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Autore: NyxTNeko    13/09/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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26 ottobre

Il maggiore Buonaparte fremeva dalla testa ai piedi, in quanto ciò che avrebbe voluto mettere in atto si stava realizzando, seppur con estrema lentezza. Infatti, aveva mandato alcuni dei suoi ufficiali sottoposti verso le città di Lione, Briançon e Grenoble per ottenere ancora più munizioni e pezzi d'artiglieria. Aveva chiesto, inoltre, all'Armée d'Italie, sotto cui effettivamente prestava servizio, dei cannoni che in quel momento erano ubicati ad Antibes e Monaco, ed erano inutilizzati. "Saranno più utili qui" disse fra sé.

Prima di poter fare questo tipo di richiesta era riuscito a procurarsi qualsiasi tipo di documento e lista che indicasse il necessario, era più che sicuro di quello che pretendeva dalle altre città vicine. Poteva risultare arrogante, aggressivo e minaccioso ai destinatari, tuttavia non poteva farsi degli scrupoli, c'era in gioco il destino della Francia, se non dell'Europa intera, non poteva permettere che l'Inghilterra vincesse, che l'Ancien Regime tornasse di nuovo tra i palazzi francesi a dettar legge. A Tolone si giocava il futuro di tutte quelle vite che stavano investendo sulla Rivoluzione. Nel bene e nel male.

Infine aveva istituito ad Ollioules un arsenale composto da ottanta uomini che costruivano, con zelo e impegno, cannoni e palle di piombo, e che Napoleone controllava ripetutamente. Aveva studiato ogni singolo aspetto della sua branca, perciò era in grado di offrire qualunque consiglio su come sistemare alcuni pezzi o incoraggiarli sia verbalmente, sia attraverso l'esempio. Era naturale, per lui, dimostrare le sue abilità, perché gli procurava piacere l'avere tutto sotto il suo diretto controllo.

I sottoposti si fidavano di lui e della sua competenza, per questo eseguivano gli ordini, spinti da un ardore che non sapevano di possedere. Buonaparte era riuscito dove Carteaux e gli altri avevano fallito: instillare fiducia con ottimismo e volontà. Far capire loro che non tutto era perduto e che se si voleva davvero qualcosa, bisognava guadagnarsela attraverso la fatica, attraverso la dedizione. Come se non bastasse il loro comandante non si limitava solamente ad impartire gli ordini, ma partecipava attivamente e controllava, meticoloso, tutti gli strumenti.

Il generale pittore, rintanato nella sua tenda, osservava l'evolversi della faccenda, senza riuscire a smuovere realmente la situazione. Era cosciente del fatto che l'attività incessante e costante di quel giovane artigliere lo stava mettendo sempre più all'angolo, prendendosi lo spazio che di diritto sarebbe spettato a lui, in quanto generale, eppure non riusciva ad accettarlo - Quel bastardo! - bofonchiò tra i denti, sciorinando una serie interminabile di bestemmie. Aveva perso perfino l'appetito. Il suo alimento erano le unghie, oramai inesistenti - Il mio posto è a rischio... - si alzò e, agitato, contava a grandi passi il suolo polveroso e privo di erbacce.

I suoi colleghi si erano, uno dopo l'altro, rassegnati all'idea di trovarsi quel maggiore fra i piedi, nonostante i tentativi messi in atto per tagliarlo fuori. Arresi, cercavano di convincere il loro capo a fare lo stesso - Generale, vi prego - esordì saggiamente Delaborde, allungando il palmo verso di lui - Seguite il suo piano, non ha più senso andargli contro, ha dimostrato di essere l'unico intenzionato ad impossessarsi concretamente di Tolone...

Carteaux, furioso per ciò che il suo aiutante di campo gli aveva appena riferito, sbatté le rosse mani sul tavolo e gridò - Mi state dicendo che io non lo voglia fare eh! - il viso divenne vermiglio, era sul punto di scoppiare. Anche i suoi diretti sottoposti osavano contraddirlo? Non bastava quel ragazzino impertinente? - Se solo avessi avuto i mezzi necessari, Tolone sarebbe già ai miei piedi! - ribadì tuonante.

- Generale, dimenticate che i mezzi stanno arrivando - gli ricordò, ad occhi bassi, un altro ufficiale, un po' spaventato dalla sua reazione - Soprattutto grazie alle insistenze di Buonaparte, dall'istante in cui è arrivato non ha fatto che mettersi in moto per ottenere i mezzi necessari e ci sta riuscendo, questo bisogna riconoscerlo - non aveva dimenticato quella volta in cui, passando tra le zone destinate all'artiglieria, aveva visto l'interminabile viavai di uomini, animali e mezzi, similmente ad una carovana nel deserto. Il tutto guidato dalla risolutezza di quel giovane, a cui nulla sfuggiva.

Il generale pittore ringhiò, non sopportava di avere torto, seppur cosciente del fatto che lo fosse. Una parte di lui gli diceva di affidarsi a quel maggiore, la cui prepazione,  competenza, era davvero impeccabile, accompagnato da un carisma eccezionale, che non aveva riscontrato in nessun altro ufficiale prima; la restante, al contrario, faceva leva sul suo orgoglio "Vuoi davvero abbassarti a quell'insulso ragazzino? Non puoi permetterlo" gli sussurrava nell'orecchio, al pari di una mosca, o peggio del serpente tentatore.

- Non cambia il fatto che si stia occupando anche di ciò che non gli compete - mutò discorso, grattandosi nervosamente la testa, non sapeva come difendersi dalle argomentazioni esatte del suo collega. Aveva pienamente ragione, era al corrente del fatto che Buonaparte fosse preparato e determinato come pochi al mondo.

- Sta cercando solamente la collaborazione che dovrebbe esserci tra le fila dell'esercito, tra ufficiali, dalla fanteria alla cavalleria - ribadì duramente un altro, balzando d'un tratto in piedi, facendo cadere la sedia al suolo. Avevano la soluzione davanti agli occhi, non si poteva sprecare un'occasione tanto preziosa - E sono del parere di cominciare a dargli retta, se vogliamo uscire con dignità da questa storia, se continuiamo in questo modo non concluderemo niente, fra non molto arriveranno le domande dai commissari, generale, e quanto meno si aspettano delle risposte adeguate...

Carteaux, però, determinato decise di continuare ad agire di testa propria - Lo farò venire qui, al quartier generale, solamente quando saprò dell'arrivo ad Ollioules di quelle lettere dei commissari - specificò testardo, allacciando le mani dietro la schiena. In quei giorni, il generale si era scervellato per preparare un suo piano, in modo da poter contrattaccare Buonaparte e umiliarlo, togliendoselo definitivamente dalle scatole.

Lungo l'Italia settentrionale

Saliceti, che in quei giorni era penetrato nel nord della Penisola, con lo scopo di tentare un coinvolgimento degli italiani alla causa rivoluzionaria, aveva ricevuto parecchie lettere da Gasparin, il quale, rimasto nelle vicinanze di Tolone, a sostegno del ventiquattrenne ufficiale corso, lo teneva aggiornato sulle continue e giustificabili richieste di Buonaparte per la riuscita dell'assalto.

'Si può restare per 24 o se è necessario 36 ore senza mangiare, ma non si può rimanere nemmeno tre minuti senza polvere da sparo' aveva elaborato il comandante dell'artiglieria in una delle sue infuocate e supplichevoli missive. Ciò lo aveva colpito molto, il dinamismo quasi viscerale, assieme alla sua puntigliosa attenzione per i particolari di ogni genere, dal prezzo delle razioni agli edifici e palizzate, di cui si era accorto, era più che reale. Sorrise leggermente, a quanto pare aveva fatto bene a scommettere su di lui "Quel ragazzo è davvero in grado di sostenere tutto il peso delle responsabilità da solo, le difficoltà sono una sfida" pensava compiaciuto. Scrisse a sua volta una lettera al collega Gasparin in cui lo autorizzò ad accondiscendere alle richieste dell'artigliere "È l'unico ad avere le idee chiare, non si può non accontentarlo".

Ollioules

Napoleone, nel frattempo, era uscito dalla sua tenda, affiancato da Junot che faceva anche le veci di Marmont, ancora impegnato a girare in lungo e in largo la Provenza, accompagnato da altri ufficiali per andare, per requisire cavalli da Nizza, Valence e Montpellier - Nonostante le richieste e i carichi portati dal mio amico cocchiere, abbiamo poco più di 600 libbre di polvere da sparo - emise innervosito, aumentando il passo, per scaricare la tensione, l'agitazione che aveva da quando aveva ricevuto l'ultimo resoconto - È ancora troppo poco, dannazione! Non ce la faremo mai di questo passo! - sbatté furiosamente il piede al suolo - E tutto perché quasi nessuno crede realmente nella riuscita dell'assalto...sono dei rammoliti senza palle...

- Comandante vi prego, cercate di controllare il tono della voce... - lo pregò Junot, intenzionato a farlo calmare. Comprendeva il suo stato d'animo, lo aveva sempre sostenuto nel lavoro, nonostante fosse davvero oberoso, faticoso. Non poche volte, in cuor suo, aveva pensato di rinunciare all'idea, non tanto per vigliaccheria, perché non lo era affatto, quanto per stanchezza. 

Questa storia di Tolone si stava prolungando davvero troppo e la cosa cominciava a puzzargli. Se la città portuale era così importante per il governo, allora perché non si davano da fare per aiutare concretamente l'esercito? "Va bene che siamo soldati e siamo addestrati alla fatica, ma restiamo comunque esseri umani, anche per noi valgono i diritti, mica solo per i civili" aveva protestato in cuor suo.

Non ne aveva mai fatto parola con il maggiore, per evitare di scoraggiarlo o di farlo adirare ancora di più. La sua grande forza d'animo era notevole, seppur non poche volte, in privato, Buonaparte gli avesse mostrato il suo lato più fragile. O a sua insaputa quando, qualche giorno prima, sulla soglia, senza farsi vedere, lo aveva scorto, quasi piangente, sbattere esasperato la fronte contro il ruvido legno del tavolo, imprecando probabilmente in corso, frustato per lo stallo che pareva non sbloccarsi affatto. Il corso si affidava alla pazienza e alla presenza del suo assistente di campo, per via del suo buon senso, senza però confidarsi totalmente, la sua diffidenza, la sua introversione glielo impedivano.

- Che mi sentano pure, Junot! - sbottò Napoleone altero, lanciando per aria i fogli che aveva tra le mani, tentato dal desiderio di volerli stracciare brutalmente davanti a quell'inetto di Carteaux - Perché è quello che sono! - La vista dei suoi uomini alla costruzione dell'arsenale lo tranquillizzò lievemente, erano gli unici che gli stavano dando tante soddisfazioni. Era orgoglioso di loro - Junot... guardateli, questi uomini zelanti mi rasserenano - riprese a respirare lentamente. 

Il sergente li contemplò, anch'egli sollevato nel vedere che almeno costoro si stavano dando da fare, da quando era arrivato Buonaparte, erano come rinati - Avete ragione, maggiore - sorrise spontaneamente, incrociando le braccia - Rincuorano un po' tutti...tranne quei damerini dei cavalieri, stanno sempre a ribattere la loro superiorità...

- Be' se saper andare a cavallo è la loro superiorità, allora sono sicuramente dei rammoliti senza palle - ripeté Buonaparte sarcastico, a braccia conserte, ridacchiando - Cosa credono? Lo sappiamo fare anche noi, mica ci spostiamo sui cannoni! - aggiunse infine, facendo spallucce. Junot rise di spirito, ci voleva proprio per sfogare parte di quella rabbia accumulata durante la giornata. Napoleone fece lo stesso, ne aveva realmente bisogno.

I soldati semplici si accorsero della loro presenza e li salutarono sollevando i cappelli all'unanimità. Napoleone ricambiò scuotendo il suo, gridando - Soldati, la vostra devozione e il vostro lavoro allontanano da me qualsiasi male, siete i migliori uomini che conosca! - l'incoraggiamento era un'arma a doppio taglio, ma Napoleone, abile con le parole, sapeva come e quando renderlo uno strumento costruttivo e stimolante, alternandolo alla severità. Evitava così di viziarli troppo con le lusinghe. Alle sue parole seguì un lungo boato.

- Vedete Junot, un bravo comandante non deve solamente pretendere dai suoi uomini - gli disse con tono incredibilmente serio, gesticolando animosamente - Oltre a dare l'esempio sia chiaro, deve incentivare, sollecitare ma nella giusta misura, altrimenti si abituano e riducono a poco a poco il lavoro, un equilibrio ci vuole sempre...

- Penso proprio che abbiate ragione comandante - replicò Junot annuendo. Quell'uomo era incredibile, i suoi discorsi riuscivano a stupirlo ogni volta, era come se sapesse tutto. Era dotato di una spiccata predisposizione al comando e neppure gli scoraggiamenti erano capaci di abbatterlo completamente, si rialzava subito dopo, sopportando con grande pazienza le ostilità degli altri ufficiali e di Carteaux, oltre che della sorte. 

Improvvisamente videro il quartiermastro generale Chauvet che distribuiva ansiosamente i viveri ad alcuni uomini in pausa, tutti sporchi e sudati, ma contenti. Napoleone si avvicinò a lui quasi fulmineo, Junot non si accorse nemmeno del suo slancio, e domandò - Novità?

- Nessuna purtroppo, comandante - sospirò l'uomo dispiaciuto, prese un fazzoletto da una delle tasche e si asciugò il collo imperlato di sudore - La situazione pare immutata...

- Capisco - sospirò a sua volta Napoleone, scaricò tutta la sua rabbia sulle mani che torturava dietro la schiena, si morse il labbro inferiore - Neanche io ricevo notizia da qualche giorno da parte degli uomini che ho spedito... - spostava il peso del magro corpo da una gamba all'altra. Non riusciva a stare fermo.

- Speriamo che si sblocchi il prima possibile - pregò il pover'uomo, dagli occhi stanchi e appesantiti, che si stava facendo in quattro similmente ai suoi uomini, per evitare di sottostare alla snervante burocrazia del governo.

- C'è tanta confusione e spreco e le disposizioni sono tanto assurde - soffiò desolato Napoleone, togliendosi il tricorno - L'approvvigionamento dell'esercito dipende solo dalla fortuna - ammise disperato, stringendo le sottili dita sulla stoffa grezza del cappello. Non era disposto a cedere, ci voleva ben altro. Junot non poté far altro che sospirare. Buonaparte gli aveva riferito, in parte, il contenuto di una lettera che aveva spedito al Comitato di Salute Pubblica in cui rivelava di provare 'estremo dolore per la scarsa attenzione dedicata al mio settore di servizio...Ho dovuto lottare contro l’ignoranza e le vili passioni che essa genera...'.

Lo scalpitio di un cavallo in lontananza destò il trio di ufficiali, Napoleone alzò lo sguardo in direzione del rumore, sperando che fosse o Marmont o uno dei suoi. Man mano che l'uomo avanzava, però, gli abiti da deputato della Convenzione sbugiardarono tale speranza - Chi sarebbe costui? - chiese ai due uomini al suo fianco.

- Non lo sappiamo comandante - risposero all'unisono i due, strinsero gli occhi per poterlo vedere meglio, senza riconoscerlo, non lo avevano mai visto prima.

- Auguriamoci solo che non sia un altro ostacolatore - fece il maggiore rimettendosi il copricapo sui lunghi e spettinati capelli - Altrimenti stavolta mi arrabbio sul serio... - minacciò corrucciato. Il deputato, diretto furtivamente al quartier generale, era Paul Barras. 




 

 

   
 
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