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Autore: la luna nera    09/09/2020    3 recensioni
La Duke of Kent Music Academy è una delle più prestigiose scuole di musica dell'intero Regno Unito. Per Charlotte e Sophie, selezionate per un semestre di studi, è un'occasione unica e partono assieme all'insegnante per questa avventura. Ma l'Accademia non è solo musica e melodia, è anche un luogo in cui esistono storie inghiottite dallo scorrere del tempo.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il professor O’Connor piegò il foglio dopo aver riletto più volte il contenuto, lo mise in tasca ed uscì dalla sua camera. Seguendo il corridoio adornato da quadri raffiguranti i grandi compositori del passato, giunse a pochi passi dall’ufficio del direttore Cowen. Nell’aria si udiva una dolce melodia di violino, lo strumento grazie al quale da piccolo si era avvicinato alla musica e che lo aveva accompagnato negli anni fino a farlo diventare un apprezzato insegnante. Quanti ricordi gli tornavano alla mente! Ricordi legati all’emozione del primo concerto da solista, con la tremarella alle gambe e lo stomaco sottosopra, ricordi legati al suo ingresso al conservatorio, le giornate passate ad esercitarsi, il dolore ai polpastrelli delle dita e l’indescrivibile soddisfazione dell’esito finale del suo corso di studi, quando poté fregiarsi di associare al suo nome la parola “maestro”. E dopo una lunga gavetta finalmente arrivò il primo incarico come supplente in una scuola di musica, incarico che grazie alla sua bravura ed un pizzico di fortuna, divenne definitivo. Lì poi accadde quello che accadde. Sfiorò di nuovo quel pezzo di carta che teneva in tasca, tentando per quanto possibile di eliminare dalla sua testa l’ultimo dubbio che lo implorava di restare alla Duke of Kent, chiuse gli occhi e respirò profondamente, ma quando li aprì vide un’ombra appoggiata allo stipite della porta dell’ufficio del direttore. Non aveva dubbi: era Arthur. Quella visione lo colse di sorpresa e i suoi muscoli iniziarono a tremare, facendogli perdere l’equilibrio per qualche istante. Indietreggiò di qualche passo, terrorizzato all’idea che il fantasma potesse di nuovo aggredirlo come già accaduto. Arthur non si muoveva, sembrava intenzionato a sbarrargli la strada, non voleva dargli la possibilità di parlare con il direttore, non voleva insomma che lasciasse l’accademia.

Sì, perché quel foglio piegato era la sua lettera di dimissioni.
Secondo Arthur dunque non se ne doveva andare: perché?
Perché lo stava bloccando?
Gliel’aveva pure lasciato intendere poche sere prima, quando lo aveva visto assieme a Mathilde.
E allora perché lo aveva aggredito quel giorno nell’aula di musica?

Quello non era certamente il momento adatto per chiederglielo, poteva arrivare chiunque e vederlo lì imbambolato, probabilmente intento a parlare col vuoto. Sì, perché le altre persone erano in grado di vedere lo spirito?
Thomas O’Connor indietreggiò di qualche passo, sincerandosi di essere solo prima di far ritorno nella sua stanza, cercando per quanto possibile di apparire normale e tranquillo, mentre i muscoli delle sue gambe tremavano, il suo cuore pulsava in maniera spropositata e il respiro gli moriva in gola. Quel corridoio pareva interminabile, la porta della sua camera non arrivava mai davanti ai suoi piedi e quando finalmente la sua mano poté afferrare la maniglia, aveva l’impressione che fossero passate ore da quando si era allontanato dall’ufficio di Cowen. Chiuse a chiave, come se quel gesto potesse dargli maggiore tranquillità e certezza di essere al sicuro. Si mise seduto sul letto e raccolse la sua testa fra le mani, la sentiva scoppiare. Poi un brivido gelato gli attraversò la schiena facendolo sobbalzare: ebbe la sensazione di non essere da solo, perciò prese a guardarsi attorno, mentre iniziava a sudare e a respirare con affanno. Il suo computer portatile, spento e riposto sulla scrivania, si aprì all’improvviso senza una logica, sullo schermo nero si materializzò la scritta

I’M SORRY I HIT YOU, THAT’S THE REASON

Arthur stava comunicando con lui, si stava scusando per ciò che aveva fatto. Perché?
Il giovane insegnante raccolse forza e coraggio e si avvicinò al dispositivo, poiché sul desktop si stavano formando dal nulla delle frasi di senso compiuto. Si mise a leggere con enorme attenzione quello che lo spirito gli stava scrivendo in un inglese di fine ottocento, spiegandogli molte cose e dando finalmente risposte alle sue mille domande.
 
 
 





Ethan era appena uscito dalle prove. Era molto soddisfatto del suo percorso accademico e già stava iniziando a prendere in considerazione alcuni concorsi per suonare in contesti di alto livello. Però qualcosa si era guastato in lui, quella sua spensieratezza e gioia di vivere che lo avevano accompagnato e reso popolare si erano affievolite sensibilmente negli ultimi giorni. Lui sapeva benissimo la causa di ciò, ma si rifiutava di ammetterlo persino a se stesso, il suo orgoglio lo frenava e la cosa proprio non gli andava giù. Da quando il mezzo vampiro gli aveva raccontato la sua storia fatta di droga, morte e dolore, aveva preso a domandarsi perché lui, Ethan Foster, sciupafemmine rubacuori con un curriculum di conquiste degno di Casanova, provava fastidio nel vedere quel soggetto problematico e disagiato in compagnia di Emily, vedendo il fortissimo legame di amicizia nato fra la ragazza dai rossi capelli e l’altro pallido e sinistro come un cadavere. Sembravano così diversi eppure apparivano dannatamente compatibili. Perché a lui non era mai accaduta una cosa simile?

“Ehi bro, pensieri?”
La voce amichevole e la pacca sulle spalle da parte di Oliver lo distolsero dai suoi pensieri.
“Mhm, più o meno.” Sospirò mentre l’amico, seguito da Gary, si sedeva sull’erba vicino a lui.
“Mamma mia che stress la Travis!” Sbottò il moro.  “Avrà cento anni per gamba, ma perché non se ne va in pensione?!”
“Insegnava qui già quando c’era mio padre.” Confermò Gary.
“Per forza, ha frequentato la scuola di musica assieme a Behetoven! Quella è una vecchia strega, ha scovato qualche intruglio magico per campare mille anni e bacchettare tutti i musicisti passati, presenti e futuri sulla faccia della Terra.”
“Ehi, ce l’hai proprio a morte con lei.”
“Per forza, mi ha fatto ripetere cinquanta volte il mio assolo di Hey Jude, mi sono venuti i crampi alle dita, accidenti!”
Ma Ethan pareva non curarsi dei discorsi degli amici. Questi, stupiti dal suo silenzio, si guardarono in faccia prima di mettersi entrambi a fissarlo. E lui ancora non parlava, né faceva loro alcun segno.
“Secondo te si è addormentato con gli occhi aperti?”
Oliver passò un paio di volte la mano davanti agli occhi dell’amico senza ottenere nulla. “Boh, non dà segni di vita.”
In quel momento il cellulare di Ethan squillò: sul display comparve il nome Sharon e la foto di una ragazza molto attraente. Inspiegabilmente lui non si svegliò da quella sorta di sonno nel quale pareva sprofondato.
“La situazione è preoccupante.” Gary non lo aveva mai visto in quello stato.
“Vediamo se riesco a farlo tornare in sé.” Attese un istante. “Stasera andiamo a caccia dei documenti nell’ufficio del boss.” Niente. “Andiamo a fantasmi stasera.” Gli aveva sussurrato quest’ultima cosa nell’orecchio e probabilmente qualche impulso gli aveva raggiunto il cervello perché finalmente diede segnali di vita.
“Mhm, scusa, stavi….stavi dicendo qualcosa?”
“Ben svegliato Ethan, fatto bei sogni?” Oliver lo fissava con aria divertita.
“Mica stavo dormendo, ero solo pensieroso.”
“Questo lo avevo capito, ma gradiremmo la tua presenza, anche mentale, per il nostro progettino serale.”
“Che volete fare stasera? Niente scappatelle con le ragazze per favore, non sono dell’umore adatto.”
“Bah, tu solo a quello pensi.”
Gary scuoteva la testa ridacchiando. “Stasera mi hanno chiesto di suonare alcuni brani composti da mio padre, che fra l’altro sarà qui per l’ora di cena, per cui i corridoi e le stanze al piano di sopra saranno deserte almeno per tutta la durata dell’esibizione.”
“E vorresti approfittare dell’occasione per andare a frugare nell’ufficio del direttore, giusto?”
“In parte.” Lo corresse Oliver. “Lui intratterrà il corpo docenti, Stanford inclusa, mentre io e te agiremo.”
“E perché io? Non puoi andare con una delle ragazze?”
“Gli unici ad essere entrati nell’ufficio del boss siete tu e Sophie, dubito che lei abbia voglia di seguirmi. Tu sei l’unico che ha visto quella stanza, sai cosa c’è, scaffali, librerie, sedie, poltrone…. Sai come sono dislocati e magari puoi avere pure un’idea di dove cercare i documenti.”
Lui parve iniziare a tornare in sé. “Ehm….. sì, ci sono stato. L’ufficio è al primo piano, la porta è esattamente di fronte alle scale e accanto ci sono delle poltroncine rosse.”
“E dentro com’è? Hai notato qualcosa che potrebbe nascondere i documenti che cerchiamo?”
Ethan si fece pensieroso, poi la sua attenzione fu catturata da una risata cristallina inconfondibile per le sue orecchie. Sospirò profondamente prima di alzarsi. “Devo rifletterci un po’, ci aggiorniamo più tardi. See you, bro.” E si allontanò con le mani in tasca, lasciando gli amici meravigliati dal suo comportamento insolito.
 
 
 



 
“Di’ un po’, da uno a dieci quanto sei nervosa per stasera?”
Charlotte si voltò, non si aspettava una tale domanda dall’amica. “Nervosa? Perché dovrei esserlo, Soph?”
“C’è il padre di Gary, no?” Si sedette accanto a lei, mentre l’altra continuava a ritoccarsi il make-up.
“Sì, comunque ci siamo incontrati quando abbiamo suonato al Mayflower e non sono sicurissima di aver fatto una buona impressione su di lui. Gary continua a dirmi di sì, ma…non lo so, ho l’impressione che mi vedano così diversa, così inferiore rispetto al loro ambiente sociale.” Ripose l’eye-liner nella trousse con aria malinconica.
“Però Gary mi sembra innamoratissimo, o sbaglio?” Diede due colpetti al braccio dell’amica che abbassò lo sguardo mentre le sue guance si tingevano di rosso. “Dammi retta, non permettere che questi pensieri rovinino la vostra felicità, vivi fino in fondo questo momento e vedrai che tutto andrà per il meglio.”
“A dirla tutta non sono neanche sicura che Gary gli abbia parlato di me come la sua ragazza, però….. Hai ragione, proverò a seguire il tuo consiglio.” Sophie era veramente quella sorella maggiore sempre disponibile ad ascoltare ed elargire buoni suggerimenti. “Sono proprio fortunata ad avere un’amica come te.”
Sophie si lasciò abbracciare, voleva un gran bene a Charlotte e in più di un’occasione si era sentita sporca dentro per doverle tacere quel suo pesante segreto. “Anch’io. E spero di non perderti mai.”
Sciolsero l’abbraccio dopo alcuni secondi. “Stasera Oliver vuole provare ad entrare nell’ufficio del direttore per cercare i documenti su Mathilde ed Arthur, te l’hanno detto?”
“Sì.”  Il suo sguardo si fece pensieroso. “Ethan mi ha raccontato che vogliono approfittare del concerto di stasera per andarci senza dare nell’occhio. Non ne ha tantissima voglia, ma si è lasciato convincere.”
“Sul serio? No, perché Ethan è sempre stato in prima fila per dar la caccia ai fantasmi!”
“Infatti, però…. Non lo so, lo vedo strano in questi giorni, non è il solito rompiscatole di sempre.”
“Non ti fa più il filo?”
“Fortunatamente no!” Scosse la testa ridacchiando. “E sinceramente non mi dispiace affatto. Ad ogni modo….”  In quel momento il suo cellulare squillò: lesse sul display quel nome. Rifiutò la chiamata immediatamente per evitare che l’amica notasse il chiamante.
“Chi era?”
“Oh, era….mia mamma. La richiamo dopo, che se inizia a chiacchierare rischio di far tardi.”
“E’ vero, accidenti!” Esclamò dopo aver controllato l’ora. “Gary mi starà già aspettando.”
“Vai pure allora, io ti raggiungo subito. Devo….ehm….andare in bagno.”
Sophie salutò l’amica con il solito sorriso angelico, poi come fu sola, afferrò il cellulare e richiamò. “Ehi, scusa per prima, c’era Charlotte e non volevo che se ne accorgesse……. Dimmi, ci sono novità?.....Davvero?......Non ci posso credere…” Man mano che ascoltava, il suo respiro si faceva sempre più sottile, accompagnato da tremarella alle gambe e pallore in volto. “Ma ne sei sicuro?! No, dico sul serio! Stasera Ethan e Oliver vogliono tentare di trovare quei documenti, se davvero le cose stanno così, dobbiamo fermarli! ……Lo so, lo so! Ma non possiamo permettere che…..Va bene, ho capito, ci vediamo fra poco.” Chiuse la chiamata.
Dopo il concerto anche lei sarebbe stata messa al corrente di tutto quanto in modo dettagliato e il solo pensiero di scoprire ogni cosa le metteva già ansia. A peggiorare le cose doveva escogitare il modo di dissuadere gli amici da quell’impresa che poteva rivelarsi molto, molto pericolosa. Uscì dalla stanza percorrendo quel lungo corridoio, scese le scale ed uscì all’aperto, incurante dell’aria frizzante della sera. Si precipitò verso l’edificio principale tentando di apparire più tranquilla possibile e non esternare troppo tutto il nervosismo che portava dentro. Vide Ethan confabulare con Oliver in un angolo dell’androne, non molto lontano dalla scalinata che conduce al piano superiore. Prese coraggio, fece un profondo respiro e si avvicinò agli amici, mentre O’Connor scendeva le scale con apparente tranquillità.

“Ehi ragazzi!”  Sorrise sperando di non farsi tradire dall’emozione.
“Ciao Sophie, mi sembri in splendida forma.” Nonostante tutto, Ethan amava fare il galante.
Lei arrossì leggermente. “Vi ho interrotti?”
I due si guardarono in faccia per un istante, poi Oliver decise di metterla al corrente sulle loro intenzioni. “Mi raccomando, acqua in bocca, non sa nulla neanche Emily.”
“Io…. Non credo sia una buona idea.”
“Perché?” Ethan si aspettava una reazione del genere. “Tesoro, vado io con lui, tu resti tranquilla in sala ad ascoltare il concerto e non ti accadrà nulla. Credo che Charlotte ti abbia riservato un posto in prima fila accanto a lei e al suo moroso, per cui non puoi vedere quando, se e come usciremo dall’aula magna. Se qualcuno dovesse chiederti qualcosa, noi non ti abbiamo detto nulla.”
Il suo volto si fece buio. “Ad ogni modo credo sia una pessima idea andare lì. Rischiate l’espulsione e non credo sia conveniente a poche settimane dalla fine del semestre. Poi non dimenticate che quegli spiriti potrebbero giocarvi qualche brutto scherzo.”
“No, lo escludo.” Ribatté Oliver. “Ci hanno sempre aiutati quando la Stanford o il boss ci hanno messo i bastoni fra le ruote, perché dovrebbero voltarci le spalle adesso?”
“Aspetta un attimo.” Ethan prese la mano destra della ragazza. “Non è che per caso tu hai scoperto qualcosa che noi ignoriamo?”
“C-come? Come …come ti salta in mente una cosa del genere?” Non si aspettava una tale domanda così diretta.
“Così per dire, zuccherino, visto che tu ami leggere e frugare fra le scartoffie della biblioteca, magari potevi aver trovato qualcosa.”
“No, non sono andata in biblioteca.” La paura di essersi tradita da sola stava diminuendo leggermente. “Vorrei soltanto che non correste rischi, ricordate che il professor O’Connor è finito in ospedale.”
“Tranquilla, non ci accadrà nulla.” La rassicurò baciandole la mano.
“Ragazzi, venite. Il concerto inizia fra cinque minuti.” L’invito del professore pose termine alla loro chiacchierata. Sophie non era riuscita a convincerli, se fosse accaduto loro qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.
 
 


 
 
Tutti gli insegnanti e gli studenti si erano già accomodati in modo composto ed ordinato nell’aula magna. Il pianoforte era stato posizionato fra le due grandi finestre sul palco allestito per l’occasione, palco semplice ma al contempo elegante. Mr Ascott appariva tranquillo ed aveva trascorso gran parte della serata assieme al figlio, prima di ritirarsi in disparte per concentrarsi come faceva sempre prima di ogni esibizione. Gary sedeva in prima fila, accanto a lui c’era Charlotte seguita da Sophie e dall’altra parte Iris, c’erano poi il direttore, la Stanford, O’Connor e via via tutti gli insegnanti. Emily era alcune file più indietro assieme a Jason, mentre Oliver ed Ethan avevano occupato due posti nell’ultima fila. Diedero un’occhiata alla scaletta dei brani: ne avrebbe eseguiti dieci divisi in due parti, perciò decisero di mettere in atto il loro piano non appena terminata la pausa in programma.
Si spensero le luci ed il concerto ebbe inizio.
 
 
 
 
 




 
 
Buon pomeriggio a tutti.
Sono imperdonabile, lo so, sono scomparsa praticamente per tutto il mese di agosto. Sapete meglio di me quanto il tempo sia tiranno ed ho fatto i salti mortali per completare il capitolo del quale, devo ammetterlo, non sono del tutto convinta. Ho in serbo molte idee che spero di proporvi in tempi decenti, perché oramai avete capito tutti che la misteriosa innamorata del professor O’Connor è Sophie e ben presto anche lei saprà cosa si nasconde dietro la storia di Arthur e Mathilde, perché hanno aggredito l’insegnante e contemporaneamente aiutato i ragazzi, cosa è accaduto e perché non vogliono che il prof se ne vada. Poi ci sono Ethan e Oliver, ben decisi ad indagare nonostante i rischi che corrono. Si cacceranno nei guai?
Grazie di tutto cuore per essere ancora qui, spero che la storia continui ad appassionarvi e che non deluda le vostre aspettative.
A Presto!
Un Abbraccio
La Luna Nera

 
  
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