesse spronato all’inizio, ormai era stato sostituito da qualcos’altro. Da qualcun altro.

-Per passare altri cinque anni con questa massa di disperati? Sarei un idiota a rifiutare.- sentenziò infine. Dopotutto, era stato un bel viaggio fino a quel momento. E chissà, magari alla fine avrebbe addirittura potuto rivedere Ana.

Dopo essersi riposati ancora un po’, i viaggiatori iniziarono i preparativi per la ricerca della Reliquia della Terza Era. Non sarebbe stato un compito facile: innanzitutto, si sapeva poco e niente della Terza. Perfino nella Quarta, i reperti riconducibili a quel tempo si limitavano ad una maschera di ferro con una vistosa crepa ed una catenina con un pendaglio a forma di croce, entrambi impervi a qualunque danno. In ogni caso, la prima cosa da fare era senza dubbio lasciare il deserto. Come suggerito da Claire, avrebbero utilizzato il Kostchtchie per muoversi rapidamente e raggiungere il primo segno di civiltà, e da lì avrebbero cominciato le ricerche. Mentre Richard riprendeva confidenza con i controlli del mech, il resto del gruppo rimasto a terra si vide avvicinare da una figura ingobbita. Forse il deserto non era così lontano dal mondo abitato come credevano.

Quando la figura si avvicinò, i viaggiatori poterono vedere che si trattava di un vecchio dalla pelle grigia e piena di rughe, con lunghi capelli bianchi e le orecchie leggermente appuntite. Le palpebre cadenti gli nascondevano gli occhi, ma tutti riuscivano a sentire il suo sguardo penetrante su di loro, in qualche modo. Mentre si avvicinava ingobbito, canticchiava tra sé e sé un motivetto che sapeva di mare e sole.

-Credevo di aver visto tutto in vita mia,- bofonchiò -ma questo proprio non me l’aspettavo.- non era chiaro se stesse parlando da solo o con loro.

-Ehi!- lo richiamò Richard dalla sua cabina di pilotaggio. -Vecchio! Da dove vieni?-

Il vecchio lo guardò con aria di rimprovero, riparandosi il viso con una mano. Mai in tutta la sua vita… beh, effettivamente adesso era solo un vecchio. A volte faceva fatica ad abituarcisi. Sbuffò, finalmente decidendosi a rispondere. -Dal deserto, ragazzo.- disse. Non parlò a voce alta, eppure Richard lo sentì chiaramente, e con lui tutti gli altri. Un buco nell’acqua, quindi. Oppure no: valeva la pena provare. Quasi all’unisono, sia Richard che Claire che Nem chiesero al vecchio dove fosse la città più vicina. L’uomo dalla pelle grigia sembrò divertito dalla domanda, e in tutta risposta si sedette. Non a terra, però: per qualche motivo, una sedia era comparsa dal nulla.

-Volete farmi compagnia? Posso offrirvi un buon tè alla menta. È ottimo per rinfrescarsi, nel deserto.- davanti all’uomo era apparso un tavolo di legno massello, circondato da cinque sedie per i suoi ospiti. Fece loro segno di accomodarsi, e i viaggiatori si avvicinarono cautamente. Solo quando Richard si decise ad uscire dal robot per accomodarsi, tutti gli altri lo imitarono. A un gesto del vecchio, sei tazze fumanti apparvero sul tavolo. Profumavano leggermente di menta, ma c’era anche un altro odore più caldo e penetrante, che faceva pensare a succosi frutti sconosciuti consumati su una spiaggia assolata. Il vecchio continuò a bere canticchiando il suo motivetto finché non ebbe finito la sua tazza. Alla fine si decise a parlare, appoggiando la tazza vuota che sparì immediatamente.

-Qualunque cosa vi porti qui, credo siate in terribile ritardo.- iniziò. -Purtroppo, questo mondo è arrivato alla fine.-

Lo stupore serpeggiò insieme allo sconforto tra i seduti. Certo, una volta Loren era arrivato poco tempo prima di un passaggio tra un’Era e l’altra, ma con le sue azioni era riuscito a ritardare quell’evento solo di cinque anni. Ma adesso? Adesso forse era troppo tardi. Tra quando sarebbe successo? Giorni? Ore? Minuti?

-Tra qualche minuto, questa realtà smetterà di essere. Spero abbiate salutato i vostri cari.-

-Non è possibile.- obiettò Nem -Deve pur esserci un modo. Vecchio, sai di qualcosa che controlla il tempo? Un vecchio gingillo, un foglio, un…-

Claire la interruppe mettendole una mano su una spalla. -Non importa, Nem. Ti rivedrai con Mikahil nella Quarta. Da quello che ci hai detto, lui sa quello che fa molto meglio di noi. Sono sicura che ce la farai.- sembrava essersi già rassegnata al suo destino.

Un urlo squarciò il cielo e le poche nubi con esso. Istintivamente Nem rivolse lo sguardo verso l’alto, per vedere ancora una volta il ragazzino piangente nel cielo. Anche il vecchio guardò il cielo, ma sembrava sorpreso. I suoi occhi, completamente rossi, erano strabuzzati e il suo volto era una smorfia di orrore.

-Cosa avete fatto?- ululò -Cosa avete fatto alla mia storia?-

Il tavolo e le sedie scomparvero, e il vento riportò le nuvole mentre il vecchio si sollevava pian piano in aria. Una serie di lance nere sorsero dal terreno e volarono verso il volto nel cielo, senza sortire alcun effetto. Claire, Nem e gli altri viaggiatori corsero verso il Kostchtchie e con un po’ di fatica entrarono tutti nella cabina di Richard, che si mise freneticamente ai comandi per scappare il più lontano possibile dal vecchio e dal volto nel cielo. Improvvisamente, qualcosa colpì un piede del mech, e Richard quasi perse il controllo. Fece voltare il Kostchtchie e vide che una gigantesca lancia nera, simile a quelle che erano andate incontro al ragazzino in cielo ma immensamente più grande e più lunga, arrivare a una velocità assurda verso l’abitacolo. Tutti si prepararono all’impatto, e…

… non successe nulla. La lancia non colpì niente, ma restò immobile come bloccata da una forza invisibile. A Claire bruciò l’orbita vuota mentre la canzone che il vecchio cantava poco prima risuonava nell’aria.

Olha que coisa mais linda, mais chea de graça
É ela a menina que vem e que pasa
Num doce balanço a caminho do mar
Moça do corpo dourado do sol de Ipanema
O seu balançado é mais que um poema
È a coisa mais linda que eu jà vi passar

La lancia nera cominciò a frantumarsi in tanti piccoli fiocchi di cenere, che crearono una macchia scura sulla sabbia del deserto. Il vecchio, nel frattempo, cominciò una lenta discesa verso terra mentre il viso del ragazzino spariva.

Ah, porque estou tão triste
Ah, porque todo e tão triste
Ah, a beleza que existe
A beleza que não é só minha
Que também passa sozinha

I viaggiatori si strinsero forti gli uni agli altri, pronti per un altro salto temporale. Per qualche motivo, sembrava che la canzone li stesse trasportando verso la Seconda Era. Il vecchio che un tempo si chiamava Scar giaceva ormai esanime al suolo. Forse era questa la fine che si era riservato, arrivando lì in quel momento. Non era poi così male.

Ah, se ela soubesse que quando ela passa
O mundo sorrindo se enche de graça
E fica mais lindo por causa do amor

I visitatori da un altro tempo erano andati via, e con essi l’orrore in cielo. Il vecchio che un tempo si chiamava Scar trovò la forza di rialzarsi, e fece alcuni passi prima di scomparire nel nulla lasciando Flurensia al suo destino durante i suoi ultimi secondi.

   
 
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