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Autore: Frieda B    04/09/2020    0 recensioni
Ad Ottilegna le donne partorivano lo stesso numero di maschi e di femmine e quando qualcuna partoriva soltanto bambine, si era certi che qualcun'altra avrebbe partorito soltanto bambini, per compensare. Ad Ottolegna funzionava così. Tutti ne erano felici, perché questo assicurava matrimoni gioiosi per tutti. Nessuno rimaneva da solo.
Cos'accade, tuttavia, quando uno degli abitanti rompe la regola?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Impari, ma felici

 

 

 

Ottantotto anni son passati da quando si risolse il fattaccio. C'è da dire che non tutti erano soddisfatti dalla soluzione che fu trovata. Nessuno, proprio nessuno, aveva avuto quel po' di coraggio che sarebbe bastato per fermare Anita. Poi, a cose fatte, tutti avevano detto “si poteva...!” come spesso accade.

Da sempre a Ottilegna le donne partorivano un numero uguale di maschi e di femmine. Se il secondo figlio era maschio come il primo, si sapeva che la donna avrebbe partorito altre due femmine e questo era sicuro perché da generazioni funzionava così. Se lo ricordavano gli otto vecchi del villaggio, ovvero Agostina, Filomena, Agata, Enrico, Filippo, Ida, Gianluigi e Achille, che ricordavano che era dai tempi dei nonni dei loro nonni che funzionava così, che era una profezia che si rinnovava giorno dopo giorno. Solo poche eccezioni, come quando Benedetta partorì otto figli maschi, a distanza di un anno ciascuno, e nessuna femmina, ma non fu un gran dramma, perché Mariuccia partorì al coltempo otto figlie femmine e perciò il numero di maschi e di femmine alla fine rimase invariato. Era molto importante per i paesani, perché questo garantiva un matrimonio sicuro per tutti e di conseguenza la buon riuscita della vita economica e civile di tutti loro. Dato che c'erano tanti ragazzi quante ragazze, nessuno rimaneva da solo, si stava insieme e per tutta la vita: ad Ottilegna si usava così. Gli abitanti erano soliti passare dai banchi della scuola a quelli della chiesa ed avere dei matrimoni molto felici. Per questo ciò che accadde disseminò panico e sgomento, soprattutto nelle due famiglie coinvolte.

Anita aveva un solo fratello maschio, più grande di lei, che si chiamava Costantino ed era un gran lavoratore. Aveva un buon naso e riconosceva ogni spezia solo sentendone l'odore, si diceva ne potesse distinguere più di cinquanta, e tutti in paese adoravano il suo buon cuore ed il suo gran sorriso. Anita invece andava ancora a scuola e non sapeva fare di conto, le si arricciava la lingua a pronunciare certi paroloni difficili che a volte trovava nei libri, ma era buona e lei e Costantino non litigavano mai.

Fu lei ad accorgersi del fattaccio per prima e sebbene avesse promesso di non farne parola con nessuno, la situazione le sfuggì rapidamente di mano, quando le scappò di dire quella mezza parola in più che accese subito il sesto senso che hanno spesso le madri, e che nella sua non faceva eccezione, che così la fece sedere e le fece svuotare il sacco.

Era stato proprio suo fratello Costantino a creare lo scandalo, lui, il bel ragazzo che indossava sempre le bretelle marroni e che aiutava le vecchie con le pesanti buste piene di frutta e verdura. E non da solo: suo efferatissimo complice era stato Tancredi, l'ottavo figlio di Benedetta, quello che fin dalla nascita era stato promesso a Beatrice, ottava figlia di Mariuccia. I suoi sette fratelli s'erano sempre trovati innamorati delle sette sorelle di Beatrice e tutti loro, dopo aver finito la scuola, s'erano sposati, uno dopo l'altro, anno dopo anno, e vivevano felici. Tutti pensavano che Tancredi avrebbe seguito le loro orme e dato che era maggio e la scuola stava per finire, si sentiva già nell'aria l'eccitazione che precede un annuncio importante. Eppure Tancredi non aveva mai voglia di passare il tempo con Beatrice, che cucinava sempre per lui ed era tanto gentile da ricamare dei bei fazzoletti con sopra le sue iniziali, T. R. Tancredi Raghetti, a dire il vero sembrava annoiarsi molto in sua compagnia, tanto da fare dei grandi sbadigli che la irritavano a morte e qualche volta l'avevano fatta piangere.

Lo scandalo scoppiò quando tutti vennero a sapere ciò che Anita aveva visto: sua madre Annalisa lo confessò piangendo ad otto persone, cioè sua madre, le sue sorelle e le sue cognate. Ognuna di queste lo disse ad un'altra persona e la notizia poi si espanse rapidamente, finendo in otto giorni e mezzo alle orecchie di Benedetta, che, a sentir la storia, svenne per il dispiacere.

Si diceva che Tancredi, il suo piccolo e adorato Tancredi che andava matto per pane e marmellata d'arancia, era stato sorpreso assieme a Costantino a far certe cosacce, tutti e due ignudi come vermi in uno stesso letto. Benedetta non poté fare altro che pregare Mariuccia di non dare retta a queste storie, le giurò e spergiurò che suo figlio era un ragazzo bene educato e innocente e che certamente era stato Costantino a costringerlo con la forza a far quelle cosacce e che anzi dovevano aiutare lei e la sua famiglia a cercare vendetta. Benedetta era una donna dalla lingua svelta e dagli occhi limpidi e così, dopo un netto diniego iniziale, passati rabbia e disgusto, Mariuccia si impietosì e si convinse che, in effetti, Tancredi era sempre stato leale al villaggio e giusto nel giudizio, e tutto sommato le famiglie erano legate da ben sette matrimoni, non si poteva proprio metter su una guerra. Beatrice, a sentir la notizia, scoppiò in un pianto dirotto e si chiese perché proprio a lei, tra tutte le sorelle, doveva capitare un tal marito, pavido e debole.

Mariuccia e Beatrice erano molto incerte sul da farsi e purtroppo non potevano far conto della parola saggia dei loro mariti, perché uno era morto e l'altro era partito il giorno prima per questioni d'affari. Rimasero tutto il giorno a darsi conforto a vicenda.

I sette fratelli di Tancredi s'erano nel frattempo riuniti a casa del maggiore per cercare una soluzione. Tutti s'erano convinti, sospinti dalla madre, che Tancredi avrebbe potuto essere facilmente vittima di Costantino, perché era più esile e anche poco sveglio, mentre Costantino col suo sorriso si era comprato il buon cuore di tutti gli abitanti del paese.

«Ah,» fece Giacomino, il più grande, «il suo buon sorriso ci ha ingannato, adesso bisogna proprio cercar vendetta!»

Luigi, il secondo, annuì e sbatté la mano aperta sul tavolo. «Che vendetta sia! Ha rovinato il nome di questo paese!»

Marcantonio invece sospirò, scuotendo piano la testa, senza dire una parola, mentre Ferdinando si passò una mano sul viso con rabbia, quasi a farsi male: «mi vien un nervoso!» proruppe in un momento di silenzio. «Un tal nervoso! Bisogna liberarsi di lui.»

«Non si può,» fecce Giacomino «perché in tal caso l'equilibrio del paese andrebbe perso, avremmo un uomo in meno. Sapete bene che esiste una bilancia, al nostro paese, custodita in municipio, che rimane sempre in equilibrio: su un braccio il numero gli uomini, sull'altro quello delle donne. E' così che funziona da noi ed è qualche cosa di sacro. Anche se non sappiamo perché funzioni, né come. Muore un uomo e muore una donna – o morirà. Nasce un bambino e nasce una bambina. O nascerà.»

«Allora che si faccia sparire, con lui, la sorella!» fece Luigi.

«Fratelli, fratelli, non perdiamo la ragione! Dite, qualcuno ha parlato con Tancredi?» domandò Francesco.

Marcantonio scrollò le spalle ed i capelli lunghi ondeggiarono. «Che opinione vuoi che abbia? Tancredi non ha mai una sua propria opinione.»

«Stavolta bisognerebbe proprio chiedergliela,» rispose Giacomino.

Così i fratelli tornarono a casa della madre ed interrogarono Tancredi, il quale non riuscì proprio a dire una parola, con addosso i sedici occhi di tutti i membri della sua famiglia. Deglutì un paio di volte, ma aveva il cuore in gola e una gran fifa.

Marcantonio increspò le labbra. «Che vi avevo detto?»

Giacomino nascose il viso in una mano. «Non vedete com'è spaventato? Si è preso un tal spavento per l'agguato che gli ha teso quel Costantino!»

Tutti scrutarono bene Tancredi e vedendo i suoi ginocchi tremar di paura, si convinsero ancor di più della sua innocenza. Fu allora che si precipitarono a casa Marbelli e trascinarono fuori di casa il figlio maschio, per riempirlo di botte. Tancredi li raggiunse di corsa, perché in effetti era il più veloce del paese, e con un gran respiro che gli servì a riempire i polmoni di coraggio, urlò: «Fermi! Ora vi dirò la verità.»

I fratelli si fermarono e Giacomino avanzò verso di lui. «Fratello, sappiamo che la tua volontà è venuta meno quella sera di cui ci è stato raccontato. Siamo qui per vendicarti.»

«La mia volontà è venuta meno tutte le volte in cui ho taciuto. Ma adesso parlo! Io parlo! Sono stato io ad andare a casa di Costantino, quella sera, e sempre io ho consapevolmente giaciuto con lui.»

Giacomino si avvicinò ancora e lo schiaffeggiò. «Non capisci, sciocco, che avete rovinato l'equilibrio del nostro buon paese? Due uomini non son fatti per stare assieme: perché condannano due donne allo stesso destino, o alla solitudine. Non siamo contro l'amore: ma bisogna ce ne sia abbastanza per tutti.»

«Si potrebbe pensare ad una soluzione,» intervenne Anita, col cuor pieno d'agitazione. «Perché è vero che ci sono altrettanti maschi quante femmine, ma se si potesse lasciar fare ed essere tutti per quel che si è e si vuole, allora forse saremmo tutti quanti più felici.»

«Che intendi dire?» domandò Marcantonio, tenendo stretta la maglietta di Costantino, col pugno pronto a colpirlo.

«Io intendo che conosco due ragazze, l'una che vuole andare via da questo villaggio per cercare fortuna e non vuole avere un marito e l'altra perdutamente innamorata di un ragazzo di un altro paese, che non può amarlo per non crear qui disparità. Se si potesse lasciar libere queste ragazze, i conti tornerebbero di nuovo e tutti si sarebbe felici.»

Vennero allora convocate le due ragazze e le loro famiglie, vennero interrogate ed entrambe confermarono timidamente i loro desideri. Allora si decise di lasciarle partire, l'una per cercare fortuna, l'altra per raggiungere l'amore, e Costantino e Tancredi poterono così stare insieme, si sposarono al comune di Ottilegna ed il giorno del matrimonio vennero festeggiati da tutti, persino da Beatrice, che aveva ritrovato la felicità quando un certo Ottavio le aveva chiesto la mano regalandole un anello con ben otto pietre preziose.

   
 
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