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Autore: Melanto    02/09/2020    11 recensioni
[Extra di 'So, kiss me...'] - //Morizawa Day//
X di Agosto, notte delle stelle cadenti. Il nostro sgangherato #TeamNankatsu decide di passare questa serata speciale sul belvedere del Parco Hikarigaoka, in un pic-nic notturno: coperte, panini, bibite, Ishizaki. Pare ci sia tutto... e forse anche di più.
Esprimete un desiderio.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Mamoru Izawa/Paul Diamond
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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So, kiss me - EXTRA

Note Iniziali:

un breve sequel di ‘So, kiss me…’, ambientato il 10 di Agosto.

 

BUON MORIZAWA DAY A TUTTI!!! <3 *w*

Cinque anni fa, sceglievo il nome per la mia OTP. Era il periodo in cui tutte le ship avevano un nome e così… mi era stato chiesto: ‘perché non ne trovi uno anche per Yuzo e Mamoru’?! XD

Detto e fatto!

 

Buona lettura! ♥

 

 

 

 

 

 

 

Falling Star

- So, kiss me… EXTRA -

 

 

 

 

 

 

 

“Che succede dentro me che non so spiegare.

Le parole mancano, sembrano svanire.

Certe cose iniziano, ma non hanno fine.”

 

Sono finiti al Parco Hikarigaoka per colpa di Nitta.

Questa è un po’ la scusa generale che a turno tirano fuori, mentre la verità è che una serata tutti insieme a guardare le stelle nella notte di San Lorenzo non dispiace a nessuno, anche se dovrebbero stare a casa a studiare.

Dettagli trascurabili cui non hanno voglia di pensare, mentre è più facile dire è colpa di Nitta.

Le manager hanno preparato i panini come a un normale pic-nic, qualche snack in busta e dei dolcetti. I ragazzi hanno pensato alle bibite.

«Ci sarebbe stata bene una grigliata», ha borbottato Ishizaki.

«Di notte?» ha fatto eco Urabe. «Giusto per dare fuoco al parco?»

Allora sono i cellulari a tracciare scie luminose, mentre camminano tutti in fila indiana per arrivare al belvedere. I lampioni se li sono lasciati alle spalle, non hanno idea di dove stiano mettendo i piedi ma non importa: seguono la fila, ridono, da qualche parte spunteranno.

«Ehi! Ma cos’è questa puzza?» La voce di Nishio emerge dal buio.

«Di’ la verità, Ishizaki: l’hai sganciata!»

«Ma non è vero!» Ryo, che apre la fila, è sempre il capro espiatorio perfetto. «E di solito la sgancia chi lo dice! Quindi…»

«Non fatevi riconoscere subito», tuona l’Orso. «O Fawziya penserà che me la faccio con dei babbei… Che poi è vero.»

Stretta alla mano del grosso difensore, la ragazza nasconde risate nel palmo. Shingo si è deciso a presentarla alla squadra solo da un paio di giorni, su pressioni di Sanae e Taro che: ‘è così carina! Piacerà a tutti di certo! Dai, falla uscire con noi!’. Un modo come un altro per iniziare a renderla parte della sua vita quotidiana e non solo un segreto di una vita vissuta nell’ombra. Se vuole cominciare a cambiare le cose e a renderle concrete, ha detto anche a loro, deve cominciare a vivere alla luce del sole quelle che si ostina a nascondere.

Dal belvedere la città è il carosello del Luna Park, con tutte le luci accese. Eppure, per quanto più rade e meno luminose, quelle che brillano in cielo sono migliaia di volte più belle. Sarà che sono naturali, pensa Mamoru, e per quanto ci possa essere della magia dietro quelle artificiali – nel pensare a quanto l’essere umano sia stato capace di spingersi lontano dopo esser partito da sassi e bastoni – la natura è comunque più incredibile e perfetta.

Dalle stelle, lo sguardo scivola in basso, al suo fianco.

Yuzo ha un braccio sotto la testa e l’altra mano sul petto in cui regge una lattina di coca. È sdraiato e sorride al cielo con gli occhi spalancati sulle stelle; l’espressione di chi non vorrebbe lasciarsene scappare neppure una, forse perché ha troppi desideri. Chissà quali, si chiede, e chissà se lui ne fa parte.

Dividono una coperta da pic-nic. Più avanti ci sono le altre, divise tra i vari compagni che ridono, commentano, bisticciano su chi debba prendere l’ultimo panino con pollo e frittata.

Mamoru non ha voglia di cibo. Sente un diverso languore fin dalla famosa vacanza di luglio; gli è rimasto sotto la pelle e si accende ogni volta che è vicino a Yuzo. Vorrebbe che quegli occhi guardassero lui come guardano le stelle: pieni di desideri.

Si frequentano da allora e non solo per questioni di scuola, di calcio o perché sono amici. Si frequentano come due che si piacciono. Tanto. Lui ne è più consapevole, sa già che significa, cosa si prova, cosa si deve fare; è uno scafato. Yuzo gli si emoziona tra le mani a ogni uscita e questa cosa lo fa impazzire.

«Non guardi le stelle?»

«Se le guardo sempre poi non cade nulla.» Mamoru fa spallucce, butta un occhio distratto al cielo.

«Ma se non le guardi mai, sai quante ne potresti perdere?»

«E quanti desideri hai per non volerne perdere neppure una?» ride Mamoru, mentre Yuzo si tira su e si mette a cincischiare con la lattina.

«Non è tanto quanti ne abbia io… Più che altro, mi chiedo: quanti ne potrà realizzare una sola stella? Siamo in miliardi su questo pianeta. Magari, più ne vedo cadere, più ho possibilità che il mio desiderio si avveri.»

«Fai statistica sulle stelle cadenti?!»

La risata di Yuzo è piena di imbarazzo mentre abbassa il viso. «È un pensiero stupido, lo so.»

«No, è solo particolare. Non l’avevo mai vista in quest’ottica. Ho sempre pensato che queste cose trascendessero certi confini e limiti. Dovresti essere meno concreto.»

Mamoru gli sorride per farlo sentire a suo agio e dire ciò che pensa, tanto non lo prenderà in giro per questo.

«Ah! Un meteorite!» Ryo indica il cielo col braccio teso. Sbraita come un matto. «Ho visto un meteorite! Altro che stella cadente, qua siamo in Deep Impact! Kaboom

«Ma magari ti colpisse in fronte», gnaula Urabe.

La risata cavalca il gruppo e crea una leggera sospensione che li distende. Mamoru torna a reclamare l’attenzione di Yuzo. C’è una parte molto sciocca di lui, e possessiva, che la vorrebbe solo per sé.

«E cos’è che desideri?» chiede.

«Non credo di saperlo spiegare… forse che le cose siano più facili.»

«Abbiamo diciotto anni. Tutto è facile!»

Yuzo scuote la testa. «No, non tutto.» Ha un tono malinconico che Mamoru capisce subito. Ha sempre quell’indecisione di volersi confidare con i suoi genitori, ma di temerne la risposta. Non ha ancora trovato il coraggio necessario e rimane in una sorta di limbo adolescenziale tra il voler parlare e il temere di non essere mai davvero capito.

Mamoru sa di farsi meno problemi di quanti dovrebbe, mentre Yuzo è molto più sensibile. Anche questo gli piace.

«Tu invece? Non hai desideri?» chiede allora il portiere e lui gonfia un po’ il petto, solleva il mento e accenna un sorriso con cui vorrebbe dire tutto e allo stesso tempo non dire niente.

«Uno, già realizzato.»

«Davvero? E cosa volevi? La convocazione per il World Youth o la vittoria all’Inter-High?»

«Nessuna delle due.» Mamoru scrolla il capo. Lo guarda da sotto in su e vede Yuzo pendere dalle sue labbra. Ha un formicolio nella pancia, perché lo vorrebbe sempre così. Si avvicina, abbassa la voce: «Io volevo te.»

Yuzo sgrana gli occhi, in una reazione che Mamoru ha cercato di proposito, è certo che sia anche arrossito, anche se non riesce a vederlo bene, ma si è irrigidito e distoglie lo sguardo, preda dell’imbarazzo.

Sa di metterlo un po’ all’angolo quando è così diretto.

«Vu-vuoi mangiare qualcosa?» Yuzo si alza in tutta fretta. «Meglio prendere un panino, prima che scompaia tutto.»

Lui lo afferra per un polso. Lo guarda dritto negli occhi, sperando che capisca. «Non ho fame.»

Le dita si aprono adagio e scivolano dal polso dentro al palmo. Ne traccia con l’indice una immaginaria riga centrale, sfiorandola in una carezza che muore sulla punta del medio.

Yuzo respira pianissimo, il petto si gonfia solo nel momento in cui non sono più in contatto. Si volta e fa per allontanarsi, ma dopo un passo si ferma e con la stessa fretta con cui si alzato torna indietro.

«Io sì.»

Un’occhiata alle spalle, dove tutti hanno il naso al cielo, e poi è lui a prendergli il polso, anzi… la mano. Gli prende la mano e lo trascina con sé, lo trascina lontano, tra gli alberi fitti del belvedere e dove le torce dei telefonini non arriverebbero mai.

È nel buio che Yuzo è più sicuro di sé, e sfodera quel coraggio che in campo ha i bagliori dei lampi: sono dei blast improvvisi che lo fanno brillare come le stelle cadenti di quella notte. Yuzo è una stella cadente e Mamoru non ha bisogno di guardare il cielo per mendicare la realizzazione di un desiderio, quando ce lo ha davanti, stretto, dita tra le dita e poi bocca sulla bocca. Quanti possono dire di aver baciato una stella cadente nella vita?

Mamoru lo chiude contro il primo albero, gli tiene i fianchi con entrambe le mani. Quelle di Yuzo seguono i contorni del viso lungo le mascelle, affondano nei capelli.

Ripensa alla prima volta che lo ha baciato e vede la differenza: Yuzo è più intraprendente a ogni loro incontro, ma ci sono cose che non cambiano come il cuore che gli batte sempre a mille. A Mamoru piace ascoltarlo, e sulla pelle caldissima, sotto la maglietta, ci poggia il palmo per intero per sentirlo meglio. Ma quando scende verso il basso e le dita sfiorano il ventre, Yuzo si ritrae e la pelle si increspa nel respiro spezzato.

Minuscole cose. Genuine, meravigliose. Emozionano anche lui, quasi non le abbia mai provate prima.

Si è già chiesto perché gli stia capitando solo con Yuzo.

È come se fosse il primo. Ma il primo cosa?

Si ferma sempre a quella domanda e non sa che rispondere, proprio lui che ha una risposta pronta per tutto.

Riprendono fiato e se non fosse così buio si starebbero guardando negli occhi, eppure Mamoru riesce a vederlo benissimo. Sono solo sagome, i cui respiri si infrangono sulle labbra dell’altro, ma è come se fosse giorno pieno, tanto che può essere certo del modo in cui Yuzo stringe il labbro inferiore tra i denti o alza e abbassa lo sguardo.

È un corpo affamato, quello, impaziente e timoroso, e sa che prima di settembre riuscirà a dargli di più, eppure non ha alcuna fretta. I limiti e le paure possono cadere una cometa alla volta e magari anche la sua domanda avrà una risposta.

Poi Yuzo lo bacia di nuovo, si respirano senza dirsi nulla perché non ne hanno bisogno e se nessuno li cerca allora resteranno al buio ancora un po’. Non hanno ancora voglia di riveder le stelle.

 

“Ma io volevo te.

Chiudevo gli occhi per vedere te.

Aprivo gli occhi per vedere il sole, il sole…

…ma vedevo te.”

 

Volevo te – Giusy Ferreri

 

 

 

 

 

 

 


 

 

Note finali: questa shot ho iniziato a scriverla proprio il X Agosto, mentre ero dai miei. Ma complici i mille impegni, non ero riuscita ad andare oltre una decina di righe.

Mi sembrava una cosa carina terminarla per il ‘Morizawa Day’ *-* ed eccola qui. Dedicata tutta a loro, che sono l’OTP che amo di più in assoluto <3

LUNGA VITA AI 'MORIZAWA'!!!

 

PS: e dire che a me la Ferreri fa pure cacare!!! XDDDD AHAHAHAHAH!

 

 

   
 
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