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Autore: MC_Gramma    08/09/2020    0 recensioni
In tre anni gli erano passati tanti corpi sotto gli occhi e tra le mani, nessuno gli era mai interessato al di là della fedele riproduzione su carta eppure, appena l’aveva vista entrare, la domanda era sorta spontanea: «Chi è quella?» tuttavia si era imposto di non darle voce e gli era rimasta incastrata in gola, procurandogli un fastidioso grattino.
Sapeva benissimo che era la sostituta...

Hunter Clarington e Marley Rose si incontrano così: lui studente della succursale di belle arti, lei modella di nudo. Le loro vite si intrecciano, in classe e fuori, ma si congiungeranno in un'unica strada o sarà solo un susseguirsi di incroci?
(Nota sul titolo: equivale al nostro "col senno di poi", 2020 è il modo inglese per dire dieci decimi. Non fatevi trarre in inganno!)
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Blaine Anderson, Hunter Clarington, Marley Rose, Rachel Berry, Wesley Montgomery | Coppie: Blaine/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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A/N: "occhi all'ingiù" è un'espressione rimastami impressa quando leggevo i manga di Kazuya Minekura e indica appunto uno sguardo magnetico, contando che il buon Nolan ha gli occhi di quella conformazione e in Giappone basta essere straniero per essere considerato affascinante traete le vostre conclusioni :) comunque in futuro conto di approfondire l'argomento.

 

 

I've stocked my heart
With icy, frigid air
And I mean to care for no one
Because I'm through with love

(Marilyn Monroe - I’m Thru With Love)

 

 

Doveva aspettarsi l’imboscata in conformità a una festa alla base del genocidio dei pellerossa.

Non aveva la minima intenzione di accettare l’invito di Kurt: sapeva che dopo essere stati tanto separati lui e Walter si sarebbero chiusi in camera alla prima occasione e a lei sarebbe toccato fare gli onori di casa, come a Halloween. Non parliamo poi di cucinare il tacchino, di nuovo. No, signore! Il suo piano per il Ringraziamento era restare in panciolle a mangiare schifezze e fare zapping in TV. Quando glielo aveva accennato Wes lo aveva giudicato triste almeno quanto il loro programma e le aveva proposto di passare la giornata tristemente tutti insieme. La cosa le puzzava ma aveva accettato, perché Hunter le aveva assicurato sarebbe stata una giornata come le altre. 

Tuttavia, Marley non aveva considerato il fattore Cary!
Lo trovò fuori dalla porta, nell’atto di suonare il campanello, proprio mentre stava per uscire. E non era solo. Con suo sommo orrore Millie Rose invase la tranquillità del suo appartamento lamentando lo spazio ristretto e un disordine inesistente. 

“Se Maometto non va alla montagna...” le sussurrò suo cugino, con la solita faccia da schiaffi.

Non le rimase altra scelta che spiegare la situazione ai ragazzi e scusarsi di non poter più andare. Cioè poteva ma quei due sarebbero comunque rimasti lì ad aspettarla! La risposta di Hunter la lasciò di sasso: “Porta anche loro.” esclamò in tono piatto e lei riuscì a figurarsi l’alzata di spalle che sicuramente accompagnava quelle parole “Farò il ritratto a entrambi.”

L’unica sua consolazione era che Cary avrebbe dovuto pagare di nuovo il parcheggio. Perché la sua genitrice si era rifiutata categoricamente di prendere la red line, preferiva essere stipata sul sedile del passeggero piuttosto che in un vagone della metro. Poi si raccomandò con lei perché tenesse dritto il cartone della torta, sulle gambe, impedendole ogni possibilità di fuga. Neanche avesse voluto gettarsi dall’auto in corsa! Marley non poteva negare di averlo pensato, solo per un momento, ma aveva lasciato perdere perché si sarebbe fatta troppo male…

Mentre percorrevano la North Lake per evitare il traffico della parata, non le fu concessa la possibilità di estraniarsi e godersi la vista sulle placide acque.

“E così, l’amica del fertilizzante era in realtà un amico.” iniziò la serpe al volante “Se ci avessi scommesso dei soldi, avrei vinto!”

“Per quello bisogna essere quotati. Era scontato che Marley stesse nascondendo qualcosa! Potevi anche dirmelo che ti stai vedendo con qualcuno invece di inventare tante bugie. Non sarò certo io a interferire con la sua felicità!” esclamò benevola la stessa donna che una manciata di giorni prima le aveva chiuso il telefono in faccia accusandola di avere il cuore freddo “Ora, cara, parlarci un po’ di questo giovanotto che stiamo per incontrare.”

“Due giovanotti, mamma.” la informò, sperando di scioccarla ma non accadde “Sarà presente anche il suo coinquilino.” 

“Mi fa molto piacere, ora vuota il sacco!

Lei iniziò controvoglia a snocciolare qualche informazione ma venne interrotta quasi subito: “Quindi ha già avuto modo di vedere tutto quello che hai da offrire!” Quel commento acido le scivolò addosso, la infastidì più il fatto che usasse quel tono secco davanti ad altri ma suo cugino, troppo concentrato sulla strada, non si accorse della piega amara agli angoli della sua bocca e lo archiviò come un innocente normale stuzzicarsi tra madre e figlia. 

Il culmine però lo raggiunsero una volta a destinazione, quando Wes aprì la porta e sua madre si fece largo per stringergli calorosamente la mano. Il matematico, troppo educato per interromperla, ascoltò attentamente sia lei che Cary, poi intercettò il suo sguardo colmo di scuse e scoppiò a ridere in faccia a quei due.

“Ehi, Hunt, è successo di nuovo!” chiamò, tornando in cucina.

“Hai detto che era orientale.” sibilò sua madre, arpionandole il braccio.

Marley sperò non le restasse il livido, sarebbe stato seccante da spiegare a lavoro. “Io ho soltanto detto che ha trascorso l’infanzia nell’emisfero asiatico. Trovo politicamente scorretto che per questo vi siate avventati sul primo ragazzo con gli occhi a mandorla che avete visto!”

“A scuola mi chiamavano occhi all’ingiù.” intervenne Hunter, sbucando dal corridoio alle loro spalle “Non ho mai capito se li trovavano seducenti o mi prendevano in giro!”

Marley lo ringraziò e non perché la stesse liberando dell’incombenza della torta. Al vederlo la sua genitrice non nascose il proprio sollievo, suo cugino invece aveva l’aria pensosa. Lo imputò al fatto che Kalinda non aveva ancora confermato la propria presenza. Infatti, Cary si tenne in disparte per chiamarla mentre loro si spostavano in cucina.

“Serve una mano con il tacchino?” chiese tutta giuliva sua madre.

I ragazzi si scambiarono uno sguardo perplesso.

“Non le hai detto del menù?”

“Credevo ci avresti pensato tu.”

“Sei tu il cuoco designato.”

“E tu quello che rinnega la propria cultura!”

“Disse quello che rinnega questa festività per motivi politici!”

“Quindi niente tacchino?” chiese Marley, mordendosi il labbro dopo ogni parola per non lasciarsi sfuggire la risata di bocca.

“Niente tacchino, mi spiace.” confermò Hunter “Oggi è il giorno dell’anatra all’arancia.”

Contro ogni previsione sua madre la prese con filosofia.
“Bè, questo è un anno particolare... posso comunque darti una mano, Wesley caro?”

Wes declinò nuovamente la sua offerta e vedendola risentita Hunter, che sembrava davvero intenzionato a ritrarla, la condusse in salotto, dove non c’era più traccia di Cary, e la fece sedere proprio sotto il ritratto di Fanny. 

“Purtroppo il divano è un po’ duro.” si scusò.

“Duro va bene!” ebbe il coraggio di ribattere la sua genitrice.

Marley lo compatì, non aveva idea del guaio in cui si era cacciato, ma non rimase ad aiutarlo e partì alla ricerca di suo cugino. 
Se lo conosceva almeno un po’ si era messo a camminare mentre parlava al telefono, doveva aver percorso il corridoio avanti e indietro almeno un paio di volte prima di salire le misteriose scale che conducevano al piano superiore. Un luogo finora inesplorato!

I ragazzi le avevano solo accennato che, essendosi divisi le camere al piano inferiore, avevano buttato giù tutte le tramezze creando un’immensa sala da usare per cene e ricorrenze varie. Forse per questo avevano tardato a mostrargliela: essendo così distante dallo spazio dove si muovevano ogni giorno, Marley immaginò quanto dovesse essere facile dimenticarsi di mettere in ordine una volta chiusa la porta.

Adesso era accostata, segno che non si era sbagliata.
Entrando le pareti rosse la sorpresero, almeno quanto i due teschi d’antilope appesi ai lati della bandiera americana. Notò che uno aveva ancora su un cappellino di carta arancione con pipistrelli neri! E nel fissarlo rischiò di sbattere il ginocchio contro un piccolo palco, residuo dei concerti casalinghi cui le aveva accennato Wes. Al centro della stanza c’era una lunga tavola curiosamente imbandita: calici di cristallo affiancati a bicchieri da latte, piatti di porcellana col bordo dorato, posate di servizi diversi ogni due posti, un vaso con una collana di cuori faceva da centrotavola...

Quest’ultima a scelta la preoccupò. I rami minuziosamente districati correvano sulla tovaglia, attorcigliandosi attorno alle bottiglie - una rosé molto familiare svettava tra le birre ambrate - e Marley sperò che le foglioline carnose non venissero incautamente schiacciate.

“Ancora nessuna traccia della tua ragazza?”

Cary le gettò un’occhiata ma rimase rivolto verso la portafinestra che si apriva sulla terrazza.

“Non è la mia ragazza” rispose mestamente “e non perché io non voglia… ma parliamo di te. Potevi dirmi che frequenti il figlio di un diplomatico.”

Corrucciò le sopracciglia.

“Non ti arrabbiare.” la esortò, giocherellando col telefono “Ho chiesto a Kalinda di fare un controllo. Ero preoccupato! Hai sempre avuto un debole per gli artisti squattrinati e il nome mi suonava familiare, temevo di averlo letto in qualche deposizione.”

“Tu lavori troppo!”

“Probabilmente hai ragione.”

Marley mantenne l’aria accigliata e incrociò le braccia. Lo conosceva abbastanza da sapere che se mollava l’osso tanto facilmente ne aveva già un’altro pronto da spolpare. Infatti le chiese: “Davvero non sai chi è suo padre?” e, mentre lei scuoteva la testa, già le mostrava una foto dal telefono.
In bianco e nero, sembrava presa da un giornale.

A giudicare dalla conformazione del viso, Hunter doveva essere poco più che adolescente. Aveva i capelli più lunghi, molto più scuri, li teneva calcati sugli occhi per darsi un tono nonostante la divisa scolastica impeccabile. La signora Clarington, alla sua destra, le sembrò sottile come un foglio di carta e messa così di profilo non era chiaro se il suo sguardo pieno di orgoglio fosse rivolto al figlio o al marito, alto e austero persino mentre sedeva al margine della scena. Gli occhi del signor Clarington invece bucavano lo schermo, non potevi nasconderti o nascondergli nulla.

“Me lo aspettavo diverso...”

“Diverso come?”

“In divisa. Pensavo fosse un militare.”

“E non glielo hai chiesto?” proseguì incalzante “Ma si può sapere di cosa parlate?!”

“Di arte, per lo più.”

“E il resto del tempo?”

“Poso per lui.”

“Marley… vedi che faccio bene a preoccuparmi?”

“Non sono più una bambina, smettila di trattarmi come tale.”

“Hai ragione, sei grande ormai e sai prendere le tue decisioni. Infatti stavi per prendere casa basandoti sul fatto che ti ispirava il nome del quartiere!”

In passato aveva funzionato alla grande ma questo lui non doveva saperlo, le avrebbe fatto troppe domande su dove e lei non sentiva di dovergli nessuna spiegazione.

“Scendi quando ti è passata, non è un problema mio se Kalinda vuole scaldarti tutto tranne il cuore e non resterò qui a farti da…”

Cary la trattenne per il braccio, ancora indolenzito dalla presa di sua madre, e le si accostò.

“Sei sparita. Per mesi. Non lo sto dicendo per rimproverarti, ok? Anch’io ho fatto delle stupidate quando è mancata la nonna, quindi capisco tutto.” 

“Come no! Tu sei quello responsabile. Quello che ha fatto strada.”

“Quello che ha rischiato di perdere tutto presentandosi fatto a lavoro! Funghi allucinogeni. In teoria era il mio giorno libero ma non cerco scuse...” 

“Non ne avevo idea.”

“Te ne avrei parlato se non mi tenessi sempre a distanza!” la lasciò andare e tornò rivolto verso il vetro “Che diavolo ci è successo? Da piccoli eravamo inseparabili, poi mi hai detto quella cosa e io… avrei dovuto gestirla meglio, non lo nego.”

“Non è stata colpa tua, Cary.”

“Nemmeno tua. Ti ho fatto da fratello maggiore e padre insieme e stavo per andare al college, avrei dovuto capire che non era una semplice cotta.” smise di rigirare il telefono tra le mani e cercò la sua, portandosela al petto “Ero felicissimo quando mi hai chiamato. Lo sono ogni volta che lo fai! Ma sento che non ti fidi di me.”

“Forse, se evitassi di riferire ogni mia mossa alla mamma, sarei più propensa a farti delle confidenze!”

“Forse, se le parlassi tu stessa, zia Millie non sentirebbe il bisogno di chiamarmi così spesso. Neanche a me piace.” le assicurò, vedendola sbuffare “Prima era la nonna a fare da tramite, adesso sta a te imparare a comunicare con lei. Io mi chiamo fuori! Parola di scout.”

“Nessuno dei due ha fatto gli scout.”

“Sicura?” scherzò “Dai, raggiungiamo il tuo ragazzo prima che la zia lo imbarazzi del tutto!”

“Non è il mio ragazzo.”

“Perché non vuoi tu o perché non vuole lui?”

Sarebbe stato semplice spiegare l’equivoco ma, di nuovo, preferì sorvolare.

  
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