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Autore: KyraPottered22years    14/09/2020    0 recensioni
27th Court Road, Edimburgo, 1996.
E' proprio qui che tutto ha inizio, è proprio in un freddo giorno d'inverno che Amelia Helbinger, una bambina timida e codarda, trova un passaggio segreto che la conduce in un mondo completamente diverso da quello in cui abita; un mondo popolato da Æsir e non da esseri umani, un mondo dove magia e creature con capacità eccezionali sono del tutto normali.
Sembra un sogno, tutto sembra così irreale che perfino una bambina piena di fantasia come Amelia stenta a crederci. Ma come potrebbe negare a sé stessa l'esistenza di Loki, il suo amico dagli straordinari poteri magici, anche se sua madre e il suo psichiatra lo considerano "immaginario"?
Come può essere frutto della sua immaginazione se Amelia farà ritorno in quel bellissimo mondo altre due volte?
E come ci si potrebbe sentire quando una verità così irreale, che è stata depistata dalla vita di una ragazzina per tutta la sua adolescenza, diventasse una realtà così raccapricciante che metterebbe a rischio l'intero pianeta Terra?
Ragione o follia?
Verità o menzogna?
Odio o amore?
[Pre-Thor] [TheAvengers]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Wahnsinn

"Il dolore che sento ora è la felicità che avevo prima. Questa è la storia."
- CS Lewis.




La sentì arrivare. Conosceva il rumore dei suoi passi, l'andatura leggera e un po' goffa. Affinando il suo udito, riuscì a sentire il suo respiro sempre più vicino, fino a quando non percepì la sua presenza all'interno di quella stanza. Adesso riusciva anche ad ascoltare le palpitazioni accelerate del suo cuore, così veloci e frenetiche che parevano vibrazioni che si disperdevano nell'aria, particelle che vibravano sulla pelle ghiacciata di Loki.
«Allora,» iniziò a parlare, mentre Amelia rabbrividì al suono di quella voce così vicina a lei, anche se un po' ovattata dalle pareti di vetro della cella. «pensi ancora che tutto questo sia un sogno?» Si voltò verso di lei, inchiodandole gli occhi in uno sguardo pieno di provocazione.
La rabbia, mista a un dolore acre e sconosciuto, la spinse inizialmente a ribattere a tono, ma dalle sue labbra schiuse in un'espressione offesa, uscì solo un «no.»
«Strano, dicesti così anche quella sera
L'irritazione che aveva tentato di reprimere, riemerse con ardore. Si avvicinò alla cella velocemente, fermandosi proprio davanti al vetro verdastro.
«Non sono qui per parlare di questo. Ti conviene non farmi arrabbiare, sei nelle mani dello S.H.I.E.L.D, adesso.» Nelle mie mani. Lo provocò ai suoi stessi toni di voce e lui ne rimase stranamente compiaciuto e divertito, sorprendendo Amelia.
«Oh, questo è quello che pensa l'uomo da un solo occhio.» Si avvicinò a lei fino a quando rimasero un metro e uno spesso vetro a dividerli. «Ma non tu. Sai che potrei uscire di qui in un batter d'occhio.»
«E allora perché non lo fai?» Sibilò a mascella contratta, con le braccia intrecciate e i pugni stretti si faceva forza per mantenere quel contatto di sguardi.
Sporse il busto in avanti, quasi sfiorando con la fronte il vetro. «Perché non lo voglio.» Sussurrò un po' troppo forte. Si allontanò e si sedette comodamente, proprio come se lui fosse l'unico fra tutti i passeggeri ad essere così felice di trovarsi su quell'Helicarrier.
Amelia ingoiò un fiotto di saliva. Tutta quell'ansia le dava la nausea. «Perché sei qui, allora?»
«Oh, non sono mica scemo, bambina del quadro.» Le fece male quando lui la chiamò in quel modo. Come se lei, per lui, non fosse stata altro che quello: "la bambina che attraversò il dipinto". «So che Fury ti ha mandata qui con l'incarico di farmi l'interrogatorio.»
Le ci volle un momento per articolare una risposta. «Perché non spegni le telecamere, allora?»
«Potresti farlo tu, che ne dici?» Amelia perse un battito. Sapeva a cosa si stava riferendo e lui non tardò a farne parola subito dopo: «Proprio come hai fatto ieri sera, con la mia testa.» Cadde un silenzio in cui lei distolse lo sguardo da lui, mentre Loki restava immobile e inespressivo, privo di quel sorrisetto di qualche momento prima, a studiare la sua reazione. «Cos'hai fatto in questi anni? Ti sei allenata senza di me?»
«Io non mi sono mai allenata con te, Loki.» Pronunciò il suo nome con tono sprezzante, infastidita. Gli diede le spalle, voltandosi. Nick Fury stava ascoltando quella conversazione e sicuramente anche il resto degli Avengers tramite tablet o apparecchi elettronici personali.
«Far levitare oggetti, vaporizzare e congelare l'acqua, leggere nelle menti... queste erano le lezioni che ti piacevano di più, non ricordi?» Fece una pausa, in cui osservò con più attenzione le curve delle sue spalle alzarsi e abbassarsi con più foga. «Oppure in quel manicomio ti hanno resettato la memoria come fanno con i computer?»
Amelia rivelò la sua espressione scioccata a Loki, voltandosi di scatto non appena quelle parole rimbombarono nella sua testa cogliendone finalmente la realtà del significato dopo quattro o cinque rielaborazioni. «Cosa?» Gridò alla seconda sillaba, perché la prima le uscì smorzata in gola, intrappolata nel nodo stretto.
Non era stata sua intenzione tirare in ballo quell'argomento, ma lo aveva fatto e adesso non poteva tirarsi indietro. Aspettò alcuni secondi, si alzò in piedi e divenne di colpo serio, non più provocatorio e maledettamente sarcastico. «Urlavi sempre il mio nome nelle tue crisi isteriche o nei tuoi attacchi di panico.» Amelia sentì le gambe traballare come le fondamenta di una vecchia casa durante un forte terremoto. «Quando cercavi di contattarmi, loro ti infilavano dentro quell'acqua congelata. Ti sedavano ogni qualvolta ritraevi un paesaggio asgardiano.»
«Come fai a saperlo? Perché lo sai?» Domandò col fiato corto, le lacrime salate e calde a impastarle le guance.
Ma lui ignorò quelle domande e continuò a parlare, avvicinandosi nuovamente a lei, stavolta con un passo più lento. «Quando credevi di parlare da sola nei giorni e nelle notti di isolamento, in realtà c'era qualcuno che poteva sentire, qualcuno seduto lì accanto a te, ad ascoltarti, ancora troppo debole nella magia per rivelarsi a te senza il Bifrost.»
«Tu... tu eri lì?»
«A ogni tortura, a ogni umiliazione, a ogni crisi di nervi, qualcosa mi pugnalava al petto. Passavo intere giornate della mia vita a indebolirmi per aprire portali, per starti accanto.» Tutto quell'odio di prima fu sostituito dalla tristezza e dal dolore di quei ricordi. «Una volta riuscii anche a rivelarmi a te.»
E Amelia lo ricordò come in un flash.

Si avvicinò all'angolo della parete e strappò via la carta parati in un colpo solo.
Il murales era ancora lì, ricoperto di un sottile strato di colla, ma era ancora perfetto, come una fotografia bianco e nero della bellissima Asgard. Chiuse gli occhi e quelle cascate divennero reali, il castello d'orato splendeva davvero sotto i raggi del sole e la luce degli arcobaleni. Immaginò di correre a perdifiato sui prati, di osservare con sguardo da bambina la flora e la fauna asgardiana. Poi lo vide... Loki. Era davanti a lei e la guardava con un'espressione seria.
«Arrivano», le disse avvicinandosi a lei. «Arrivano.»

«Ma la magia ha un prezzo e io quel giorno andai oltre le mie capacità. Caddi in un sonno simile a quello di Odino e mi risvegliai mesi dopo, salvandomi da solo dalla morte. Quando aprii gli occhi, il mio primo pensiero fu per te.» Si fermò proprio davanti a lei, ancora più vicini di prima. Solo un vetro a separarli. «Quando fui abbastanza potente da teletrasportare il mio corpo su Midgard, tu non eri più in quell'Ospedale. Eri in camera tua, a studiare per gli esami del diploma.» La sua voce divenne più grave e i suoi lineamenti più tirati. «Eri felice e ammettevi alla tua dottoressa di essere guarita. Che avevi immaginato tutto e che eri un'altra persona.» Se avesse potuto prenderla per la gola e scaraventarla con violenza su una parete, lo avrebbe fatto. «Nulla mi ha mai ferito come quella pugnalata nelle spalle.»
«Loki, lasciami spiegare.» Sussurrò, in preda ai sensi di colpa.
«Allora ho capito che quella bambina, quella ragazza coraggiosa, forte e ribelle che conoscevo, non c'era più, era andata via a causa di un paio di pasticche anti-depressione.» Pronunciò le ultime parole a denti stretti.
«Mettiti nei miei panni, per una volta! Tu non hai idea di come io mi sia sentita! Sola, abbandonata! Come facevo a sapere che tu eri lì?!» Urlò arrabbiata, con la vista appannata dalle lacrime.
Loki diede un pugno così forte al vetro che l'intera cella vacillo e il colpo risuonò rumorosamente per tutta la stanza.
«Tu sentivi che io ero lì! Lo hai sempre saputo che io ero lì accanto a te, mocciosa piagnucolante!» Respirò un attimo, riprendendosi da quel moto di rabbia. «Noi siamo legati.»
Ad Amelia mancò il respiro. Non doveva fargli completare quello che stava dicendo, Fury, Hill e gli altri non avrebbero dovuto saperlo. Si voltò verso l'uscita e corse via. Ma la porta era sbarrata. Lui la stava sbarrando, con il potere della mente.
Lui voleva che loro sentissero.
Lui voleva rovinarle la reputazione.
Non le rimaneva altro che smentire. «Non so di cosa tu stia parlando.»
«Ah, no?» Si leccò i denti, assaporando quel momento ricco di vendetta. «Eppure c'eri, quando hai bevuto il mio sangue.» Bene, è fatta. «Ricordi quando hai deciso di tua spontanea volontà di diventare una strega? C'è il mio sangue nel tuo, siamo un'unica cosa, Amelia Helbinger. Potrai negarlo a te stessa tutte le volte che vuoi, corri dalle braccia di mammina, guardati allo specchio e negalo ancora.» Sogghignò, pieno di un'eccitazione sadica e malvagia. «Tu sei mia
Sentì l'aria scomparire del tutto e provò ad aprire un'altra volta la porta con un risultato finalmente positivo. Corse via più veloce che mai e raggiunto il bagno più vicino, vi entrò e si appoggiò in tempo alla tazza.
Vomitò tutto. Buttò via anche l'anima. E singhiozzò. Singhiozzò forte fino a strapparsi le corde vocali.
Sussultò quando delle mani le afferrarono in una presa gentile i capelli. Si voltò: era Steve. «Butta tutto via, ci sono io ad aiutarti.»
Piena di vergogna di se stessa, si voltò verso la bile disgustosa. Quella vista ripugnante le fece salire un altro conato che gettò via con fatica e stanchezza.
Quando Steve la sollevò da terra e la portò al lavandino per sciacquarle il viso, Amelia si rese conto di non aver mai desiderato così tanto la morte.
  
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