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Autore: Kim WinterNight    13/09/2020    9 recensioni
È il 13 settembre, il giorno del compleanno di Cecilia Sandys.
Joseph, suo figlio, decide di invitarla a pranzo a casa sua, la casa che condivide con Martin e in cui la donna spera di trovare finalmente una brava ragazza capace di amare il suo bambino.
Considera Martin soltanto un amico scomodo, capace di portare Joseph sulla cattiva strada, un passatempo da cui suo figlio deve guarire.
I ragazzi, tuttavia, hanno in serbo per lei una piccola sorpresa: a pranzo con loro ci sarà anche un'altra persona, qualcuno di inaspettato e sgradito per Cecilia.
L'ospite indesiderato riuscirà a comunicare con la donna, cercando di farle capire quanto suo figlio Joe abbia bisogno dell'amore dell'unico genitore che gli è rimasto.
Cecilia, tuttavia, sembra essere decisa a non cambiare idea, decidendo ancora una volta di chiudersi a riccio e di rimanere ferma sulle proprie convinzioni.
Eppure qualcuno pare altrettanto deciso a non arrendersi con lei.
- PRIMA CLASSIFICATA e vincitrice del premio speciale "Rainbow Tears" al contest "GTO Style" indetto da Laila_Dahl sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Martin&Joe'
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Living their destiny the way God made them
 
 
 
 
 
 
So I will not throw away traditions
'Cause you lack in cultural visions
I'm living my destiny the way God made me
And I will not judge you 'cause you're different
So my children see no difference
This is our chance, chance to be free
[MAGIC! – The Way God Made Me]
 
 
 
 
 
 
Cecilia Sandys si guardò allo specchio e si trovò incredibilmente vecchia: era il 13 settembre 2020, aveva compiuto cinquantotto anni e avrebbe festeggiato soltanto perché il suo unico figlio aveva insistito per invitarla a pranzo a casa sua. Le aveva promesso che avrebbe ricevuto una bellissima sorpresa, così Cecilia aveva sperato fin da subito che finalmente Joseph le presentasse una brava donna, capace di prendersi cura di lui come suo marito aveva sempre fatto con lei.
Da quando Harold era morto, lei non era più stata in grado di badare al loro unico figlio, vista anche la terribile disabilità che il ragazzo aveva contratto fin dalla nascita. Poi era uscita fuori quella storia dell’omosessualità e allora Cecilia era impazzita, decidendo che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di guarirlo. Harold avrebbe voluto così, lui sicuramente avrebbe saputo come comportarsi e come raddrizzare il loro povero figliolo.
Osservò rapidamente i propri capelli biondi legati in un’austera treccia e si accorse che avrebbe dovuto fare una tinta al più presto, perché la ricrescita castano chiaro e grigia già si intravedeva e la faceva sentire ancora più vecchia.
Uscì di casa poco dopo, avvolta in abiti anonimi e dai colori poco appariscenti; aveva indossato una gonna color cachi e una camicetta panna, mentre ai piedi aveva messo dei sandali che le facevano dolere il tallone, talmente erano duri.
Non aveva mai preso la patente, così si avviò alla fermata dell’autobus e attese che il mezzo arrivasse. L’aria era tiepida, quella notte aveva piovuto e rinfrescato la città, eppure il tasso di umidità era ancora molto alto. Tutto attorno a lei era grigio, complice la mancanza del sole che si ostinava a nascondersi dietro nubi pesanti e minacciose.
Quella stessa mattina Cecilia era stata a messa e si era fermata per una confessione da Padre Jones. Gli aveva confidato che sarebbe andata a pranzo da suo figlio e che voleva essere perdonata se sperava che lui non vedesse più quel ragazzo che diceva di amare.
Il prete l’aveva rassicurata e si era complimentato con lei per aver trovato finalmente il coraggio di affrontare Joseph.
Cecilia non fece che ripetersi le raccomandazioni di Padre Jones, mentre attraversava la città su un autobus e raggiungeva a piedi il tratto di strada che la separava da casa di suo figlio.
«Devi perdonarlo e amarlo incondizionatamente, Dio farà il resto» le aveva ripetuto più volte il prete, per poi congedarla con gentilezza.
Quando si ritrovò di fronte alla porta dell’appartamento, però, uno strano presentimento le si insinuò fin dentro le ossa; bussò timidamente e si fece il segno della croce, pregando mentalmente il Signore di conferirle la forza per affrontare quella giornata.
La verità era che Harold le mancava terribilmente, lui era sempre stato la sua roccia e sapeva sempre come fare quando qualche problema si presentava sul loro cammino. Cecilia era sempre stata una donna di poche pretese: aveva sempre desiderato una vita tranquilla, un marito che badasse a lei e ai loro figli, mentre lei si occupava della casa. Le sarebbe piaciuto avere tanti figli, ma dopo la disgrazia di Joseph e della sua cecità, aveva presto cambiato idea.
Padre Jones le aveva sempre detto che quel ragazzo era una benedizione di Dio, che glielo aveva mandato per prendersene cura e per mostrarle quanto lei fosse forte e capace di dedizione.
I pensieri di Cecilia vennero bruscamente interrotti quando la porta di fronte a sé si aprì e sulla soglia si stagliò l’ormai familiare quanto sgradevole figura di Martin Harris.
«Salve, Cecilia» disse il giovane, accostandosi per salutarla con due baci sulle guance. «Buon compleanno. Prego, entri pure, Joe la stava aspettando» proseguì, scostandosi di lato per farla passare.
Era un ragazzo educato e a modo, l’amico di Joseph.
«Ciao. Dio mi perdonerà se ti dico che speravo di non trovarti qui» replicò lei con astio, incapace di trattenersi.
«Mamma, non cominciare!» gridò Joseph dalla cucina, la sua voce stridula raggiunse le orecchie della madre e la fece sospirare affranta.
Quando la donna entrò nella stanza, superando l’amico del figlio senza neanche degnarlo di un’occhiata, trovò il riccio di fronte ai fornelli, la testa piegata leggermente verso sinistra e la mano stretta attorno al manico di un mestolo in acciaio.
Al tavolo color legno chiaro posto al centro della stanza, sedeva un uomo di circa sessant’anni con la pelle abbronzata e l’aspetto rozzo. Questi, non appena la vide, si alzò e la raggiunse, porgendole gentilmente la mano.
«Cecilia, questo è mio padre, Harry Harris» intervenne Martin, in piedi alle spalle della donna.
Lei storse il naso e strinse brevemente la mano dell’uomo. «Ah, signore, lei sarebbe la sorpresa di cui mio figlio ha tanto parlato? Speravo di trovare una ragazza accanto a Joseph, finalmente» commentò in tono sprezzante.
Harry tossicchiò leggermente e si fece indietro. «Mi dispiace aver deluso le sue aspettative, Cecilia» ribatté con calma.
«Signora Sandys, per favore» puntualizzò la donna indignata, rivendicando la sua appartenenza eterna al defunto marito.
«Mi scusi, signora Sandys. Prego, vuole accomodarsi?» le si rivolse ancora Harry, scostando una sedia con fare da galantuomo.
Lei non aprì bocca e si sedette rigidamente, appoggiando le mani in grembo e tenendo la borsa stretta sul fianco. Non aveva alcuna intenzione di avere a che fare con quella gente, sarebbe rimasta soltanto per tenere fede alla promessa fatta a Padre Jones.
«Comunque, buon compleanno» disse Joseph bruscamente, rimestando qualcosa dentro una padella.
«Grazie» rispose seccamente Cecilia.
«Grazie, figliolo» replicò all’unisono il padre di Martin.
Cecilia lo fissò stranita e lui si strinse nelle spalle, sorridendo apertamente.
Martin gli si fermò accanto e batté una mano sulla spalla del genitore. «Mio padre ha compiuto gli anni il 19 agosto, ma non avevamo ancora avuto modo di festeggiare.»
«Così abbiamo pensato di fare un’unica festa e farvi conoscere» aggiunse Joseph con entusiasmo.
La donna ammutolì, non sapendo come commentare; non avrebbe mai voluto trascorrere in quel modo il suo compleanno, la giornata si stava rivelando sempre più oscura e funesta.
«So che stai facendo una faccia da megera incazzata, ma fattene una ragione» tagliò corto suo figlio, spegnendo il fornello.
Cecilia si alzò di scatto e strinse la mano intorno alla tracolla della borsa. «Joseph, non ti permetto di parlarmi in questa maniera!» sbottò, mantenendo tuttavia un certo contegno.
«Sì, ma io ti ho invitato qui per trascorrere del tempo con te, per festeggiare il tuo compleanno, non per farmi maltrattare o per sentirti brontolare contro il mio ragazzo e suo padre!»
«Il tuo… ragazzo… così lo definisci questo qui
Joseph incrociò le braccia al petto e sbuffò. «Ah, ma insomma, la vuoi smettere di essere così tanto melodrammatica? Ne abbiamo già parlato un miliardo di volte!»
«Joe, calmati» tentò di intervenire Martin, posandogli una mano sul braccio.
«Dio mi perdoni! Cos’ho fatto di male per meritarmi tutto questo?» si disperò Cecilia, stringendo la propria borsetta al petto. Avvertì un’improvvisa spossatezza, le gambe cedere e il cuore accelerare i battiti. Non avrebbe retto ancora a lungo quella situazione.
«Signora Sandys, si sente bene?» si preoccupò Harry Harris, accostandosi a lei per osservarla meglio.
«Sta facendo una delle sue sceneggiate da telenovela argentina… adesso comincerà a dire che le manca l’aria, che ha bisogno di tornare a casa per riposare e che sicuramente Harold saprebbe cosa fare, che mi avrebbe già rimesso a posto e raddrizzato… le so a memoria queste stronzate, dimmi qualcosa di inedito!» sbraitò Joseph, cominciando a tremare di rabbia.
Cecilia sentì le lacrime scendere lungo le guance e il respiro venire meno. «Non puoi parlarmi così, Joey… possibile che tu non abbia mai pietà della tua povera madre?»
«Pietà di te?! E smettila di fare la vittima e di chiamarmi Joey, ti rendi conto che sono cresciuto e non sono più un bambino?»
«Calmati, per favore» ripeté Martin.
«Signora, che ne dice di uscire in terrazzo a prendere un po’ d’aria? È molto pallida. La prego, vuole seguirmi?» le propose Harry, sostenendola per un braccio.
Cecilia represse l’impulso di scrollarsi di dosso quella mano grande e ruvida e annuì mestamente, tirando su con il naso.
«Sì, bravo, portala via da questa cazzo di stanza, altrimenti oggi la gonfio di botte! Non me ne frega se è mia madre, ma chi cazzo me l’ha fatto fare a invitarla? Io e la mia stupida fiducia nel genere umano!» blaterò il figlio, mentre Martin tentava in tutti i modi di zittirlo.
Harry condusse la donna verso la portafinestra che dalla cucina conduceva al piccolo terrazzo, poi uscì insieme a lei e socchiuse l’uscio alle loro spalle.
Lei si sottrasse ben presto al contatto con l’uomo e si appoggiò con le mani tremanti alla balaustra in ferro battuto grigio chiaro. Perse le sguardo di fronte a sé e si accorse che in lontananza si poteva scorgere il mare, una tavola calma ingrigita dalle nubi che ancora minacciavano pioggia.
Si ritrovò a sorridere tra le lacrime, ricordandosi che quando Joseph le aveva annunciato che lui e il suo amico avevano trovato un appartamento da condividere, il figlio aveva specificato che lo avevano scelto perché Martin, dal terrazzo, poteva osservare il mare che tanto amava.
«Signora Sandys, si sente meglio?» chiese Harry, riportandola bruscamente alla realtà.
«Non sono affari suoi, se ne vada» gracchiò, sentendo la gola secca e gli occhi bruciare per il pianto e l’umiliazione.
«La prego, non faccia così. Le va di parlarne?»
Cecilia scoppiò a ridere. «Con chi? Con lei? Ma mi faccia il favore, Harris!»
Lui fece spallucce e la guardò con estrema serietà. «Sì, perché? Cosa c’è di male?»
«Io non la conosco, signore.»
«Potremmo conoscerci ora» suggerì l’uomo in tono calmo.
«Cosa vuole da me? Non vede che la mia vita è già una tragedia? Padre Jones parla bene, perché non sa cosa significa avere un figlio disgraziato come il mio!»
Harry Harris contrasse il volto abbronzato in una smorfia. «Suo figlio è un ragazzo d’oro, non parli così. Joe è un bravo giovanotto, ama molto il mio Martin e la cosa è reciproca. Andiamo, Cecilia, davvero vuole rovinare in questo modo il rapporto con suo figlio? Si rende conto che così lo sta perdendo?»
Cecilia si infuriò nuovamente e gli si piazzò di fronte, fulminandolo con lo sguardo. «Non faccia lezioni di vita a me, suo figlio è normale rispetto al mio! Anche se…»
«Ah, normale perché non è nato cieco? Ma si ascolta quando parla? Cecilia! Non è colpa di nessuno se Joe è nato senza il dono della vista!» replicò Harris, sollevando un poco il tono della voce.
«Anche Padre Jones lo dice… ma voi non potete capire.»
«Ah no? E il fatto che suo figlio sia gay come il mio non li rende entrambi anormali?» chiese l’uomo senza troppi giri di parole.
«Loro possono guarire!» esclamò Cecilia, allungando di scatto una mano per artigliare il polso dell’uomo di fronte a sé. «Lei deve aiutarmi a raddrizzarli, lo capisce? Io e mio marito lo avremmo fatto insieme, ma lui purtroppo è mancato diciotto anni fa e non… per fortuna non ha dovuto sopportare anche questo dolore
«Signora Sandys.» Harry pronunciò il suo nome con tono fermo e si scrollò gentilmente la sua mano di dosso. «Non dovrebbe toccarmi.»
«Mi perdoni, non so cosa mi sia preso, ma sono disperata!»
«Non ha capito. Non dovrebbe toccarmi perché anche io sono come suo figlio e come il mio.»
Cecilia aprì la bocca e si portò la mano a coprirla, trovandosi incredula. «Come dice?»
«Sono omosessuale, signora Sandys.»
«Lei… alla sua età… non si vergogna?!»
Harris scosse il capo e si lasciò scappare una risata amara. «No, signora. Perché dovrei?»
«Lei è una persona orribile» sputò la donna tra i denti.
«Questo me l’ha già detto mia moglie quando le ho annunciato che l’avrei lasciata perché mi sono accorto di provare interesse per gli uomini» replicò l’uomo senza scomporsi.
«Oh, Signore…» sospirò lei affranta.
«Ascolti, lei non può continuare a giudicare le persone in base alle loro problematiche o alle loro preferenze sessuali. Il fatto che Joe sia cieco o gay non fa di lui un cattivo ragazzo. Prenda il mio Martin: le ha mai mancato di rispetto? Credo di no, perché io e sua madre lo abbiamo educato a dovere, abbiamo fatto il possibile per renderlo un uomo onesto. E io? Ho un lavoro dignitoso, faccio il muratore e mi spacco la schiena da una vita per mantenere la mia famiglia. Merito forse di essere detestato a priori?»
Cecilia non replicò, rifiutandosi di ascoltare le ragioni insensate e immorali di quel decerebrato senza sani principi che cercava di farle la paternale.
«Può anche ignorarmi, signora Sandys, ma le consiglio di pensarci bene. Sta facendo soffrire Joe, lui ha bisogno di sua madre e del suo sostegno.» Detto questo, Harris sbuffò e rientrò in cucina, lasciandola sola sul terrazzo.
 
 
Il pranzo trascorse in un silenzio teso e pesante.
Joseph aveva cucinato le zucchine in padella e Cecilia non aprì bocca per complimentarsi con lui, nonostante trovasse che fossero molto saporite e ben cotte. Non aveva idea di come suo figlio avesse fatto a diventare tanto autonomo nonostante la sua cecità: in effetti non lo conosceva affatto.
Subito dopo mangiato, Cecilia annunciò che se ne sarebbe andata e nessuno ebbe da obiettare, neanche suo figlio. Non la salutò e non le rivolse la parola, nonostante lei avesse cercato di attirare la sua attenzione e di rimettere le cose a posto come aveva sempre fatto dopo i loro litigi.
Eppure quella volta era andata diversamente, aveva la sensazione che qualcosa si fosse spezzato.
Si avviò a passo rapido verso la porta, ma quando si ritrovò sul pianerottolo pronta a imboccare le scale, una voce la fece fermare.
«Signora Sandys, aspetti» sentì dire da Harry Harris.
Si voltò e lo mise a fuoco a fatica. Lo fissò in attesa che parlasse, sperando che la lasciasse presto andare.
L’uomo le porse un pacchetto quadrato avvolto in carta dorata – il suo colore preferito, notò. «Martin e Joe mi hanno chiesto di portarglielo. È il loro regalo per lei.»
La donna fissò gli occhi scuri del padre di Martin, poi spostò lo sguardo sull’oggetto che lui stringeva. Lo afferrò con fare scettico e lo ficcò in borsa senza prestarvi ulteriore attenzione, poi rivolse al suo interlocutore un brusco cenno di saluto e scese rapidamente i gradini che la separavano dalla meritata libertà.
Una volta per strada, si lasciò andare a un profondo sospiro e si fece il segno della croce. Ce l’aveva fatta, era riuscita a mangiare in compagnia del figlio e di quelle bizzarre persone che lo circondavano.
Anziché prendere l’autobus come aveva fatto quella mattina, decise di fare una lunga passeggiata e di liberare la mente dai pensieri negativi che la affollavano. L’aria era ancora umida e piuttosto fresca e il sole non ne voleva sapere di affacciarsi tra le nubi minacciose. In lontananza Cecilia scorse dei nuvoloni più scuri e si ritrovò a pensare che forse anche quella notte avrebbe piovuto.
Quando si trovò nei pressi di un parco piuttosto grande, l’istinto le suggerì di entrarvi; trovò una panchina e si sedette sul legno umido, riposandosi per un po’ prima di continuare il suo cammino verso casa.
Infilò la mano in borsa ed estrasse il regalo che Harry Harris le aveva consegnato prima che lasciasse casa di suo figlio; se lo rigirò tra le dita e notò che sopra la carta dorata era attaccato un post-it color panna.
Non riuscendo a leggere senza occhiali, li recuperò dalla borsa e li inforcò, per poi posare nuovamente lo sguardo sul foglietto.
 
Cara mamma,
      Io e Martin volevamo rendere il tuo compleanno speciale, sperando che tu possa finalmente capirci e amarci.
Ti vogliamo bene, buon relax!
M&J
 
Cecilia si ritrovò a sorridere con le mani che tremavano appena per la strana emozione che stava provando; scartò con calma il regalo e si trovò di fronte agli occhi una scatola in cartone che mostrava alcune immagini di un famoso centro termale di Los Angeles. Sollevò il coperchio ed esaminò il contenuto, trovando tutte le istruzioni per trascorrere un weekend all’insegna della tranquillità e di massaggi rilassanti.
Aggrottò la fronte, incredula e piacevolmente sorpresa.
Non riusciva a credere che suo figlio e il suo amico le avessero fatto un dono come quello. Forse pensavano di poter comprare il suo affetto e la sua comprensione, forse credevano che avrebbe cambiato idea su di loro e sulla loro malattia.
Cecilia buttò il regalo dentro la borsa e decise che l’avrebbe ignorato, che non sarebbe andata a Los Angeles alle terme, che si sarebbe sbarazzata di tutto non appena arrivata a casa.
Dio l’avrebbe perdonata, così come Padre Jones: aveva fatto lo sforzo che si era prefissata, poteva bastare.
 
 
Non fece che pensare a ciò che le aveva detto Harry Harris una settimana prima, quando entrambi si trovavano a casa dei propri figli.
Le si era rivolto con calma, toccando però tasti della sua intimità che nessun altro fino a quel momento aveva osato raggiungere, a parte il suo amato Harold.
Così, pensandoci più a fondo, la donna aveva capito che non valeva la pena di sprecare il regalo che i ragazzi le avevano fatto; ne aveva parlato con Padre Jones e anche lui aveva approvato la sua scelta di recarsi a Los Angeles per godersi un po’ di riposo nel centro termale.
Era stato comprensivo con lei quando gli aveva raccontato com’era andato il pranzo in famiglia, ma le aveva suggerito di guardare oltre le apparenze e di vivere soltanto di amore verso il sangue del suo sangue, verso quella creatura che Dio le aveva affidato affinché la amasse e non le procurasse mai alcun dolore.
Andare alle terme sarebbe bastato per calmare gli animi e per far sì che suo figlio ricominciasse a risponderle al telefono – o almeno quella era la speranza di Cecilia mentre si trovava sul treno che l’avrebbe condotta nella grande città che il suo Harold amava tanto.
Una volta giunta a destinazione, prese un taxi e si fece accompagnare direttamente al centro termale, senza concedersi altri giri o soste inutili.
Fu quando si ritrovò alla reception che lo vide: Harry Harris, il padre di Martin, intento a registrarsi con gli avambracci appoggiati al bancone e un sorriso radioso dipinto sul volto abbronzato.
Cecilia ne osservò meglio la barba brizzolata e i capelli corti striati di grigio, le spalle larghe e muscolose e l’abbigliamento semplice. Era un uomo ordinario, non aveva qualcosa di eccessivamente particolare, fatta eccezione per il neo sul naso esattamente uguale a quello del figlio.
La donna sbuffò e si accostò al tavolo dell’accettazione. «Salve. Lei che ci fa qui?»
Harris posò lo sguardo su di lei e la salutò con un lieve cenno del capo. «Buongiorno, signora Sandys. Vede, i nostri figli ci hanno regalato la stessa cosa per il compleanno.»
«Ah» riuscì soltanto a commentare lei, attonita e sgomenta per quella sgradevole sorpresa.
«Non è contenta di vedermi?» tentò di scherzare l’uomo, riprendendo i propri documenti dalle mani del receptionist.
«Direi proprio di no» borbottò, estraendo dalla borsa il pacchetto che le era stato donato e mostrandolo al ragazzo dietro il bancone. «Il mio nome è Cecilia Sandys. Le serve altro?»
Harris si allontanò una volta ricevuta la chiave della sua stanza e ben presto anche Cecilia completò il check-in, per poi trascinare il proprio bagaglio fino agli ascensori. Mentre aspettava, impalata accanto al padre di Martin, si concesse di guardarsi attorno: l’arredamento della SPA era lussuoso e moderno, bellissimi quadri astratti ricoprivano le pareti e le tonalità dei colori passavano dal giallo al rosso, conferendo un’aria accogliente alla hall.
Una volta in ascensore, lei e Harris rimasero in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.
«Io sono arrivato, la mia è la 309» annunciò l’uomo non appena le porte scorrevoli si aprirono su un corridoio ben illuminato e ricoperto di moquette rossa.
«Che coincidenza…» bofonchiò Cecilia, seguendolo all’esterno. «La mia è la 308.»
Harry si strinse nelle spalle e proseguì in silenzio, per poi fermarsi di fronte alla propria camera e infilare la tessera magnetica nell’apposito vano.
«Sa, Harris, ho ripensato a quello che mi ha detto» si lasciò sfuggire la donna, armeggiando con la propria chiave.
«Ah sì? Mi fa piacere. Padre Jones che dice?» domandò, ma il suo tono risultò serio e pieno di rispetto. Non c’era traccia di ironia, come se quell’uomo la prendesse realmente sul serio.
«Su certi aspetti la appoggia» ammise a fatica lei.
«Dev’essere un uomo molto intelligente, mi piacerebbe conoscerlo.»
Cecilia fece un passo verso di lui e lo scrutò con fare scettico. «Uno come lei non può credere in Dio» commentò.
Harry Harris si pietrificò sulla soglia appena socchiusa, poi tirò un lungo sospiro e si voltò a guardarla con aria seria e quasi solenne.
La donna ebbe quasi timore di quegli occhi scuri e intensi, carichi di qualcosa che non era capace di decifrare.
«Signora Sandys, non le permetto di offendere in questo modo la mia fede. Ho sposato mia moglie di fronte a Dio e l’ho rispettata fino al giorno in cui le sono stato accanto. Non l’ho mai tradita e tutt’ora la considero la madre di mio figlio, senza mai ripudiare il tempo trascorso insieme a lei. Come le ho già detto una settimana fa, il fatto che io sia omosessuale non fa di me una cattiva persona. E, per favore, la prossima volta che deciderà di rivolgermi la parola, lo faccia senza pregiudizi, altrimenti sarò costretto a ignorarla. La saluto.»
Lei non seppe cosa rispondere e lo osservò mentre entrava nella camera 309 e si richiudeva la porta alle spalle.
Quando a sua volta fece il suo ingresso nella 308, l’ambiente accogliente e dalle tinte allegre le parve improvvisamente anonimo e grigio.
 
 
Cecilia aveva trascorso il resto della mattinata nella sua stanza, aveva pranzato al ristorante optando per qualcosa di leggero e infine si era recata in una delle numerose piscine riscaldate presenti nella struttura. Aveva scelto quella meno popolata, non amava mostrarsi in costume da bagno, specialmente da quando suo marito era venuto a mancare.
Aveva indossato l’unico costume intero superstite nell’armadio – non si era premurata di acquistarne uno nuovo, nonostante il vecchio avesse l’elastico slabbrato – e si era seduta su una sdraio, timorosa di accostarsi alla piscina.
Non aveva mai imparato a nuotare, convivendo con un opprimente terrore dell’acqua. Non sapeva se avrebbe trovato il coraggio di immergersi, nonostante il livello fosse piuttosto basso, in modo da permettere a chiunque un bagno ristoratore e rilassante.
Si sentiva sola e triste, con quell’orribile costume nero a fantasia floreale, accerchiata da persone che sorridevano e scherzavano tra loro. Notò madri e figli rilassarsi e giocare in piscina, coppie giovani e spensierate scambiarsi sguardi colmi d’amore, gruppetti di amici intenti a divertirsi.
Poi il suo sguardo venne catturato da due ragazze che, sedute a bordo piscina, si tenevano la mano e chiacchieravano tranquillamente tra loro, agitando i piedi all’interno dell’acqua.
Pensò a suo figlio e si disse che forse lui non faceva niente di diverso con Martin: se valutava il loro rapporto in maniera innocente, riusciva quasi ad accettarlo; tuttavia, quando si soffermava a immaginarli in intimità, a baciarsi e… non riusciva nemmeno a concludere quei pensieri, la sua mente si rifiutava.
Le tornò in mente Harry Harris e un moto di ribrezzo la travolse: come poteva accettare che un uomo come lui, uno della sua età, potesse in qualche modo baciare un altro uomo? Era impossibile.
Il padre di Martin le ricordava il suo Harold, sotto certi aspetti: gli occhi intensi, blu come la notte, i modi gentili, le spalle larghe… Cecilia non poteva concepire che qualcuno del genere potesse avere certe deviazioni in mente.
Era convinta che l’omosessualità si potesse curare, sarebbe stato semplice, eppure nessuno sembrava pensarla come lei. Loro non volevano cambiare, non volevano guarire.
Né suo figlio Joseph, né Martin, e nemmeno suo padre o quelle due ragazze sedute a bordo piscina che tenevano le dita saldamente intrecciate.
Padre Jones le aveva fatto intendere più di una volta che lei era troppo rigida e severa. Cecilia tuttavia era certa che un uomo come lui, un uomo di fede che aveva scelto di non avere una famiglia, non potesse certo comprendere il suo stato d’animo e le sue disgrazie.
Si alzò a fatica dalla sdraio e si accostò lentamente alla piscina, osservandola con fare critico.
Si guardò attorno e incrociò per un attimo lo sguardo di una delle due ragazze che stava osservando fino a poco prima. La giovane bionda si mise in piedi e le sorrise cordialmente, mostrandosi in tutta la sua bellezza: indossava un bikini arancione che metteva in risalto la sua abbronzatura dorata.
«Signora, le serve aiuto?» le si rivolse gentilmente.
Cecilia sbatté le palpebre. «Io…»
«Ha paura dell’acqua? La capisco, anche per me è così. Per fortuna che c’è Emily, sempre pronta a sopportarmi quando strillo di terrore!» Scoppiò a ridere, un suono dolce e cristallino che riempì l’aria. «Em, vuoi aiutare la signora a entrare in piscina?»
«No, veramente…» tentò di protestare Cecilia.
Tuttavia l’altra ragazza, decisamente più bassa della prima e leggermente sovrappeso, le raggiunse e sorrise amichevole alla donna. «Certo, signora, la aiuto volentieri! Mi ascolti, guardi me…» Emily entrò nella piscina e mostrò a Cecilia che l’acqua raggiungeva appena la vita. «Vede quanto è bassa? E se non affogo io che sono un tappo, lei sicuramente andrà alla grande! Che dice, mi vuole dare le mani e avvicinarsi a piccoli passi?»
«Vedrà, le piacerà, l’acqua è caldissima!» intervenne la bionda, entrando a sua volta in piscina.
La donna decise di seguire l’istinto e di lasciarsi un po’ andare: porse le mani a Emily e avanzò lentamente, scendendo il primo gradino, poi il secondo e infine si ritrovò allo stesso livello delle due ragazze.
Si sorprese di quanto la temperatura dell’acqua fosse piacevolmente tiepida, e di come fosse stato semplice accedere alla vasca senza sentirsi terrorizzata.
«Le va di sedersi sul bordo vicino a noi?» propose Emily, senza lasciar andare i suoi polsi.
Cecilia annuì e in pochi attimi si ritrovò accanto alla ragazza bionda, la quale circondò la vita della corvina e le sorrise.
«Grazie» sussurrò la donna, profondamente imbarazzata.
«Si figuri! È qui da sola?» indagò Emily.
«Sì.»
«Io e Megan siamo venute qui per festeggiare il nostro anniversario di matrimonio. Ci siamo sposate un anno fa» raccontò ancora la corvina, sorridendo tranquilla a Cecilia.
Quest’ultima sussultò ed evitò di replicare, timorosa di offendere quelle due ragazze. In fondo erano state davvero gentili con lei, non poteva negarlo.
«Salve, signora Sandys!»
La donna sollevò lo sguardo e notò Harry Harris a pochi metri da lei, il quale aveva appena fatto il suo ingresso nella vasca. Si immerse nell’acqua calda e chiuse gli occhi, lasciando andare il capo contro il bordo della piscina.
«Ma lei è una persecuzione, Harris» borbottò.
«Non è che quel bell’uomo le piace, signora?» insinuò Emily, mentre la compagna la fulminava con un’occhiata.
Cecilia si irrigidì e dovette trattenersi per non rispondere in maniera maleducata.
«La perdoni, Emily è sempre molto diretta. Scommetto che lei ha un marito fantastico che le ha regalato una bella esperienza in questo posto da sogno» disse Megan.
La donna scosse il capo. «Mio marito, Harold Joseph Sandys, è morto diciotto anni fa. Da allora non ho più pensato agli uomini, Dio mi è testimone.»
«Mi dispiace molto» sussurrò la bionda.
«Questo weekend alle terme me l’ha regalato mio figlio.» Indicò Harry Harris che ancora si rilassava in piscina. «Insieme a suo figlio. Ecco perché lo conosco.»
«Ah, che bello, i vostri figli sono amici!» esclamò Emily.
«Sì, amici…»
Cecilia decise di non aggiungere altro e poco dopo si rimise in piedi con l’intento di uscire dalla piscina. Le due ragazze si proposero di aiutarla, ma lei rifiutò e le ringraziò frettolosamente.
Proprio mentre si accingeva a salire sul primo gradino, una mano grande e ruvida la sostenne per il braccio.
«Harris, che vuole?»
«Soltanto aiutarla, signora Sandys» replicò lui con calma.
I due si ritrovarono in breve accanto alle sdraio e si sedettero l’uno accanto all’altra, rimanendo in silenzio.
Fu Cecilia a rompere il silenzio. «Non era mia intenzione offenderla, Harris.»
«Ne sono certo.»
«Dico davvero. Lei crede seriamente in Dio?» domandò.
Harry annuì lentamente. «Certamente, Cecilia. Non vado tutte le domeniche a messa, però nel mio cuore so sempre dove ricercare la forza che mi aiuta ad andare avanti. Sa, quando ho scoperto di essere omosessuale, non volevo accettarlo perché mi era sempre stato insegnato che fosse sbagliato. Ma, vede, non è una malattia. È solo una condizione, come per lei l’eterosessualità.»
«Ma i gay non possono avere figli, non possono consumare un matrimonio come…»
Harry sollevò le mani per fermarla. «Queste sono idee antiquate. Signora, quando io ho scoperto di provare interesse per gli uomini, mi sono chiuso a riccio e ho cercato di reprimere me stesso. Un giorno ho deciso di andare dal pastore della mia chiesa, Padre Mendoza. Mi ha ascoltato in silenzio, mentre io piangevo come un bambino e gli dicevo che ero diventato un mostro e che non ero più degno di essere un figlio di Dio. Io e Padre Mendoza ci conoscevamo da poco, lui era giovane ed era arrivato da poco. Mi ha rassicurato e mi ha fatto capire che dovevo seguire la mia strada, sempre nel rispetto di mia moglie e della mia famiglia. Mi sono dannato per tanto tempo, finché non ho deciso che era giusto divorziare da lei perché non avevo intenzione di mentirle.»
Cecilia sentì gli occhi bruciare, ma cercò di trattenersi. Non avrebbe mai creduto di poter provare compassione – o meglio, comprensione – nei confronti di un uomo omosessuale di sessant’anni. Anche se non riusciva ad accettare e concepire l’unione intima tra due persone dello stesso sesso, forse poteva impegnarsi a comprenderne quella spirituale.
«Ha visto quanto sono in sintonia quelle ragazze? Non sono cattive solo perché si amano. E ha visto quanto sono felici i nostri figli insieme? Joe è diventato molto più sicuro di sé da quando sta con Martin, me l’ha detto proprio suo figlio.»
«Io non…»
Harry la afferrò per le spalle e la scosse appena. «Da quanto tempo non parla con suo figlio?»
«Ho provato a telefonargli, ma non vuole sentirmi.»
«Da quanto tempo non ci parla davvero? Ha provato a chiedersi come mai suo figlio non le risponde?»
Cecilia abbassò lo sguardo sulle proprie mani abbandonate sul grembo e non ebbe il coraggio di replicare. Improvvisamente tutta la sua audacia e le sue convinzioni sembravano averla abbandonata.
«Non voglio demonizzare il suo comportamento, Cecilia, vorrei soltanto farle capire che la cosa più importante è il rapporto con suo figlio Joe. Lui le vuole bene e soffre perché lei non riesce a ricambiare quest’amore. Suo figlio non è un disabile o un gay, prima di tutto è una persona con dei sentimenti! Vuole forse finire come mia moglie e rovinare per sempre il rapporto con suo figlio? Ho amato e rispettato a lungo la mia compagna, ma non posso negare che abbia sbagliato con nostro figlio. L’ha ripudiato e non ha più voluto vederlo, e quando ha scoperto che anche suo marito era sbagliato ha fatto lo stesso.»
Le parole di Harry Harris erano coltellate che affondavano dritte e impietose nel suo cuore, finché le lacrime che stava cercando di trattenere non rotolarono lungo le sue guance. Si portò le mani al viso e tentò di scacciare il segno della sua fragilità, eppure notò che l’uomo di fronte a sé non se l’era lasciato sfuggire.
«Non deve nascondere le sue emozioni, Cecilia.»
L’uomo le strinse gentilmente una spalla e si alzò, lasciandola nuovamente sola.
Quando la donna si guardò attorno, si rese conto che Emily e sua moglie erano scomparse.
Poi realizzò: nella sua mente aveva accettato il legame tra quelle due ragazze.
Inorridì, eppure non riuscì a impedirsi di sorridere tra le lacrime.
 
 
Nel periodo che Cecilia trascorse al centro termale, lei e Harry si incrociarono più volte, ma non ripresero mai il discorso che avevano intrapreso in piscina.
La donna incontrò nuovamente anche Emily e Megan, riuscendo a chiacchierare con più scioltezza e senza provare troppo disagio di fronte alle loro effusioni o ai loro sguardi così innamorati.
Si sentiva strana, come se improvvisamente sentisse la mancanza di suo figlio.
Ripensava spesso a quando Harris le aveva chiesto in quale occasione avesse parlato davvero con Joseph. Non lo sapeva, nonostante cercasse in tutti i modi di ricordarlo. Da anni lei e suo figlio non facevano che litigare, durante le rare occasioni in cui si vedevano e trascorrevano del tempo insieme. Lui era diventato ostile e rabbioso, bastava che lei aprisse bocca per farlo scattare. Forse la detestava, Cecilia non ne aveva idea. Eppure Harry le aveva fatto notare che, forse, parte della responsabilità poteva essere anche sua.
Non era certa di essere disposta ad ammetterlo apertamente, forse non sarebbe mai riuscita a scusarsi con Joseph, tuttavia aveva voglia di vederlo e di parlare con lui.
Girovagò per l’intera struttura in cerca del padre di Martin, e quando finalmente lo trovò nei pressi della sauna, lo raggiunse in tutta fretta e gli si rivolse con fare concitato.
«Signora Sandys, si calmi. Che succede?» la interruppe, mentre borbottava frasi sconnesse e gesticolava energicamente.
«Io… Harris, devo… lei è venuto qui in auto?»
«Sì, signora. Le serve un passaggio?» replicò lui tranquillo.
«Sì, sì, mi deve portare a casa di mio figlio… dei… dei nostri figli.»
«Crede che sia una buona idea?» la interrogò.
Lei annuì con forza. «Devo parlare con Joseph.»
Harris sorrise. «Suo figlio sarà contento di averla accanto, mi creda.»
«Non ne sono certa, ma devo farlo, io…»
Harry le poggiò le mani sulle spalle e attese che si rilassasse un po’. «Stia tranquilla, andrà tutto bene.»
«Ma lei come fa a essere sempre così ottimista?»
«Non mi resta altra scelta» replicò soltanto l’uomo.
Cecilia non fu certa di aver capito, ma preferì non indagare oltre.
Subito dopo pranzo i due si misero in macchina e lasciarono Los Angeles che, proprio durante quel pomeriggio, stava risorgendo in tutti i suoi colori sotto un sole tiepido che si faceva via via più luminoso.
Durante il tragitto, Cecilia tenne lo sguardo perso fuori dal finestrino e le dita intrecciate sul grembo. Non aveva la minima idea di cosa dire a suo figlio una volta raggiunta la sua abitazione, ma qualcosa si sarebbe inventata.
Aveva sprecato tantissimi anni a stargli lontano, a detestare ciò che era, senza comprendere che la colpa non era di nessuno. Padre Jones aveva fatto di tutto per convincerla, per farglielo capire, ma le era bastato conoscere Harry Harris per vedere la situazione tra lei e Joseph sotto una nuova prospettiva.
Non faticava a capire l’ex moglie di quell’uomo: per lei doveva essere stato un colpo durissimo perdere un marito tanto gentile e affascinante.
Scosse il capo e si maledisse per aver anche solo pensato di tradire la memoria del suo Harold, ricamando pensieri peccaminosi nei confronti di qualcuno che non fosse lui.
Giunsero fuori dall’appartamento dei loro figli che erano quasi le sei del pomeriggio; il sole ora splendeva timidamente anche sulla loro cittadina e l’aria risultava un po’ meno umida.
«La ringrazio, Harris» mormorò la donna, catapultandosi fuori dall’auto.
«Buona fortuna, signora Sandys.»
«Beh, può chiamarmi Cecilia, se le va. Altrimenti faccia come vuole.»
Lui le sorrise apertamente e annuì. «È un onore poterla chiamare per nome, Cecilia.»
«Buona serata, Harry» concluse la donna, per poi avviarsi verso l’ingresso della palazzina giallo canarino.
Quando si ritrovò sul pianerottolo di fronte alla porta chiusa, ebbe timore di bussare, ma stavolta per un motivo diverso: aveva paura che suo figlio non la accettasse.
Dopo aver bussato, mentre attendeva che qualcuno aprisse, si chiese se avrebbe dovuto scusarsi con Martin e Joseph o ringraziarli per il regalo che le avevano fatto. Si pose mille interrogativi e non se ne pose nessuno, era combattuta e a un certo punto ebbe l’impulso di andarsene; stava per prendere le scale, ma proprio in quel momento la porta si aprì.
Martin le lanciò un’occhiata sorpresa, tuttavia la invitò gentilmente a entrare. «Prego, Cecilia, si accomodi.»
«Mio figlio è in casa?» domandò senza troppi giri di parole.
«È in terrazza e sta fumando una sigaretta. Gli ripeto spesso che dovrebbe smettere, ma dice che una ogni tanto gli va.»
Cecilia si prese il tempo per scrutare bene quel ragazzo: aveva il fisico di un nuotatore, le spalle larghe come quelle di suo padre, la pelle olivastra abbondantemente abbronzata, gli occhi scuri e una leggera barbetta ad adornargli le guance. Riconobbe il neo sulla parte destra del naso, notò per la prima volta l’anellino al lobo dell’orecchio e si soffermò per un attimo sugli occhi scuri e tranquilli.
Di fronte a sé c’era una brava persona, un ragazzo con la testa sulle spalle e con dei valori morali invidiabili. Forse Martin aveva l’età di suo figlio, forse qualche anno in meno – non lo ricordava, non gliene era mai importato granché –, eppure era un giovane a modo, rispetto e educato.
Si rese conto che per la prima volta in vita sua stava sorridendo a Martin Harris.
Lui ricambiò e chinò mestamente il capo, facendo scontrare i loro occhi. Era decisamente più alto di lei e, Cecilia se ne accorse solo in quel momento, Joseph doveva sentirsi davvero protetto e al sicuro tra le sue braccia forti. Doveva essere piacevole lasciarsi accarezzare dalla sua voce profonda e dalle mani grandi, proprio come quelle di suo padre.
La donna avvampò e distolse lo sguardo, stringendo convulsamente la mano sulla maniglia del trolley.
«Vuole uscire in terrazza?» propose il giovane.
«No, lo aspetto in cucina. Sai, fai bene a dirgli che dovrebbe smettere di fumare. Suo padre è morto di cancro ai polmoni.»
«Già, lo so.» Martin, a disagio, si schiarì la gola. «Ehm… vado ad avvisarlo, a volte ci impiega delle ore…»
Lei assentì con il capo e si sedette attorno al tavolo rotondo della cucina, guardandosi attorno leggermente incuriosita. Notò una poltrona in velluto rosso e giurò che fosse la preferita di suo figlio, perché ricordava che a Joseph piaceva la sensazione di quel materiale sotto i polpastrelli.
L’ambiente era piccolo, eppure risultava accogliente: i mobili e il tavolo in legno chiaro, il piano cottura a cinque fuochi, il frigorifero in acciaio strapieno di calamite colorate, le mensole un po’ disordinate e ingombre di cianfrusaglie… tutto là dentro dava l’impressione di una casa vissuta, dove regnava l’armonia che lei non conosceva più da tempo, da quando il suo Harold se n’era andato.
Senza rendersene conto, aveva lasciato che diciotto anni le scivolassero addosso, diciotto lunghi anni in cui non aveva fatto che pensare solo a se stessa, senza mai preoccuparsi del suo unico figlio.
Aveva trascorso il tempo a rimpiangere i bei tempi andati al fianco di un uomo ormai defunto, senza concentrarsi su colui che in ogni sorriso portava con sé la meravigliosa anima di suo padre.
Joseph, con movimenti un po’ goffi, rientrò in cucina e raggiunse il tavolo. Trovò una sedia e vi si accomodò, salutandola con un grugnito contrariato.
«Allora… vi lascio soli» disse Martin.
«No, resta» si affrettò a contraddirlo la donna.
Il ragazzo rimase sbalordito, tuttavia annuì e rimase in piedi accanto alla portafinestra. «D’accordo, Cecilia.»
«Sei venuta qui a insultarci? Sai, avevamo preso un regalo per te, ma non so proprio dove l’ho messo… forse nella spazzatura» sputò Joseph, stringendo una mano a pugno.
«Me l’ha consegnato il signor Harris. Sono giusto di ritorno da Los Angeles, volevo… ehm, avete capito» farfugliò, sentendosi trucidare dallo sguardo vuoto di suo figlio. Lui non poteva vederla, eppure sembrava che la stesse fulminando con quelle iridi azzurre che non facevano che rovesciarsi e puntare ovunque senza un senso logico.
Aveva sempre avuto difficoltà a guardare suo figlio negli occhi, pensando che fossero orribili e spaventosi.
«Ci fa piacere, Cecilia» disse Martin.
«Ho incrociato… tuo padre, alle terme» proseguì la donna.
«Hai insultato anche lui, mamma?»
«Sì, cioè, all’inizio l’ho fatto, poi… lui mi ha fatto ragionare.»
Joseph distorse il viso in una smorfia sorpresa. «Ah, e da quando ragioni?» buttò fuori, senza la minima pietà.
«Joe» mormorò Martin, facendo un passo avanti.
«Lascialo dire» si ritrovò a dire Cecilia, chiedendosi dove avesse trovato il coraggio per pronunciare quelle due parole.
«No, mamma, sul serio? Allora Harry è magico se è riuscito a far affacciare un pensiero sensato nella tua testa!» Suo figlio applaudì in maniera plateale, il tono di voce era intriso di sarcasmo.
«È un uomo intelligente, lui…»
«Mamma, vuoi dirmi che diamine ci fai qui?» sbottò Joseph stizzito, sporgendosi verso di lei.
«Volevo parlare con te, con voi… io…» SI portò le mani sul viso e sentì ancora una volta le lacrime abbandonare i suoi occhi. «Io voglio solo che tu sia felice come io lo ero con tuo padre.»
«E ti sei mai chiesta se lo sono, eh?»
«Non pensavo che con un… un uomo, tu…»
«Invece sì, mamma, non sono malato! Cazzo!» Joseph si mise di scatto in piedi, tremante di rabbia. «Sono nato cieco, e sai cosa pensa la gente? Che io lo sia diventato a furia di masturbarmi, perché i gay non possono scopare come tutti! Oh, per favore! Non sono malato, io non… non sono malato…»
Martin gli fu subito accanto e lo prese tra le braccia, e solo in quel momento Cecilia notò che anche suo figlio era scoppiato in lacrime e continuava a ripetere ossessivamente quelle parole.
Non sono malato.
E lei, lei si che era malata: aveva permesso che i suoi pregiudizi facessero soffrire il suo bambino, il suo unico figlio, il frutto dell’amore tra lei e Harold. Ora lo capiva: suo marito non avrebbe mai voluto che lei si allontanasse da Joseph, perché lui per primo aveva amato quel figlio sopra ogni cosa e lo aveva sostenuto finché ne aveva avuto le forze.
Cecilia aveva lasciato che il dolore le facesse scegliere erroneamente ciò che fosse giusto e ciò che fosse sbagliato, sempre secondo il suo parere. Era stata tremendamente egoista e aveva rischiato di perdere per sempre quel ragazzo che sorrideva proprio come il suo adorato Harold.
«Joey» sussurrò tra i singhiozzi, alzandosi a fatica. «No, non fare così…» Allungò una mano per sfiorargli il braccio, ma lui reagì con violenza.
«Non toccarmi, tu non mi vuoi bene! Sono sbagliato, non sono il figlio che avresti voluto! Che disgrazia ti ha dato il tuo amato Dio, eh? Un bambino cieco e malato di omosessualità!» strillò Joseph, affondando il viso nel petto di Martin.
Cecilia li osservò e avvertì un forte senso di tenerezza esploderle nel petto. Rivide in Martin il modo in cui Harold sapeva proteggerla quando aveva paura, e in suo figlio riconobbe se stessa: giovane, timorosa ma sicura di sé, soprattutto quando suo marito la abbracciava e le sussurrava che tutto sarebbe andato bene.
Anche Harry Harris le aveva assicurato che tutto sarebbe andato per il verso giusto, lo realizzò e si ritrovò a sorridere.
«Io non voglio più litigare, Joseph» disse.
Martin cullò dolcemente suo figlio in quell’abbraccio un po’ strano per lei, ma che in quel momento non trovò più tanto difficile da concepire.
«Forse non potrò mai accettare del tutto quello che siete, ma… il vostro legame, questo sentimento, io… lo vedo. E voglio provarci. Joseph, non voglio più farti soffrire.»
«Joe» mormorò suo figlio, scostandosi appena da Martin. «Chiamami Joe, mamma.»
«Oh, bambino mio…» esalò, accostandosi a lui e stringendolo in un abbraccio che, si rese conto in quel momento, desiderava di dargli da tantissimo tempo.
 
 
Cecilia aspettò che Harry lasciasse il cantiere in cui lavorava e lo intercettò con discrezione.
«Cecilia, lei che ci fa qui? Chi le ha detto dove trovarmi?» domandò lui sorpreso.
«Suo figlio» replicò la donna, lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso.
«Sono sporco e sudato, dovrei darmi una lavata… cosa voleva dirmi?»
«Volevo solo ringraziarla per avermi fatto aprire gli occhi» replicò lei con estrema sincerità.
Lui le sorrise con quel fare genuino e sereno che lo caratterizzava, passandosi una mano tra i capelli brizzolati. «Io? Non ho fatto niente.»
«Mi ha parlato, ha avuto pazienza con me» sussurrò Cecilia, chinando mestamente il capo.
«Anche Padre Jones le ha parlato.»
«Ma con lei è stato come… beh, diverso. Mi ha insegnato ad amare mio figlio, forse non l’avevo mai fatto prima d’ora.»
L’uomo sbatté le palpebre e la fissò stranito. «È sicura di stare bene?» scherzò.
«Non mi prenda in giro, Harris. Sono già in imbarazzo per conto mio…»
«Mi scusi, signora Sandys.»
«Lei può chiamarmi Cecilia, ricorda?» puntualizzò la donna, ritrovandosi a sorridere per l’ennesima volta. Quando si trovava in compagnia di quell’uomo, le veniva difficile trattenersi e contenere le emozioni che provava.
Non voleva pensarci né accettarlo, ma era da almeno diciotto anni che non si lasciava andare a delle battute spontanee e serene come quelle.
«È un peccato che lei sia gay» si lasciò sfuggire, rendendosi conto troppo tardi di ciò che aveva appena detto. «Nel senso, beh, sua moglie era fortunata, dev’essere stata dura per lei, ecco…»
Harry scoppiò a ridere e le appoggiò una delle sue grandi mani sulla spalla. «La ringrazio per il complimento, signora. Sono lusingato. Ma sì, ora finalmente so chi sono. E mi creda se le dico che non è stato semplice.»
«Lei è stato coraggioso…»
«Non crede più che io sia una persona orribile?» indagò Harris, senza perdere il sorriso.
«Solo un po’» gli concesse Cecilia.
«Per il momento mi accontenterò. Ora ho proprio bisogno di tornare a casa e fare una doccia, la ringrazio per essere passata. A presto, buona serata!» si congedò l’uomo, rivolgendole un ultimo sorriso prima di salire sulla propria auto e allontanarsi.
Cecilia avvertiva il cuore più leggero e riusciva perfino a scorgere il mondo a colori, come non le capitava da tempo.
Spettava a lei goderseli, perché suo figlio non avrebbe mai potuto vederli.
Grazie a Harry Harris lo aveva capito, così come aveva compreso che nel suo cuore esisteva ancora un piccolo spazio per un timido, dolce e assopito amore.
 
 
 
 
 
 
♥ ♥ ♥
 
Ciao a tutti, eccomi qui con una nuova storia in questa serie, scritta dal punto di vista della madre di Joe.
Spero di aver sviluppato bene il loro rapporto, ma soprattutto il modo di pensare di questa donna. Modo che, ovviamente, non condivido assolutamente e che non è stato semplice buttar giù, dato che ho trascorso tutto il tempo a incavolarmi a morte con la signora Cecilia Sandys per le sue idee da dinosaura fossilizzata XD
Ho adorato anche approfondire un po’ il padre di Martin, il carissimo Harry Harris, che è riuscito in qualche modo a fare da mentore per questa qui e le ha insegnato che, dopo diciotto anni dalla morte del marito, forse è il momento di dare una svolta alla sua vita, soprattutto per quanto riguarda il rapporto con il figlio.
Anche se crede in Dio, niente le impedisce di amare Joe così com’è, perché in fondo il suo Dio gliel’ha dato così, cieco e omosessuale, ma oltre a queste cose c’è una persona fantastica che è sangue del suo sangue e che lei può imparare ad amare e accettare.
Da questo concetto nasce il titolo della storia, che è una rivisitazione di un verso della canzone The Way God Made Me dei MAGIC!, che recita “I’m living my destiny the way God made me”; potendo avrei utilizzato tutto il testo per il titolo della storia, perché quella canzone ha un significato meraviglioso, ma mi sono limitata, anche se non ho resistito e ho deciso di inserire una piccola citazione prima della storia :D
Spero che la storia vi sia piaciuta e che abbia portato con sé un buon messaggio!
Ringrazio tantissimo Laila per il suo bellissimo contest, il quale mi ha permesso di dare voce a dei personaggi che in questa serie finora non erano stati approfonditi! E grazie a chiunque sia arrivato fin qui e deciderà di lasciare una piccola recensione :3
Alla prossima ♥
  
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