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Autore: Ksyl    14/09/2020    4 recensioni
Castle e Beckett si sono incontrati solo una volta, durante quell'unico caso risolto durante il Pilot e da lì più nulla. Si rivedono solo alcuni anni dopo. E a quel punto inizia questa storia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Allungò lo sguardo per cercarli, non appena si ritrovò in strada dopo essere uscita dal distretto. La giornata lavorativa era finita, poteva dedicarsi a quello che amava di più. Li localizzò subito, fermi dall'altro lato del marciapiede, in attesa che il semaforo diventasse verde. Non si erano ancora accorti di lei. Tommy era assorto ad ascoltare Castle, che, chino su di lui, gli stava sussurrando qualcosa. Erano entrambi molto concentrati, estraniati dalla folla che sciamava intorno a loro. Vide Tommy annuire con aria seria. Sorrise con calore. Chissà di che cosa stavano confabulando, pensò divertita. Lasciò che fossero loro a raggiungerla così da assaporare indisturbata la deliziosa scena a cui stava assistendo. Sospirò felice, godendosi il momento. Piccoli attimi di perfetta felicità.

Con il trascorrere del tempo Tommy e Castle, dopo un iniziale avvicinamento circospetto soprattutto da parte del bambino, avevano sviluppato un rapporto armonioso e appagante per tutte le parti coinvolte. Castle si era sempre mosso con rispetto, senza fare pressioni – se non si teneva conto dell'iniziale richiesta di entrare a far parte attivamente della vita di Tommy, su cui gli aveva dato ragione, con il senno di poi –, valutando sempre prima con lei eventuali passi in avanti, consapevole della delicatezza della situazione in cui si era inserito. Lei aveva vigilato con attenzione, ma senza intromettersi più di tanto, salvo quando tendevano a mostrarsi troppo indisciplinati. Più Castle che Tommy, in effetti.

Era stata un'esperienza nuova e sorprendente per lei assistere allo sviluppo di una relazione prima incerta e poi sempre più solida tra suo figlio e un uomo che non aveva nessuna intenzione di scapparsene dall'altra parte del mondo. Un uomo a cui suo figlio piaceva sul serio e che per il bambino era un'importante fonte di accudimento.
Tommy aveva sempre avuto la tendenza ad affezionarsi rapidamente agli adulti di sesso maschile che incontrava sulla sua strada, motivo per cui aveva sempre cercato di proteggerlo, frapponendosi tra lui e ogni prevedibile delusione.
Nonostante la naturale circospezione che la contraddistingueva e che aveva messo in campo anche questa volta, era stato molto gratificante per il suo cuore di madre assistere al crescere della fiducia, contraccambiata, che suo figlio aveva pian piano riposto in Castle, diventato presto il suo referente quando, evidentemente, Tommy riteneva la genitrice capitatagli in sorte non all'altezza della situazione.
Lei fingeva di prendersela – in segreto -, provocando immancabilmente l'ilarità di Castle che si pavoneggiava orgoglioso per essere considerato un interlocutore affidabile almeno da uno di loro. Lo era anche per lei, anche se preferiva non diffondere troppo la notizia. Stava ancora studiando la situazione con l'innata cautela di cui era abbondantemente provvista e che non aveva intenzione di allentare anche se, a dire la verità, le sembrava di essersi ormai del tutto abbandonata a quel famoso flusso di sentimenti che provava per Castle e che un tempo l'aveva terrorizzata.

Quel pomeriggio segnava un altro passo in avanti per tutti loro. Castle si era proposto di passare a prenderlo all'uscita da scuola e lei aveva acconsentito. Era già successo una volta in precedenza, ma questa era la prima occasione in cui lo avessero spontaneamente deciso, invece che ricorrervi per via di un concentrato di circostanze avverse. Era quindi una sorta di investitura ufficiale e una novità di una certa importanza, per quanto insignificante potesse sembrare all'esterno.
Il fatto che lei avesse infine ceduto alla girandola di emozioni che frequentare Castle aveva portato con sé, non implicava che non fosse comunque andata con i piedi di piombo per tutto quello che riguardava Tommy, nella convinzione che avrebbe preferito pentirsi di essersi mossa con troppa prudenza, piuttosto che il contrario.

All'inizio si era limitata ad aggiungerlo come persona da interpellare in caso di necessità, qualora lei e gli altri contatti annotati sulla lista in possesso della direttrice della scuola che Tommy frequentava non fossero stati reperibili. Questo garantiva in linea solo teorica a Castle la possibilità di farsi consegnare Tommy senza essere segnalato come possibile rapitore. A scuola erano molto severi, non gli sarebbe mai stato permesso di prelevarlo senza averne prima controllato le credenziali. Meglio muoversi in anticipo.
Per lei era stata una scelta da ponderare con attenzione, come tutte le altre. Aveva anche risvegliato antiche ferite mai cicatrizzate, visto che su quella lista non si faceva menzione del padre di Tommy. Josh non si era mai fatto avanti - dubitava che si fosse mai posto il problema - e lei aveva volutamente sorvolato sulla questione. Non voleva che si presentasse a scuola di Tommy a sua insaputa, anche se sapeva che era un'eventualità piuttosto remota, visto il generale disinteresse dimostrato dall'uomo per tutto ciò che riguardava suo figlio. Così facendo lei però aveva la coscienza a posto, avendolo informato del percorso scolastico di Tommy, e intanto sapeva di aver tutelato se stessa e il bambino. Non si poteva mai sapere. La gente è imprevedibile.

Scrivere il nome di Castle su quella fantomatica lista era stato più che altro un gesto simbolico, non qualcosa che potesse avere conseguenze pratiche, si era detta. Il collaudato trio formato da suo padre, la babysitter che Tommy frequentava fin da quando era piccolo e lei stessa avrebbero continuato ad agire secondo lo schema preciso che fin lì aveva retto senza intoppi. Ma era stato bello vedere scritto il suo nome e soprattutto essere stata testimone della sua commozione quando gliene aveva parlato.

Poi era successo l'imprevedibile, in un giorno in cui la babysitter si sarebbe dovuta occupare di Tommy. L'aveva chiamata disperata, blaterando di un'improvvisa emergenza. Suo padre sarebbe rimasto in tribunale per tutto il giorno e lei era bloccata in ufficio con i federali giunti in pompa magna per gestire uno dei casi più complicati che le fossero mai capitati e che avrebbe volentieri strappato dalle loro avide mani per risolverlo da sola. Aveva invece dovuto accettare imposizioni che venivano dall'alto senza battere ciglio e ricorrere alle sue non così rilevanti doti diplomatiche. Il nervosismo era serpeggiato tra tutti i suoi detective, per quella che avevano considerato un'intromissione imperdonabile. Non aveva potuto dar loro torto, essendo della loro stessa opinione. La donna si era scusata quasi in lacrime – normalmente era sempre molto più che disponibile, una vera benedizione mandatale dal cielo. L'aveva naturalmente rassicurata, ma aveva dovuto trovare rapidamente un modo per risolvere l'intoppo o Tommy sarebbe rimasto da solo a chiedersi perché si fossero dimenticati di lui, aveva realizzato con orrore.
Se fosse stata una giornata qualsiasi si sarebbe precipitata da lui e l'avrebbe riportato al distretto dove c'era sempre qualcuno pronto a intrattenerlo. Non era la soluzione che preferiva, ma era l'alternativa migliore a lasciarlo a scuola con l'accusa di abbandono di minore.

Castle era disponibile, le aveva sussurrato una vocina tentatrice. No, si era detta con forza. Quel giorno non avevano programmato di vedersi, lei gli aveva preannunciato che sarebbe stata impegnata fino a tardi con un caso diverso dal solito e lui, dopo essersi rabbuiato per qualche istante, le aveva assicurato che si sarebbe dedicato al nuovo romanzo , quello in cui lei – o meglio, una sua versione narrativa che non avrebbe mai approvato, fosse messo agli atti – era la nuova protagonista. Basandosi sulla faccia compiaciuta di Castle quando gliene parlava, era certa che avrebbe per sempre negato di essergli stata di qualche ispirazione.

Non avrebbe voluto chiamarlo, per non disturbarlo mentre era al lavoro ma soprattutto per non perdere la sua tanto sbandierata indipendenza. Non le piaceva l'idea di appoggiarsi a lui in modo regolare, perché, se le cose non fossero andate per il meglio, sarebbe stato difficile tornare indietro. Non era una predisposizione che denotasse fiducia nella vita e nel futuro, ma era stata abituata a cavarsela da sola, e non aveva intenzione di rinunciare tanto in fretta a una routine molto ben collaudata, capace di mantenerla in rotta e di non scaraventarla sugli scogli. Ci aveva messo anni per non sentirsi strapazzata dai flutti.
Non era stato facile occuparsi di tutto da sola, ma era diventata brava a destreggiarsi tra i vari impegni e la prospettiva di dover ricominciare da capo e in più con un ipotetico cuore in pezzi, nell'eventualità che con Castle fosse finita male, era insopportabile. Meglio continuare così. A testa bassa e senza lamentarsi.

Mentre era stata impegnata a riflettere sul da farsi, fingendo di ascoltare i due agenti dell'FBI seduti davanti a lei, troppo presi a considerarsi superiori per chiedere il suo parere, si era resa conto che non le erano rimaste altre soluzioni praticabili, a meno di non implorare una delle insegnanti di tenerlo con sé. Opzione impossibile da attuare.
Si era alzata, si era scusata nell'indifferenza generale ed era uscita dal suo ufficio con il telefono in mano, il numero di Castle già pronto sullo schermo. Aveva risposto subito, lieto di sentirla. Si era sforzata di non apparirgli disperata, anche se lo era stata, e molto. Appena ascoltata la sua richiesta, Castle si era catapultato fuori dal loft. Aveva giusto avuto bisogno di prendere una boccata d'aria – così aveva sostenuto – ed era lei ad aver fatto un favore a lui e non viceversa. Lei aveva sorriso in silenzio chinando la testa, molto più che grata per l'aiuto ricevuto, per di più fingendo che non fosse tale.
Al principio aveva sospettato, per deformazione professionale, che l'entusiasmo mostrato da Castle all'idea di stare con suo figlio fosse più che altro un modo per convincerla di quanto fosse irresistibile, proprio come aveva sostenuto, scherzando, durante il loro primo appuntamento ufficiale. Si era dovuta ricredere. Castle amava trascorrere del tempo con Tommy e ne era corrisposto con identico ardore, al punto che a volte le sembrava di essere di troppo. Era sconcertante, a pensarci bene.

Castle era giunto da lei qualche tempo dopo tenendo Tommy saldamente in braccio, entrambi su di giri. Non aveva avuto modo di chiedergli che cosa avessero fatto nel frattempo, e l'esperienza le aveva consigliato di soprassedere. Dopo averla salutata, Castle le aveva fatto sommessamente presente che quel favore avrebbe necessitato di una generosa ricompensa che le avrebbe comunicato in altra sede, lontano da orecchie innocenti. Era arrossita, nel bel mezzo del caos.
Con sconcerto di tutti i presenti – che lo avevano visto entrare come se fosse di casa - Castle non se ne era rimasto buono insieme a Tommy nell'ufficio che gli aveva destinato e che, con il senno di poi, avrebbe dovuto chiudere a chiave, anche se legalmente sarebbe stato equiparabile a tenerli in ostaggio. Aveva iniziato, senza farsi notare – essendo Castle, senza farsi notare troppo –, a inserirsi nei discorsi relativi all'indagine. Dopo un paio di tentativi di zittirlo e non potendo redarguirlo pubblicamente, si era dovuto arrendere. Alla fine si era piazzato davanti alla lavagna, sempre tenendo Tommy in braccio come se fosse il suo personale lasciapassare, per sciorinare le sue fantasiose teorie che, tutto sommato, non erano state così assurde. Con suo stupore, aveva avuto un assaggio di come sarebbe stata una loro eventuale partnership, se ai tempi non si fosse ostinata a rifiutare la sua offerta di collaborazione. Forse, forse la sua consulenza sarebbe stata preziosa. Ma ormai era inutile rammaricarsene.
I presenti le avevano lanciato qualche sguardo perplesso, per differenti motivi. Gli sconosciuti si chiedevano chi fosse quell'uomo e per quale motivo a un civile fosse stato concesso di partecipare all'indagine, e in più con un bambino al collo, ma qualcuno che la sapeva più lunga aveva subito collegato la presenza di Castle a una trasformazione epocale nella sua vita sentimentale, che a quel punto non aveva più potuto tenere nascosta. Con tutte le conseguenze del caso, domande indiscrete comprese.

Tommy si era talmente divertito - Castle era riuscito a rendere l'esperienza avventurosa, nonostante tutto - che aveva chiesto a più riprese di riaverlo all'uscita pomeridiana da scuola. Castle si era schierato dalla sua parte e aveva proclamato di essere disposto a farlo anche quotidianamente. Lei, come sempre in minoranza ma con pieni poteri decisionali, aveva preferito agire in modo giudizioso, anche se questo significava spezzare i loro cuori. Lo aveva spiegato a entrambi, con parole diverse e adatte alla loro età anagrafica ufficiale – non così dissimile in realtà – e aveva mantenuto fede al suo proposito, fino a oggi. Era il grande giorno.
Più tardi Tommy sarebbe andato a dormire dal nonno, che rivendicava il suo diritto di trascorrere più tempo con il nipote che in effetti ultimamente vedeva meno spesso. Tutti volevano stare con Tommy, la cosa cominciava a farle girare la testa, creando qualche problema di gestione.
Questo però significava anche che lei e Castle avrebbero avuto l'intera serata per loro, evento che non si verificava da diverso tempo e il cui solo pensiero l'aveva elettrizzata e distratta durante una giornata non esattamente produttiva.

"Ehi, ciao", salutò i suoi uomini, quando le si avvicinarono. La baciarono sulle guancia in contemporanea e con il medesimo trasporto, Tommy volle anche abbracciarla. A volte – sempre – si chiedeva se sarebbe riuscita a contenere quel profluvio di straripante amore che provava per loro e che riceveva moltiplicato.
Con l'apparire di Castle la sua vita non si era semplificata, era ancora l'unico genitore presente e il lavoro da capitano contemplava sempre la solita esorbitante quota di problemi da risolvere, insieme a mucchi di documenti da revisionare, ma di colpo la sua vita si era riempita di tonalità sgargianti che la inebriavano. Era ubriaca di endorfine, che si generavano da un punto dentro di lei e si disperdevano nel mondo a ciclo continuo, una coppa che non smetteva di colmarsi e di traboccare.
Tommy aveva smesso di essere geloso, fortunatamente. Aveva accettato che Castle potesse sporadicamente toccarla e, in occasioni speciali, baciarla, ma senza troppa foga.
Fu lei a sfiorargli le labbra, un'anteprima di quello che sarebbe avvenuto nel corso della serata, con un appartamento a loro completa disposizione. Se non fosse stata la donna seria che era, si sarebbe messa a volteggiare per strada, ebbra di vita e felicità.

   
 
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