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Autore: rachelesogna    02/09/2020    1 recensioni
Grethe, vive la sua semplice vita in un paesino scozzese, dividendosi tra il lavoro da infermiera e le giornate passate con l'amica.
Quando però uno strano ospite bussa alla sua porta, la sua vita cambia radicalmente.
Cosa succede quando i miti e le leggende diventano reali?
Cosa succede quando la verità irrompe nella tua vita, sconvolgendola?
Semplice.
Si scatena una tempesta.
"Con il giusto lupo al tuo fianco qualunque foresta, di notte, è piena di rivelazioni."
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Freddo.

Sentiva freddo ed anche una grande fame.

Aveva voglia di bacon croccante, uova strapazzate e una bella tazza di caffè nero.

Lo stomaco si contrasse dolorosamente al solo pensiero di quel buon cibo.

Da quanti giorni non mangiava? Uno? Due?

Quanto tempo aveva impiegato per allontanare i cacciatori dal suo branco?

Sbuffò sonoramente.

Se non fosse per quei fastidiosi ed irritanti esseri a quest'ora si starebbe gustando la sua preziosa colazione seduto comodamente al tavolo di casa sua.

Dannati cacciatori!

Sempre in mezzo ai piedi con la loro perenne voglia di fare la pellaccia ad uno di loro. Idioti!

Il suo Geri l'aveva avvertito di un gruppo di cacciatori che era entrato nel loro territorio qualche giorno prima e che, armati di tutto punto, si muovevano verso Braemar alla ricerca del suo branco.

In seguito a questa sventurata notizia, aveva dovuto prendere una decisione insieme al suo Hati e al suo Sköll.

Avrebbe dovuto allontanarli.

Lui e solo lui, in veste di Fenrir, doveva compiere quel gesto per il bene del suo branco.

Così, una volta lasciato il branco ai suoi secondi in comando, si era tramutato in lupo e aveva condotto i cacciatori più a sud, permettendo un'organizzazione migliore del controllo dei confini.

Un brivido di freddo gli serpeggiò su per la schiena facendogli aprire gli occhi .

Dov'era?

Spezzoni di ciò che lo aveva portato lì quella mattina gli attraversarono la mente.

Correre. Allontanare. Cacciatori. Spari. Sangue. Dolore. Vilia.

Riconobbe il pavimento di legno che aveva continuato a guardare per ore, mentre la Vilia si prendeva cura di lui.

Riconobbe il forte profumo di frutti rossi con una sfumatura speziata che gli punse le narici.

Riconobbe la giovane Vilia appollaiata su una poltrona, il corpo addormentato interamente ricoperto dalla pesante coperta, i capelli arruffati e la bocca imbronciata.

Aveva fatto un buon lavoro quella mattina, estraendogli il proiettile d'argento che ad ogni movimento si era andato a conficcare un po' di più nella sua carne.

Ricordava ancora di come l'aveva guardato quando si era presentato alla sua porta.

Lo sguardo stupito, la bocca leggermente aperta e il corpo immobile...come se nella sua vita non avesse mai dovuto soccorrere un lupo.

Era una Vilia, il suo compito era aiutare quelli come lui!

Quando correndo nel bosco aveva avvertito un'ondata di potere bianco sfiorargli placido il corpo, per poco non aveva guaito per la contentezza facendosi scoprire dai cacciatori.

Le Vilie erano rare e le poche ancora in vita o erano rintanate in qualche casetta sperduta o erano bambole di pezza nelle mani di qualche cacciatore depravato.

Trovarne una nel momento del bisogno era stato per lui fonte di salvezza.

Si alzò in piedi, la ferita alla coscia completamente rimarginata.

Sorrise soddisfatto delle capacità di guarigione della sua razza, molto conveniente in casi come quello.

Ancora nudo, si avvicinò al corpo della Vilia profondamente addormentato.

Di lei non distingueva nulla, se non il viso e i capelli.

Un visetto dolce a forma di cuore spuntava dalla coperta, le sopracciglia scure ben delineate sul viso dall'incarnato di un delicato rosa, il piccolo naso a patata le donava un'area fanciullesca ancora più accentuata dalle labbra sottili imbronciate.

I capelli, una chioma di corposi fili castano-biondi, si apriva a ventaglio sullo schienale della poltrona.

Nel complesso era molto carina, con quell'aria da bambina un po' troppo cresciuta.

Ed improvvisamente l'uomo venne scosso dal bisogno di scoprire di più di lei, di poter guardare i suoi occhi e scoprire il loro colore.

Di accarezzare la sua pelle di pesca e di passar le dita tra le morbide onde dei capelli.

Voleva togliere quelle dannate coperte e divorare il suo corpo con lo sguardo.

Come sarebbe stata?

Quanto sarebbe stata alta in confronto al suo metro e novantaquattro di testosterone?

Aveva i fianchi scarni e il fisico asciutto? Oppure aveva il fisico pieno e morbido?

E fianchi a cui aggrapparsi mentre facevano l'amore.

La testa gli vorticò pericolosamente.

Espirando con forza dalle narici, uscì da quella casa.

Aveva bisogno di aria, di spazio.

Si sentiva opprimere da quel profumo così dolce e da quel viso troppo bello.

Il suo stomaco si contorse dolorosamente.

Doveva andarsene.

Assolutamente.

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Si era inoltrato nel bosco incurante delle sue nudità, del muschio freddo e delle pietre acuminate che gli tagliavano i piedi.

Non se ne preoccupava.

Il suo lupo era troppo occupato a pensare alla giovane vilia addormentata; nei suoi 32 anni di vita non era mai rimasto così tanto colpito da una femmina.

Scosse la testa cercando di scacciare le immagini dalla sua testa: ora non aveva tempo per perdersi in quei pensieri agrodolci.

Doveva tornare dal suo branco.

Il corpo mutò in lupo, folta pelliccia nera sostituì la sua glabra pelle olivastra.

I muscoli d'acciaio guizzarono mentre l'animale si lanciava in avanti affondando le possenti zampe nel terreno morbido e umido.

L'odore di casa nelle narici.

Schivando tronchi e massi, consumò chilometro dopo chilometro.

Al calare delle tenebre finalmente arrivò al fiume Royal Deeside, il confine naturale che sanciva l'inizio del suo territorio.

Sapeva che nascosti nel tetro bosco erano appostate le sue sentinelle e sapeva altrettanto bene che, per quanto lui fosse il loro Fenrir, entrare nel territorio di un branco di soppiatto significava morte certa.

Si fermò e attese che il suo odore muschiato raggiungesse l'umido muso delle sentinelle.

Nell'ombra, occhi rosso sangue scintillarono come rubini.

Menelik.

Il massiccio lupo uscì allo scoperto snudando i denti.

Ah il solito Menelik.

Si conoscevano da quando erano piccoli. Erano cresciuti insieme odiandosi fino ai 15 anni quando avevano attraversato il cambiamento. Si erano avvicinati, erano diventati migliori amici e poi quando 8 anni fa era diventato Fenrir aveva deciso di nominare Menelik suo Hati.

Il lupo dagli occhi rossi annusò l'aria alzando l'umido naso al vento.

Un basso ringhio di gola fendette l'aria, poi un rumore come di uno strappo avvertì la trasformazione di Menelik che si chinò in un profondo inchino.

"Mio Fenrir."

Il grande lupo nero chinò il muso salutando il suo secondo in comando.

"Finalmente sei tornato! Si può sapere dove cazzo eri finito? Nora stava morendo di paura!" urlò furioso Menelik avvicinandosi al suo Fenrir.

L'onda di potere a basso voltaggio che scaturì dal suo corpo fu un chiaro segnale che, stanco com'era, non aveva voglia di sorbirsi qualche rimprovero solo perché era stato via più giorni di quanto aveva detto avrebbe fatto.

Menelik percepì l'onda di potere e placò la sua ira.

Sbuffando si fece da parte e inchinandosi nuovamente disse: " Ci vediamo a casa. Che la luna ululi per te, mio Fenrir!"

Annuendo distratto il lupo nero oltrepassò il confine e iniziò a correre verso il villaggio di Braemar.

Verso casa.

Non vedeva l'ora di appoggiare le sue chiappe pelose su un comodo letto. 

   
 
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