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Autore: Herm_periwinkle    11/09/2020    2 recensioni
Sono passati diversi anni dalla fine della guerra e i regazzi del team Avatar non hanno avuto più occasione di vedersi, ciascuno preso dalla propria vita. Fino a che la nascita di Moma li porterà a riunirsi. Sono cambiati molto, alcuni sono più felici, altri sono semplicemente insoddisfatti delle proprie vite. Gli equilibri del gruppo, dopo tanto tempo che i loro membri sono stati lontani, sono destinati a cambiare, forse per sempre. Riuscirà Zuko ad affrontare i mutamenti che avverranno? Katara sarà in grado di discernere la verità del suo cuore? O saranno così ciechi da credere che nulla è cambiato?
[Zutara]
Dalla storia:
“Vedo il modo in cui vi guardate.”
Ci fu una pausa lunghissima, infinita. Abbassò lo sguardo colpevole, non sapendo cosa dire. Cosa si poteva dire in una situazione simile? Ogni parola sarebbe suonata sbagliata, una stupida scusa, ipocrita e inopportuna.
“Ti conosco più di chiunque altro e so che tra voi c’è qualcosa. Si vede, è palpabile. Ti chiedo solo di dirmi la verità: vi siete baciati?”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katara, Quasi tutti, Sokka, Zuko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Da quando aveva parlato con Zuko le vorticavano nella mente una miriade infinita di dubbi e di pensieri. La domanda che si poneva più spesso era: è questa la vita che voleva?
Aveva scritto ad Aang diversi messaggi, preoccupata di non aver ricevuto notizie e bisognosa di un qualche tipo di conforto, nonostante lei per prima non sapesse bene quale conferma stesse cercando. Forse solo un misero segno che non avesse sbagliato tutto della vita. Invece, l’unica risposta che ricevette fu un misero “Qui tutto bene, penso che in massimo una settimana riuscirò a risolvere il problema. Ci è voluto più del previsto, baci e a presto.” Cercò di mentire a se stessa e dirsi che quelle quattro parole messe in croce non l’avessero ferita, ma era inutile fingere. Lo avevano fatto. Sentiva il suo animo in subbuglio e nemmeno la vista del mare calmo riusciva a metterle tranquillità. Si sentiva persa. Le erano bastati pochi giorni per mettere in discussione tutta la sua esistenza. Voleva davvero continuare a girare per il mondo, senza una casa, sempre dietro a mille problemi? La verità è che le sarebbe piaciuto più di ogni altra cosa vivere una vita normale. Erano troppe le esperienze da ragazza che la guerra le aveva sottratto e se ne stava rendendo sempre più conto.
Inoltre, cosa che le procurava più dolore, stava cominciando ad avere dei dubbi anche sul suo rapporto con Aang. Lo amava, ne era certa, eppure perché stava bene anche da sola? Perché lui gli aveva dato una risposta così fredda? Era davvero così impegnato da non poter scrivere qualche riga in più?
Per fortuna la presenza dei suoi amici la faceva distrarre parecchio. Avendo notato che c’era qualcosa che non andasse si preoccupavano sempre di tenerla impegnata, non la lasciavano mai troppo tempo da sola a rimuginare e di questo lei ne era più che grata. Non sarebbe stata in grado di resistere a quella valanga di pensieri senza di loro, nonostante non avesse espresso i suoi dubbi a nessuno, eccetto qualche piccolo accenno a Zuko. Ad ogni modo, erano tutti piuttosto discreti e nessuno la forzava a parlare.

“Forza Katara, alza le chiappe che si va a raccogliere fichi!” esclamò Toph sollevando la terra sotto di lei e scaraventandola in piedi. Zuko la afferrò al volo prima che si schiantasse per terra.
“Mi sarei alzata da sola se me lo avessi chiesto” grugnì Katara, afferrando un cestino che Toph le porgeva con un sorriso divertito stampato in volto. Non avrebbe mai smesso di fare dispetti, lo sapevano tutti.
Zuko le porse un grembiule, per evitare macchie indesiderate sui vestiti. Katara se lo legò in vita, ridacchiando alla vista di Zuko che ne indossava uno rosa con un delicato merletto. “Molto virile” commentò.
“Parlane con Suki, è lei che ha questi grembiuli ridicoli. Mi chiedo dove li abbia pescati.”
“Facciamo una gara!” propose Toph non appena arrivarono di fronte agli alberi di fichi, che erano molti di più di quanto Katara avrebbe potuto immaginare. “Chi ne raccoglie di più vince. Se volete vi lascio il vantaggio di giocare due contro uno” concluse, con uno sguardo che non lasciava presagire nulla di buono, come se avesse già la vittoria in tasca.
“E cosa vorresti giocarti?” chiese Katara sospettosa.
Le labbra di Toph si piegarono in un ghigno che Katara conosceva fin troppo bene. “Chi vince non dovrà più fare nemmeno mezza faccenda domestica durante il resto della permanenza qui. Il che significa che se vinco io voi apparecchierete e laverete i piatti quando è il mio turno e mi laverete anche la biancheria.”
“Se ci stai proponendo di fare due contro uno vuol dire che c’è qualcosa sotto. Perché sei così sicura di vincere?”
“Ma io non sono per niente sicura” rispose Toph, cercando di fare una faccia il più angelica possibile.
“Accettiamo!” disse Zuko.
“Che cosa?! Non puoi accettare anche per me.”
“Ma dai Katara, vinciamo per forza. Non ha mica il dominio dei fichi.”
“Ben detto!” esclamò Toph dandogli una potente pacca sulla spalla. Tutta quella sicurezza fece preoccupare un pochino Zuko, ma ormai il danno era fatto e non si sarebbe tirato indietro.
“Bene, possiamo cominciare allora. Spostatevi, così divido il campo in due.”
Zuko e Katara si posero in mezzo al campo e Toph innalzò con un rapido movimento delle braccia un muro di pietra. La sentirono urlare dall’altro lato “Tre! Due! Uno! Via!” e la gara iniziò.

Zuko e Katara cominciarono a raccogliere i fichi, ma ben presto la ragazza si rese conto che ci stavano mettendo decisamente troppo. Perdevano troppo ad arrampicarsi ogni volta per raggiungere i rami più alti, di quel passo non ce l’avrebbero mai fatta. Avrebbero dovuto giocare in squadra.
“Facciamo un giro il più veloce possibile e raccogliamo tutti quelli dei rami a cui arriviamo. Poi con il secondo giro tu mi tieni sulle spalle, così arriviamo anche ai rami più alti.”
Zuko sembrò più che d’accordo e cominciarono a lavorare di gran lena. Katara scoprì che era molto più faticoso del previsto, anche perché se lo faceva con troppa frettolosità rischiava di spappolarli. Tutto sommato non ci misero troppo a finire il primo giro. Katara si autocomplimentò silenziosamente per l’idea. Toph non poteva essere stata così veloce.
“Muoviti” le disse Zuko inginocchiandosi per permetterle di salirgli sulle spalle. Lei si salì a cavalcioni e Zuko si rialzò senza difficoltà, facendo quasi perdere l’equilibrio a Katara che lanciò un gridolino spaventato che lo fece ridere molto. “Non fare la fifona, non ti lascio tranquilla.”
Le teneva strette le gambe e correva da un albero all’altro, mentre lei si allungava il più possibile per raccogliere i fichi che si trovavano più in alto.
“Sai che ti facevo più leggera? Non mi sento più le spalle.”
“Stai zitto e muoviti, che se no perdiamo di questo passo. E comunque sappi che le tue spalle non sono affatto comode.”
“La prossima volta ci metto dei cuscini” rispose Zuko sarcastico.
“Sai che sarebbe proprio una bella idea.”
Ormai stanchissimi arrivarono all’ultimo albero. Katara stese le braccia il più possibile, ma non riusciva ad arrivare agli ultimi fichi. “Vai un pochino più avanti, mi manca poco” disse a Zuko, che fece qualche passo ma inciampò in una radice.
Katara sentì il ragazzo sbilanciarsi sempre di più e a nulla servì cercare di aggrapparsi ai rami per frenare la caduta. Precipitarono in terra, uno sopra all’altro.
“Ammazza che botta” commentò Zuko, schiacciato sotto il peso di Katara, che tentava imbarazzata di risollevarsi. Zuko si rigirò e si ritrovarono con le labbra ad un soffio. A Katara parve che le andasse in black-out il cervello. Ma che cosa le stava succedendo? Non seppe dire per quanto tempo fossero rimasti bloccati uno sopra l’altro, con pochi millimetri che separavano le loro bocche. Secondi? Minuti? Si rialzarono come se niente fosse, raccogliendo i fichi che erano caduti fuori dalla cesta e sospirando per quelli che si erano spappolati sui loro vestiti. Il grembiule non li aveva protetti abbastanza.
“Secondo te a che punto sta Toph?” le chiese Zuko.
“Voglio sperare che non abbia ancora finito.”
Arrivarono al muro, che ormai Toph aveva abbattuto e la trovarono comodamente seduta per terra che si leccava le dita piene di succo, circondata da tre ceste piene fino all’orlo.
“Ce ne avete messo di tempo, lumaconi. Qui qualcosa mi dice che sono finalmente in vacanza completa!” esclamò con un sorriso a trentadue denti.
Katara e Zuko rimasero a bocca aperta. “Ma come hai fatto?” chiese Zuko incredulo e amareggiato allo stesso tempo.
Il sorriso sul volto di Toph si tramutò in un ghigno malefico “Non te lo dirò mai, perdente!”
Zuko e Katara furono costretti a sentire le prese in giro di Toph fino a casa. Li aveva vergognosamente battuti.
“Te l’avevo detto che non dovevamo accettare” sibilò Katara tra i denti, mentre Toph continuava a gongolare.
Zuko sbuffò. Era piuttosto sicuro che Toph li avrebbe sommersi di lavoro solo per divertirsi un po’. A che gli era servito diventare Signore del Fuoco se poi si ritrovava a lavare la biancheria a una ragazzina scalza?
“Se qualcuna di voi racconta questa storia in giro, giuro che vi ammazzo.”
Toph e Katara risero di gusto alla sua aria sconfitta.
 
Una volta nella sua camera Katara non poté far a meno di chiedersi se effettivamente aveva rischiato di baciare Zuko o no. Doveva essere stata solo un’impressione, una sciocca coincidenza dovuta alla vicinanza. Erano semplicemente caduti uno sull’altro. Si stava facendo semplicemente delle paranoie e non aveva nulla di cui preoccuparsi. Erano solo buoni amici e lei amava Aang con tutta se stessa, era l’unico che aveva mai amato. Quindi perché preoccuparsi? Si decise che avrebbe cancellato quegli sciocchi pensieri dalla sua testa. Come aveva potuto pensare che si stessero per baciare? Era evidente che fossero solo grandi amici. Nessuno avrebbe potuto pensare il contrario.
   
 
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