Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Luschek    08/09/2020    5 recensioni
Da quanto tempo non percepisce la gioia scombussolarla a tal punto?
Il chiacchiericcio cessa di colpo, dopo l’ammonimento del compagno, e neanche un secondo dopo si leva uno scalpitio di stivali. Hanji si preme il palmo contro la bocca, perché, sebbene siano passati anni dall’ultima volta che lo ha sentito, riconoscerebbe il suono di quei passi tra mille altri.
{Hanji!centric | Spoiler Capitolo 132 | Storia partecipante alla challenge "Hurt/Comfort Time" indetta sul forum "La Torre di Carta"}
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanji Zoe
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Prompt: Casa.

Contesto: capitolo 132. 

 

Ritornare a casa 

 

 

Prima che lei cada nel vuoto, l’ultima sensazione che attraversa la carne di Hanji è quella del vapore che le scava nei tessuti, tramutandoli in orrenda carne flaccida. È convinta che percepirà distruggersi ogni singola vertebra della colonna, nell’istante in cui si schianterà al suolo, e non può nemmeno sapere quanto manca alla sua inevitabile morte, dato che il calore emanato dai Colossali le ha sciolto l’unico bulbo oculare rimastole integro.  

Né urla né scalpita, tuttavia, mentre precipita verso l’inferno. Ha assolto al suo compito nel migliore dei modi: ha ucciso tre Titani, ha fatto guadagnare abbastanza tempo all’areoplano affinché potesse decollare e ha eletto un comandante migliore di lei.  

L’unico rimorso che si porta nella tomba, la quale è stata scavata in suo onore da un Colossale, riguarda il giovane pieno di rancore che ora sta calpestando il mondo.  

Le dispiace di non essergli stata accanto, di aver sottovalutato il suo dolore e, soprattutto, di non averlo fermato quand’era il momento adatto, poiché soggiogata dalle sue emozioni.  

L’oblio le annebbia la coscienza, quando tutte le ossa del suo corpo si rompono contemporaneamente. 

 

Fino a poco prima di lanciarsi dal veicolo, si è chiesta cosa l’attendesse una volta chiusi gli occhi per l’eternità. Fin da piccola, ha sempre creduto che ci sarebbe stata il buio ad avvolgerla, invece, quando i suoi occhi – entrambi – si riaprono, Hanji è sconvolta nello scoprire che si sbagliava. 

Il cielo è azzurro, il sole splende e quasi rimane senza fiato quando sente i peli rizzarsi a causa di una brezza fresca. Trova buffo che si consideri più viva da morta. 

Rimane immobile nella sua fossa a forma d’impronta, finché una caciara non la riscuote dal suo sbalordimento. 

«Guardate quello... quello è un uccello metallico!» 

È la voce di Gunther, quella che grida in lontananza?  

«Impossibile, gli uccelli non sono fatti di metal... Ah! La mia lingua!»  

«Ti sta bene, Auruo! Questo è perché parli troppo.» esclama stizzita Petra. 

«Basta, ragazzi. È arrivato qualcuno.» 

È la voce profonda di Mike a farle diventare gli occhi lucidi. È la prima volta dopo anni, che non si commuove a causa di un evento felice. Tira su col naso e, per evitare che le lacrime escano, si strofina le palpebre con la manica della divisa.  

Da quanto tempo non percepisce la gioia scombussolarla a tal punto? 

Il chiacchiericcio cessa di colpo, dopo l’ammonimento del compagno, e neanche un secondo dopo si leva uno scalpitio di stivali. Hanji si preme il palmo contro la bocca, perché, sebbene siano passati anni dall’ultima volta che lo ha sentito, riconoscerebbe il suono di quei passi tra mille altri.  

Una mano entra nella sua visuale e la donna non esita a stringerla. È una mano di cui conosce a memoria tagli, calli e impronte digitali. È la mano che l’ha sempre tirata su, quella.  

Quando viene rimessa in piedi, ciò che nota prima di ogni altra cosa è il sorriso radioso di Moblit. Non mostra nemmeno i denti, a malapena incurva all’insù gli zigomi, eppure rivedere quel volto è capace di placare la sua tachicardia e impedisce alle sue lacrime di uscire. 

«Salve, caposquadra Hanji.» la saluta lui, mentre lentamente scioglie la presa delle loro mani. 

«Comandante Hanji. Te lo avevo già detto, Moblit.» lo corregge qualcun altro. 

Anche Erwin le sorride, ma la dolcezza di cui è impregnata il volto di lui è quella che si riscontra nello sguardo che un padre rivolge alla figlia. La donna ammette che, nel caso del suo comandante, la morte è stata una benedizione: l’ha finalmente graziato con la pace tanto bramata. Mentre riflette su ciò, l’amico pronuncia qualcosa di inaspettato: 

«Hai fatto un ottimo lavoro, Hanji.» 

A differenza loro, le sue labbra si contraggano appena e le guance si tingono appena dall’imbarazzo, perché dopo quelle parole Mike, Nanaba, Gelger e Lynne la osservano con un sorrisetto compiaciuto.  

«Non me l’aspettavo.» biascica Hanji, che si gratta la nuca per scaricare la tensione. 

Le sue pupille vagano sulle numerose schiene che le si stagliano dinanzi: ci sono Eld, l’istruttore Keith Shadis – un gasp le sfugge dalla bocca, quando riconosce la sua pelata -, la piccola Sasha e gli altri compagni che ha perso a causa della guerra. 

«Ci siete tutti...» pigola «Sono successe così tante cose... E poi quell’idiota di Eren, argh!» 

Come tutte le volte in cui è in difficoltà, sente premere sulla lingua una valanga di informazioni che ha il bisogno di riversare sugli altri. Erwin allunga un braccio verso di lei, piazzandole una pacca affettuosa in mezzo alle scapole. 

«Avrai tempo per raccontarci.» 

Mormora l’uomo, mentre la sorpassa e con un cenno della testa la invita a seguirlo.  

Hanji, prima di avviarsi insieme ai suoi compagni, rimane per qualche attimo dietro di loro. Vuole scrutare per bene i volti della sua famiglia, imprimersi nella mente ogni dettaglio dei loro volti e deglutisce rumorosamente, quando si rende conto di qualcosa che ha realizzato soltanto adesso: 

“Sono a casa.” 

   
 
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