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Autore: Dreamer47    10/09/2020    0 recensioni
Seguito di "Heartbeats" e "Storm don't last forever"!
Ecco la terza ed ultima parte della storia che coinvolge i fratelli Winchester e le tre sorelle Collins, che si colloca esattamente all'inizio della decima stagione e continuerà fino all'ultima.
Genere: Avventura, Fluff, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bela Talbot, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Family don't end with blood'
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Note dell'autrice:
Buonasera a tutti, eccomi finalmente con il primo capitolo dell'ultima parte della mia trilogia!
E' ambientata all'inizio della decima stagione e seguirà il corso delle vicende fine ad arrivare alla quindicesima, l'ultima!
Spero che anche quesa storia faccia breccia nel cuore di alcuni di voi come le precedenti, ma soprattutto spero di leggere presto la vostra opinione in merito all'evoluzione dei personaggi e del contesto stesso in cui si muovo!
Non vi rubo altro tempo, spero di sentirvi presto! 
Alla prossima.





Capitolo 1.
Life after you.
 
 
Portò alle labbra l'ennesimo bicchiere di birra, piegandole in un sorriso divertito prima di prendere un respiro ed iniziare tutta da capo un'altra delle sue pietose esibizioni; ascoltò la musica liberarsi all'interno del locale ed aguzzò la vista verso i tavoli, non riuscendo però a mettere del tutto a fuoco per via delle cospicue quantità di alcol che avesse ingerito da quando avesse aperto gli occhi quella mattina.
Quando riconobbe le prime note di "I'm too sexy" sorrise ancora ed iniziò a mimare un balletto pietoso, non prestando molto cura alle lamentele ed ai fischi che ricevette d al pubblico per lo strazio che le loro orecchie avrebbe dovuto ascoltare. Per l'ennesima volta.
Erano ormai due settimane e mezzo che infestassero quel locale notte e giorno, ubriacandosi e dando sfogo alle loro più perverse fantasie, complice il fatto che proprio attraversando la strada ci fosse il loro motel; Dean passò quelle settimane a divertirsi nel vero senso del termine, rifiutando di pensare a qualsiasi altra cosa, mentre Katherine e Crowley rimasero leggermente più seri.
Nonostante non si tirassero mai indietro davanti al divertimento, la donna ed il demone riuscirono a riorganizzare l'intero Inferno; o meglio, Katherine ci riuscì, mentre Crowley subiva passivamente, limitandosi a dispensare consigli che quasi mai accettò.
Katherine si era stancata di dover aspettare che qualche disperato si rivolgesse ai pochi rimasti demoni degli incroci per stringere dei patti e mandò la maggior parte di essi nei veri luoghi di perdizione e di disperazione: casinò, locali squallidi e non di ogni parte del mondo, banche, aeroporti, ospedali.
Nonostante Crowley non si fidasse delle sue scelte, dovette ammettere che il piano funzionasse, specialmente quando iniziò a vedere le quantità di anime che continuò ad affollare l'Inferno sempre di più, e si chiese come avesse fatto a non pensarci lui.
Katherine sfoltì la quantità dei suoi tirapiedi, riducendoli a due o tre che avessero il privilegio di entrare in contatto con lei per riferire eventuali problematiche, mentre lei semplicemente se la spassava nel suo bar.
La donna mandò in buca la palla numero 8 nera, vincendo il gioco e sollevando lo sguardo compiaciuto verso il povero ragazzo che le stesse difronte, che chiuse gli occhi per la disperazione e si portò una mano alle tempie, sforzandosi di pensare ad una maniera in cui avrebbe  potuto ripagare il debito con la donna pericolosa che avesse davanti.
Era la quarta partita di fila che giocasse con l'uomo sulla trentina, i capelli corti e brizzolati, ed il fisico fin troppo scolpito, che iniziò a giocare perchè non pensava che una ragazza come lei potesse davvero battere un omone come lui; la posta era salita a cinquantamila dollari, ma Josh - o Jack, forse- non ne disponeva neanche la metà.
L'uomo sapeva di non poter scappare, perchè aveva sentito fin troppe voci su di lei e su quanto detestasse gli uomini che non rispettassero la propria parola, così tirò sù lo sguardo fino ad incrociare il suo, deglutendo a fatica ed osservandola avvicinarsi con un ghigno sulla faccia.
"Facciamo un'altra partita, solo un'altra! Raddoppiamo!".
Katherine si passò una mano sui lunghi capelli mossi e sorrise divertita, avanzando fino a sedersi sul tavolo da biliardo ed allungare le mani verso il suo petto, avvicinandoselo con forza e leggendo nei suoi occhi puro terrore. "Lo sai che perderesti anche quella e tu non hai tutti questi soldi! Ma non preoccuparti, ho una soluzione".
L'uomo deglutì a fatica e si lasciò condurre verso di lei sentendo le sue mani sfiorargli il petto e la camicia a righe marroni che indossasse, prima che il suo sguardo si puntasse nuovamente su di lui in attesa di una risposta. "Di che stai parlando?".
"C'è una cosa che puoi darmi, una piccola cosa di cui non sentirai nemmeno la mancanza.." sussurrò la donna con fare seduttivo, leccandosi le labbra e sorridendo audacemente spostando le sue mani verso le braccia dell'uomo.
"Qualsiasi cosa".
Katherine sorrise ancora, ricordando le migliaia di volte in cui avesse sentito dire ad uno di quegli uomini che avrebbe fatto qualsiasi cosa per ripagare il proprio debito; si morse il labbro ed avvicinò il viso al suo, giungendo fino al suo orecchio. "Dammi la tua anima".
Quella scena catturò l'attenzione dell'uomo sul palco, da cui scese a metà canzone ed avanzò verso di loro per osservare più da vicino ciò che stesse accadendo; osservò Katherine ridere di gusto quando l'uomo annuì con la testa, e presto si scambiarono un bacio che di pudico non aveva proprio niente.
Dean continuò ad avanzare e si schiarì la voce quando giunse proprio accanto a loro: ci volle poco prima che l'uomo sollevasse gli occhi di scatto e facesse un balzo indietro quando gli mostrò i suoi occhi neri, facendolo scappare a gambe levate senza dire nemmeno una parola, promettendo a se stesso di non mettere mai più piede in un bar.
La donna roteò gli occhi e vide Dean avvicinarsi di più a lei, che ancora stava seduta sul bordo del biliardo con le gambe semi divaricate, e sospirò rumorosamente. "Perchè hai dovuto farlo? Josh era davvero attraente".
"Perchè tu hai ucciso Anne, il mio unico passatempo a parte l'alcol" rispose seccamente Dean sollevando le sopracciglia e le spalle, guardandola con aria divertita e ridendo di gusto.
Katherine sorrise divertita, pensando che Dean non avrebbe mai digerito la storia di Anne: li aveva sorpresi in atteggiamenti fin troppo intimi fuori dal locale qualche sera precedente, e Katherine non si lasciò sfuggire l'occasione di farla scappare a gambe levate.
Dean credette che lei l'avesse uccisa, ma in realtà l'aveva solamente invitata a lasciare il città, altrimenti si che l'avrebbe uccisa; dal canto suo, Dean non si azzardò ad avvicinare altre donne per evitare che delle strane morti o sparizioni attirassero il suo fratellino e le due Collins sulle loro tracce.
La donna si allungò nella sua direzione, rubandogli il bicchiere di birra dalle mani per berne qualche lungo sorso; si leccò appena le labbra con un movimento lento della lingua e Dean si avvicinò senza attendere ulteriori istruzioni.
Sorrise pensando al modo in cui l'avesse trovata qualche settimana prima seduta al bancone non molto distante da loro, dopo la sua morte, e ricordò la felicità nei suoi occhi quando aveva capito che fosse ancora vivo; aveva trovato un punto debole e Dean questo lo sapeva.
"Perchè non ne troviamo insieme un altro, di passatempo?" chiese Katherine lasciando il bicchiere ormai vuoto al centro del tavolo, avvicinando il demone con le gambe e lasciando che lui sfiorasse le sue cosce con le mani.
Dean sorrise e si avvicinò ulteriormente, fino a sfiorare il naso con il suo, e respirò il suo profumo dopo molto tempo; in fondo non sarebbe stata una cattiva idea: non avrebbe smosso alcun sentimento, dato che il nuovo Dean non ne provava, e un po' di divertimento gli ci voleva proprio. Era pur sempre un uomo ed aveva ancora i suoi bisogni. "Cosa vuoi fare? Torturare qualcuno insieme? Prendere l'anima di qualche povero disgraziato?".
Katherine sorrise e si morse il labbro, avanzando ma schivando il suo viso, fino ad arrivare al suo orecchio, dove diede un leggero morso al lobo. "Voglio qualcosa che sia molto, molto più piacevole della tortura eterna".
Scese dal tavolo con uno scatto di reni e fece scontrare il suo corpo con quello del demone, che sorrise di gusto e la guardò dirigersi verso l'uscita del bar con tutta l'intenzione di muoversi verso il motel, e Dean ci mise poco prima di seguirla con una sfrenata voglia di sfogare su di lei quei faticosi giorni di astinenza; in fondo passarono le ultime settimane a stretto contatto, guardandosi da lontano fare il proprio lavoro e desiderandosi segretamente.
Non l'amava più, ma il suo corpo continuava ad avere un certo effetto su di lui, cosa del tutto ricambiata dall'altra parte.
Chiusero la porta di scatto e nessuno dei due si preoccupò di accendere la luce o di fare attenzione a dove mettessero i piedi; Dean la baciò famelicamente e se la caricò addosso con poca gentilezza, lasciando che avvolgesse le gambe attorno al suo bacino, e la tenne su dalle natiche, che strinse con forse troppa forza a giudicare dal gemito che le uscì dalle labbra.
La guardò con intensità, comunicandole silenziosamente che il Dean delicato e gentile che ricordasse lei fosse ormai andato via, e la strinse con ancora più forza, prima di tornare a fiondarsi sulle sue labbra con voracità, e Katherine parve accettare quella sfida silenziosa, tirandosi più su di lui ed obbligandolo a stendersi sul letto esercitando una pressione con le braccia sulle sue spalle.
Si staccarono e si guardarono per un lungo attimo, e sul voltò di entrambi ci fu spazio solamente per una grande eccitazione ed un desiderio sconfinato, desiderio del tutto animalesco e rude: si strapparono letteralmente i vestiti di dosso ed iniziarono a sfamare le voglie nascoste dentro di loro, marchiando i corpi l'uno dell'altra, rendendosi conto per la prima volta in quelle settimane che non rimasse loro neanche un briciolo di umanità, e ciò non fece altro che farli sorridere di più, mentre le spinte divenivano sempre più frenetiche e sfrenate.

 


Due mesi e mezzo dopo.

 
Judith si preparò l'ennesima tazza di caffè per rimanere sveglia anche quella notte, facendosi bastare quelle quattro ore di sonno che avesse fatto quella stessa mattina; bevve qualche sorso della brodaglia scura e aprì nuovamente il suo portatile, collegandosi a tutti i siti che fornissero news alla ricerca di qualsiasi evento strano che si potesse ricollegare alla sparizione di Dean e di sua madre.
Aveva chiamato e lasciato messaggi alla segreteria di Katherine, sperando che una piccola parte di lei continuasse a volerle bene, ma lei non rispose mai ed il suo telefono era diventato irrintracciabile.
Non se la cavava bene in quel periodo, fece una ricerca dietro l'altra e continuò a prendere parte alle cacce pur di trovare almeno una traccia per ritrovare sua madre; cacciò con Sam e le sue zie, con suo nonno e persino con Claire, che prese molto a cuore la sua situazione familiare, cercando in qualche modo di sdebitarsi per ciò che la sua famiglia avesse fatto per lei, trovandole una sistemazione da Jody.
Judith chiuse di scatto il computer e colpì con un pugno la pila di libri che fossero situati sulla scrivania della sala, proprio accanto a lei, facendoli cadere con dei sonori tonfi ed attirando l'attenzione delle sue zie.
Hailey e Bela si scambiarono un'occhiata preoccupata, perchè non volevano che la nipote passasse le sue vacanze estive chiusa in quel bunker ad impazzire con loro: aveva allontanato il suo gruppo di amici ed aveva persino lasciato Chad, ragazzo troppo normale per una come lei. 
La maggiore delle Collins si avvicinò alla ragazza, toccandole delicatamente una spalla per tranquillizzarla, ma Judith si alzò di scatto strisciando la sedia per terra ridotta ad un fascio di nervi per com'era, ed iniziò ad urlare che non ce l'avrebbero mai fatta, che erano passati ormai due mesi e mezzo e che non avrebbero mai trovato Katherine e Dean. Disse che probabilmente fossero belli che andati e che non sarebbero mai riusciti a riportarli indietro, nonostante tutte le loro ricerche ed il fatto che fossero agganciati a tutte le reti delle stazioni di polizia, sperando che anche questo li avrebbe potuti aiutare.
Bela si avvicinò lentamente, nonostante Judith continuasse ad urlare ed avesse attirato l'attenzione di tutti i presenti nel bunker - scorgendo Sam e Castiel sbucare dal corridoio con sguardo incerto, mentre le riservavano uno sguardo carico di compassione; la donna si avvicinò alla nipote e la strinse con dolcezza fra le sue braccia, lasciando che Judith sfogasse la sua rabbia e la sua frustrazione, piangendo e scalciando contro di lei per divincolarsi dalla sua prese.
La ragazza si arrese e si abbandonò ai singhiozzi ad al dolore, stringendosi alla zia che in silenzio le carezzasse i capelli e le sussurrò all'orecchio che sarebbero riusciti ad uscire da quella situazione, a riavere la loro famiglia tutta insieme.
"Mi lasciano s-sempre.." sussurrò Judith continuando a piangere e a stringersi al Bela con il dolore che le squarciasse il petto. "Mia m-madre e D-Dean, mi l-lasciano sempre..".
Hailey si avvicinò alle due con uno strato fin troppo lucido negli occhi e le strinse entrambe in un forte e silenzioso abbraccio, incrociando lo sguardo di Sam e di Castiel che nel frattempo si fossero avvicinati con la tristezza negli occhi; tutti ripensarono alle parole di Katherine, quando la videro l'ultima volta in quella stanza a Cleveland, dopo che Dean avesse ucciso Abbadon e che lei scappasse insieme a Crowley.
"Avrei dovuto liberarmi di lei molto tempo fa: lasciando che venisse allevata da cacciatori come noi l'ho già rovinata!".
E forse non lo aveva espresso nel migliore dei modi, forse non voleva neanche dirlo o pensarlo, ma Katherine aveva ragione: non si può allevare un figlio in un mondo del genere e poi sperare che non ne venisse colpito come ognuno di loro.
Faceva schifo, era una situazione davvero di merda, specialmente per una ragazzina di sedici anni che altro non chiedeva di riavere indietro sua madre e ciò che assomigliasse di più ad un padre; Hailey le carezzò la testa, mentre la osservava singhiozzare in maniera incontrollata sule petto di Bela, che iniziò a versare qualche lacrima silenziosa perchè le faceva troppo male osservare la nipote soffrire in quel modo.
Sam sospirò e si avvicinò lentamente, afferrando la ragazzina delicatamente fra le sue braccia e portandola via con sè nel tentativo di calmarla; la portò fin dentro al garage e Judith si lasciò trascinare via con lui, nonostante non capisse cosa volesse fare.
L'uomo aprì lo sportello del Suv di sua madre e la fece sedere, porgendole un fazzoletto ed asciugandole le lacrime dal viso con una carezza, sorridendole con tenerezza; Judith ricambiò, cercando di non far apparire quel sorriso poco sincero e lo osservò salire dalla parte del guidatore, prima di accendere il motore e sfrecciare via da quel maledetto bunker.
Judith non seppe dire per quanto Sam avesse guidato nel buio della notte, nè che direzione avesse preso e dove la stesse portando, fin quando non si accostò in un bar sempre aperto e le chiese di aspettarlo in auto per qualche momento; la ragazza annuì e continuò ad asciugarsi gli occhi e le guance, poichè le lacrime silenziose non smisero mai di scendere dai suoi occhi.
Sam rispettò la sua parola e dopo pochi minuti lo vide tornare verso la macchina con due grossi ed alti bicchieri di carta che contenessero tutto ciò che Judith necessitasse per sollevare un po' il suo morale: Sam sapeva che la ragazza non fosse tipo da hamburger e patatine per scacciare via i pensieri -così come invece fosse Katherine- e ricordò le migliaia di volte in cui sua madre l'avesse portata insieme ai due Winchester in giro per le gelaterie prima di ripartire, per alleviare quanto possibile la mancanza che avrebbero entrambe sentito.
Così Sam le porse un grosso milkshake alla nocciola, il gusto che Juith più amasse, e le sorrise quasi per incoraggiarla quando la vide portare la cannuccia alle labbra: non era il miglior frappè che avesse assaggiato, però il tentativo di Sam di aiutarla gli conferì un gusto più buono, e gli sorrise sinceramente grata per essere riuscito a fermare quel brutto attacco di panico.
L'uomo ossevò il suo frappè fra le mani e si grattò distrattamente la nuca, voltandosi a guardarla nel buio abitacolo dell'auto, notando con piacere il modo in cui si fosse tranquillizzata e in cui il suo viso avesse appena ripreso il colorito roseo normale.
Sapeva che Judith lo considerasse più come uno zio che come un padre e che fosse troppo piccola per ricordare il tempo che passarono insieme quando lui stava con sua madre, ma Sam aveva sempre avuto un istinto di protezione nei suoi confronti, così cercò le parole giuste per consolarla almeno per quella sera.
"Jud, quello che tua madre e Dean stanno passando per adesso..".
"Non l'hanno scelto, non è colpa loro ma dei demoni.." sussurrò Judith tirando su con il naso e sospirando, interrompendo le parole del ragazzo e facendo spallucce. "Lo so, è sempre colpa dei demoni".
"Esatto, e lo so che per te deve essere più difficile rispetto che per tutti noi, ma devi avere fede. Riusciremo a riportarli indietro tutti interi in un modo o nell'altro, ma devi avere fede che ciò avvenga, Jud" disse Sam sorridendo teneramente nella sua direzione, sperando che la ragazza credesse davvero a quelle parole e non riuscisse a cogliere nel suo sguardo quel velo di rassegnazione che da lì a qualche settimana si era definitivamente stabilito nei suoi occhi.
Judith annuì e fece spallucce, sapendo di dover credere a tutti i costi in quelle parole, perchè sua madre era sempre tornata: era tornata a prenderla quando Lucifero la tenesse in ostaggio, l'aveva protetta quando si erano trasferite ad Osborne ed iniziarono una vita quasi normale quando Dean rimase bloccato in Purgatorio, era tornata dal coma, nonostante non fosse esattamente la stessa di prima.
Sospirò e lo guardò per qualche lungo istante, ed agitò a mezz'aria il bicchiere ormai vuoto indicando che fosse finito e che potessero tornare a casa, perchè si fosse davvero tranquillizzata; Sam annuì e le passò il suo frappè, che non avesse ancora iniziato, e le fece segno di berlo al posto suo.
Per Sam ci sarebbe voluto decisamente qualcosa di più forte quella sera, totalmente diverso dal gelato e dalla panna; accese il motore e invertì la marcia per tornare nuovamente verso il bunker, dove mise immediatamente Judith a letto e stranamente la ragazza non fece storie quando le rimboccò le coperte e le diede un leggero bacio sulla fronte, prima di spegnere la luce e di uscire dalla stanza senza fare troppo rumore.
Sam sospirò chiudendosi la porta alle spalle e si diresse verso la grande sala comune, dove si avvicinò al mobile bar e si versò un lungo bicchiere di Scotch, che tracannò tutto d'un colpo senza dire una parola.
Sentì due esili braccia avvolgergli il torace e subito riconobbe il profumo di Hailey; sentì la ragazza schioccargli un bacio sulla base del collo e con voce spezzata sussurrargli un debole Grazie, per essere riuscito dove lei non riusciva più con la piccola Judith.
Sam si voltò e le prese il viso fra le mani, lasciandole un leggero bacio sulle labbra, prima di avvolgerle le spalle con un braccio e dirigersi verso la loro stanza: avrebbero interrotto le ricerche, almeno per quella notte, e avrebbero riposato per evitare di affrontare la verità, cioè che per il fratello e per Katherine non ci fosse ormai più nulla da fare.

 

 
 
Afferrò i bordi della sua canottiera di cotone e se la lasciò scivolare addosso, sistemandola appena prima di voltarsi verso il ragazzo in piedi dal lato opposto del letto, indaffarato a chiudere la cintura dei suoi jeans; Katherine lo osservò e sorrise soddisfatta, perchè finalmente tutto stava andando davvero bene nella sua vita.
L'Inferno era pieno come non mai, il numero dei patti continuava a salire vertiginosamente e ogni notte le sue voglie venivano soddisfatte da un sempre più animalesco Dean; la donna si alzò fino ad arrivare allo specchio della sua camera del motel e osservò il suo riflesso: gli occhi arrossati dall'alcol e dalla turbolente notte, la pelle del collo collo e delle spalle ricoperte da alcuni segni rossi, facendo capire perfettamente che da quelle parti fosse passata la bocca del ragazzo, oltre che in zone più coperte dai vestiti.
Spostò lo sguardo e vide Dean osservarla dal riflesso dello specchio, farsi sempre più vicino fino ad arrivare a poche spanne dalla sua schiena.
"Stai bene?".
La donna storse il naso per quella domanda: avevano il tacito accordo di non proferire parola una volta entrati in quella stanza, niente baci smielati, nè movenze romantiche.
Era solo esso, e una volta varcata la soglia della stanza e tornati al mondo reale avrebbero dovuto continuare ad avere un rapporto professionale: le decisioni dell'Inferno spettavano a Katherine e qualche volta Dean si dilettava ad adescare donne per poi rubare loro l'anima.
L'uomo le scostò i capelli sulla spalla sinistra ed osservò i piccoli segni rossi che avesse lasciato su di lei, mentre i ricordi delle sue unghie sulla schiena e dei suoi morsi un po' ovunque lo scossero dall'interno, facendo tornare la sua eccitazione alle stelle.
Si scambiarono una lunga occhiata attraverso lo specchio e Dean si sentì pronto per fare un altro round, ma proprio quando sollevò le mani per farla voltare verso di lui, la porta si spalancò con forza, facendola sbattere contro il muro con forza.
Crowley entrò come una furia, iniziando ad urlare frasi senza senso e Katherine faticò per capire ciò che volesse dirle, vedendolo persino visibilmente ubriaco; gli urlò di calmarsi, ma il demone parve non sentirla, continuando ad inveire solamente verso uno dei due dei presenti.
"Sei un idiota, mentre uccidevi tutte quelle persone hai minimamente pensato alle conseguenze?!".
"Ma di che stai parlando?!" chiese Katherine avanzando ed aggrottando le sopracciglia, osservando il modo in cui Crowley stesse fissando Dean.
"Parlo del tuo toy-boy, che è andato in giro ad uccidere la maggior parte delle persone in giro per New Orleans che avessero stretto un fottuto patto con noi!" esclamò Crowley urlando con furia, diventando paonazzo mentre l'arteria del collo gli si rigonfiava per la collera. "Come pensi che ci crederanno i clienti, se non rispettiamo i patti e li uccidiamo prima del tempo stabilito?!".
Katherine spalancò la bocca in un'espressione sorpresa, volgendo lo sguardo incredulo verso il ragazzo che iniziò a ridere divertito. "Tu cosa?!".
Dean fece spallucce e divenne appena più serio, notando lo sguardo carico d'ira che la donna gli stesse riservando, ed allargò appena le braccia senza minimamente pensare di fare il finto tonto, come se non sapesse di cosa stesse parlando il demone. "Cosa ti aspettavi? Che le mie giornate passassero solamente fra drink, sesso e qualche canzone cantata al karaoke? Cosa pensavi che facessi quando tu e Fra Tuck iniziavate con quei noiosi discorsi sull'Inferno?!".
La donna rimase di ghiaccio per qualche secondo, rendendosi conto di ciò che avesse appena ammesso l'uomo davanti a sè; strinse i pugni con rabbia e senza pensarci si avventò contro di lui con forza, colpendolo alla mascella e facendogli perdere l'equilibrio, fino a farlo cadere a terra stordito.
"In tutto questo tempo. Siamo riusciti a raggiungere solo 40 anime. Solo 40. E tu sei andato ad ucciderle. Senza aspettare che ci facessero pubblicità?!".
Katherine perse il controllo e ad ogni pausa corrispose un sonoro pugno sul suo viso, riuscendo a sentire e a mettere in pratica solo aggressività; quando smise di colpirlo per riprendere fiato, Dean fece leva sulle gambe e ribaltò le posizioni, bloccandola sotto il suo peso e fermandola dai polsi, usando tutta la forza che avesse per domarla e farla calmare.
"Fare pubblicità?! Non siamo mica una fottutissima agenzia di viaggi, Katherine!" esclamò l'uomo ringhiando e sentendo la rabbia trovare terreno fertile dentro di sè, continuando a bloccarla con la forza.
La donna oppose più resistenza di quanto pensasse e si liberò dalla sua presa, per poi toglierselo di dosso facendo leva sulle sue gambe, puntando i piedi sul suo petto e scaraventandolo contro il muro della stanza; si rialzò con il fiato corto e lo guardò in cagnesco, stringendo ancora i pugni e mantenendo la guardia alta.
"La gente è diffidente in questo posto, sono pochi quelli che credono a queste cose, e tu distruggi tutto così, stupido figlio di puttana?!" urlò Katherine avendo una voglia matta di dargli una sonora lezione per rimetterlo in riga, ma Crowley si schiarì la voce e si mise fra i due per evitare che continuassero con quella stupida scenata.
Dean si rialzò velocemente e la guardò con puro odio negli occhi, prima di voltarsi vero la porta per uscire dalla stanza senza ulteriori frasi o insulti, lasciando i due da soli; Katherine fece dei lunghi respiri profondi, cercando di controllarsi  e di ritrovare un barlume di calma.
Quando finalmente puntò gli occhi su Crowley, il demone la guardò con durezza, come se avere una donna all'Inferno potesse essere una catastrofe, o semplicemente accusandola di non essere in grado di controllare Dean come aveva immaginato.
Il demone fece qualche passo indietro, conscio che sarebbe potuto essere il prossimo sul quale Katherine avrebbe potuto riversare la sua ira, e mise la mani avanti come per tirarsi fuori da tutta quella storia. Fece per uscire, ma poi Crowley si voltò nella sua direzione, puntandole un dito contro e guardandola con serietà. "Prima che sia troppo tardi trova una soluzione, mia Regina".
Katherine sorrise amaramente quando lo vide chiudersi la porta alle spalle e storse il naso quando sentì Crowley pronunciare quella parola: Regina. Non utilizzava mai quel termine, ma quando lo faceva aveva semplicemente voglia di prenderla in giro e quale occasione gli sembrò più consona per farlo?
La donna sbuffò e si sedette dalla sua parte del letto, abbassando lo sguardo sulle sue mani sporche di sangue di Dean e si chiese come avesse fatto a farsi prendere in giro in quel modo; Dean aveva trovato la sua debolezza e la stava usando contro di lei, facendole credere di avere tutto sotto controllo quando in realtà era proprio lui ad avere il controllo su di lei.
Avrebbe tanto voluto trovare una soluzione, ma per togliergli il Marchio ormai era troppo tardi, essendosi radicato così in profondità; cos'altro le sarebbe rimasto per salvare la situazione?
Sospirò tristemente, quando un'idea le balenò in mente, facendole però pensare che fosse il colpo basso più cattivo che avrebbe potuto fare a Dean; sorrise audacemente, perchè l'idea le piacque più di quanto si aspettasse.
Si sporse verso il comodino ed estrasse uno dei due telefoni di Dean che fossero abbandonati lì dentro da ormai due mesi e mezzo, e lo accese con le dita; passarono pochi secondi e si ritrovò a sfogliare la rubrica, fino ad arrivare al numero della persona che avrebbe fatto di tutto pur di aiutarla con Dean.
Pigiò il tasto verde e se lo portò all'orecchio, sentendo uno squillo dietro l'altro mentre l'idea che non avrebbe risposto si fece largo nella sua mente; chiamò una seconda ed una terza volta, fin quando la voce stanca e parecchio sconvolta del cacciatore si fece strada fino al suo orecchio.
"Dean?".
"No, ritenta Sammy" disse Katherine sorridendo divertita, udendo la voce del cacciatore cambiare e farsi sempre più seria, accavallando le gambe.
"Kath?! Dove diavolo siete? Vi cerchiamo da mesi e ..".
"Rallenta, cowboy! Ho bisogno del tuo aiuto, ti mando l'ndirizzo dove potrai trovarci: ci vediamo lì domani sera. Fai in fretta!" esclamò la donna divenendo seria e sospirando, incurvando le spalle e chiedendosi se quella fosse davvero la scelta giusta. "Oh, e Sam? Non dimenticare le manette antidemone".
  
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