Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: alis_dayo    13/09/2020    0 recensioni
«Avevo sempre avuto la verità davanti ai miei occhi, ma avevo deciso di ignorarla. Questo mondo è crudele»
Mikasa aveva scelto di essere forte, di abbandonare tutte le sue paure con l'unico scopo di proteggere Eren, la sua famiglia. Eppure, il senso di solitudine la lacerava dall'interno. Mikasa non capiva, o forse semplicemente ignorava che l'unica persona che potesse realmente capirla fosse Levi.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Avevo sempre avuto la verità davanti ai miei occhi, ma avevo deciso di ignorarla. Questo mondo è crudele.
 
 Il respiro affannato spezzava il silenzio della notte, il sudore le rigava la fronte, le braccia si agitavano convulsive, la mano stretta in un pugno, gemiti di lamento uscivano di tanto dalle sue labbra. Si svegliò di colpo, spalancando gli occhi e portando d'istinto una mano al cielo. Le lacrime riempivano i suoi occhi rendendo la visuale confusa, sfocata. Concentrò il suo sguardo sul soffitto, che le sembrò essere pieno di ombre, col petto sollevato da affannosi sospiri. È solo un incubo, pensò, solo un incubo.

Si mise a sedere sul letto ancora visibilmente scossa cercando di non far rumore per non svegliare le sue compagne di stanza. Volse il suo sguardo alla finestra, era una notte chiara e serena, si lasciò incantare dalla luna pallida, senza nuvole e senza nebbia, libera.

Asciugò le lacrime con le dita fino ad arrivare alla cicatrice sullo zigomo, «Eren..» sussurrò scuotendo la testa cercando di cancellare le immagini dell'incubo che aveva ancora vivide davanti ai suoi occhi.

«Combatti, combatti, combatti!» Le parole di Eren risuonavano nella sua mente come un mantra.

Siamo nati in un mondo in cui solo il più forte sopravvive, un mondo di crudeltà, ma io in questo mondo ho trovato un luogo in cui tornare. Eren, da quando sei con me io sento di poter fare qualsiasi cosa.

Eren era la sua casa, la sua famiglia, la sua certezza e per questo non avrebbe mai potuto lasciarlo andare. Era amore? Era egoismo? Non lo sapeva e, probabilmente, non le interessava neanche, voleva solo restare con lui per sempre, creando un luogo sicuro dove poterlo proteggere da quel mondo crudele in cui erano nati. Eppure Mikasa non capiva che intrappolarlo all'interno di altre mura l'avrebbe condotta lungo una sola possibile strada: l'odio. La ragazza regalò un sorriso debole al buio accarezzando la sciarpa, ormai di un rosso sbiadito, piegata e posata di fianco al cuscino, ripensando a quando Eren l'avvolse intorno al suo collo.

«Ora dove devo andare? Ho freddo e non ho più un posto in cui tornare.»
«Puoi tenere questa, è calda, no?» disse avvolgendo la bambina nella sciarpa.
«Puoi tornare a casa con noi, Mikasa.» parlò infine il Dottor Jaegar.
«Cosa c'è?» chiese Eren notando l'espressione sorpresa della bambina.
«Sbrighiamoci a tornare a casa, la nostra casa.»


Si avvolse la sciarpa intorno al collo lasciandosi avvolgere dal suo calore e si alzò dal letto dando inizio a quella che ormai era diventata la sua routine: vagare senza meta lungo il corridoio illuminato dalla sola luce della luna. Questa sua nuova abitudine non aveva nulla di salutare, al contrario, le aveva donato un pallore finissimo, quasi trasparente, e un paio di occhiaie nero-violacee. Ma la forza di tornare a dormire con ancora addosso la paura di rivedere quelle immagini intrise di sangue non l'aveva.

I suoi pensieri e il suo cammino furono interrotti improvvisamente da una debole luce proveniente da una stanza, la cui porta era socchiusa. Curiosa si avvicinò per vedere chi ci fosse. Sussultò appena scorgendo quel profilo severo, la fronte alta incoronata da ciocche nere lucenti, l'occhio stretto e profondo, la bocca tenue socchiusa. Lo sguardo freddo dell'uomo si posò sulla figura della ragazza, facendola indietreggiare. «Capitano Levi!» lo salutò abbassando subito lo sguardo e maledicendo la sua curiosità. «Cosa ci fai qui?» domandò, non realmente interessato, con il suo solito tono severo, spostando lo sguardo da Mikasa alla tazza di tè fumante poggiata sulla scrivania di legno piena di documenti. «Non riuscivo a dormire, così ho pensato di camminare.» rispose omettendo deliberatamente il dettaglio degli incubi che ormai infestavano il suo sonno permettendole di dormire soltanto poche ore. La corvina rimase qualche secondo a fissare il profilo del Capitano, soffermandosi soprattutto sull'espressione avvilita che da diversi mesi aveva stampata sul volto e sugli occhi vitrei di un colore tra il grigio e il blu segnati dalle solite occhiaie scure che, dalla morte del comandante Erwin, sembravano essere diventate ancora più profonde. Mikasa abbassò nuovamente lo sguardo e strinse i pugni ricordando gli istanti in cui si scagliò sul corpo del Capitano puntandogli la spada alla gola e intimandogli di darle il siero. Aveva di nuovo perso il controllo, eppure quella volta era diverso, poteva perdere Armin, anch'esso parte della sua famiglia, ma allo stesso tempo poteva ancora salvarlo e avrebbe fatto di tutto per portare a compimento quella che da sei anni a questa parte era diventata la sua "missione": proteggere la sua famiglia. Aveva dato un limite al numero di vite a cui dare valore, e quel giorno di sei anni fa decise quali. Mikasa non aveva né il cuore, né il tempo di impietosirsi di fronte alle altre vite. Eppure, in quel momento scatto qualcosa dentro di lei, chiudendo gli occhi riusciva ancora a sentire lo sguardo che le rivolse Levi, era un misto di rabbia e pietà.

Il rapporto tra Levi e Mikasa non era iniziato con il piede giusto, eppure, man mano che il tempo passava si iniziò a creare un rapporto di fiducia. Mikasa credeva nel giudizio e negli ordini di Levi, e lui, d'altro canto, nonostante fosse stato più volte infastidito dall'impulsività della ragazza, riponeva fiducia in lei e nella sua forza, considerandola l'unica capace di poter arrivare al suo livello. La scoperta, poi, di appartenere allo stesso clan aveva contribuito a rendere ancora più saldo quel rapporto ancora acerbo. Un rapporto basato non su dei sentimenti, non sulla fisicità, ma sul dolore. Il dolore nel perdere le persone amate, il dolore di nuove cicatrici nel cuore. In modi e in tempi diversi, senza sapere l'uno dell'esistenza dell'altra, avevano un patito un dolore simile risvegliando quel mostruoso potere che caratterizzava gli Ackerman. Mikasa non capiva, o forse semplicemente ignorava il fatto che l'unica persona che potesse realmente capirla fosse Levi.

«Voi due, avete idea di quello che state facendo?» lo sguardo di Levi si spostava nervoso da Eren a Mikasa. «Volete che guardi Erwin, il comandante della legione esplorativa, mentre muore? Non c'è più tempo, toglietevi di mezzo».

Successe tutto troppo velocemente, Levi colpì Eren violentemente e Mikasa, senza pensarci due volte, si gettò sul corpo del Capitano notandolo visibilmente indebolito. Non aveva intenzione di ucciderlo, ma allo stesso tempo non voleva di nuovo provare il dolore di perdere la propria famiglia, di dover ricominciare tutto d'accapo.

«Credevo che anche dei mocciosi come voi capissero che senza Erwin l'umanità finirà per essere sterminata dai giganti»
«Dammi il siero»
«Voi credete di essere i soli a soffrire! Forse ancora non lo sapere ma dall'altro lato di quel muro non è rimasto nemmeno un soldato. Il gigante bestia li ha ammazzati tutti. Pensavo non ci fosse alcun superstite. Il comandante Erwin è il solo. Nonostante la situazione è riuscito a formulare un piano per prendere il gigante bestia e l'ha realizzato. Ha usato le vite di noi cadetti come esca affinché il capitano Levi potesse attaccarlo a sorpresa. Come da copione, ciascuno è stato fatto a pezzi. Tutti pensavamo che, giunto il momento della morte, si sarebbero sentiti orgogliosi, ma non ne hanno avuto nemmeno il tempo. Nei loro ultimi momenti non hanno provato di certo questi sentimenti. Solo..paura. Quando ho visto che il comandante stava ancora respirando volevo mettere fine alle sue sofferenze. Tuttavia, ho pensato che dovesse vivere ancora, che dovesse vivere ancora in questo inferno. È allora che ho capito che l'unico in grado di eliminare i titani è un demone e riportarlo in vita è la mia missione!»

Le parole di Floch colpirono come un fulmine a ciel sereno gli animi dei presenti. Si scagliò contro Mikasa cercando di sbloccare la presa che teneva fermo il Capitano. Ma Mikasa non riusciva a ragionare, non era più mossa dalla ragione, ma dalla rabbia.

Se in quel momento Hanji non l'avesse afferrata cosa sarebbe successo? Più volte le capito di pensare a quell'evenienza, senza arrivare mai ad una vera e propria risposta. Fu probabilmente in quel momento che il legame creatosi tra Levi e Mikasa si frantumò. Dopo quel giorno ogni volta che incontrava il suo sguardo gelido sentiva un senso di oppressione mista a vergogna farsi strada all'interno del suo cuore. Anche in quel momento, osservandolo mentre sorseggiava del tè seduto alla sua scrivania, sentì una sensazione di disagio. «Con permesso» disse infine congedandosi da quel breve e inaspettato incontro. Gli occhi di Levi si posarono di nuovo sulla figura slanciata di Mikasa, ormai girata di spalle, facendola rabbrividire. La corvina camminò a passo veloce fino a raggiungere l'esterno dell'edificio. Appoggiò la schiena al tronco di un albero e si portò la mano al petto cercando di calmare il suo respiro affannato e il battito accelerato del cuore. Cosa mi sta succedendo? pensò.





Note dell'autrice
È la prima volta dopo anni di assenza (e di profili cambiati) che pubblico qualcosa su EFP e sono un po' in ansia. Immagino di dovermi presentare. Sono Alis e ho 21 anni, studio giapponese e coreano all'università e per il resto nulla, sono una persona abbastanza noiosa.
Dato che ho iniziato a scrivere questa storia in preda ad uno dei tanti mental break-down pre-esame non ho idea cosa nè verrà fuori.  Però spero che vi abbia incuriosito.
Se vi va lasciate un commento, alla prossima, またねー🖤
   
 
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