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Autore: hirondelle_    05/09/2020    0 recensioni
[hiromido][masahika][past!gazemido]
What if in cui Midorikawa è il padre biologico di Kariya, che torna a vivere con lui dopo moltissimi anni a causa della morte prematura di sua madre. L'inizio della sua nuova vita non è dei più facili. Per comprendere suo padre e soprattutto se stesso, Kariya dovrà venire a patti con il suo passato.
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Kariya buttò fuori l’aria che non si era accorto di star trattenendo, un singulto trattenuto all’altezza della gola che sembrava volerlo soffocare di secondo in secondo.
“Senpai?” chiamò una voce timida. Hikaru era al suo fianco, ancora avvolto dalla coperta, gli occhi stropicciati di sonno ma vigili puntati su di lui. Gli appoggiò una mano sul braccio e gli sorrise.
Kariya spostò lo sguardo da Hikaru a suo padre e seppe che sarebbe andato tutto bene.
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[50k words]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hikaru Kageyama, Jordan/Ryuuji, Kariya Masaki, Xavier/Hiroto
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ombrelli sotto la pioggia
Per la verità, Hikaru non si era preparato per quel discorso, e solo quando fu il momento di ritornare in classe la settimana seguente realizzò cosa fosse successo. Scalciò un altro sassolino dal pietrisco, stringendo forte le bretelle della sua cartella, con tanta voglia di urlare.
Perché non glielo aveva detto?
Perché non aveva osato di più?
Una parte di sé conosceva già la risposta: perché sei un buon amico, Kageyama. Era il suo ruolo primario in fondo, e lo era stato fin dall’inizio, ben prima in realtà del suo primo incontro con il padre di Kariya. Ma a quel pensiero ostinato, il suo cuore accelerava di almeno due battiti. Era difficile ignorarlo.
Aveva appena superato i cancelli della Raimon quando sentì una mano sulla sua spalla, e sussultò. La presa ferrea di Kyosuke lo costrinse a girarsi.
Hikaru gli lanciò un’occhiata impaurita: il ragazzo sembrava visibilmente scocciato. Si chinò su di lui, quasi sovrastandolo, e aggrottò la fronte. Non lo salutò nemmeno. “Perché non è con te?”
“Chi?” chiese Hikaru stupidamente, conoscendo già la risposta.
Non fu una bella mossa, dal momento che Kyosuke si irritò ancora di più: “Masaki! Come chi!” sbottò scocciato, scuotendolo leggermente come se le sue parole potessero fare maggiore presa.
“Non chiamarlo così, non gli piace,” osservò Hikaru, sulla difensiva. “E comunque non sono affari tuoi”.
Tsurugi sembrò agitarsi a quelle parole, e sembrò trattenersi dal dire qualcosa: fu in quel momento che Hikaru comprese che doveva essere seriamente preoccupato. Ma anche sul punto di saltargli addosso e strangolarlo.
“Ti… ti doveva dei soldi, o qualcosa del genere?” balbettò, in tono conciliante. “Posso darteli io, s-se…”
Kyosuke continuò a guardarlo in modo truce. “Ti pare che farei ‘ste scene per due spicci?”
, pensò subito Hikaru, ma non osò rispondere e lasciò che fosse lui a parlare.
“Non si fa sentire né vedere da venerdì sera,” spiegò Tsurugi. Sembrava sul punto di scoppiare. “Eravamo usciti e tutto ad un tratto ha preso e se n’è andato, senza darmi spiegazioni! Ho solo capito che c’entrava suo padre e quel branco di fro-
“Ehi,” lo ammonì Hikaru, riacquisendo un pochino di sicurezza.
“Sì, va beh, hai ragione,” tagliò corto l’altro, non volendo tergiversare in discussioni che avrebbe trovato sicuramente inutili. “Dico solo che sono stato una merda per tutto il weekend per colpa sua, potrebbe almeno degnarsi di dirmi come sta”.
Hikaru intanto spostava il peso da una gamba all’altra, a ripetizione. Era strano per lui vedere Kyosuke così emotivo. “Lui sta bene,” lo rassicurò.
Forse non avrebbe dovuto trattarlo con tanta sufficienza: non cambiava il fatto che anche lui fosse amico di Kariya, e probabilmente meritava più di tutti delle risposte visto il modo in cui era stato trattato. Si chiese se Kariya sarebbe stato d’accordo con lui se gli avesse confidato qualcosa, e provò a dosare le informazioni.
“È a casa mia adesso. Si sta riprendendo, ha solo bisogno di un po’ di tempo. Tutto qui”.
Kyosuke alzò un sopracciglio e lo fissò per un po’, quasi soppesando quelle parole. Quando iniziò a camminare verso l’edificio scolastico, Hikaru intuì che quel che aveva detto era bastato a calmarlo, almeno per il momento. Istintivamente, prese anche lui a camminare e gli si affiancò. Chiunque attorno a loro avrebbe trovato la scena molto strana.
“Vorrei parlargli,” confessò a un certo punto Kyosuke, intrecciando le dita dietro la testa. “Credevo di aver sbagliato qualcosa io”.
Hikaru sporse il collo verso di lui, incuriosito: “Perché dici questo?”
“Non lo so,” ammise l’altro, distogliendo lo sguardo. Sembrava imbarazzato anche solo ad ammetterlo. “Diciamo che non gli ho prestato troppa attenzione, ho pensato che si fosse offeso”.
Hikaru scosse la testa. “Non mi ha detto nulla del genere, non preoccuparti: non c’entri niente”.
Kyosuke tornò a guardarlo con fare quasi accusatorio: “Beh, potrebbe dirmelo di persona, che dici? Ha bisogno della segretaria?”
Hikaru sospirò: cominciava ad irritarsi a sua volta e non era abituato a discutere, se non altro perché gli costava sempre energie preziosissime. Ringraziò mentalmente il suo istinto per non essersi avvicinato a un tipo come Kyosuke, perché non era sicuro che sarebbe riuscito a reggerlo quotidianamente come faceva Kariya.
“Senti, ho recepito il messaggio. Quando torno a casa gli dico di chiamarti, va bene?”
“Sarà meglio,” borbottò lui. Chinò il capo e prese a scalciare anche lui i sassolini del selciato. Hikaru trovò il gesto molto ironico: forse non erano poi così diversi.
 
Qualunque cosa avesse escogitato il corpo docente per scovare Kariya, non gli piacque per niente. Certo, si trattò di compilare dei semplici questionari. Certo, erano tutti anonimi. Ma Hikaru si rese subito conto di due cose. La prima: tutti sapevano che Kariya era sparito; la seconda: quel questionario sembrava solo una formalità, perché era palese dove sarebbero andati a parare prima o poi. Come se lo sguardo penetrante di Kira-sama non fosse già un indizio: sapevano già a chi rivolgersi e probabilmente si aspettavano solo che fosse lui ad uscire allo scoperto. Hikaru iniziò a sentire una leggerissima pressione.
Ne parlò con Kariya quando tornò a casa, e lui si limitò a fare spallucce. Era visibilmenete a disagio per tutta la faccenda, ma troppo testardo per ammetterlo. “Fai quello che credi: non mi devi niente,” borbottò, “Io del resto non potrò stare qui per molto”.
“E dove vai?” gli chiese Hikaru, trattenendo a stento lo scherno.
“Non lo so, lontano da qui. Magari potrei cercare di raggiungere l’osservatorio in qualche modo,” ipotizzò Kariya, senza troppa convinzione. “Non- non sono ancora pronto per tornare a casa, ecco. Scusami se ti sto mettendo in mezzo a tutto questo”.
E Hikaru lo capiva… lo avrebbe appoggiato anche se non avesse capito, in realtà. Ma la situazione iniziò a farsi più pesante per lui quando, nei giorni seguenti, fu Endou-sama il primo ad approcciarlo. Riuscì a coglierlo di sorpresa all’uscita degli spogliatoi, quando tutti gli altri se ne erano andati, senza che se ne accorgesse.
“Qualcosa non va, Kageyama-kun?” gli chiese con la sua solita affabilità, “Ti vedo un po’ teso, ultimamente”.
“Uhm, nessun problema,” si inchinò Hikaru, ma si rese conto che la sua rigidità poteva tradirlo, quindi si raddrizzò immediatamente.
Endou chinò la testa di lato e si appoggiò allo stipite, le braccia incrociate e il busto rilassato come se non avesse nessuna preoccupazione al mondo. Gli sorrise, come se non potesse fare altro in vita sua che sorridere. “Devono essere giornate pesanti per te. Tu e Kariya siete molto legati, non è così?”
Hikaru non poté far altro che annuire. Stava sudando di nuovo e probabilmente avrebbe avuto bisogno di un’altra doccia.
“So cosa starai pensando. Ma non è nel mio stile mettere sotto torchio qualcuno,” ammise candidamente l’allenatore. “A volte penso che alcuni miei colleghi siano troppo severi con i loro studenti, non trovi anche tu?”
È una trappola? pensò Hikaru, ma si ritrovò di nuovo ad annuire, confuso.
La cosa sembrò incoraggiare Endou a proseguire: “Qualsiasi cosa gli sia successa, sono certo che stia bene. Non devi preoccuparti per lui.”
“Grazie, Endou-sama,” mormorò intimidito, avviandosi verso l’uscita. Pensò che l’allenatore lo avrebbe trattenuto appena gli fosse passato di fianco per superarlo e uscire dagli spogliatoi, ma non fu così. Fu quasi sorpreso di ritrovarsi libero di camminare per il corridoio che portava all’uscita e per un momento ne fu quasi felice. Furono le parole di Endou a fermarlo.
“A volte affrontiamo cose che sono più grandi di noi. Non portarti questo peso sulle spalle, Kageyama-kun”.
Il ragazzino si voltò, stupito. Nel volto di Endou persisteva quel suo solito sorriso, ma solo in quegli istanti gli parve di vederlo veramente. C’era una profondità nel suo sguardo paterno che non aveva visto in nessun altro: come se avesse potuto circondarlo e abbracciarlo da metri di distanza. Esitò un momento, poi si strofinò la faccia con entrambe le mani, sentendole umide.
Odiava essere così emotivo.
Odiava quel peso che si portava sulle spalle.
Il fatto era che non odiava Kariya: non lo avrebbe mai odiato. Non sarebbe mai riuscito a odiarlo, nemmeno se lo avesse voluto, nemmeno se ci avesse impiegato tutte le sue forze: lui non era così.
Non era come loro.
Si voltò imbarazzato, per non farsi vedere. Ma Endou non lo seguì.
   
 
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