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Autore: NPC_Stories    15/09/2020    2 recensioni
Una raccolta di flashfic e oneshot che attraverso una parodia quasi sempre comica di alcuni cliché letterari racconteranno frammenti di vita dei miei personaggi ricorrenti, o anche piccoli missing moments di altre storie.
Aggiornamento a random quando mi sento ispirata.
Genere: Fantasy, Parodia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1320 DR: Red shoes


Un pomeriggio d'estate, in una locanda vicino a Secomber

"Porca faina!" Gridò una vocetta infantile. Il suo tono acuto riverberò fra gli edifici che circondavano il cortile e spaventò perfino una coppia di colombi, che spiccarono il volo da sotto un tetto in cerca di lidi più tranquilli.
Krystel sapeva che era stata sua figlia Amber a gridare, e credeva di sapere anche perché.
Interruppe un momento il suo lavoro e si affacciò alla finestra, cercando con gli occhi la sua bambina iperattiva.
"Amber" l'apostrofò stancamente, vedendola nascosta dietro i panni stesi al sole "hai di nuovo pestato un sasso appuntito?"
La bimba occhieggiò sua madre sporgendo la testolina da dietro un lenzuolo. I suoi capelli candidi come la neve facevano sembrare sporco il lenzuolo di lana leggera, reo di non essere perfettamente bianco, come qualunque fibra naturale. La sua pelle per contrasto era nera come una notte senza luna, e su quella carnagione scura spiccavano due enormi occhi azzurri. Quegli occhi avevano un'aria particolarmente colpevole.
"Uh... no?" Sembrava più una domanda che un'affermazione.
Krystel sorrise della sua evidente menzogna.
"Perché non vieni a metterti delle scarpe?"
Amber poteva anche essere molto giovane, ma sicuramente era caparbia. Scosse la testa, con tanta veemenza che i fini capelli bianchi ondeggiarono intorno al suo viso e alcuni vennero attratti dal lenzuolo di lana, restandovi attaccati. "Non mi ciacciono le scarpe" affermò convinta, agitando le dita dei piedi nudi come per sottolineare il concetto.
La madre sorrise con aria furba. "Ah, ma non hai ancora visto quelle che ti ho cucito apposta. Sono un regalo per te e so che ti piaceranno." Sicura di aver stuzzicato la curiosità della figlia, voltò le spalle alla finestra per recuperare qualcosa dal suo piano da lavoro, tranquilla che Amber non sarebbe fuggita verso il cortile esterno (come avrebbe fatto invece per evitare una sgridata), perché la promessa di un regalo funzionava meglio di una calamita.
Infatti quando si girò di nuovo verso il cortile la bambina si era avvicinata, non allontanata. La drow adulta sorrise con aria saputa. Sollevò la mano che aveva tenuto dietro la schiena, rivelando un paio di bellissimi stivaletti rossi, di un colore così vivo che ricordava i fuochi dei falò del Solstizio, il colore dei lamponi quasi maturi... gli occhi di Amber quando brillavano nella completa oscurità. Krystel sapeva che sua figlia aveva un debole per il colore rosso ed era valsa la pena procurarsi dell'ocra e tingere la pelle per quegli stivaletti. Forse aveva finalmente trovato un paio di scarpe che la sua selvaggia figliola avrebbe voluto indossare.
Infatti la bambina sgranò gli occhi, estasiata, incredula.
"Ma... Sono per me?" Balbettò.
"Certo, tesoro mio" Krystel sfoggiò un sorriso intenerito che però aveva anche un'aura di vittoria e autocompiacimento. "Ti piacciono?"
Amber rimase a bocca aperta in silenzio ancora per un momento, poi esplose manifestando tutto il suo entusiasmo. "Sì! Oh sì, mamma! Mi ciacciono tantissimo! Me le dai?" Corse verso la finestra a cui la madre era affacciata. Il laboratorio di Krystel si trovava al pianterreno quindi con un piccolo saltello la bambina riuscì ad aggrapparsi al cornicione.
"Va bene, va bene" la strega abbassò gli stivaletti al livello della figlia perché potesse prenderli. In quel momento si complimentò con se stessa per aver pensato a creare degli stivali magici, che sarebbero cresciuti man mano che crescevano i piedini della loro proprietaria. Amber afferrò gli stivali e corse via, stringendoli come se fossero stati un tesoro.

Più tardi, verso sera, Krystel stava sistemando in alcune boccette un inchiostro che aveva appena prodotto, quando sentì una voce dal giardino, di nuovo:
"Porca faina maledetta sul carro dei morti!!" Gridò Amber, aggiungendo strati su strati alle sue imprecazioni, che aveva ricostruito in modo un po' casuale da stralci di bestemmie dei contadini.
Krystel sobbalzò, colta alla sprovvista. Questa volta Amber doveva essersi fatta davvero male. Uscì dal laboratorio di corsa, trovandosi davanti una bimba che zoppicava e aveva un po' di sangue fra le dita del piede destro.
"Mamma" Amber la chiamò in tono lamentoso, buttandosi subito fra le sue braccia. "Mamma, mi sono fatta malissimissimo!"
Krystel mise una mano sul piedino insanguinato e impolverato, guarendo quella ferita leggera con un semplice incantesimo. "Amber, perché sei ancora senza scarpe? Poi per forza ti fai male."
"Mamma, fai una magia e togli i sassi cattivi dal giardino..."
"Oppure puoi metterti le scarpe" la strega sorrise dei piagnucolii della bambina, perché ormai il piede non le faceva più male, stava solo facendo la vittima per non farsi sgridare.
"Non mi ciace mettere i piedi nella gabbia" affermò convinta, asciugandosi gli occhi con un braccio.
"Ma le scarpe nuove che ti ho fatto?" Indagò l'adulta.
"Sono bellissimissime" confermò la piccola.
"Perché non le indossi?"
"Sono nel mio baule del tesoro" raccontò, a bassa voce come se fosse un segreto, "nella mia cameretta."
"Ma... quando verrà il freddo dovrai metterti delle scarpe" annunciò. Non era una minaccia, era un dato di fatto.
Amber fece due passi indietro, incrociò lo sguardo di sua madre senza la minima paura e ribatté, perfettamente sicura di sé: "Questo lo vedremo."

La strega sospirò. Aveva davvero sperato che delle scarpe del colore preferito di sua figlia si rivelassero irresistibili. Non aveva fatto i conti con la testardaggine di quella piccola peste.



***************
Non è esattamente una trope, ma le scarpette rosse sono un elemento che compare in diverse fiabe e hanno la costante di essere un oggetto di tentazione, oppure un oggetto amato a cui è difficile rinunciare.
Parte di questa storia mi è stata ispirata dal testo di una canzone di Wyndreth Berginsdottir, My Mother's Savage Daughter, che comincia proprio con "I am my mother's savage daughter, the one who runs barefoot, cursing sharp stones", un'immagine che mi dava un'idea di grande libertà e testardaggine.
   
 
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