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Autore: rocchi68    13/09/2020    1 recensioni
Dawn era sempre stata una ragazza che, anche dinanzi alle difficoltà più disparate, affrontava il tutto con un sorriso e una dolcezza disarmante.
Una sera, però, si era ritrovata davanti a un’amara sorpresa.
Non aveva amiche, non aveva un posto in cui stare, era stata tradita dal proprio fidanzato nel momento di massimo splendore ed era frustrata da tutti quei fallimenti in rapida successione che potevano sancire la sua completa rovina.
Poteva spegnersi, cercare una scappatoia per la felicità oppure chiedere un ultimo disperato consiglio all’unica persona che mai l’aveva abbandonata.
Sempre che quest’ultimo fosse d’accordo…
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Duncan, Scott, Zoey | Coppie: Duncan/Gwen
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Mezzora.
Tanto era passato da quando si era disteso per rilassarsi e quell’urlo, capace di rievocare perfino i morti, lo risvegliò. E Scott, per sua sfortuna, non era ancora passato a miglior vita. Scattato in piedi, si guardò intorno e poi vide un campanello di persone intorno ad una certa zona.
Inutile chiedersi cosa fosse successo: qualcuno si era fatto male.
A giocare come deficienti sui ciottoli lisci e umidi era normale che qualcuno scivolasse e che impattasse contro quei maledetti.
E in quei pochi metri che lo separavano dagli altri, credeva di conoscere il nome dell’idiota.
“Sicuramente è Duncan: quello per mettersi in mostra farebbe di tutto.” Sbuffò, preparandosi già a una serie d’imprecazioni e rimproveri.
Fu quando lo notò in piedi, a fargli ampi cenni con la mano destra, che capì che il punk era integro e che non era stato lui a rimetterci qualcosa.
Nemmeno Gwen era stata così avventata: lei era inginocchiata e aveva un quoziente intellettivo che difficilmente l’avrebbe spinta a cadere malamente. Inoltre stava parlando animatamente con Zoey, negando con la testa e facendogli intendere che era qualcosa di serio.
Scott sperava in cuor suo che non fosse poi nulla di grave, che si potesse proseguire nel viaggio e che quegli stupidi avessero imparato la lezione.
E mentre i suoi amici discutevano animatamente, eliminò l’ultimo integro della lista.
“Che c’è?” Chiese burbero, avvicinandosi e notando la ferita sporca di sangue di Dawn che lei tentò di coprire con fatica e con mani tremanti.
“Sono caduta.”
“Lo vedo.” Borbottò con lieve sarcasmo.
“Dawn non riesce a rimettersi in piedi.” Soffiò Mike, prima di correre verso il suo zaino rimasto incustodito, sperando di trovare un qualche cerotto con cui medicare l’amica.
“Forse è una storta.” Continuò Zoey.
“Fammi dare un’occhiata.” Cominciò Scott, scoprendo la zona insanguinata e tastandola con attenzione.
Non era la prima volta che medicava qualcuno. Non era nemmeno la prima volta che toccava il sangue o che svolgeva il ruolo da crocerossino. Tra lo stare nella fattoria dei genitori, nel lavorare in un bar, non proprio ai primi posti per il piano di sicurezza, o nel vivere semplicemente da solo aveva imparato come mettere un cerotto, come fare una fasciatura decente e come riconoscere i vari traumi.
“Io…”
“Poteva andarti anche peggio.” La rimproverò, rimettendosi in piedi.
“È una storta, vero?” Gli chiese Duncan.
“Credo sia solo una botta, ma a giocare come idioti poteva anche essere una frattura.”
“Noi…”
“Ormai è successo Zoey e non vale la pena piangere.” Sospirò Scott, inginocchiandosi verso l’infortunata.
“Scott…”
“E tu…la prossima volta che vuoi correre, assicurati di essere al mare.” Continuò, mentre Mike li raggiungeva di corsa.
“E ora che facciamo, Mike?” Lo interrogò Gwen.
“Immagino che non abbiate portato cerotti o altro.” S’intromise Scott, permettendo all’amico di recuperare fiato.
“Nessuno andrebbe mai a pensare che in una giornata simile qualcuno possa farsi male.” Si rammaricò Duncan.
“Brutta situazione.” Commentò Gwen, cercando il suo cellulare e accorgendosi della mancanza completa di segnale.
“Vi ho rovinato la gita.” Soffiò Dawn, fissando i suoi amici.
“Ma cosa vai dicendo, Dawn?” Obiettò Zoey, accarezzandole una spalla.
“L’hai fatto eccome.” Sbuffò Scott, accendendosi una sigaretta.
“Io voglio che voi andiate avanti.” Riprese Dawn, pregando i suoi compagni di continuare.
“Ma noi…”
“Non voglio che voi rinunciate solo a causa mia.”
“Ti piace tanto fare la coraggiosa?” La sminuì Scott, guadagnandosi una serie di occhiatacce.
“Noi…”
“Non preoccupatevi.” Ripeté lei.
“Ma il prossimo rifugio dista un’ora e non riusciremo mai a venirti a riprendere.” Intervenne Mike, girandosi verso Zoey e Gwen.
“Non importa.”
“Sono stanco di questa gita.” Borbottò il rosso, sedendosi nuovamente e leggendo nello sguardo di Dawn una muta richiesta d’aiuto.
Magari se l’era solo immaginato. Magari era frutto di un’allucinazione o era l’effetto di quel pacchetto di sigarette da 20 che, negli ultimi periodi, terminava in due giorni scarsi.
“Noi non vogliamo abbandonarti.” S’intestardì Mike.
“Ma io…” Tentò Dawn, cercando con lo sguardo il rosso che rispose con una scrollata di spalle e inspirò profondamente.
“La questione è talmente semplice da affrontare.” Soffiò Scott, picchiettando sulla cicca e facendo cadere la cenere.
“E cosa dovremmo fare secondo te?” Chiese Zoey, fissandolo intensamente.
“Sono stanco di camminare.”
“Idiota.” Commentò Gwen, facendolo sorridere.
“Il prossimo rifugio è troppo lontano per me, ma se tornassi indietro, in mezzora ce la potrei fare.”
“Sicuro?” Lo interrogò la dark.
“E nei rifugi, di solito, c’è anche il kit del pronto soccorso.” Riprese, gustando l’aroma intenso che gli riempiva la bocca.
“Io non voglio il tuo aiuto.” Mormorò Dawn.
“Io non voglio aiutarti: desidero solo tornare indietro e potresti cogliere l’occasione al volo.”
“Se lui si è offerto…” Tentò Mike, venendo zittito da uno sguardo assassino della biondina.
“No.”
“Beh allora lasciamola qui.” Affermò Scott, scattando in piedi.
“È quello che vi ho chiesto di fare.” Sbraitò lei, cercando di colpire il rosso con un calcio.
“Dawn ripensaci.” La pregò Zoey.
“No.”
“Se lei ha deciso di rimanere qui durante la notte, incurante dei lupi che si aggirano e che potrebbero ucciderla, non sarò di certo io a farle cambiare idea.” Riprese il rosso con un ghigno malefico, sputandole quella verità a poca distanza dal viso.
“Lupi?” Chiese preoccupata, rabbrividendo e stringendosi nelle spalle.
“Non lo sai? Queste foreste ne sono piene, a centinaia oserei dire, e se tornassimo domani, di te resterebbero solo le ossa.” Borbottò nuovamente, distruggendo poco per volta tutta la sua spavalderia.
“Io…”
“Se invece volessi farti medicare la ferita, allora non correresti pericoli.” Sospirò il rosso, spegnendo la sigaretta e mettendola in un sacchettino, onde evitare d’inquinare l’ambiente circostante e di incorrere in una qualche multa da versare allo Stato.
“Solo perché non voglio morire.” Bisbigliò lei.
“Ma certo.” La rassicurò, chinandosi e cercando di prenderla in braccio. Rimessa in piedi e in equilibrio precario, con l’aiuto degli altri, se la caricò in spalla e si girò verso i suoi amici.
“Sicuro di farcela, Scott?” Gli domandò Zoey, notando un suo lieve sorriso.
“Non ti preoccupare, starà bene.” Affermò, battendosi un pugno chiuso sul petto e afferrando con la mano libera il suo zaino e la borsa dell’amica.
“Fate attenzione comunque.” Li pregò Mike, mentre i due si avviavano verso il rifugio.
“Con me non avrà mai nulla da temere.”
“Ci fidiamo di te, Scott.” Mormorò Gwen, porgendo al rosso una delle tre mappe che aveva stampato per quella giornata.
Afferrato quel foglio pieno d’indicazioni, di segni e di consigli utili per evitare certi tratti troppo ripidi o pericolosi, Scott picchiettò l’indice della mano destra sulla sua tempia, facendo intendere ai suoi compagni che aveva memorizzato ogni singolo percorso di quella montagna.
“Dopo averla medicata, passeremo la serata nel rifugio e poi proveremo a raggiungervi.”
“Se pensi di non farcela, restate fermi che poi passiamo a recuperarvi.” Propose Mike.
“Tutto dipende dalla piccola Dawn.”
“Io non sono piccola.” Protestò lei di rimando, riuscendo a far ridere i suoi amici.
“Se la sua ferita non è grave e se ha bisogno solo di riposo, domani riprenderemo il cammino.”
“E come possiamo sapere se lei starà bene?” S’informò Duncan.
“Se domani verso mezzogiorno non siamo di ritorno, allora significa che la sua ferita è più grave del previsto e che è impossibilitata a muoversi.”
“Potresti sempre portarmi in braccio.” Propose Dawn, facendo sorridere l’amico.
“Sicura che sia la scelta più saggia?”
“Non dovrebbe?”
“Credevo non fossi degno di toccarti.”
“Io…”
“Se ne hai voglia e non hai nulla da ribattere, potrei anche ripensarci.” Affermò, facendola arrossire appena.
“Questa situazione mi ricorda la fuga romantica dei protagonisti di un vecchio film.” S’inserì Zoey, notando come l’amica si fosse completamente attaccata alla schiena di Scott per nascondere l’evidente imbarazzo che aveva incendiato il suo volto.
“Forse è meglio che andiate, prima che la ferita s’infetti.” Borbottò Gwen, invitandoli a partire e indicando a Scott, per maggior sicurezza, il rifugio dove si sarebbero fermati in quella lunga notte.
A osservare la mappa e ad accettare il segno nero che Duncan aveva tracciato con una biro, Scott calcolò che il rifugio 14, quello dove avrebbe portato Dawn per la sua medicazione, e quello 16, dove gli altri sarebbero andati ad alloggiare, erano separati da due ore di un lungo e tortuoso peregrinare.
 
Salutati i loro amici, Scott si girò una sola volta per controllare che il gruppo di Mike si fosse mosso dal luogo dell’incidente.
Questo ovviamente qualche metro prima di aggirare un tornante che avevano incontrato sul loro cammino e che in discesa era molto più leggero rispetto all’andata. In salita, anche a causa del suo zaino eccessivamente carico, aveva fatto una fatica bestia per non rotolare a fondo valle.
Rassicurato dal fattore terreno, aveva riscontrato la totale assenza dei suoi compagni, segno che anche il gruppo di Mike era partito alla volta dell’ultimo rifugio di giornata.
Prima di partire, e ci avrebbe scommesso un taglio della sua fedele zazzera rossa, gli pareva d’aver notato un sorriso rassicurante di Duncan e Zoey. Gli stavano suggerendo che quella situazione era quella che aveva sempre aspettato. Sarebbe rimasto solo con Dawn e non vi sarebbe stato nulla in grado di rovinare il discorsetto che aveva preparato nelle sere precedenti.
Percorsi altri 500 metri si fermò per un breve istante e la fece sedere su un masso, sorprendendosi per quella tranquillità e silenzio del tragitto.
Recuperate dallo zaino due bottigliette d’aranciata, ne porse una all’amica che studiò quel regalo con particolare attenzione.
“Hai bisogno di qualcosa di fresco per sentirti meglio.”
“Come puoi dirlo?” Lo interrogò lei con un ringhio sommesso.
“Se non la vuoi, posso bermela io.” Borbottò, allungando la mano verso il suo pensiero innocente e incontrando la sua opposizione.
“Non fare l’ingordo.”
“Giornate come queste sono assai rare.” Commentò amaro.
“Eh?”
“Mi ricorda tanto il viaggio che abbiamo fatto durante il quarto anno a visitare il monte Rushmore.”
“Io non ricordo.” Borbottò, bevendo di gusto quella bibita frizzante e acidula.
“Eravamo rimasti indietro e con noi c’era il preside Josh.”
“Solo perché…”
“Perché ti sei svegliata tardi ed io ho avuto sfortuna con i mezzi pubblici.” Mormorò divertito, sedendosi vicino all’amica.
“Quante volte ti ho detto che non devi sederti vicino a me?”
“Non ho intenzione di chiederti nulla, ma voglio che tu sappia che i sentimenti di quel giorno sono rimasti immutati.”
“Ma se nemmeno ti piacevo durante la gita al monte Rushmore.” Replicò nervosa, svuotando del tutto la bottiglietta.
“Inconsciamente mi sei piaciuta dall’esatto momento in cui ho sospinto la tua altalena, ma solo nell’ultimo periodo ho fatto chiarezza nel mio cuore.”
“Stai diventando ridicolo, Scott.”
“Ero davvero troppo immaturo.”
“Io…”
“Sarà ridicolo o stupido, ma tu mi piaci.”
“Non mi servono queste cose: ho solo bisogno che tu mi porti nel rifugio per la medicazione.” Ribatté gelida, facendolo annuire appena.
“Hai ragione tu: sono solo una perdita di tempo.”
“Dobbiamo riprendere il cammino prima che faccia buio.” Soffiò decisa, cercando di rimettersi in piedi, ma avvertendo delle fitte dolorose che la fecero desistere.
“Almeno su questo, però, dovrai darmi ascolto.”
“E va bene.”
“Cerca soltanto di non sbilanciarti troppo: non vorrei farti cadere.” Mormorò, inginocchiandosi e aspettando che lei gli salisse sulle spalle.
Fu nel sentire quel peso caricato su di sé e nel riscontrare una lieve ostruzione nei movimenti che intuì d’averla in groppa.
Fortunatamente non aveva esagerato e, seguendo i suoi consigli, non l’aveva fatto andare lungo e disteso.
Non ci sarebbe stato nulla di pericoloso nella zona in cui si erano fermati, ma per il suo infortunio ogni movimento poteva essere dannoso, anche se al massimo potevano ruzzolare un po’, fermarsi distesi  e contemplare il cielo.
Nei suoi sogni o così come aveva visto al cinema, si sarebbero fermati uno sopra l’altro e da quella posizione di vantaggio l’avrebbe baciata senza il minimo ripensamento.
Ripensandoci nuovamente era arrossito e aveva sperato che quel sogno si concretizzasse.
L’avrebbe stretta e amata con la stessa intensità che aveva sperimentato nella sua stanza.
Concluso quel fugace contatto, l’avrebbe presa in braccio come una principessa e l’avrebbe condotta in pochi minuti al rifugio. Fatta distendere sul letto, l’avrebbe medicata il meglio possibile e poi si sarebbero stretti, tornando come una volta e dormendo senza incubi o sensi di colpa.
Avrebbero dimostrato il loro amore e tutto sarebbe tornato com’era giusto che fosse.
Tuttavia i suoi piedi e la voce perentoria di Dawn, lo spronavano a evitare ogni possibile errore o volo pindarico.
Se fossero caduti e si fossero trovati in una simile situazione, probabilmente Dawn l’avrebbe picchiato a sangue e, tenendole il muso per tutta la vita, avrebbe fatto sapere alle sue amiche che lui era solo un porco approfittatore. Caricato da questa possibilità e consapevole che Gwen e Zoey gliela avrebbero fatta pagare se si fosse comportato come un disgraziato, non spiccicò parola per diversi minuti.
 
Da pochi metri avevano superato il cartello che li avvertiva che mancavano appena 10 minuti prima del rifugio 14 e che il gettare l’immondizia tra i cespugli poteva essere sanzionato con una multa superiore ai mille dollari. Quei semplici avvertimenti erano un deterrente molto più efficace rispetto ai consigli paterni dei vari ristoratori che chiedevano ai campeggiatori di non rovinare l’ambiente che avrebbero incontrato, percorrendo i vari sentieri.
In buona parte era innegabile che alcuni, anche dinanzi alla preghiera più accorata, finissero con il comportarsi in modo becero, contravvenendo alla regola più giusta e normale per il pianeta Terra.
Scott raramente aveva seguito le lezioni di biologia delle superiori, ma una mattina si era svegliato all’improvviso. Era rimasto meravigliato dalla spiegazione più semplice del prof che aveva sintetizzato l’argomento inquinamento con poche lapidarie parole.
Tutti credevano di fare i propri comodi, non rendendosi conto che il pianeta soffriva come un cane abbandonato. Erano semplici ospiti e facevano i padroni di una realtà che li avrebbe potuti spazzare via con un semplice alito di vento.
Scendendo con attenzione, notò come la primavera avesse ormai attecchito e che alcuni alberi mostrassero dei fiori dai colori semplicemente indescrivibili.
I prati pieni di margherite e di altri fiori rossastri potevano essere il degno spunto di un qualche pittore del secolo precedente.
Aguzzando la vista e puntandola verso le radici degli alberi era rimasto sorpreso da uno scoiattolo che stava cercando qualche ghianda e cui avrebbe lanciato qualche pezzetto di pane se fosse stato certo che non fuggisse per la paura.
Era un paesaggio fiabesco che sperava potesse mitigare il carattere dell’amica. Non sarebbe stato in grado di sostenere, in una giornata così intensa e faticosa, un’ennesima battaglia psicologica con il caratteraccio di Dawn.
Prima diceva una cosa, poi ne faceva un’altra e infine ritornava sui suoi passi, sbagliando ugualmente decisione.
“Ti senti bene?” Chiese all’improvviso, preoccupato di non sentire nessun richiamo o consiglio proveniente dalla sua bocca.
“Mi brucia un po’ la caviglia.”
“Tanto?” S’informò, cercando di guardarla con la coda dell’occhio.
“All’inizio era solo un lieve prurito, ma adesso inizia a fare davvero male.”
“Da quanto?” La interrogò, cercando di non fermarsi per monitorare le sue condizioni.
“Saranno cinque minuti al massimo.”
“Pensi di reggere ancora un po’?” Domandò, aumentando l’andatura.
“Ho paura che possa essere un’infezione.” Ammise, cercando di non pensarci troppo.
“Se mi fermo, potrei farti perdere tempo e peggioreresti.” Si scusò, sentendosi stringere ancora di più.
“Mi fa male.”
“Non dovevamo fermarci.” Protestò nervoso.
“Non è colpa tua, Scott.”
“Hmm?”
“È dura da credere, ma credo che dovrai portarmi all’ospedale.” Soffiò delusa.
“Dovrò camminare per tutto il pomeriggio se dovesse andare male.”
“Non hai le chiavi di Duncan?” Chiese preoccupata.
“Duncan non si è mai fidato di lasciarmi la sua carriola.”
“Ma voi siete amici.”
“Anche noi siamo amici, ma in queste ultime settimane siamo peggio di cane e gatto.” Ribatté, pungendola sul vivo.
“Io…”
“Se fosse necessario, ti porterei in spalla fino in capo al mondo.”
“Lo faresti solo per me?”
“Lo farei solo perché ti voglio bene.” Rispose secco.
“Vorrei essere fortunata per una volta.” Singhiozzò, sperando che il rifugio contenesse il kit medico e che Scott non fosse costretto a camminare per altre 20 miglia prima di poterla lasciare alle cure di medici e infermieri.
“Ti fidi di me?”
“Io…”
“Ho bisogno di saperlo.” Mormorò, notando come il vento si fosse leggermente alzato e di come il sole stesse iniziando a soffrire la presenza di alcune nuvole grigie.
“Penso di sì.”
“Allora tieniti stretta che ballerai un po’.” Ghignò divertito, iniziando a correre e sentendola completamente stretta alla sua schiena.
“Ho paura…”
“Andrà tutto bene.” La rassicurò, quasi urlando.
“Scott…”
“E domani rivedrai Mike.”
“Mike...”
“Vedrò di medicarti il prima possibile e cercherò di farti dimenticare questa giornata. E superata questa brutta avventura, vedremo di festeggiare.” Promise, mentre lei versava alcune lacrime capaci di rovinare il filo di trucco che aveva messo solo per far colpo su Mike e che ora stava macchiando la maglietta di Scott.
“Io...”
“Parleremo dei nostri sogni così come facevamo in passato.” Affermò, sperando di allentare la tensione, incurante delle parole della ragazza.
“Anche tu mi piaci un po’.” Bisbigliò lei, rimanendo inudibile e non notando nulla di diverso nell’atteggiamento di Scott.
“Poi Mike vorrà sapere tutto di questa faccenda.” Continuò imperterrito con voce molto alta e ignorando, senza volerlo, le confessioni che Dawn stava facendo uscire dopo molto tempo.
“Tu mi piaci tanto.”
“E non sarà il solo, ma lui è molto curioso e ne vorrà sapere più di tutti.” Borbottò divertito, accennando a un risolino che in altri frangenti avrebbe considerato irritante.
“Lui non mi piace come te.”
“Ti sei dimostrata coraggiosa e lui ne sarà rimasto colpito. Non mi stupirei di vederlo talmente colpito da chiederti un appuntamento.” Continuò compiaciuto, sentendola irrigidirsi per quello che poteva essere il primo sintomo di un bel febbrone.
“Anche se mi hai trattato male, io continuo ad amarti.” Singhiozzò disperata, sperando che lui si fermasse e le chiedesse il motivo di tanto dolore.
“Forse solo Zoey sarà un po’ triste per questa storia: sai credevo che lei fosse innamorata di Mike, ma forse sono sempre stato troppo cieco.” Continuò, ridendo per quelle constatazioni capaci di fargli piangere il cuore fin troppo martoriato.
“Io vorrei passare la mia vita con te.” Soffiò avvilita per quella confessione che non avrebbe mai avuto il coraggio di ripetere.
“Per vedere tutto questo, però, devi ristabilirti alla perfezione.” Affermò disinvolto, facendo scattare qualcosa nel cuore di Dawn.
Prima che se ne rendesse conto, si sentì montare la rabbia.
Scott aveva calpestato, ignorando le sue confessioni, i suoi sentimenti una volta di più.
Era come aveva detto Zoey una volta. Se s’ignorava o si faceva qualcosa di sbagliato, lei diventava un mostro ed era capace di rinnegare, anche in pochi secondi, la bontà e la gioia che riempivano il suo cuore. E se Dawn era una buona ragazza, così come dicevano molti in giro, allora Scott avrebbe incontrato una tempesta in piena regola.
A proposito di questo sua sorella una volta l’aveva messo in guardia sulla bontà di alcune persone e lui, testando quelle parole sul padre e su alcuni amici, aveva notato come fossero innegabili.
Il suo vecchio, alcuni suoi ex compagni di classe e Dawn appartenevano alla categoria dei buoni e quando si arrabbiavano, avevano un qualcosa in più rispetto ai classici cattivi quotidiani. In confronto a quelle persone Heather e il suo fedele tirapiedi Beccamorto erano degli agnellini, perché nessuno poteva conoscere il livello di cattiveria di certe persone.
E quello che riempiva il cuore e che scorreva nelle vene di Dawn, era un miscuglio tra sangue e il veleno più tossico possibile.
“Allora muoviti che non voglio fare notte.” Ordinò secca.
“Dawn?”
“Non mi hai sentito?”
“Io…”
“Ora mi senti, ma prima mi hai ignorato.” Ringhiò nervosa.
“Avevi detto qualcosa?”
“Stai zitto e portami al rifugio!” Sbottò, zittendolo all’istante e meravigliandolo della sua capacità di cambiare atteggiamento, specie se si paragonava quel presente a quello che si era fatta sfuggire appena due minuti prima, quando aveva confessato a cuor leggero d’amarlo. Era riuscita a sviscerare tutti i sentimenti che avevano riempito il suo cuore, ma l’aveva fatto così silenziosamente che lui non se ne era nemmeno accorto.
E questa sua improvvisa e immotivata debolezza l’aveva fatta infuriare.
Si era fatta animare nuovamente dallo stesso rancore che era riuscita ad accantonare con immensa fatica e che ora l’avvelenava, rovinando tutti i suoi buoni propositi.
Ora non aveva il coraggio di ripetersi, non riusciva nemmeno ad aprire bocca, se non per far uscire degli ordini e delle offese a una persona che non le meritava.
Perché da quando era scappata via, non aveva fatto altro che trattarlo in quel modo e se Scott si era allontanato inesorabilmente, facendosi vedere in giro molto meno del solito, la colpa era soltanto sua e del suo pessimo carattere.










Angolo autore:

Mi piace troppo lasciarvi sulle spine.

Ryuk: Ma non si sono ancora riappacificati?

Ti piacerebbe...e invece no.
Devono soffrire tanto.

Ryuk: Ecco cosa succede quando c'è una carenza affettiva...si diventa come rocchi.

Il tuo chiacchiericcio è insopportabile e fuoriluogo.
A presto
 
   
 
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