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Autore: SkyDream    05/09/2020    2 recensioni
Dopo la sconfitta del Padre, Roy e Riza continuano a lavorare per fondare Nuova Ishval e riportare Amestris alla pace.
A seguito degli eventi del Giorno della Promessa, i due cominciano ad avvicinarsi e a diventare sempre più intimi. Roy è sempre stato molto protettivo nei suoi confronti, ora anche un po' geloso, per questo non può fare a meno di andare su tutte le furie quando un nuovo Generale tenta di portarla via da lui.
Peccato che le cose non siano così semplici e che i pericoli sembrano non smettere mai.
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Dal testo:Sapeva di non poter fuggire da lì, non sarebbe nemmeno riuscita a far fuori quei tre che la seguivano, inoltre ne mancava ancora uno all’appello. Era sicura di aver visto un terzo scagnozzo.
Afferrò un fucile e si arrampicò sul secondo piano del letto, ebbe il tempo di premere quattro volte il grilletto fuori dalla finestra prima che una lama le si conficcasse su un polpaccio.
«Ottimo, mi mancava solo il tuo sangue, Howkeye».
Era arrivato
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~ Promessa di Fuoco ~
 
«Ti capita spesso ultimamente, Generale Mustang».
«Hai ragione, Knocks, ma sai anche che, senza una buona dormita, l’ascesa al potere non è esattamente semplice».
Il medico sorrise e gli allungò un flaconcino scuro con due dita. Lo fissò come se, solo con lo sguardo, potesse entrargli dentro la testa.
«Solo cinque gocce, Generale, o non le darò più nulla. Chiaro?» Spiccicò le parole una ad una, sottolineandole con il tono della voce che lo contraddistingueva.
«Limpido. Grazie ancora per l’aiuto, dottore!».
 
Roy si incamminò lungo le strade deserte di Central City, di notte si intravedeva solo qualche luce provenire dalle case. Gli mancava un po’ East City, le strade avevano lampioni più decorati e  meno luminosi che permettevano una visione delle stelle decisamente migliore, nell’aria si respirava sempre il sapore della buona cucina degli Amestriani e poi ad East City era ricominciata la sua nuova vita.
Quella che l’avrebbe portato un giorno a diventare Capo Supremo. C’era quasi, d’altronde.
Gli Ishvaliani avevano ripreso a fidarsi dell’esercito di Amestris, presto sarebbe stata rifondata Nuova Ishval. Amestris sarebbe diventata una democrazia.
L’alba del nuovo mondo sarebbe dovuta essere davanti i suoi occhi.
Eppure.
Roy non riusciva a dormire, ogni sera - da qualche settimana - la sua mente non faceva che ritornare agli orrori che aveva commesso, alle volte in cui non era riuscito ad intervenire lasciando che uomini, donne e bambini innocenti fossero uccisi dalle sue stesse fiamme. Le stesse che Riza odiava, ne era sicuro, ma che nonostante tutto aveva imparato ad accettare pur di stargli vicino e cercare insieme la redenzione.
«Che poi bastava guardarti in viso per capire quanto ti facesse male. Eri fuoriposto come un fiore in un campo minato, eppure sei riuscita a mimetizzarti bene, Maggiore Hawkeye.»      Sussurrò l’uomo cercando di scorgere le stelle nascoste dalle luci dei lampioni.
Continuò il suo cammino, la lunga sciarpa bianca gli copriva il volto quel tanto che bastava per non permettere al vento di ferirlo.
 
«Stamattina mi sono trattenuta, ho fatto un bel respiro e ho fatto finta di nulla. Stavolta no, stavolta mi deve delle spiegazioni!» Riza non si scompose minimamente mentre percorreva a lunghe falcate il corridoio che portava all’ufficio del suo superiore.
Con la schiena ben dritta e il pugno teso - se verso la porta o verso la testa dell’uomo, non avrebbe saputo dirlo - dopo un momento di esitazione, bussò.
«Generale, la aspettavamo alle diciotto nella sala centrale, si può sapere perché non si è -» Riza si arrestò sul posto, cambiando leggermente atteggiamento.
Roy aveva appena sollevato la testa dalla scrivania su cui erano ancora posti i plichi di fogli che lei stessa aveva poggiato sul tavolo nel primo pomeriggio.
Il Generale si passò le mani prima sul volto e poi sui capelli, arruffandoli. Sconcertato da quell’improvviso risveglio, uscì il suo orologio da taschino buttando una rapida occhiata.
Erano le ventuno.
«Sono un idiota!» Asserì senza mezzi termini sbattendo una mano sulla fronte. Era così stanco da aver ignorato le raccomandazioni di Knocks sul numero di gocce e si era ritrovato a dormire in ufficio. Che scivolone per un uomo del suo livello!
«Su questo punto non abbiamo mai avuto dubbi!» .
Solo in quel momento sembrò accorgersi della presenza di Riza, mise a fuoco i suoi capelli biondi così in contrasto con quella divisa blu. Da qualche mese li teneva raccolti solo a metà, in una mezza coda che fissava sempre con lo stesso fermaglio blu, regalo che proprio lui gli aveva fatto dopo aver riacquistato la vista.
Il fermaglio che teneva sempre prima, a cui ormai anche lui stesso era affezionato, era stato irrimediabilmente rotto durante la lotta con Envy.
Non voleva che venisse sostituito con un altro accessorio anonimo, così ne aveva approfittato per fare un regalo - di nascosto - alla sua cara sottoposta.
«Preparo del tè e vengo a darti una mano con quei fascicoli!» Riza si voltò per dirigersi nella saletta accanto, non aveva proferito nessun altra parola.
Roy sapeva bene che lei aveva capito che qualcosa non andasse, che non si trattava dei soliti postumi da sbronza. Era qualcosa di più serio, di più profondo.
La donna tornò poco dopo con un vassoio colmo su una mano, con l’altra riuscì a far scattare due volte la chiave nella toppa, per essere certi che nessuno li disturbasse.
Non che a quell’orario insolito circolasse più qualcuno.
Prese a suddividere i plichi di fogli in fascicoli più piccoli, alcuni li passò al suo superiore e altri prese lei stessa a compilarli. Tra una pagina e l’altra sorseggiava il tè nella sua solita tazza seria, senza mutare espressione.
Nonostante ciò Roy, anziché concentrarsi su ciò che avrebbe dovuto fare già ore prima, prese a guardarla di sottecchi. Aveva come l’impressione che dietro quell’impassibilità, Riza attendesse qualcosa.
Tipo una spiegazione.
«Non dormo bene ultimamente.» Buttò lì facendo finta di continuare a scribacchiare.
«Troppe donne tra le lenzuola?» Chiese la donna prendendo un fascicolo e sfogliandolo senza sollevare gli occhi.
Roy per poco non si strozzò con la bevanda, rischiò perfino di rovesciarla sui documenti e sarebbe stato anche peggio.
Riza lo avrebbe fulminato. Non che con quella domanda non lo avesse ferito comunque.
«Co-cosa? Donne? No! No!» Deglutì poi il Generale.
«Ormai sei diventato un uomo popolare, non mi sarei di certo stupita. Metti una firma qua, tra poco abbiamo finito.» Riza rimase impassibile, quasi si aspettasse quella risposta.
Roy firmò distrattamente e poi riprese il discorso.
«Da un paio di settimane mi sono tornati in mente i giorni a Ishval e continuo a svegliarmi, ho chiesto a Knocks delle gocce ma credo di aver esagerato».
Per la prima volta in quell’ora, Riza posò la stilografica sul tavolo e sollevò lo sguardo su quello dell’uomo.
Roy aveva il viso pallido, più del solito, e quei piccoli occhi scuri che teneva nascosti dietro i ciuffi di capelli sembravano molto più profondi, forse complice anche la scarsa luce della stanza.
«Ti sono tornati in mente i giorni di Ishval?» Chiese quasi cercando conferma.
L’uomo annuì portando le mani giunte sotto il mento, come quando rifletteva.
«Non credo tu debba preoccuparti - riprese la donna - è probabile che ti siano tornati in mente perché adesso ti stai impegnando per costruire Nuova Ishval. Io sono certa che quelle anime, ovunque siano, non possano fare altro che sostenerti».
Il Generale sentì il petto scaldarsi a quelle parole, seppur si fosse già confidato a Knocks, con Riza era diverso. In un certo senso, lo faceva sentire compreso.
Tutti loro avevano messo piede nella strage di Ishval, nessuna delle loro anime era stata esente dal peccato eppure solo lei, tra tutti, riusciva davvero a rincuorarlo.
Forse perché più volte si era ritrovato, durante quella guerra, a vederla come una donna indifesa. Più volte ancora aveva temuto che potesse togliersi la vita, ma da quando le aveva rivelato lì ad Ishval che voleva lei a fianco per raggiungere il suo sogno, ecco che aveva visto davvero di cosa potesse essere capace.
Riza era diventata, piano piano, il suo braccio destro, seguendolo come un’ombra rassicurante, guardandogli le spalle e ascoltandolo.
Nei suoi momenti di debolezza, sapeva che poteva contare sulle sue spalle.
Gli sarebbe piaciuto, almeno una volta, poter essere il suo sostegno, vederla abbastanza vulnerabile da poterla stringere in un abbraccio.
Si conoscevano da tantissimi anni eppure, neanche una volta, aveva potuto abbracciarla davvero.
«Abbiamo finito tutto, Generale, possiamo tornare a casa.»
Roy sembrò ridestarsi dai suoi pensieri, Riza aveva praticamente svolto tutto il suo lavoro del pomeriggio in una manciata di ore.
«Domani dovrò presentare qualche scusa credibile al Comandante Grumman!» Si lagnò Roy portando una mano sulla fronte e sospirando.
«Scusa? Quale scusa? Tu oggi sei stato convocato d’urgenza per la cattura di un criminale nei bassifondi della città, non hai potuto avvertire per evitare che si sapesse in giro.» Rispose Riza prendendo il cappotto e infilandolo.
Roy la ringraziò con un sorriso immenso.
Guardò l’orologio da taschino e si offrì almeno di accompagnarla, prima di aprire il portone si assicurò che lei avesse messo la sciarpa attorno al collo.
 
«Non avrai mica pensato che fosse pericoloso per una donna tornare da sola di notte, vero?» Chiese Riza rivolgendo uno sguardo al Roy sepolto sotto la sciarpa.
«Io penso che sia pericoloso per una donna tornare da sola di notte, Riza, ma nel tuo caso ho più paura per i malintenzionati che per te.» Ammise lui ricambiando lo sguardo.
Riza sorrise e sollevò gli occhi al cielo.
«Ad East City si vedevano meglio, vero?» Disse l’uomo riferendosi alle piccole stelle che si scorgevano appena.
«Decisamente. Vorrei tornarci un giorno, rivedere la mia vecchia casa e il vecchio ufficio».
«L’ufficio dove avevo macchiato la moquette con il tuo tè e ti ho chiesto di darmi una mano a riposizionare i mobili perché non si vedesse?» Roy scoppiò a ridere e riuscì a trascinare Riza con sé.
Sentendola ridere in quel modo pensò, per la prima volta, che sarebbe riuscito finalmente a dormire.
Poi lei aggiunse un dettaglio.
«E’ per questo motivo che non sono voluta andare con lui, Roy.» Ammise lei continuando a camminare verso casa.
«Perché il Generale Koichi non rovescia le bevande ovunque?» Chiese Roy affondando il suo disappunto dentro la sciarpa bianca attorno al collo. Quel generale gli aveva quasi fatto venire un colpo quando aveva scoperto le sue reali intenzioni.
Portarsi Riza fuori da Central City, non se ne parlava proprio.
Anzi, per la precisione, Riza non sarebbe proprio uscita dal suo ufficio. Ma neanche per sogno! Sarebbe rimasta con lui fino alla fine.
O almeno sperava, d’altronde non poteva obbligarla.
«Più o meno, però c’è una cosa che non ti ho ancora detto, Roy. Non potevo dirtela tra le mura dell’ufficio.» Riza deglutì senza farsi sentire.
L’uomo si fermò all’improvviso, erano quasi giunti a casa di lei.
«Cosa c’è?»
«Il Generale Koichi aveva insistito più volte per farmi partire con lui e far parte della sua divisione e, dopo i miei netti rifiuti, mi ha chiesto almeno di rappresentare la tua divisione ad una cena che, a quanto pare, si terrà nella villa del Generale Grumman e di andare con lui».
Roy fissò Riza negli occhi un paio di secondi buoni, lei stessa inizialmente sostenne lo sguardo prima di cominciare ad arrossire. Non le piaceva avere quegli occhi addosso.
«Non sono adatta a rappresentare la tua divisione?» Chiese.
«Fino a prova contraria sono io il Generale! Avrebbe dovuto chiedere a me prima!» Sostenne l’altro chiudendo i pugni. Se solo pensava a Riza accanto a quell’uomo, provava una gran voglia di mandare tutto a fuoco con un solo schiocco di dita.
«Non posso che darti ragione, ma evidentemente Koichi non era dello stesso parere, inoltre avresti saputo di questa cena se avessi letto quei fascic-».
«Koichi? Siete già entrati in confidenza?» Sbottò l’altro sentendo le guance andare in fiamme.
«In confidenza? Ci ho parlato una volta sola!».
«Ci hai messo anni per chiamarmi senza utilizzare la parola Colonnello prima!» Roy si pentì quasi subito per quello che aveva detto.
Era vero, aveva sperato per tanti anni che Riza cominciasse a chiamarlo per nome o, almeno, per cognome senza aggiungere il suo grado superiore. Almeno quando erano soli.
«Generale Mustang, mi sa che è arrivato l’orario di andare a dormire, o domattina non si alzerà dal letto. Non crede?» Riza non avrebbe voluto provocarlo, provava dei sentimenti molto forti nei confronti di quell’uomo e sapeva - non poteva ignorarlo - che anche lui provava del sincero affetto per lei.
D’altronde lo aveva dimostrato più volte nel Giorno della Promessa.
Eppure, non seppe spiegare il motivo per il quale non accettava il fatto che Roy dovesse reagire in quel modo quando la allontanavano da lui.
«Perché non me l’hai detto in ufficio?» Chiese lui mentre si girava per andare verso casa sua.
«Perché le tende nuove mi piacciono particolarmente».
-
«La ragazzina non vuoterà facilmente il sacco. Ma è sicuramente lei, non ci sono dubbi.»
«Guarda quell’altro come tiene le distanze! Si vede proprio che è cotto di lei».
«Che razza di maledizione, innamorarsi di un altro membro dell’esercito pur sapendo che non potrete mai stare insieme. E’ una bella gatta da pelare.»
«Anche una bella sfortuna, sì.»
Uno dei due ragazzi mise in moto e fece partire l’automobile.

Angolo autrice: Buonasera a tutti! Eccomi approdata anche su questo fandom con una mini-long Royai <3 Impossibile non innamorarsi di loro due.
Specifico il fatto che ho visto Brotherhood, quindi nella long verranno rispettati i punti di trama originali del manga. Spero che questi cinque capitoli (forse sei?) vi piacciano e possano regalarvi qualche minuto di distrazione, ne posterò uno a settimana! 
A presto <3


 
   
 
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