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Autore: batgirl91    02/09/2020    0 recensioni
Dopo le ultime puntate di TCW (ancora piango) ho avuto l'ispirazione. Questa One shot senza pretese racconta un piccolo frammento della storia che non è mai stato contemplato dagli autori: l'incontro cioè tra Obi-Wan e Ahsoka su Tatooine dopo gli eventi di ROTS che hanno inevitabilmente segnato entrambi.
Un incontro che ha, appunto, un gusto amaro.
Spero vi piaccia ;).
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ahsoka Tano, Obi-Wan Kenobi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fermò i suoi passi nella sabbia; i due soli stavano ormai tramontando e l’aria si stava facendo più densa: pregna di una polvere sottile che invadeva i polmoni rendendo più difficoltoso il respiro.
O forse era quell’incontro a farlo.
Non era la prima volta che Ahsoka Tano vedeva Tatooine e comunque lo conosceva dai pochi, sporadici racconti che il suo maestro le concedeva quando le sue domande diventavano troppo insistenti, ma ora che si trovava davanti a quel deserto si rendeva conto che in fondo non fosse più arido del suo cuore; nulla più avrebbe potuto esserlo; non dopo che aveva dovuto seppellire metà della cinquecentunesima nonostante si fosse impegnata a fondo per salvarla, per non cagionare la morte di nessuno di loro.
Ma non era quello il momento di pensare a cose tristi.
O forse lo era ancora di più.
Riconosceva l’uomo che le stava davanti – la folta barba appena ingrigita da una vecchiaia che pareva essergli piombata sulle spalle all’improvviso e il cappuccio calato sugli occhi – nonostante potesse sentire, attraverso il loro legame di Forza che qualcosa dentro di lui fosse profondamente e irrimediabilmente mutato.
Era come se l’anima dell’irreprensibile Maestro Obi-Wan Kenobi fosse andata in frantumi come un bicchiere di cristallo e Ahsoka vi lesse inequivocabilmente lo specchio della sua. La fine improvvisa della guerra dei cloni, l’ordine 66 avevano cancellato tutto, portandosi dietro migliaia di vite e lei era felice di poter sapere che anche Obi-Wan era riuscito a sopravvivere; ma era davvero così? Poteva davvero dire che il maestro del suo maestro fosse ancora vivo?
Poteva dire lo stesso di lei?
Fu l’antico Maestro Jedi – quello che tutti, al Tempio, ammiravano per il suo rigore e per la sua salda disciplina – a muoversi per primo: l’attirò a sé e la strinse fortissimo in un gesto che avrebbe dovuto sorprendere entrambi, ma non lo fece; Ahsoka aveva lasciato l’Ordine prima della fine della guerra e ObiWan l’aveva visto crollare, ma – e se ne rendevano conto solo ora – era da tempo che nessuno dei due si sentiva più davvero un Jedi; non nel senso canonico almeno.
Non c’è emozione, c’è pace, ma l’amore per il loro amico, la paura di perderlo erano emozioni concrete tanto quanto lo era il loro dolore in quel momento e loro che avrebbero dovuto lasciarli andare, disperderli nella Forza come ogni bravo Jedi, non ne erano stati in grado per tutte le guerre dei cloni e non ci riuscivano nemmeno adesso.
L’avevano alimentato, quell’amore, giorno dopo giorno, sorriso dopo sorriso, vittoria dopo vittoria senza curarsi di quanto tutto quello li rendesse atipici rispetto ai dettami dell’Ordine.
Andrà tutto bene finché resteremo insieme aveva detto Kenobi una volta; parole che forse avevano stupito per primo lui stesso: non erano assolutamente da Jedi; non importava con chi si combattesse quella guerra, un Jedi era sempre in grado di lasciar andare anche le persone che amava di più con la consapevolezza che, grazie alla Forza, sarebbe andato tutto bene comunque.
Ma così non era stato.
Non era andato tutto bene perché loro tre non erano più insieme e anche quel ritrovarsi, adesso, aveva soltanto un gusto amaro: il dolore era diventato forte tanto quanto l’amore.
“Mi dispiace, piccola, è colpa mia. Non avrei dovuto coinvolgerti”
Ahsoka avvertì un fremito lungo la schiena, lo stesso che aveva scosso Obi-Wan, le cui guance ora erano sorprendentemente bagnate da lacrime: il Maestro Kenobi, sempre così distaccato, sempre così controllato, che non aveva pianto neppure per Satine, neppure per Qui-Gon Jinn, lo stava facendo ora, in quello scenario polveroso che aveva scelto come rifugio sicuro al suo esilio, per infliggere alla sua anima già frantumata un nuovo e costante dolore ogni volta che riapriva gli occhi al mattino e vedeva, dal basso, splendere i soli gemelli; lo stava facendo scusandosi per averla coinvolta, per averle di fatto regalato gli anni più belli della sua intera esistenza.
Si stava scusando per aver condiviso con lei il suo migliore amico.
Era stato Obi-Wan ad insistere con Yoda perché fosse assegnata al suo maestro, Ahsoka lo sapeva bene; lo aveva capito nel momento in cui era stato lui quello fra i due che l’aveva accolta più calorosamente: aveva capito che in lei Obi-Wan vedeva una sorta di speranza per poter responsabilizzare una volta per tutte il suo troppo impulsivo ex padawan; in quel momento, mentre le sorrideva con sguardo gonfio d’orgoglio – ed entrambi lo comprendevano solo ora – stava decidendo di condividere con lei ciò che di più prezioso vi fosse nella sua esistenza, perché anche lei sapesse custodirlo con cura, attenzione e… amore.
“Ho fallito”.
Al suono di quella voce rotta dalle lacrime, Ahsoka si sentì mancare le forze; quell’uomo spezzato le stava sbattendo in faccia una verità che avrebbe spezzato anche lei; una verità che si era sforzata di non vedere anche quando l’aveva percepita, lì, sulla nave che doveva riportarli vittoriosi a Coruscant e invece aveva portato buona parte della cinquecentunesima a morire in un pianeta sperduto: sconfitti, questa volta per sempre, dalla propria cecità.
Obi-Wan Kenobi aveva fallito.
Ahsoka Tano aveva fallito.
Lo avevano fatto loro, prima ancora che il Maestro Yoda o il Maestro Windu o l’intero Ordine Jedi; erano stati loro per primi a rifiutarsi di vedere; erano stati loro gli unici a perdere ciò che di più prezioso vi fosse nelle loro esistenze.
Quella guerra, quella che li aveva uniti indissolubilmente non era altro, sin dall’inizio, che una crudele trappola per separarli per sempre, orchestrata ai danni della persona a loro più cara e nessuno di loro due era riuscito ad accorgersene, era riuscito veramente a proteggerlo.
Avevano fallito entrambi, ma Ahsoka non fu in grado di dirglielo; non si sentì in diritto di assumersi le proprie responsabilità quando avvertiva vividamente nella Forza che qualcosa di più doloroso rispetto alla tragedia che aveva subito lei, stesse ancora facendo sanguinare l’animo squarciato di Kenobi.
“Sono stato costretto a combattere contro di lui”.
E glielo disse scivolando lentamente dal suo abbraccio – come se le gambe non potessero più reggere il peso del suo dolore – e affondando ginocchia e mani nella sabbia, in quell’aridità cui le sue lacrime, per quanto copiose, non riuscivano a dare conforto.
Ora Ahsoka capiva bene perché il Maestro Jedi avesse deciso di rifugiarsi proprio su quel pianeta: perché vedendo Tatooine ogni giorno avesse potuto pentirsi costantemente della prima volta che l’aveva visto; un pentimento su cui Ahsoka non riusciva proprio ad essere d’accordo.
Si inginocchiò anche lei e, poggiandogli una mano sulle spalle squassate dai singhiozzi, aprì un canale di Forza; mostrò a Obi-Wan tutti i ricordi che aveva di lui, gli permise di rivedere il suo sorriso, l’orgoglio che aveva negli occhi quando ricordava il suo addestramento con Obi-Wan: non avrebbe potuto avere maestro migliore. Amico migliore.
Tutto quello: ogni suo sorriso, ogni sua battuta, quel modo sempre un po’ originale di tirarsi fuori dai guai, valevano il dolore che stavano provando ora: uno dolore quanto mai legittimo nella consapevolezza di ciò che avevano perduto.
Gli mostrò quanto l’aver fallito come Jedi, nel senso canonico, non era stata una colpa, ma più che altro un merito: nel loro dolore preservavano l’eredità più importante dell’Universo, una forza che rendeva un bimbetto di un pianeta polveroso dell’Orlo Esterno più saggio persino del Maestro Yoda.
Anakin Skywalker, il Prescelto, possedeva la conoscenza di quello che era l’unico, vero motore di ogni singolo pianeta che la guerra dei cloni li aveva portati a visitare; possedeva la conoscenza dell’amore. L’aveva appresa da sua madre e l’aveva trasmessa a loro, forse inconsciamente, in ogni istante che gli era stato vicino.
Anakin Skywalker li aveva resi entrambi non solo Jedi, ma anche persone migliori e mentre loro cercavano di preservarlo dal Lato Oscuro era stato lui stesso a fornirgli l’arma più forte per sconfiggerlo: la possibilità d’aver conosciuto quella faccia da schiaffi che, più volte, per quelle azioni avventate che l’avevano reso celebre in tutta la galassia, aveva fatto temere a entrambi di perderlo; quel calore che sentivano nell’animo ogni volta che ricordavano il suo sorriso.
Ahsoka Tano non poteva pentirsi d’aver conosciuto Anakin Skywalker.
Neppure Obi-Wan Kenobi poteva farlo.
  
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