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Autore: Lacus Clyne    14/09/2020    4 recensioni
Una notte d'inverno. La città che non dorme mai.
Un'ombra oscura al di là della strada, qualcosa di rosso. Rosso il sangue della piccola Daisy.
Kate Hastings si ritrova suo malgrado testimone di un efferato omicidio.
E la sua vita cambia per sempre, nel momento in cui la sua strada incrocia quella di Alexander Graham, detective capo del V Dipartimento, che ha giurato di catturare il Mago a qualunque costo.
Fino a che punto l'essere umano può spingersi per ottenere ciò che vuole? Dove ha inizio il male?
Per Kate, una sola consapevolezza: "Quella notte maledetta in cui la mia vita cambiò per sempre, compresi finalmente cosa fare di essa. Per la piccola Daisy. Per chi resta. Per sopravvivere al dolore."
Attenzione: Dark Circus è una storia originale pubblicata esclusivamente su EFP. Qualunque sottrazione e ripubblicazione su piattaforme differenti (compresi siti a pagamento) NON è mai stata autorizzata dall'autrice medesima e si considera illegale e passibile di denuncia presso autorità competenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Buon pomeriggio e buon inizio di settimana!! Seconda e finale parte del nono capitolo che, come ricordo, è uno dei miei preferiti!! Buona lettura, grazie infinite per il sostegno e alla prossima!!

 

 

 

 

 

 

 

 

Come da accordi con Vaughn, l'agente Ortega e il dottor Howell, a partire da quello stesso giorno, portammo Nicholas in Dipartimento affinchè Selina potesse monitorare la sua condizione fisica. Inizialmente, questo aveva rappresentato un serio momento di difficoltà perchè, nonostante avessi spiegato al piccolo che non c'era nulla da temere, l'idea di farsi esaminare nuovamente lo spaventava. Così, tra tentativi di fuga, urla e pianti che avevano scosso il personale, non abituato alla presenza di un bambino, avemmo un bel po' da fare per tranquillizzarlo e per fargli capire che non gli sarebbe stato fatto nulla di male. A soffrirne di più, a quanto ebbi modo di notare, fu la stessa Selina, nonostante fosse stata la prima ad offrirsi per tenere sott'occhio Nicholas. Non mi era affatto sfuggito il suo interessamento per il bambino e mi resi conto che dovesse esserci una motivazione piuttosto seria dietro ai suoi comportamenti. Occorse tutto il suo impegno per far sì che Nicholas accettasse di farsi visitare, ovviamente in presenza mia e rigorosamente, nell'ufficio di Selina, mentre poco più su, il lavoro continuava come al solito.

Fu così per i primi giorni, in cui Nicholas piangeva ogni qualvolta dovesse essere visitato, ma poi, poco a poco, grazie agli stratagemmi di Jace e ai giochi dell'agente Jones, si abituò e in breve, finì col diventare la mascotte del V Dipartimento, con buona pace del capo. Inoltre, per permettere a me e ad Alexander di non assentarci contemporaneamente e di garantire la supervisione costante di Nicholas, il dottor Howell optò per una rimodulazione del nostro orario di lavoro e questo ci consentì di lavorare anche da casa. Così, non era raro che trascorressi parte della mia giornata a studiare e ad elaborare profili su casi ordinari e, al tempo stesso, di lavorare con Nicholas, al fine di cercare di sviluppare le sue abilità linguistiche... e a supervisionare affinché Alexander non insegnasse i rudimenti del gioco d'azzardo a un bambino di sei anni. In realtà, dovevo ammettere che era uno spasso vederlo alle prese con spiegazioni di quantità e operazioni elementari usando persino le carte da poker come materiale didattico.

Poco a poco, quei giorni diventarono settimane e finimmo con l'instaurare una relativamente pacifica routine, fatta di alti e di bassi, di momenti di divertimento con Lucy, che ben presto finì con l'innamorarsi di Nicholas e si autoproclamò sua zia preferita, in perfetta linea con Jace, di rivelazioni inattese come il suicidio in cella di Richard Kenner che ci sconvolse particolarmente, di relativi successi dal punto di vista dei progressi del piccolo, almeno a livello di comunicazione non verbale e, anche, di complicazioni a livello personale. Accadde così, un pomeriggio di metà maggio.

Nel far la spesa, il giorno prima, avevo trovato delle pistole ad acqua. Dal momento che, durante quei mesi, mi ero esercitata al poligono di tiro insieme ad Alexis per migliorare la mia tecnica ed ero riuscita ad ottenere anch'io una pistola d'ordinanza, avevo pensato di organizzare uno scherzo ad Alexander. Senza contare che, così, speravo di smorzare il suo malumore per la fine di Kenner, per cui si sarebbe aspettato una condanna trionfale. Avevo posato l'arma finta sul muretto che separava l'ingresso di casa dal loft vero e proprio, insieme a un biglietto che recava la seguente dicitura:

 


Nicholas e io ci siamo nascosti. Siamo armati e pericolosi. Questa è per te. Puoi controllare sia carica. Vince chi colpisce per primo l'avversario. Chi perderà, cucinerà la cena e laverà i piatti.

Buona fortuna.

K&N

 

Dopo aver posizionato tutto, dissi a Nicholas di nascondersi in un posto in cui non sarebbe stato visto e lui, guardandosi intorno, optò per il letto. Mi misi a ridere, raccomandandogli di rimanere nascosto fino a che non fosse stato sicuro di cogliere di sorpresa Alexander. Mi rivolse un sorriso enorme e annuì, poi corse a fiondarsi sotto le coperte. Guardai l'orologio, che segnava quasi le 19:00. Sarebbe arrivato di lì a poco. Con l'adrenalina che cominciava a scorrermi nelle vene, presi la mia pistola giocattolo e mi nascosi nella stanza che lui aveva adibito ad ufficio/palestra, facendomi piccola piccola dietro a una tenda. Sapevo che Nicholas sarebbe rimasto zitto e buono, ma per un attimo, mi ritrovai a pensare a cos'avesse dovuto provare quando si nascose nello sgabuzzino in cui l'avevo trovato. Non ebbi tempo di darmi risposta che sentii la porta aprirsi e la voce di Alexander che ci annunciava di essere a casa.

Sul serio? – lo sentii borbottare in lontananza. Aveva letto il biglietto. Mi venne da ridere, ma mi trattenni.

Kate, davvero? Hai intenzione di trasformare casa mia in un campo di battaglia? –

Mi stava decisamente sfidando.

Ma è ad acqua? –

Sentivo la sua voce farsi più vivida a ogni passo che faceva. Poi stette in silenzio e dovetti spostarmi leggermente per capire dove fosse. Aveva deciso di stare al gioco, ma, da bravo giocatore qual era, l'avrebbe fatto alle sue condizioni. L'avevo previsto, motivo per cui mi mantenni salda e non mi feci problemi. Mi nascosi dietro la porta, sollevando la pistola come mi aveva ricordato Alexis e attesi che passasse per coglierlo di sorpresa. Per essere più silenziosi, sia io che Nicholas avevamo tolto le ciabatte e, scalza, potei muovermi senza farmi sentire. Passò un bel po', ma di Alexander non c'era traccia. Evidentemente, stava attuando la mia stessa strategia e aspettava che qualcuno si muovesse, da bravo predatore. Doveva essersi appostato nel soggiorno di casa che, essendo open space, non aveva punti utili per nascondersi, ma, al tempo stesso, gli permetteva una visuale più ampia. Aveva capito che Nicholas e io ci eravamo nascosti nella zona notte e probabilmente, puntava sul logoramento, consapevole che non avremmo potuto resistere a lungo. Trattandosi di un gioco, aveva cambiato il suo modo di agire, dal momento che, conoscendolo, era incline ad attaccare e a non lasciar scampo all'avversario. Tuttavia, il fatto di essere in una zona aperta, lo rendeva un bersaglio facile, volendo. Se fossi stata abbastanza veloce da premere il grilletto prima che l'avesse fatto lui, avrei vinto. Presi un bel respiro, guardando la pistola ad acqua, poi mi decisi ad uscire allo scoperto, dopo essermi sincerata del fatto che Nicholas fosse ancora ben nascosto sotto le coperte. Quantomeno, se fossi stata beccata, lui avrebbe potuto ancora salvare la situazione. Presi un enorme respiro e mi avvicinai alla fine del corridoio, puntando. Un passo alla volta, i miei sensi tesi al massimo, ed entrai nel soggiorno, trovandolo vuoto.

Eh? – mormorai, incerta. Mi guardai intorno, ma di Alexander non c'era l'ombra.

Dove diavolo si era nascosto? Continuando a puntare, nel caso in cui fosse sbucato da qualche parte, mi mossi verso il centro della stanza, tenendo d'occhio ogni lato libero. Fu allora che mi accorsi che la finestra era semiaperta. Fuori c'era un balconcino, quindi, doveva essersi nascosto lì.

Hai capito che furbo? Altro che logoramento... questa è un'imboscata bella e buona... – sussurrai tra me e me, poi, cautamente, mi avvicinai alla finestra e la aprii, affacciandomi. Una ventata d'aria fresca mi costrinse a rientrare all'interno e a chiudere subito, non prima di essermi resa conto del fatto che si era trattato di una trappola. Mi ripresi immediatamente e, nell'arco di pochi secondi, mi voltai sollevando la mia pistola, appena in tempo per vedere Alexander a una decina di passi da me. Sorridendo della mia buona intuizione, puntai.

Beccato! –

Si era nascosto dietro la porta dell'ingresso e aveva ben pensato di prendermi nel sacco in quel modo, evidentemente. Con aria sorpresa, alzò le mani mettendole bene in vista, pistola compresa. – Sembra che tu abbia vinto. –

Ce l'avevo sotto tiro, ma non osai premere il grilletto. Avrei dovuto farlo, certo, ma era piuttosto strano il fatto che uno come lui, poco incline a vedersi messo alle strette, si arrendesse così. Osservai la sua postura, non rilassata come sarebbe dovuto essere, e il suo volto, su cui era comparsa un'espressione compiaciuta, come se stesse attendendo il momento propizio per intervenire. Me ne resi conto a mie spese quando, mosso qualche passo verso di lui, finii con lo scivolare su una piccola, ma decisamente intenzionale e recente pozza d'acqua, non più grande del mio palmo aperto, ma sufficiente a farmi perdere l'equilibrio, dal momento che ero ancora scalza.

Sei un baro, Alexander!! – urlai protestando.

E tu sei mia. – disse, sorridendo vittorioso, nello stesso istante in cui si affrettò a coprire la distanza tra di noi e a prendermi in braccio prima che finissi rovinosamente a terra. Ci finimmo entrambi, con lui che aveva una mano dietro alla mia testa e l'altra a reggere sia pistola che il nostro peso addosso. In quella posizione, seduta malamente tra le sue gambe, la mia pistola finita a terra, le mani appoggiate sul suo petto, potevo sentire tutto il suo profumo, l'ormai familiare Boss Bottled misto a un leggerissimo retrogusto di nicotina. Mi ritrovai a deglutire nel sentire il suo palmo scendere tra i miei capelli, fermandosi appena sulla mia nuca e poi incontrando il mio collo nudo. Al contatto, provai un brivido e istintivamente inarcai la schiena verso di lui, sentendo i suoi muscoli tendersi al contatto con le mie forme. Stando a casa e beneficiando di un clima più mite, avevo indossato una casacca più leggera e attraverso la stoffa, potevo sentire quasi il cotone della sua camicia bianca, pressata dai suoi pettorali. Sollevai il viso, incontrando il suo, così vicino da poterlo sfiorare. Il mio cuore non era il solo a batter forte, perchè mi sembrava di sentire lo stesso da parte sua. Mi concentrai per qualche attimo sui suoi occhi, che alla luce del crepuscolo avevano assunto una sfumatura più calda e intensa, seria... adulta e matura, diversa da quelle a cui pensavo di essermi ormai abituata... e interessata, a giudicare dalle sue pupille dilatate. E mentre mi guardava, il suo sguardo scivolò appena sulle mie labbra e poi più giù, tra le mie curve, per un attimo. Arrossii, ma non riuscii a scostarmi. C'era qualcosa in lui, per quanto mi ostinassi a negare, di cui non riuscivo a fare a meno. E quelle settimane trascorse insieme, nella quotidianità dei giorni e delle notti, non avevano affatto migliorato la situazione. Implicazioni, le aveva definite una volta Lucy. Complicazioni, le avrei definite io, in un momento di razionalità. Ma quello non era un momento di razionalità. C'era istinto, c'era un trasporto che esisteva dal primo momento in cui l'avevo incontrato e che, nonostante i reciproci tentativi di mantenere quella nostra relazione sul piano professionale, avevano finito, in quel momento, per esser vani. Ma se avessimo superato quella soglia, cosa sarebbe accaduto? Avrei mai potuto perdonare me stessa? Mi morsi le labbra e lui se ne accorse, tanto più che le sue dita mi fermarono. Col polpastrello del pollice, percorse l'arco turgido del mio labbro inferiore e quel gesto mi provocò un brivido. Il mio respiro si fece più veloce e d'improvviso, sentii la necessaria impellenza di chiudere quello spazio d'aria tra noi. E tu sei mia, aveva detto. In quel momento, stretta tra le sue braccia, lo ero. Anche lui tese il viso verso di me, ma quello che sarebbe potuto essere un inaspettato bacio non si concretizzò. Al contrario, posò la fronte contro la mia e la sua mano, che prima mi aveva fermato dal mordermi le labbra, tornò tra i miei capelli, tenendomi vicina a lui. Quel gesto mi stupì e suscitò in me un moto di imbarazzo e frustrazione che sfogai tra le lacrime. Singhiozzai, nel rendermi conto del motivo per cui si era tirato indietro.

Perdonami... baciarti ora... non sarebbe giusto... – sussurrò, con voce bassa e lievemente roca.

Sgranai gli occhi e annuii. Trevor. Durante quelle settimane, Hannah mi aveva ripetutamente chiesto di vederci, ma a causa della situazione in cui mi trovavo, pensavo che non avrebbe compreso e avevo temporeggiato. Solo quando ebbi avuto l'ok da parte del dottor Howell e l'ebbi incontrata, mi resi conto di quanto il dolore che lei e la sua famiglia stavano provando, unito al non aver avuto alcun risultato nella ricerca del Mago, aveva finito per tirar fuori l'odio nei miei confronti. L'ultima volta, dopo il funerale di Trevor, ci eravamo congedate da amiche, ma Alexis mi aveva messo in guardia. Hannah ora mi considerava la diretta causa della morte del suo amato fratello. Sapevo di esserlo, ma non mi aspettavo che sentirmelo spiattellare in faccia in quel modo facesse così male. In più, il fatto di non essere riuscita ad assicurnare il suo assassino alla giustizia, mi rendeva ulteriormente colpevole, ai suoi occhi. Mi aveva insultato, dicendomi che alla fine, avevo ottenuto quello che volevo, che tolto di mezzo Trevor, potevo dedicarmi alla persona che realmente amavo e aveva insinuato che ci andassi a letto già da prima della sua morte. A quel commento, non ci avevo visto più e l'avevo schiaffeggiata. Ma nulla era stato così difficile come il realizzare che, man mano che i giorni passavano, se Trevor era più vivo che mai nei ricordi della sua famiglia, nei miei diventava sempre più sbiadito. Pensai di non avere cuore. Pensai che forse, dopotutto, Hannah aveva ragione a darmi della stronza senza sentimenti. Pensai che, forse, meritavo quell'odio, perchè Trevor era morto per me. Nei miei incubi, ero io a premere il grilletto contro il Mago e questi continuava a rivelarsi col suo volto. Era come se il mio subconscio volesse dirmi qualcosa che ero stata in grado di decifrare soltanto in parte. E quella parte contemplava Alexander. Durante il tempo trascorso insieme, anche il nostro rapporto era migliorato. Era come se la presenza di Nicholas avesse realmente ravvivato quel raggio di luce che si era affievolito con la morte di Lily. Avevamo avuto tante occasioni per conversare e Alexander non aveva lesinato sui racconti. E man mano che il suo passato prendeva forma, avevo imparato a capirlo, a comprendere le motivazioni dietro ai suoi comportamenti alle volte distruttivi, dietro ai suoi silenzi e ai suoi modi talvolta bruschi. Cercava di proteggere se stesso dalla sofferenza e di espiare quella che considerava la sua colpa. Mi ero resa conto di come fosse andato avanti, in tutti quegli anni, a costo di rinunciare per sempre all'amore che un tempo aveva nutrito per Elizabeth e farsi forte solo del legame con la sua piccolina. E poco a poco, aveva fatto entrare anche me nel suo mondo.

Però, in quel momento, restava il fatto che si era tirato indietro. Mi vergognai di aver fatto qualcosa che non dovevo e posai la fronte nell'incavo tra la sua spalla e il collo, su cui potevo scorgere parte del suo tatuaggio ben inchiostrato. Posò la guancia vicino alla mia, continuando a stringermi forte, senza dir nulla. Probabilmente anche lui doveva essere a disagio tanto quanto me. Solo dopo un po' si decise a dire qualcosa e io mi scostai, tornando a guardarlo. Toccò a lui sgranare appena gli occhi e mi sentii ancor di più uno schifo, incapace perfino di controllare le mie stesse lacrime.

Kate... –

Perchè fai piangere Kate?! Cattivo!! –

Sobbalzammo entrambi nel sentire una vocina squillante, furiosa, ma quasi sul punto di piangere. Ci voltammo verso la zona notte. Nicholas era teso come una corda di violino. Gli occhioni azzurri erano pieni di lacrimoni e il musetto era contratto in una smorfia arrabbiata. Ma a sorprenderci più di ogni altra cosa, fu l'aver sentito la sua voce. Pensai di essermelo immaginato, dunque mi rivolsi a lui.

N-Nicholas... cos'hai detto? –

Scoppiò a piangere e corse da noi, saltandoci addosso.

Kate!! Kate!! – urlò, abbracciandomi.

Lo strinsi forte, guardando Alexander che, insieme a me, ora si trovava a reggere anche Nicholas, in un bel guazzabuglio. Non sapendo cosa dire, mi sorrise rassegnato. Io accarezzai i capelli d'ebano del piccolo e non riuscii a trattenermi.

Piccolino... ce l'hai fatta!! – esclamai. Nicholas si strinse al mio petto.

Mpf... alla fine, qualcosa di buono ne è uscito, eh? –

Annuii, sorridendo, ma Nicholas, dando sfoggio di un broncio d'autore, si rivolse ad Alexander, che lo guardò perplesso, battendo le palpebre.

N-Non ce l'hai con me, vero? –

Sei cattivo... hai fatto piangere Kate... –

No, tesoro, sta' tranquillo... è solo che sono scivolata... – dissi, nel tentativo di sviare la sua attenzione, ma sentirlo parlare era qualcosa di così inatteso e sperato che temetti di star sbagliando.

Nicholas mi guardò, poi afferrò la pistola che era caduta vicino a noi e la puntò dritto verso Alexander.

No, Nicholas, non è colpa di Ale--

Sei finito! – esclamò risoluto e, in barba alle mie parole, senza che nemmeno Alexander, nella posizione in cui si trovava, potesse scostarsi, finì con l'innaffiarlo per bene. Sgranai gli occhi, incredula, poi, nel vederlo fradicio e con i folti capelli afflosciati come se avesse appena fatto lo shampoo, scoppiai a ridere.

Ben ti sta! Scacco matto! –

Alexander riprese fiato, poi portò indietro le ciocche castane, liberando la fronte.

Questa me la paghi, Kate! E tu, monello, questa non dovevi farmela! – esclamò, disarmando Nicholas e dandosi al contrattacco col solletico. Nicholas scoppiò a ridere, divincolandosi e io, pronta a difendere il mio compagnetto di squadra, mi unii a mia volta al seguito della battaglia. Almeno per quel momento, la tensione era scemata.

 

***


Trascorsero diversi giorni da quel momento. La felicità del sentire finalmente Nicholas parlare aveva finito con il mettere in secondo piano ciò che c'era e non c'era stato con Alexander. I nostri sforzi, in quel momento, erano stati finalizzati ad aiutarlo. Ed era servito. Poco a poco, superando il blocco, Nicholas aveva ri-imparato a parlare, esprimendo le sue emozioni non soltanto con le azioni, ma anche con le parole. Davanti a Selina e al dottor Howell aveva raccontato di ciò che aveva visto negli anni trascorsi con i Cruise e aveva pianto pensando alla sua mamma, che si era congedata da lui con la promessa di un futuro migliore. Purtroppo, Karina non aveva potuto tenervi fede di persona, ma grazie alla collaborazione di Sarah Reyes e ad Alejandra Ortega, adesso Nicholas era al sicuro. Rimaneva da sciogliere un ultimo nodo prima di dichiararne l'adottabilità. Sapevamo che non avremmo potuto tenere Nicholas con noi per sempre e che il momento di dirgli addio sarebbe giunto, prima o poi. Il modo in cui ciò sarebbe accaduto era tutt'altra storia.

Una mattina di giugno, mentre Alexander e lo stesso Nicholas erano usciti per fare la spesa ed io ero impegnata a finire di stilare il report dell'ultimo caso chiuso, un omicidio passionale risoltosi con la cattura di un uomo che non accettava la fine della sua relazione col compagno, sentii suonare il campanello. Dal momento che non accadeva praticamente mai che Alexander dimenticasse le chiavi di casa e non attendevamo visite né consegne, ebbi un attimo di incertezza, temendo che potesse essere qualcuno di sgradito o pericoloso. In tutto quel tempo, i miei incubi non si erano affatto placati e in quel frangente, mi venne in mente che Trevor, probabilmente, aveva dovuto aprire al Mago senza pensare alle conseguenze. Risposi cautamente al citofono, per tranquillizzarmi nell'istante in cui sentii la voce di Selina annunciarsi.

Quando fu da me, impeccabile nel suo chignon nero, blazer chiaro, jeans che ne fasciavano le lunghe gambe e decolleté aperte rosse, rimpiansi di non aver avuto il tempo di darmi una sistemata.

Perdona l'improvvisata, Kate. Alexander non è ancora tornato, vero? –

Scossi la testa, mentre ci accomodavamo in soggiorno. – Credo ne avrà ancora per un po'. Nicholas è molto curioso e quando si esce, vuol sapere qualunque cosa capiti a tiro. –

Selina sorrise, poi ci sedemmo sul grande divano. Si guardò intorno, tra libri, quaderni e giochi. – Sembra davvero tornato il sole qui. Quando Alexander viveva da solo, sembrava tutto così... spento. –

Annuii. – Capisco cosa intende. In effetti quando sono arrivata, dava l'idea della casa di qualcuno che non faceva entrare nessuno nel suo mondo. –

Selina fu d'accordo, poi fissò il lungo sguardo prima sulla foto di Lily e dopo sui quaderni di Nicholas. – Però, alla fine, siete riusciti a entrarci. –

In fondo... credo che anche lui ne avesse bisogno. E Nicholas è riuscito a smuovere qualcosa dentro il suo cuore. –

Lei sorrise, poi mi guardò, con i suoi begli occhi ambrati. – Come va? –

Capii subito cosa intendesse e sospirai. – È... è complicato. –

Quando si tratta di Lex, tutto è complicato. –

Assentii. – Lucy mi aveva messo in guardia una volta... credevo che sarebbe più semplice dal momento che si sarebbe trattato di poco tempo, ma sono almeno due mesi che siamo qui... e... a volte... è complicato. –

Selina mi prese le mani. Le sue unghie erano di un lucidissimo ciliegia e attorno al suo anulare sinistro brillava un solitario che a occhio e croce doveva esser costato almeno 3000 dollari. Un moto di dolore mi pervase nel ricordare l'anello che Trevor intendeva regalarmi e che era giunto a me nel peggiore dei modi. Ora, riposava per sempre con lui e con la promessa del nostro futuro insieme.

So che ti senti in colpa, Kate. Lo vedo, quando vi vedo entrambi in Dipartimento. So che per te perdere Trevor è stata una tragedia immensa e non riesco a immaginare fino in fondo quanto grande sia stato il tuo dolore. Ma so anche che non meritavi tutto questo e che a dispetto di quanto tu possa credere e pensare di te stessa... meriti di tornare ad amare e ad essere amata. Che sia con Alexander, che sia con chiunque altro, non importa... ciò che conta è che tu ti renda conto che ciò che ti è accaduto non può pregiudicare la tua felicità. Sei una persona di rara empatia, Kate... e una preziosa amica. Hai fatto così tanto per Nicholas e, se non fosse stato per te, non avremmo avuto la possibilità di vederlo scorrazzare nel Dipartimento portando quella gioia che da troppo tempo non avevamo... per questo... promettimi che darai a te stessa la possibilità di ricevere quell'amore che riesci a dare senza che tu te ne accorga. –

Le sue parole, che ascoltai incredula, erano gentili e inaspettate, così tanto che sentii come se riuscissero a giungere direttamente al mio cuore. Nessuno, da quando Trevor era morto, mi aveva parlato così. Avevo ricevuto parole di conforto, abbracci e anche offese e queste, più che mai, avevano alimentato il mio senso di colpa. Però, in quel momento, con la voce di Selina così materna e rassicurante nel parlarmi così, sentii come se qualcosa si fosse smosso. Le sue mani affusolate furono adombrate dalle mie lacrime e mi ritrovai a singhiozzare.

Da quanto non ti sfogavi, Kate? –

Alzai lo sguardo, stavo tremando. – Io... io... –

Il suo viso era appannato ai miei occhi, ma la sua espressione era eloquente e materna nella sua dolcezza. Non so cosa mi prese, ma scoppiai a piangere e la abbracciai forte. Quel pianto, quella necessità di comprensione che non avevo realizzato prima di quel momento, fu catartico, in un certo senso. Mi sentii meglio, quando finalmente potei tornare in me.

Grazie, Selina... –

Lei sorrise, poi toccò a me farle una domanda. Avevo immaginato, in realtà, quale fosse il motivo per cui era venuta da sola. E non contemplava soltanto il farmi allentare la tensione.

Ha notizie dall'agente Vaughn, non è così? –

Le sue labbra si serrarono per qualche istante e la sua espressione si fece combattuta. Mi ritrovai a temere il peggio. – Selina? –

Chiuse gli occhi e sospirò, come se stesse provando emozioni contrastanti e non stesse riuscendo a darvi voce. Poi, raccolse la sua shopper nera Armani e ne tirò fuori una cartella, che mi porse. Recava l'intestazione “Nicholas Razinov”, il cognome originale del piccolo. Deglutii, prendendola tra le mani. La verità su di lui era scritta in quel fascicolo.

Non ho avuto il coraggio di leggerlo, Kate... non ce la faccio, da sola... –

La capivo. Mi ci era voluto del tempo per leggere il fascicolo sulla morte di Lily. Tutto ciò che riguardava la sorte di un bambino era difficile da affrontare. Le appoggiai una mano sulla spalla e sorrisi, stavolta. – Ci sono io. –

Lei annuì, sebbene la tensione fosse palpabile. Presi un respiro e aprii il fascicolo, insieme a lei. La sua storia era ricostruita, ma ciò che ci interessava sapere era poco. Madre: Karina Razinova. Padre: Nikolaj Zlatko. Nessun parente in vita. Nicholas era solo al mondo. La ricerca di Vaughn si era protratta molto a lungo per cercare tutti coloro che potessero essere in qualche modo legati al bambino. Mesi difficili, indagini laboriose che infine avevano decretato che Nicholas fosse non solo un orfano, ma anche che nessuno mai l'avrebbe reclamato. Pensandoci, era qualcosa di molto triste. Quel bambino non avrebbe mai avuto la possibilità di ricongiungersi con le sue origini. Però, d'altro canto, tutto ciò apriva alla possibilità di essere adottato.

Selina tirò un lungo sospiro di sollievo, poi mi guardò. – Pensi che sia ingiusta a esserne sollevata? –

Scossi la testa. – In fin dei conti... lo sono anch'io. Nicholas merita di più di qualcuno che non ha mai conosciuto... –

Mi guardò come se avessi appena dato risposta alla sua pena. – Kate... –

L'ho visto anch'io. Il modo in cui le brillavano gli occhi quando ha visto Nicholas per la prima volta. Com'è felice quando lui è in Dipartimento e può passarci del tempo insieme... –

Portò le dita alle labbra per soffocare un singhiozzo, ma i suoi occhi erano lucidi. E poi, accennò un sorriso triste.

Io... non posso avere figli. Figli miei. Soffro di una forma severa di endometriosi. Abbiamo provato in tutti i modi in questi anni, Marcus e io. Posso dire di essere arrivata a rinunciare, soprattutto dopo quello che... – il suo sguardo si fece più triste, quando lo rivolse verso la foto di Lily.

Non deve giustificarsi con me... la sua condizione non ha niente a che vedere col desiderio di diventare madre... –

Tu credi che... sì, insomma... se ci fosse la possibilità... Marcus e io potremmo candidarci per l'adozione? Noi ne abbiamo discusso a lungo naturalmente e anche lui è d'accordo. –

Sorrisi. – Credo che non ci sarebbero intoppi... oh, però... ora che ci penso, non siete ancora sposati... –

Il suo sguardo si ravvivò. – Il nostro matrimonio era già fissato per luglio, ma... quello non è un problema. Sono più che pronta a rinunciare a qualunque tipo di festeggiamento esclusivo e a sbrigare la formalità. D'altronde, si tratterebbe giusto di anticipare qualcosa che era già stabilito. –

Allora credo che abbiate ottime possibilità. Ah, soltanto una cosa. –

Qualunque, Kate. –

Mi prometta che non farà cose come forzare la situazione... insomma, so che può scomodare la Corte per i Diritti Umani e che è stata degna complice di Alexander ai tempi del Dark Circus, ma almeno lei, stavolta... per favore. Da parte mia ha tutto il mio supporto, ecco... ma non forzi la mano... –

Le mie parole la stupirono, ma non potè soffocare una risatina, insieme a una lacrima, a lungo trattenuta. – Oh no, Kate, no... vedi, in realtà, quello che ci giocava era Alexander. Ti confesso un segreto però: non ha così tanti agganci. A dirla tutta è solo molto bravo a rigirare le carte in tavola a suo vantaggio. –

Eh? –

– … Chi sarebbe bravo a rigirare le carte a suo vantaggio? –

La voce seccata di Alexander risuonò nel piccolo ingresso. Ci voltammo entrambe, vedendo lui e Nicholas sulla porta. Buste della spesa in mano il primo, un libro il secondo.

Kate, Selina!! Guardate!! Alexander mi ha comprato un nuovo libro da leggere insieme! – esclamò il piccolo, correndo da noi a mostrarci, trionfante, una copia de “I libri della giungla”. Gli occhi di Selina si aprirono in un'espressione meravigliata. – È una bellissima storia. Mowgli ti piacerà sicuramente. –

In effetti, proprio come Nicholas, Mowgli era un piccolo orfano, cresciuto da una famiglia non convenzionale. Nicholas annuì e i ciuffetti neri ballarono con lui.

Alexander si fece avanti, notando la cartella ancora tra le mie mani e dal fremito nelle sue sopracciglia capii che sapeva di cosa si trattasse. Mi alzai, tenendola con me.

Nicholas, ti va di cominciare a leggere qualcosa con Selina, per farle vedere quanto sei diventato bravo? Intanto io aiuto Alexander a sistemare la spesa. –

Nicholas assentì. – Però prima vado a lavare le mani! Non è vero, Doc? –

Selina sorrise. – Certo. L'igiene prima di tutto. Ti aiuto, ok? Posso? –

Alexander e io annuimmo e, mentre entrambi si recavano in bagno, ci dirigemmo in cucina.

Non dirmi che non ne sapevi nulla. –

Non stavolta. Avevo sentito Vaughn ieri, lo ammetto, ma non ha voluto dirmi nulla. Credo si sia stancato di farmi favori. – commentò con il tono dell'innocenza, tirando fuori gli acquisti.

Vorrei ben dire dopo quello che gli hai fatto rischiare. Ad ogni modo... Nicholas è adottabile. E Selina vorrebbe farsi avanti. –

Oh... – mormorò, mentre metteva a posto dei sacchetti di farina e di zucchero.

È tutto qui? Solo “oh”? –

Prese delle bottiglie e le posò sul tavolo. – Sono felice per Nicholas. Dopotutto, sapevamo che quel momento sarebbe arrivato, no? –

Strinsi il fascicolo tra le mie mani, mentre Nicholas tornava insieme a Selina. Mi soffermai a guardarli. Aveva ragione. Nicholas avrebbe finalmente avuto una famiglia vera. Qualcuno che col tempo avrebbe imparato a chiamare mamma e papà, probabilmente. Qualcuno che lo amava già incondizionatamente e che sin dal primo istante aveva combattuto per lui. Qualcuno che gli avrebbe garantito quel futuro che la sua mamma desiderava per lui. Sapevamo che sarebbe giunto il momento di separarci, ma per qualche ragione che non riuscivo a comprendere a fondo, speravo in cuor mio che accadesse il più tardi possibile.

Kate. –

Mi voltai verso Alexander, che mi guardava, comprensivo. Mi resi conto che anche lui, a modo suo, stava provando qualcosa di simile. – La sua felicità viene prima di qualunque cosa. –

Annuii, poi tornai a guardare Nicholas e Selina, seduti insieme a leggere.

Lo so... –

Occorsero alcune settimane perchè la procedura andasse a buon termine. La sola forzatura che Selina fece fu nei confronti dell'ufficiale giudiziario che avrebbe dovuto officiare la cerimonia nuziale. Una volta riuscita ad anticipare il tutto, in Municipio, alla presenza di sole famiglie e colleghi, vennero celebrate le nozze civili tra lei e il dottor Howell.

Elizabeth fece da testimone a Selina, mentre, con nostra enorme sorpresa, quello scapestrato di Jace fu l'impeccabile testimone del Procuratore. Il perchè fu davvero incredibile: i padri dei due erano vecchi amici nonché colleghi, essendo entrambi chirurghi affermati presso il MHG ed avevano collaborato più volte ad interventi di successo. Jace, ultimo figlio del professor Jack Norton, nonché sua spina nel fianco, era cresciuto a contatto con gli Howell e, nonostante la differenza d'età, lui e Marcus erano stretti. E così, ecco spiegato il motivo di tanta confidenza da parte di Jace nei confronti del gran capo. Ad ogni modo, quel giorno fu assolutamente perfetto, tanto che Lucy non nascose il suo desiderio di vedersi all'altare. Era la prima volta che la mia migliore amica parlava così, considerando che, pur essendo un'inguaribile romantica, era refrattaria all'idea del matrimonio. Nicholas, del canto suo, fu un paggetto adorabile e la cosa non sfuggì ad Elizabeth, che non perdeva occasione per aiutarlo nei momenti più importanti, sotto gli occhi del detective Wheeler e di Alexander. Dopo le nozze, Selina, fresca signora Howell, ci comunicò che avrebbero dato una festa poco più avanti, quando tutto fosse stato risolto.

Passarono altre due settimane, in cui preparammo Nicholas a quello che sarebbe accaduto. Nel mentre, la domanda dei neosposi fu accolta, grazie anche al fatto che il piccolo aveva avuto la possibilità di trascorrere quei mesi anche a contatto con loro e, da parte mia, fui ben felice di relazionare in loro favore. In realtà, ciò che fu difficile per me fu spiegargli che da un certo momento in poi non avrebbe più vissuto con me e con Alexander, ma avrebbe avuto una famiglia vera. Lui era certamente molto legato agli Howell, a Selina in particolare, ma dato ciò che aveva passato e le separazioni a cui era stato costretto già da piccolissimo, temeva l'abbandono. Una sera, l'ultima che passammo insieme, mi ci volle l'aiuto di Alexander per tranquillizzarlo sul fatto che, nonostante tutto, saremmo stati presenti nelle vite l'uno degli altri. Aveva pianto tanto, chiedendoci il perchè non avessimo presentato noi la domanda d'adozione e Alexander, che con Nicholas era capace di mostrare il suo lato più gentile e paterno, gli aveva spiegato il motivo per poi rassicurarlo, dicendo che non avrebbe avuto motivo di temere perché per lui ci saremmo stati sempre. Poi, solo quando si fu calmato, strappandoci la promessa di volergli sempre bene e di poter tornare ogni qualvolta lo volesse, ci chiese di leggere insieme la storia che gli avevamo letto quando era arrivato. Quando si addormentò, tra noi, gli rimboccai le coperte e mi ritrovai ad accarezzargli quel visetto addormentato per l'ultima volta.

Come farò a dirgli addio? – mormorai, scostandogli i capelli dal viso.

Alexander, che aveva posato il libro sul comodino, si voltò verso di noi, appoggiandosi su un gomito. – Non dovrai farlo. Si tratta di un arrivederci. Lui... può tornare. –

Mi si strinse il cuore nel sentire quelle parole e pensai di essere stata crudele a pronunciarle, senza riguardo dei suoi sentimenti. Lo guardai. I suoi occhi osservavano Nicholas, ma ciò che vedevano doveva essere molto più in là, in ciò che sarebbe potuto essere e che non poteva più. Sollevai la mano ad accarezzare la sua guancia e il suo sguardo incrociò il mio. Non dissi nulla. Sapevo che nessuna mia parola avrebbe potuto aiutarlo in quel momento. Stava elaborando anche lui quella separazione, a suo modo. Non sarebbe stato facile per nessuno di noi due, ma aveva ragione. Nicholas poteva tornare. Sentii la sua mascella irrigidirsi lievemente sotto la mia mano, poi, inaspettatamente, si voltò appena e sentii le sue labbra premute contro il palmo. Il mio cuore battè più forte, poi i suoi occhi tornarono nei miei.

Alexander... –

Mi sorrise appena, poi si scostò e affondò nel cuscino. – Domani sarà una giornata impegnativa. Buonanotte, Kate. –

Annuii, facendo lo stesso, mentre un moto di tristezza cercava di farsi largo nella ragione.

Buonanotte. – Spensi la luce e con essa, l'ultimo pensiero in quella notte che Nicholas trascorse con noi.

  
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