Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Saigo il SenzaVolto    16/09/2020    1 recensioni
AU, CROSSOVER.
Sequel de 'Il Pianto del Cuore' e de 'La Battaglia di Eldia'
Il Villaggio della Foglia ha una lunga serie di precedenti nella formazione di alcuni dei più pericolosi e famigerati Ninja Traditori che abbiano mai messo piede sulla Terra: Orochimaru, Kabuto, Obito, Itachi, Sasuke... era solo questione di tempo quindi prima che ne producessero un altro. Ma nessuno, specialmente Naruto, si era aspettato che il prossimo Nukenin sarebbe stato Boruto Uzumaki, il prodigio di Konoha. Questa è la conclusione della sua storia, e di tutto ciò che ha generato. Una nuova Guerra sembra aleggiare inevitabilmente all'orizzonte. La Quinta Guerra Mondiale.
Una Guerra per porre fine a tutte le Guerre.
Uno scontro tra Bene e Male. Tra Luce e Oscurità. Tra Shinobi e Guerrieri. Tra Famiglia e Famiglia.
Riuscirà Naruto a rimettere insieme la sua famiglia spezzata? Oppure la sua storia terminerà così, schiacciata sotto la morsa crudele ed implacabile del Destino?
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Naruto Uzumaki, Sarada Uchiha, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

ODORE DI MORTE



12 Gennaio, 0022 AIT
Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Torre dell’Hokage
10:00

Quel giorno, Naruto sentì un peso tangibile sulle sue spalle, come se un masso gli fosse stato legato alla schiena. Aveva fatto molte cose nella sua vita. Aveva combattuto così duramente, si era impegnato così tanto, era arrivato così lontano… ma alla fine tutto questo non aveva avuto importanza. Era quasi una tortura. Anzi, era decisamente una tortura. Una tortura psicologica. Una di quelle che Boruto gli aveva crudelmente imposto per vendicarsi di tutto ciò che lui e la sua famiglia gli avevano fatto e causato quando era piccolo. E questa cosa, per quanto detestasse ammetterlo, lo feriva più di quanto si sarebbe mai aspettato.

Era come se suo figlio gli avesse riservato un posto in prima fila in teatro, per fargli guardare al meglio tutto ciò per cui lui e Sasuke avevano combattuto, sanguinato e sofferto nella loro vita mentre veniva sbriciolato davanti ai suoi occhi. E nonostante tutta la forza che possedeva, Naruto non aveva comunque il potere di fermarlo. Ogni decisione che prendeva, ogni azione che intraprendeva, servivano solo a prolungare l'inevitabile o a peggiorare le cose.

E ormai era troppo tardi per rimediare. Si era reso conto ormai troppo tardi di essere stato cieco fino a quel momento. Perché questa era la verità: lui era cieco. Era troppo vicino al nemico, troppo coinvolto con suo figlio, per riuscire a prendere decisioni con una mente chiara e imparziale. Era cieco. Questa Guerra era stata la sua crociata personale perché istigata da suo figlio. Questo lo aveva reso cieco, lo aveva reso impulsivo e instabile. Lo aveva portato a correre dei rischi.

E ora ne stava pagando le conseguenze.

Un genocidio si era verificato sotto il suo mandato da Hokage. Centinaia di persone erano morte. Uomini, donne e bambini. Peggio ancora, erano la famiglia ed i membri del clan del suo migliore amico. Shikamaru era fuori di sé per la rabbia e il dolore. C'erano voluti sei ANBU contemporaneamente per trattenerlo e confinarlo in un hotel protetto, così da permettergli di riposare, sfogarsi e piangere mentre il distretto del clan Nara veniva esplorato dopo il… massacro. E tutto questo era successo per colpa sua.

Per questo motivo, fu con il cuore pesante che Naruto si rese conto che l'era della sua leadership era finita. Si era aspettato di indossare il Cappello per altri dieci o vent'anni. Aveva creduto di poter dare a Konohamaru abbastanza tempo per maturare nel Ninja che sapeva potesse essere prima di passargli il mantello da Hokage. E invece, le cose non erano andate secondo i suoi piani.

Sembrava che il mondo gli fosse passato accanto in un batter d’occhio. Non aveva ancora quarant’anni nemmeno, e già il mondo era cambiato così tanto rispetto a com'era quando era bambino. Era cambiato talmente tanto che non lo riconosceva più. Costanti come le Nazioni e lo stile di vita del suo popolo – il fondamento su cui aveva costruito il suo carattere – stavano mutando e cambiando. Una nuova voce, una nuova ideologia, una nuova speranza stava nascendo nella Terra. E questa voce, questa ideologia, aveva il volto di suo figlio. Un volto che aveva preso il suo posto e che adesso parlava per il mondo. E quando parlava, parlava di guerra, di cambiamento e di conquista; e la gente – anche quella di Konoha – esultava ogni volta che lo ascoltava.

Un colpo alla porta lo distolse dai suoi pensieri oscuri. "Entra," esalò Naruto.

Moegi entrò, la sua attuale segretaria di turno, rivolgendogli un piccolo, triste sorriso. "I suoi ospiti sono qui, Nanadaime-sama," disse, inchinandosi.

Naruto annuì e le fece cenno di allontanarsi. Subito dopo, con aria imbarazzata e triste, Konohamaru entrò a sua volta nell’ufficio, seguito da uno Shikamaru arruffato e chiaramente ubriaco e da diversi agenti ANBU che scivolarono via nell'ombra. Una volta che lo vide, Konohamaru si arrestò di colpo, e Naruto capì che doveva aver visto qualcosa nella sua espressione. Qualcosa che tradiva le sue reali intenzioni. "N-Naruto-nii?" chiese a bassa voce.

Il biondo sospirò pesantemente. Il momento era infine giunto. "Vi ho chiamati entrambi qui perché ho preso una decisione," annunciò senza preamboli, con voce roca. Vide il giovane Sarutobi irrigidirsi e farsi solenne dopo quelle parole, mentre Shikamaru lo guardava di sbieco con un’espressione spenta e devastata, trattenendo a stento le lacrime.

Passarono diversi secondi di silenzio. L’aria nell’ufficio sembrò appesantirsi visibilmente. Poi, facendo un grosso respiro, l’eroe del Villaggio della Foglia si arrischiò a continuare. "A partire da questa sera a mezzanotte… io cesserò di essere il Settimo Hokage di Konoha," dichiarò.

Gli occhi di Konohamaru si spalancarono a dismisura e la sua faccia si contorse come se fosse appena stato pugnalato. Quelli di Shikamaru invece si fecero rossi e pieni di lacrime non versate, anche se il biondo non poteva dire se fosse a causa del suo annuncio o meno.

Naruto fece un respiro profondo e affannoso. "Ti ho nominato mio successore, Konohamaru," disse gentilmente.

Il giovane Sarutobi ammiccò le palpebre con aria terrorizzata. "I-I-Io?" esclamò, in preda al panico. "N-No! Non posso essere Hokage! Non sono pronto! Ho ancora così tanto da imparare! E-E non sono abbastanza forte da poter difendere il Villaggio! Neanche lontanamente! Non posso, Naruto!"

L’Uzumaki sorrise con tristezza. "La tua Modalità Eremitica è migliorata moltissimo solamente nell'ultimo anno," gli ricordò. "E ti sei allenato per assumere il Cappello per quasi lo stesso tempo che ho avuto io. Sei nato per questo, Konohamaru. È giunto il momento di rendere orgoglioso tuo nonno."

"M-Ma…" Konohamaru rimase a bocca aperta, a corto di parole. "Io... Io... E se rifiutassi?" chiese freneticamente. "Chi altro sceglieresti?"

Naruto espirò un sospiro dal naso, a lungo e lentamente. "Se tu dovessi rifiutare," disse con cautela. "Dato che Sasuke è ancora lontano, allora sceglierei Sarada come mio successore."

Konohamaru soffocò. "Ma... lei... lei è..." balbettò.

"Sarada sarebbe l’Hokage più giovane sin dai tempi di mio padre, è vero," disse Naruto. "Non ha alcuna formazione politica, e probabilmente non l’avrà mai se le cose continueranno in questo modo. Ma è forte e appassionata, e nonostante i suoi difetti e le sue falle, credo che sia sinceramente dedita al bene della Foglia, al miglioramento del mondo, e alla cattura di Boruto per assicurarlo alla giustizia."

"…non è pronta," gracchiò Shikamaru, prendendo parola per la prima volta. "Anzi, probabilmente non siamo pronti nemmeno noi perché tu prenda il Cappello, Konohamaru. Senza offesa."

"Allora... Allora perché?" chiese disperatamente il Sarutobi, implorando, quasi.

Naruto abbassò lo sguardo a terra. "Perché... sono emotivamente compromesso, Konohamaru," spiegò, ricacciando indietro le lacrime. "Lo sono da molto tempo. Pensavo di poterlo gestire, di poter essere professionale, ma… gli eventi recenti hanno dimostrato che non posso farcela. Non posso, in buona fede, indossare il Cappello sapendo di essere incapace di onorare la forza e l'integrità di coloro che l'hanno indossato prima di me."

Konohamaru lo guardò a bocca aperta come un pesce.

"Naruto rimarrà comunque come tuo consigliere, assieme a me," aggiunse allora Shikamaru. "E continuerà a combattere per la Foglia, ma non sarà più lui a dare ordini. Sarai tu a farlo, Konohamaru."

Il Sarutobi si voltò di scatto. "T-Tu ... sei d'accordo con lui, Shikamaru?" esclamò.

Shikamaru annuì, triste e depresso. "Sarai un buon Hokage," disse a sua volta. "Col tempo, almeno. Se riusciremo ad averlo."

Konohamaru rimase in silenzio per molto tempo, la sua testa bassa e le sue sopracciglia aggrottate. Naruto aspettò per molto tempo la sua risposta. Poi, dopo diversi minuti, parlò. "Io... lo farò," sussurrò, suonando quasi incredulo. "Ma avrò bisogno del vostro aiuto."

Naruto sorrise tristemente e si alzò dalla sedia. Fece il giro della sua scrivania – o meglio, della scrivania dell'Hokage – per l'ultima volta. Con cautela, allungò una mano e si rimosse il cappello cerimoniale da Hokage, rosso fuoco e crema, e lo mise in cima alla testa di Konohamaru. Poi si tolse la veste, slacciando il fermaglio d'oro che la teneva in posizione, e la avvolse attorno al suo giovane amico. Ed infine, sorridendo, s’inchinò rispettosamente davanti a lui. "Congratulazioni, Hachidaime-sama (Ottavo Hokage)," disse ad alta voce.

Per tutta risposta, il giovane si precipitò in avanti e lo abbracciò con una presa quasi schiacciante. Naruto ricambiò l'abbraccio e gli diede una pacca sulla schiena.

"Sei stato nominato in tempo di guerra," li interruppe Shikamaru subito dopo, guardando il nuovo Kage con tristezza. "Non ci saranno fasti o cerimonie. E al momento non andrebbero bene comunque. Annunceremo modestamente la tua nomina sul giornale di domani."

Naruto vide un fuoco ardente accendersi negli occhi del Sarutobi. Il neo Hokage annuì in accordo.

"Va bene," disse poi con un rapido cenno del capo. "Cosa dovremmo fare?"

Naruto condivise un sorrisetto con Shikamaru. "Questo," disse il Nara. "Dipende da te, Ottavo Hokage."

Le guance di Konohamaru divennero tinte di rosso. "Cosa dovrei fare, allora, secondo voi?" chiese.

Shikamaru sospirò e si frugò in tasca prima di ritirare una sigaretta, accenderla e fare un lungo tiro con le labbra. Poi prese una mappa arrotolata da una libreria vicina e la stese sulla scrivania. Konohamaru fece per sedersi su una delle sedie degli ospiti. Un secondo dopo, sembrò rendersi conto del suo errore e si mise a sedere dietro la scrivania. Naruto sorrise affettuosamente a quella scena.

"Ora sappiamo cosa vuole Boruto," ringhiò ferocemente Shikamaru. "Vuole il mondo, e ne ha già preso metà senza che ce ne rendessimo veramente conto. L'Impero Shinobi Unito controlla la Terra del Gelo, del Vapore, del Fulmine e della Roccia. E per quanto ne sappiamo, anche la Terra dell’Erba è ufficialmente controllata da lui. Noi, d’altra parte, stiamo ancora aiutando i sopravvissuti della battaglia alla Nuova Nuvola a trasferirsi qui sotto la leadership di Yurui. In quanto futuro Settimo Raikage, sarà il nostro più stretto alleato se decidessimo di impegnarci a riconquistare la Terra del Fulmine."

Naruto annuì mentre Konohamaru prestava molta attenzione a Shikamaru.

Il Nara mosse le mani sulla mappa. "Inoltre," continuò. "Siamo certi che anche la Terra della Pioggia sia alleata con l'Impero. Boruto ha avuto degli stretti legami con l'Amekage quando l'ha aiutata a salire al potere. Non ci sono dubbi sul fatto che quella donna sia alleata con lui."

Shikamaru indicò con un dito l'isola al largo della costa orientale della Terra del Fuoco. "Non siamo sicuri, invece, di cosa stia succedendo nella Terra del Vortice. I falchi messaggeri vengono sempre respinti, e ogni nostro tentativo di comunicazione con l’Uzukage è fallito. Jin Uzumaki ha abbandonato la Task Force anni fa, e dopo il Summit non è stato più visto. Inoltre, le nostre informazioni ci suggeriscono che il clan Uzumaki sia in parte responsabile della scomparsa dei Kara e della loro base operativa. Dopotutto, Kairi Uzumaki è la figlia dell’Uzukage. Molto probabilmente, questo significa che anche loro si sono uniti all'Impero."

Konohamaru impallidì visibilmente dopo quella spiegazione. "Sette Nazioni," sussurrò.

Shikamaru annuì gravemente. "Un possibile piano di attacco sarebbe puntare sull'anello più debole," continuò. "La Terra della Pioggia è la più lontana dai confini dell'Impero. Se attaccassimo lì, per Boruto sarebbe difficile trasportare un intero esercito per difenderla. Ma questo solleva un secondo problema: l'Impero ha anche un alleato dietro le linee nemiche."

"I mercenari della Terra dell’Acqua," dedusse Konohamaru.

Shikamaru annuì, spegnendo la sigaretta. "Mei Terumi ha assunto nuovamente il titolo di Quinto Mizukage, ma la Nebbia è in gravi difficoltà. La situazione politica sta ancora vacillando. Dopo l’assalto dei Kara, Chojuro è stato assassinato e, insieme a lui, anche i candidati per il titolo di Settimo Mizukage. Se Mei dovesse morire a sua volta, la Nebbia è condannata. Sarebbero senza leader e circondati da tutte le parti. È per questo che al momento non sono stati più colpiti. Non rappresentano una minaccia per Boruto, e lui potrebbe sconfiggerli in meno di un’ora."

Konohamaru imprecò sottovoce, con il sudore che gli imperlava la fronte. Naruto sorrise ironicamente. Comprendeva appieno il peso che Konohamaru si sentiva addosso.

"Ma c’è dell’altro oltre alla minaccia geopolitica," spiegò ancora Shikamaru. "Boruto vuole i Bijuu, per qualche motivo. Non sappiamo perché. Con la cattura dell’Hachibi (Ottacoda), rimangono solo il Rokubi (Esacoda) e il Nanabi (Eptacoda). Sarada e gli altri li stanno tenendo d'occhio, ma dobbiamo essere estremamente prudenti. Se spostassimo troppi uomini per difendere i confini e riconquistare i Paesi, Boruto muoverà le sue forze per colpire i Cercoteri e rubarceli da sotto il naso."

Poi, in quel momento, Shikamaru si schiarì la gola ed uno sguardo di profondo dolore oscurò i suoi lineamenti. "Con la... con la distruzione del clan Nara, Temari è stata rapita,” sussurrò, la sua voce bassa che si spezzava terribilmente. “È una prigioniera preziosa, non solo per… motivi personali. È la prossima in linea per diventare Kazekage nel caso in cui il comandante Ittan non venisse scelto come successore. Inoltre, possiede una conoscenza profonda della Sabbia e della Foglia. Una conoscenza che sarà di sicuro inestimabile per Boruto per vincere questa guerra. L'Impero non ha ancora fatto richieste per restituircela, ma lo farà presto. Dovrai essere preparato ad affrontarli, Ottavo."

Konohamaru sembrava assolutamente perso. Naruto, per la prima volta in vita sua, non lo invidiò.

"E ancora, infine," Shikamaru si asciugò una lacrima che gli era sfuggita e gli scorreva lungo la guancia. "Il genocidio della nobiltà ha lasciato ogni Nazione, compresa la nostra, nel caos. Devi decidere se la Foglia debba o meno assumere il governo del Paese fino a quando non sarà possibile scegliere un nuovo Daimyo del Fuoco."

Detto questo, l’ufficio sprofondò nel silenzio più assoluto. Un silenzio che sapeva di terrore e amarezza.

Il neo Hokage rimase zitto per molto, molto tempo. Fissò la mappa con occhi sbarrati, e Naruto ebbe paura per un momento che sarebbe esplosa in fiamme sotto al suo sguardo. Questa era la sua prima prova come Hokage, e il biondo sperava vivamente che Konohamaru potesse passarla a pieni voti.

"Io... non credo che un attacco ci farebbe guadagnare qualcosa, a questo punto," decise alla fine Konohamaru. O meglio, l'Ottavo Hokage. "Per ora lasceremo perdere la Pioggia, ma dovremmo posizionare una guarnigione al confine per aiutare la pattuglia. Allo stesso modo, dovremmo spostare alcune delle nostre forze a Nord-Est per aiutare a difendere il nostro confine con la Terra del Vapore. Inoltre, continuiamo a cercare di stabilire una comunicazione con il Vortice. Se continueranno a bloccarci, allora è sicuro che ci hanno tradito e avremo bisogno di inviare delle guarnigioni nelle città portuali per difenderle.”

Naruto e Shikamaru annuirono in silenzio mentre il neo Hokage parlava. “Dato che il Vortice controlla la baia, possiamo inviare degli uomini nella penisola sud-orientale e far attraversare loro il confine terrestre che condividiamo con la Terra dell'Acqua,” continuò. “Da lì, possono spostarsi per raggiungere la Nebbia. Sarà difficile, certo, se non impossibile, difendere il Villaggio dietro le linee nemiche. Perciò, nel caso la Nebbia dovesse cadere, dovremmo aiutare Mei ed i suoi Ninja a ritirarsi qui. Possiamo chiedere alla Terra delle Onde di prestarci l'uso della sua flotta e del porto per aiutare a trasportarli. Se Boruto vuole la Terra dell'Acqua, può averla. Ma questo è tutto quello che avrà: la terra."

Konohamaru fece una pausa, facendo un respiro profondo, le sue sopracciglia aggrottate in concentrazione. "Chiederemo sostegno alla Sabbia, e cercheremo di ristabilire i contatti con la Terra del Ferro e delle Cascate," disse ancora. "Per quanto riguarda la nobiltà, credo che la Foglia dovrebbe assumere il controllo del Paese. Non abbiamo altra scelta se vogliamo evitare una sommossa popolare. Perciò, cominciamo a preparare l'economia per la guerra. Più attività minerarie, più agricoltura. Aumentiamo la fabbricazione delle armi e ordiniamo ufficialmente il reclutamento per gli studenti dell'Accademia."

Naruto si portò al fianco di Shikamaru dopo quella dichiarazione. "Come desidera, Hokage-sama," fecero eco a vicenda, inchinandosi. Era un po' imbarazzante, dovette ammettere, dopo essere stato abituato alle persone che si inchinavano davanti a lui per così tanto tempo.

E mentre i due uomini si muovevano per andarsene – e per lasciare che Konohamaru si adattasse alla sua nuova posizione – il giovane Hokage li chiamò un’ultima volta. "Shikamaru?" disse l’Ottavo, attirando l'attenzione del Nara. "Riporteremo indietro tua moglie. Te lo prometto."

Shikamaru non disse niente. Semplicemente si voltò e se ne andò. Ma Naruto riuscì a vedere le lacrime che cadevano mentre lo seguiva per impartire ordini.
 


15 Gennaio, 0022 AIT
Terra dell’Acqua
Isola del Villaggio della Nebbia
11:00

La nave si arenò sulla sabbia e Boruto saltò giù con passo solenne. L'acqua schiumosa del bagnasciuga gli schizzò sulle gambe mentre i suoi stivali colpivano la sabbia bagnata, ma lui non se ne curò. Il suo Jougan era aperto e in concentrazione, con lo sguardo perso verso l’orizzonte. E per quanto lontano osservasse, ancora non riusciva a percepire i difensori nemici. I suoi uomini sbarcarono dietro di lui, le loro armature nere che risuonavano ad ogni movimento mentre si spintonavano per avanzare.

Boruto si rivolse ai suoi luogotenenti. "Inviate degli esploratori a Nord e Sud," ordinò. "Poi spostate le truppe ad Est. Io guiderò l'esercito principale direttamente al Villaggio della Nebbia. Ci riuniremo assieme lì."

"Sissignore!" esclamarono suoi luogotenenti. Fecero un rapido cenno di saluto, prima di iniziare ad abbaiare ordini e precipitarsi ad eseguire i suoi comandi.

Il Nukenin avanzò a sua volta. Lucy lo seguì a ruota, come un cucciolo smarrito, osservando il numero sempre più crescente di navi che si arenavano sulla spiaggia e dei soldati che sbarcavano. Boruto guardò attraverso il mare e si chiese dove sarebbe atterrata Mikasa, che stava guidando l'assalto navale dall’altra parte dell’isola. Poi lanciò una rapida occhiata a Lucy e la sorprese mentre era intenta a fissarlo. La bionda distolse rapidamente gli occhi, le sue guance rosa, trovando improvvisamente affascinante il ​​via vai dei soldati.

Boruto sospirò, percependo le sue emozioni col Jougan. Era chiaro come il sole che Lucy stava iniziando a provare dei sentimenti nei suo confronti, ma decise di ignorarla per il momento. Sperava solo che questa faccenda non sarebbe diventata un problema. Anche se, in tutta onestà, lui non poteva biasimare la giovane per i suoi sentimenti. Mikasa era stata così timida con lui a sua volta, prima che diventasse... beh, la sua ragazza.

Non ci volle molto perché i suoi uomini si unissero a formare una fila uniforme ed ordinata. Marciarono con un aspro staccato che suonava stranamente gradevole alle sue orecchie. La Terra dell'Acqua era più piccola rispetto a molti Paesi nell’entroterra, ma ci vollero comunque diverse ore di marcia veloce per raggiungere l'unico baluardo di civiltà dell'isola. Prima vennero le strade e le case, e poi Boruto poté vedere gli stendardi dell’esercito di Mikasa, seguiti dagli alti muri di pietra bianca del Villaggio della Nebbia e le luci al neon che brillavano morbidamente nella nebbia sempre presente. Il guerriero si avvicinò alla porta principale della città, attivò di nuovo il Jougan, ed il suo occhio vide...

Niente.

Era vuota, a parte qualche migliaio di civili nervosi. Boruto corrugò la fronte.

"Boruto!" sentì Mikasa gridare il suo nome. Il suo sguardo trovò rapidamente la ragazza ed un battaglione di uomini accampati su una delle spiagge.

Il Nukenin corse velocemente verso di loro. "Mikasa," sussurrò. "Cosa sta succedendo?"

"Il Villaggio è stato abbandonato," lo informò la nera. "Non è rimasto nessun Ninja. Abbiamo catturato alcuni pescatori mentre entravamo nella baia. Dicono che la Mizukage abbia preso le sue forze e le persone a lei fedeli e sia fuggita."

Mikasa fece un cenno col capo verso due vecchietti brizzolati, entrambi calvi e con la barba bianca come la neve, che stavano dietro di lei e che non aveva notato durante la sua prima ispezione. "Kurokage-sama," lo salutarono in coro, inchinandosi rispettosamente.

"Perché la Mizukage ha abbandonato la sua città e dove ha portato i suoi uomini?" domandò loro Boruto.

I due vecchi si scambiarono uno sguardo. Uno di loro, il maggiore, immaginò Boruto, si fece avanti. "La Mizukage sapeva che sareste venuto, mio ​​signore," disse lentamente. "Ci ha detto che non sarebbe stata in grado di difendere noi ed il Villaggio. Ogni suo sforzo sarebbe servito solo a farci guadagnare tempo prima che lei, Kurokage-sama, ci conquistasse. Perciò, ci ha dato una scelta: potevamo restare e difendere inutilmente la città fino al nostro ultimo respiro, oppure scappare e vivere per combattere un altro giorno. La nostra gente ha votato, e ha accettato di andarsene."

"E che dire di quelli che sono rimasti?" chiese il biondo.

Il vecchio si inchinò di nuovo. "Quelli che sono rimasti sono quelli che le sono fedeli, mio ​​signore," disse.

Boruto annuì solennemente. Fece un cenno ad uno dei suoi aiutanti. "Tenente, assicurati che questi uomini siano adeguatamente ricompensati per il loro servizio," ordinò.

Il soldato annuì e condusse via i due vecchi pescatori. L'uomo che gli aveva risposto si inchinò profondamente. "Grazie, mio ​​signore," disse.

Boruto sorrise, sapendo di aver irrevocabilmente cambiato la vita di quell'uomo e della sua famiglia per sempre. La Nebbia aveva a malapena tenuto il passo con i radicali cambiamenti tecnologici che erano esplosi nella Foglia e nell'Unione. Molte persone erano povere, lavoravano per lunghe ore, e vivevano vite dure ancora adesso, molti anni dopo la Quarta Guerra Mondiale.

Ma ora non era il momento di pensare a convenevoli. Boruto aveva un altro Paese da aggiungere alla sua collezione. "Dite agli uomini di entrare in città," ordinò. "Non devono attaccare a meno che non siano attaccati per primi. Non ci saranno danni alle proprietà del Villaggio se non in casi strettamente necessari, e qualunque tipo di saccheggio è vietato. Chiunque venga sorpreso a trarre vantaggio dall'assedio, avrà le mani tagliate."

"Si, Kurokage-sama!" fecero eco i suoi luogotenenti, prima di precipitarsi di nuovo via.

"Pensi davvero che sarà così facile?" chiese a quel punto Mikasa.

Boruto assottigliò i suoi occhi eterocromi. "Ne dubito," rispose. "Ma non percepisco nessuna negatività qui. Possiamo sempre sperare, no? Se la Mizukage si è ritirata davvero, questa sarebbe una grande vittoria per noi. La Terra del Fulmine può fornire il metallo e le miniere di cui abbiamo bisogno per l'esercito, e la Terra dell'Acqua da sola può rifornire di cibo l’intera popolazione dell’Impero grazie alla sua robusta industria di pesca e coltivazioni. Se la maggior parte dell'isola è stata abbandonata, questo significa che c'è terra da prendere. Possiamo offrire incentivi per convincere le persone a trasferirsi qui. Dare loro terra, case e posti di lavoro in cambio di una parte del raccolto per l'Impero."

Mikasa sorrise timidamente e gli si avvicinò in un modo che era palesemente intimo. Boruto la guardò, confuso. Non era imbarazzato dal fatto che loro due fossero in una relazione… ma non erano esattamente soli in quel momento, e lui aveva la sua immagine di Kurokage da considerare. I suoi uomini dovevano vederlo come il loro leader prima di tutto: un dio tra gli uomini; imbattibile, intoccabile e inattaccabile. Mikasa invece teneva il suo cuore tra le mani, mettendolo in bella mostra al mondo.

"Ti ho mai detto quanto sei attraente quando parli di politica?" sussurrò lei, in un tono che era allo stesso tempo seducente e scherzoso.

Boruto ammiccò. Sentì uno sbruffo disgustato alle sue spalle e si voltò per vedere Lucy che se ne andava. Ammiccando di nuovo, si girò verso Mikasa e la fissò incredulo. "…davvero?" sospirò. "E con quella frase?"

"Mi stava irritando," grugnì la nera. "Ed era l'unica cosa che mi è venuta in mente. Se fossi rimasta zitta, le cose sarebbero state ancora più imbarazzanti per entrambi."

Il Nukenin fece un respiro profondo. "Se non l'hai notato, cara," disse dolcemente. "Siamo in guerra. Ci troviamo letteralmente su un campo di battaglia. Per cui, cerca di risparmiare la gelosia per dopo!" sibilò.

Mikasa ruotò gli occhi al cielo mentre un messaggero correva loro incontro. "Kurokage-sama, signore!" si inchinò. "Un messaggio per lei," riferì, porgendogli una pergamena.

Boruto ispezionò il documento con il Jougan per un momento, alla ricerca di trappole, ma non ne trovò. Prese il rotolo con un mormorio di ringraziamento e il messaggero corse via per occuparsi degli altri suoi doveri. Poi, la sua fronte si corrugò mentre i suoi occhi esaminavano il testo.

"Cosa dice?" chiese la ragazza.

Lui sospirò. "È un messaggio di Kaya, l'Uzukage," spiegò, la sua mente che prese a dedurre immediatamente cosa stava succedendo. "Vuole incontrarmi per discutere una questione importante."

Mikasa inarcò un sopracciglio. "E vuoi andarci adesso?"

Boruto annuì. "Mi farà risparmiare tempo," rispose con una scrollata di spalle. "Avevo comunque bisogno di parlare con lei. Il mio piano è fare in modo che l'Uzukage governi sia la Terra del Vortice che quella dell'Acqua. Dovrò informarla che la Nebbia è stata conquistata e che la sua gente può iniziare a trasferirsi qui e prendere in mano le redini del comando."

La sua ragazza annuì pigramente.

Lui le rivolse uno sguardo emotivo. "Mentre sono via, posso contare su di te per sovrintendere la resa della città?" chiese con voce bassa ed incerta.

Mikasa alzò lo sguardo ed ammiccò con le palpebre. "Certo, Boruto," disse dolcemente.

Il biondo annuì, un piccolo sorriso che adornava le sue labbra, ed allungò la mano verso di lei. Le sue dita sfiorarono la mano della giovane e Mikasa gli sorrise in risposta. Soddisfatto, Boruto si voltò ed iniziò a seguire le orme di Lucy. Non gli ci volle molto per trovarla, dato che non era andata molto lontano. La trovò mentre era intenta a guardare gli uomini che scendevano dalle loro navi e scaricavano rifornimenti e attrezzature.

"Lucy," disse, avvicinandosi a lei. Per tutta risposta, la bionda borbottò qualcosa di incomprensibile. Boruto fece una pausa, decise le sue parole, e poi parlò. "So che Mikasa potrebbe non piacerti, o che potresti sentirti inferiore a lei, ma questo non è il momento per comportarsi così. Mikasa è ben informata su questioni militari come questa, e mi aspetto che voi due siate in grado di lavorare insieme."

Le sue parole colpirono in pieno. Lucy era diventata di una particolare sfumatura scarlatta che Boruto non aveva mai visto in un altro essere umano. Fece una pausa. Anche senza Jougan, quella ragazza era estremamente semplice da leggere. E i suoi sentimenti per lui – qualunque cosa pensassero di essere – erano ancora tormentosi e incerti. Lo stesso approccio non avrebbe funzionato. Quindi...

Il giovane Uzumaki le posò delicatamente e cautamente una mano sulla spalla che la fece trasalire. "Aiutami a portare il Villaggio sotto il mio governo e impara quello che puoi da lei, per favore. Fallo per me, ok?" chiese.

Lucy squittì, distogliendo lo sguardo, e poi annuì dopo pochi secondi.

"Grazie," disse lui dolcemente, attivando la sua Scia Scattante di Fulmini mentre parlava. Poi, nel momento in cui le parole lasciarono le sue labbra, tutto il suo corpo scomparve con un lampo di luce e un rombo di tuono.
 


15 Gennaio, 0022 AIT
Villaggio del Vortice, Terra del Vortice
12:43

Non gli ci volle molto per navigare attraverso i cieli. Anche senza dover evocare un portale oscuro, viaggiare era diventato estremamente facile per lui.

Grazie al Potere del Risveglio, Boruto sorvolò l'isola principale della Terra dell'Acqua, spiando le sue truppe e i pochi civili che avevano deciso di vivere sotto al suo governo, prima di attraversare l'oceano aperto e le sparse macchie di sabbia che a malapena potevano essere chiamate isole. La Terra del Vortici, circondata dalle maree e dalla barriera difensiva del clan, impiegò pochi istanti per apparire alla sua vista. Boruto attraversò la barriera che circondava l'isola, spostandosi brevemente a mezz'aria, prima di disattivare bruscamente la cappa elettrica per atterrare in sicurezza al centro del Villaggio.

Il trasporto era sempre più facile e veloce del combattimento. Il Nukenin sorrise per il tempo record che aveva impiegato per giungere qui, ed il suo arrivo venne preannunciato da uno scroscio di tuono che attirò l'attenzione delle guardie. Erano sorprese, con gli occhi spalancati e chiaramente in allerta, ma si rilassarono non appena lo videro e riconobbero. Boruto poteva capire le loro paure. Il clan Uzumaki era stato quasi annientato in passato per aver preso parte in una guerra, e i suoi superstiti non avrebbero rischiato di nuovo una follia simile. Anche se, in realtà, era improbabile che la Foglia fosse determinata a compiere una tale distruzione. Boruto non pensava che suo padre – o il suo stupido allievo, Konohamaru, che ora era diventato Hokage – sarebbero stati così insensibili.

"Jin," Boruto salutò l'uomo che gli si stava avvicinando mentre era attratto dal clamore generale. "È un piacere rivederti. E in circostanze migliori, anche."

"Ehi, ragazzo," Jin lo salutò senza entusiasmo. "Nessun rancore, vero?"

"Al contrario," disse lui. "Il tuo lavoro sulla mia cella è stato ingegnoso. Spero che non ti dispiaccia se l'ho copiato. L'ho messo a frutto nelle prigioni dell'Impero."

L’uomo dai capelli cremisi si strinse nelle spalle. "Non ho davvero scelta a riguardo, vero, Kurokage?" strascicò. "…sama," aggiunse subito dopo, beffardo.

Il Nukenin sorrise debolmente. "Non badiamo troppo alle formalità, va bene?"  offrì.

Jin accettò il ramoscello d'ulivo per quello che era, annuendo. Quali che fossero i dubbi che l'uomo aveva su di lui o sulla situazione, non poteva farci niente. Boruto era più potente di lui e aveva la fedeltà del Vortice dalla sua parte. "Allora," rifletté il biondo. "Che cosa vuole da me l’Uzukage?"

Jin sembrò farsi serio per un momento prima di spostare la testa di lato. "Non qui," sussurrò, conducendolo verso la vasta casa che fungeva da ufficio dell'Uzukage e da Accademia.

Boruto lo seguì rapidamente. Se doveva essere onesto con sé stesso, gli mancava molto il Vortice. C'era qualcosa di strano per lui nel "Villaggio" – se così si poteva chiamare – e nella sua gente. Sentiva una sorta di connessione, di appartenenza, diversa da quella che aveva mai sentito nella Foglia.

Raggiunsero l’ufficio in pochi minuti. Kaya sedeva dietro la sua studiosa scrivania, apparendo imponente e severa come sempre. Boruto non se n’era reso conto durante il loro ultimo incontro, ma quella donna sembrava diventare sempre più solenne e adulta ora che i suoi anni la stavano raggiungendo. I suoi lunghi capelli cremisi erano più curati e attraenti, e i lineamenti relativamente giovani del volto adesso erano più severi e avevano cominciato ad indurirsi. Sembrava... più adulta. Ma, d'altra parte, l’età non poteva arrestarsi. Kaya aveva già più di trent’anni quando lui l’aveva incontrata la prima volta, diversi anni prima.

"Però, sei veloce," disse bruscamente l'Uzukage con un sorrisetto. Sembrava però che la sua lingua fosse rimasta affilata come sempre.

Boruto sorrise a sua volta. "Dovevo comunque passare da qui," riferì, alzando le spalle.

"Oh?" mormorò la donna.

"La Mizukage ha abbandonato il suo Paese ed il Villaggio della Nebbia," spiegò lui, attirando immediatamente la sua attenzione. "Non c'è stata nemmeno una battaglia. Abbiamo marciato direttamente attraverso i cancelli. I miei uomini stanno proteggendo il Villaggio e consolidando il potere proprio adesso mentre parliamo. Una volta fatto, avrò bisogno di qualcuno che assuma il governo della zona. Speravo che lei potesse essere quella persona."

L'Uzukage annuì lentamente, e Boruto poté praticamente vedere gli ingranaggi che giravano nella sua mente. "Molto bene," concordò. Fece un cenno verso Jin, indicandogli di lasciare la stanza. L’uomo se ne andò con un inchino rispettoso. "Possiamo discutere i dettagli in un altro momento."

"Certo," concordò lui. "Ma ci tengo a precisare che il clan Uzumaki sarà ricompensato per i servizi resi. Detto questo, per cosa mi ha chiamato qui? Deduco che sia finalmente giunto il momento di fare… quella chiacchierata?"

Kaya annuì solennemente, il suo volto indecifrabile. "In un certo senso," disse, enigmatica. “Ma non sarò io a parlare con te.”

"Oh?" fece Boruto, diffidente. Quella risposta non se l’aspettava. Aveva chiaramente chiesto di avere delle risposte in passato. Che cosa intendeva dire adesso quella donna con una risposta del genere?

L’Uzukage sembrò leggergli nel pensiero con un solo sguardo. Fece un profondo respiro sommesso. "Hai detto che volevi delle risposte sulla tua connessione con la Morte," iniziò poi a dire. "E le avrai. Ma prima di iniziare… voglio che tu me lo prometta di nuovo, Boruto. Promettimi che non dirai mai niente di ciò che potrai sentire e vedere oggi. Nemmeno a Mikasa, Sora, Kairi o altri."

Il Nukenin ammiccò confusamente dopo quelle parole. Sentire e vedere? Che voleva dire? Doveva vederci chiaro. “Lo prometto,” giurò.

Kaya esitò ancora un paio di secondi, fissandolo attentamente negli occhi. I loro sguardi si sfidarono a vicenda per diverso tempo. Poi, alla fine, emise un secondo sospiro.

“Quello che sto per dirti, è un segreto che viene tramandato solamente a coloro che diventano Uzukage,” dichiarò. “Io stessa ne venni a conoscenza da parte di mia nonna quando ero solo una bambina, molti anni fa. Lei era… la figlia della figlia di Mito Uzumaki, la moglie del Primo Hokage. Ed è stata il Secondo Uzukage, prima di me.”

Boruto la ascoltò con attenzione. Una parente della leggendaria moglie di Hashirama Senju era praticamente una divinità ai suoi occhi. E questa notizia gli fece vedere anche Kaya sotto una nuova luce. Fece un cenno del capo alla donna per spingerla a continuare.

Il Terzo Uzukage annuì. “Quando mia nonna si rese conto di essere giunta in prossimità della fine della sua vita, mi fece chiamare sul suo letto di morte,” spiegò. “Lì, mia nonna mi consegnò il Cappello, esattamente come le era stato consegnato a sua volta, ordinandomi di assumere il comando dei resti frammentati del clan e di assumere il titolo di Kage in sua vece. E prima di morire, mi fece dono di un’altra cosa. Un cimelio, diciamo. Un artefatto. Il più antico artefatto del clan Uzumaki, tramandato solo ed unicamente da un’Uzukage all’altro.”

Un breve silenzio contemplativo discese dopo quel piccolo racconto. Boruto guardò Kaya con attenzione. “E quale sarebbe questo antico artefatto?” chiese eventualmente.

Kaya sorrise. Un sorriso bieco e strano che lo fece restare interdetto. “Siccome anche tu sei un Kage, adesso posso dirtelo. Ricordi la prima volta che ti raccontai la storia dell’origine del nostro clan?” chiese di rimando. Il biondo restò confuso dopo quella domanda. “Ti dissi che non riuscii a credere davvero a quella leggenda fino a quando non divenni Uzukage. E sai perché?”

Boruto scosse la testa.

L’Uzukage non rispose. Semplicemente, appoggiò una mano sulla scrivania ed una vecchia maschera bianca – pallida quasi come un osso – ammiccò alla vita in una nuvola di fumo. Boruto prese fiato, il suo occhio sinistro che guizzavano tra la maschera e la donna, osservandole entrambe con apprensione. "Che cos’è?” domandò.

La donna dai capelli cremisi gli fece cenno di toccare la maschera. Boruto la osservò. Era rotonda e bianca, priva di fattezze e lineamenti, con due semplici fori all’altezza degli occhi. Eppure, mentre la osservava, un profondo senso di pressione prese a nascergli nel cuore. Il giovane non voleva ammetterlo, ma si stava iniziando a sentire sempre più intimorito mentre la osservava, senza sapere il perché. Alla fine, dopo diversi secondi, allungò lentamente una mano, le dita che tremavano appena mentre si arricciavano attorno ai bordi consumati della maschera.

“Questa è la prima maschera del Clan Uzumaki,” disse solennemente Kaya, la sua voce seria, bassa e pesante. “La vera Maschera della Morte.”

Boruto deglutì. Riusciva a percepire una strana aura minacciosa attorno alla maschera grazie al suo Jougan. “…che cosa fa?” chiese eventualmente.

L’Uzukage lo guardò dritto negli occhi. “Indossala,” si limitò a rispondergli. “E troverai le tue risposte.”

Il guerriero esitò. “Vuole che la indossi? Ma io non sono l’Uzukage,” obiettò.

“Vero, ma ormai non conta più. Sei diventato un mio superiore, no?” ribadì la madre di Kairi, mortalmente seria.

Boruto non disse nulla, esitando per diversi secondi. I suoi occhi rimasero incollati alla maschera che reggeva in mano. Alla fine, non ce la fece più ad attendere. “Che cosa mi mostrerà?” chiese ancora.

Il volto della donna era imperscrutabile. “Ti metterà in contatto con chi ha le risposte che cerchi,” fu tutto ciò che disse.

Non era una risposta. Comunque, Boruto si era stufato. Se voleva vederci chiaro, doveva ingoiare il suo timore e scoprirlo da solo. Si portò la maschera verso la faccia, ma si fermò quando l'Uzukage lo chiamò un’ultima volta. "Devo avvertirti, Boruto," disse. "Quell’entità… è molto potente. Il suo spirito è forte e pericoloso anche dopo tutte queste centinaia di anni. Se abbasserai la guardia, non esiterà a sopraffarti."

Boruto deglutì nervosamente. Poi annuì, grato dell'avvertimento, per quanto inutile. Aveva già imparato quella lezione nel modo più duro, lottando nei campi di battaglia. Abbassare la guardia non era un errore che avrebbe commesso di nuovo. Perciò, facendo un respiro profondo, chiuse gli occhi ed indossò la maschera.
 


. . .
 


La sua mente lo percepì Immediatamente. L'afflusso di chakra estraneo prese ad inondargli completamente il corpo. All'inizio era freddo e buio, alieno in un modo che Boruto non aveva mai percepito o sentito prima. Poi, si ramificò, trascinandolo più in profondità nell'abisso, e il giovane pensò per un momento che sarebbe annegato, prima che la sensazione si placasse e venisse rimpiazzata da una nuova: paura.

Poi, l’oscurità e il silenzio lo accolsero.

Ci fu un respiro morbido e caldo sul suo collo che gli fece rizzare tutti i peli del corpo. Boruto trasalì, percependo un chakra terrificante che lo assaliva. Balzò via d’istinto, ruotando sul suo aggressore e scivolando in una posizione difensiva mentre sollevava le sue barriere mentali. Poi, i suoi occhi incontrarono l’artefice del suo terrore.

L’entità dinanzi a lui era una donna dalla bellezza eterea ed inquietante. Capelli cremisi e occhi neri, tinti da una sfumatura accesa di rosso che a Boruto ricordava il sangue più denso delle arterie, incorniciati da lineamenti fini e aristocratici e pelle color alabastro. Ma la cosa che più lo lasciò stravolto fu il suo chakra. Oh, il suo chakra, il suo chakra. Boruto poteva solo descriverlo come affamato, malevolo, vorace. Bramoso di tutto e tutti, desideroso solo di divorare qualunque forma di vita che gli si trovasse davanti. E non appena lo percepì sulla sua pelle, il Nukenin comprese come stavano le cose.

Quell’entità non era un essere umano. No, niente affatto. Era un mostro. Un lupo in mezzo alle pecore, ammantato di bellezza; e sebbene potesse sembrare fisicamente umana, Boruto sapeva che spiritualmente doveva essere qualcosa di molto, molto più mostruoso e orripilante.

Una lieve risata gli echeggiò nelle orecchie in quel momento. Poi, all'improvviso, in meno di un battito di ciglia, i suoi occhi si trovarono faccia a faccia con quella donna, e lei gli aveva stretto il polso in una presa di ferro mentre faceva scorrere pigramente un dito lungo la sua tempia, fino alla mascella. Boruto esitò, incapace di muoversi, ed il panico più istintivo e animalesco prese il sopravvento su di lui mentre sentiva il chakra della donna inondare il suo sistema.

Poi, il panico lasciò il posto alla rabbia e all’oltraggio. Non poteva perdere, pensò, non dopo essere arrivato così lontano. Non fino a quando la sua missione non sarebbe stata completata. Si spinse indietro, il suo stesso chakra che divampava violentemente, e combatté quella donna prima che potesse prendere il controllo del suo corpo. La tenne a bada, inviando persino tentacoli del proprio chakra elettrico nel suo stesso sistema.

La donna fece un sorriso feroce e compiaciuto prima di smettere di assaltarlo. Sembrava compiaciuta. "Sei davvero molto potente," disse, la sua voce dolce e sfuggente con una qualità quasi simile al fumo. "Se fossi stato vivo ai miei tempi, ti avrei senza dubbio sfidato ad un duello all'ultimo sangue per offrirti la mia mano in matrimonio."

Boruto non era sicuro se dover essere lusingato o terrorizzato, quindi non disse nulla.

"E sei anche bello," continuò lei, con le punte delle dita che gli sfioravano gli zigomi. Il giovane strinse furiosamente i denti. Non riusciva ancora liberarsi dalla sua presa. "Un mezzosangue?" rifletté. Poi, il suo sguardo si fermò sui suoi occhi. "Oh, capisco. Uno Hyuuga, eh?"

Boruto si staccò dalle sue grinfie quando la donna lo lasciò andare. Si strofinò il polso con aria furiosa. "Conosci gli Hyuuga?" chiese, diffidente.

"Certo," rispose lei con disinvoltura. "Eravamo in guerra con loro, sai? Erano alleati dei Senju, ed io mi ero schierata con gli Uchiha, prima di rendermi conto dell'oscurità che portavano. Oh, che bei ricordi. Una guerra nata per una cosa così meschina. Per decidere chi aveva gli occhi più belli?" la donna scosse la testa, ridendo amaramente da sola.

Il guerriero continuò a fissarla con apprensione. "E alla fine ti sei unita ai Senju, presumo?" continuò, conoscendo la vicinanza dei due clan.

"E sei anche intelligente," esclamò lei, fissandolo come se fosse un bambino.

Boruto si accigliò furiosamente.

"Non fare così," piagnucolò la strana entità. "Dopotutto, devo ringraziarti. Era da molto tempo che desideravo incontrarti… Boruto Uzumaki."

Il giovane deglutì, facendo un passo indietro. “Tu… conosci il mio nome?” domandò.

“Oh, io conosco molte cose,” canticchiò lei, la sua voce meschina e malvagia. Ma per essere brevi, diciamo che sapevo che ci saremmo incontrati, prima o poi. Era scritto nel Destino del mondo.”

Boruto non era certo di capire di cosa stesse parlando quella donna. “…perché volevi vedermi?” tentò alla fine.

La donna lo fissò con uno strano sorriso. Mosse una mano per accarezzargli una guancia, e Boruto esitò, ma non riuscì a muoversi per il terrore. Il suo volto era congelato dalla confusione e dalla paura mentre la osservava con gli occhi sgranati, sentendo il proprio cuore fremere al contatto della sua guancia con la mano della donna.

Lei lo guardò con gli occhi socchiusi, il suo sorriso sempre più largo. Deve esserci un qualche motivo per far sì che una madre voglia rivedere il proprio figlio?” sussurrò, accarezzandogli lo zigomo con il pollice.

Boruto rimase di sasso.

Che cosa cazzo?

Il biondo trasalì fisicamente, scostando bruscamente la mano della donna dalla sua guancia prima di allontanarsi di colpo da lei. “Che stai dicendo?” sibilò, snudando i denti.

Quell’entità non sembrò minimamente turbata dal suo scatto d’ira, limitandosi a continuare a sorridere. “Non lo capisci? Eppure è facile, sai,” ridacchiò, scuotendo la testa. Il suo sorriso divenne quasi maniacale a quel punto. “È esattamente quello che ho detto. Io sono tua madre, e tu sei mio figlio.” Poi, il suo sguardo divenne freddo e minaccioso come non mai. I suoi occhi si oscurarono ferocemente, facendolo rabbrividire. “E nessun figlio può osare ribellarsi dinanzi alla madre.”

Boruto era rimasto completamente spiazzato. “C-Che cosa diavolo significa? Tu non sei mia madre!” esclamò, prendendola per pazza. I suoi occhi si assottigliarono pericolosamente. “Chi sei veramente?”

La donna lo fissò negli occhi per diversi secondi senza dire nulla, il suo volto una maschera indecifrabile. Poi sospirò, passandosi una mano sulla fronte. “Capisco,” esalò con stanchezza. Non sembrava delusa, ma seccata, quasi, per la situazione in cui erano finiti. Irritata, per meglio dire. “Immagino che la tua incredulità sia comprensibile, visto che non sai niente di niente. Dopo tutti questi secoli passati rinchiusa qui, dimentico spesso quanto siano fragili le menti dei poveri mortali. Allora forse è meglio che ti spieghi tutto dal principio.”

Il biondo non parlò, limitandosi a fissarla in silenzio con sospetto.

L’entità gli rivolse un sorriso sadico. “Se il sangue che scorre nelle tue vene non mente, allora avrai sicuramente sentito parlare di me, qualche volta,” iniziò a dire, sarcastica. “Io sono il primo Uzumaki che sia mai esistito al mondo, nonché Progenitrice e Fondatrice del clan Uzumaki di cui fai parte anche tu. Ma per essere brevi, puoi chiamarmi semplicemente Progenitrice,” dichiarò.

Boruto rimase zitto, aggrottando le sopracciglia. Quindi le sue deduzioni erano esatte. “Quindi… tu saresti il primo Uzumaki?” ripeté. “La donna spargitrice di sangue e conflitti che uccise innumerevoli vite alla ricerca di un marito, prima di unirsi a nozze con la Morte? Quella Progenitrice?”

La donna sorrise con compiacimento. “Ero certa che ne avessi sentito parlare,” ridacchiò, facendo un passo verso di lui. “L’attuale Uzukage mi aveva detto di averti parlato di me, in passato.”

Il guerriero ricacciò indietro il suo timore crescente, facendo a sua volta un passo indietro. Sentì un rivolo di sudore colargli dalla fronte. Quindi, anche Kaya era entrata in contatto con lei. Avrebbe dovuto capirlo subito. Adesso molte più cose erano chiare. “E perché affermi di essere mia madre?” domandò ancora, portandosi una mano alle spalle per afferrare l’elsa della sua spada. Sapeva che sarebbe stato un gesto inutile – non si poteva combattere all’interno delle Maschere della Morte – ma lo faceva sentire più sicuro.

La Progenitrice sorrise, snudando i denti. “Perché lo sono,” rispose semplicemente. “Tu sei mio figlio. O meglio, lo sei, anche se non propriamente. Lo sei in parte per via della tua anima.”

Boruto ridusse il suo Jougan ad una fessura. “La mia anima?” ripeté.

“Tu possiedi dentro di te l’anima di mio figlio,” spiegò lei, incrociando le braccia e sollevando il mento, come una madre severa farebbe dinanzi ad un bambino che fa i capricci. “In altre parole, sei la reincarnazione della sua anima.”

Il silenzio più assoluto regnò dopo quelle parole.

Il giovane Uzumaki rimase sconvolto. La sua mente venne pervasa completamente dallo stupore. Se… Se quello che la Progenitrice gli aveva appena detto era vero, allora… C-Come diavolo era possibile? Sapeva che la reincarnazione era un concetto realmente esistente e plausibile. Ne aveva letto su numerosissimi rotoli, e persino l’Eremita delle Sei vie glielo aveva confermato su Eldia. Dopotutto, suo padre e Sasuke-sensei erano a loro volta la reincarnazione delle anime dei figli di Hagoromo. Sasuke di Indra, e Naruto di Ashura. Perciò, la cosa era possibile. Boruto lo sapeva. Eppure…

…questa donna stava dicendo che anche lui possedeva un’anima antica? Possibile che anche lui fosse la reincarnazione di un’anima passata? Era davvero possibile una cosa del genere?

Non riusciva a crederci.

Poi, però, delle parole risuonarono nella sua mente. Parole non sue. Parole che aveva sentito molti mesi prima, pronunciate da un’entità potente ed inflessibile come quella che aveva davanti adesso.

“Un Campione è colui che possiede dentro di sé un’anima antica,” gli aveva detto Hikari. “L’anima più forte che esiste nel suo mondo.”

Non era vero. Non poteva essere vero. Non poteva! Non c’erano prove, non c’erano indizi, non c’erano nemmeno spiegazioni che potessero definirsi logiche! Lui, lui non poteva essere una reincarnazione! A volte non riusciva ancora a credere nemmeno di essere un Campione! Quindi, non poteva essere! Non era vero! Lui non era come suo padre o come Sasuke. Non era potente come loro, non lo era. Era forte, certo, ma non al loro livello. Per cui, non poteva realmente essere-

“Non mi credi?” le parole della Progenitrice lo fecero trasalire. Boruto la fissò con occhi sgranati, congelato nel terrore, mentre lei continuava ad avanzare imperterrita verso di lui. Eppure è la verità. Il tuo occhio dovrebbe mostrartelo, dopotutto.”

Boruto serrò denti e pugni, tremolando con tutto il corpo. Perché, per quanto non riuscisse ad ammetterlo, le parole della donna erano vere. Il suo Jougan non stava rilevando nessuna traccia di falsità o menzogna dentro di lei. Stava dicendo il vero, per quanto suonasse impossibile. Stava dicendo la verità.

E questo voleva dire…

“N-N-Non può… essere…” sibilò Boruto, i suoi occhi sgranati e il suo volto una maschera d’orrore e incredulità mischiate assieme. Le sue labbra tremavano furiosamente anche mentre continuava a balbettare. “I-Io non… questo è… n-non c’è… ma allora…”

La donna continuò ad avanzare, giungendogli direttamente davanti.

Il ragazzo sentì ogni muscolo del suo corpo tremare. “I-Io sono…”

“Esatto,” tagliò corto lei. “Tu sei il figlio nato dal mio matrimonio con la Morte.”

Boruto trattenne pesantemente il fiato.

La Progenitrice lo avvolse tra le sue braccia. “E finalmente sei giunto al mio cospetto,” sussurrò, la sua voce bassa ma comunque solenne e inflessibile come il metallo più duro. Lo strinse a sé anche mentre lo sentiva tremare violentemente con tutto il corpo nel tentativo di ritrarsi. “Oh, quanto ho atteso questo momento. Povero cucciolo. Immagino che sia dura accettare una verità del genere, non è vero?”

Boruto non rispose. Invece, reagì facendo l’unica cosa che poteva fare in quel momento.

Si strattonò con forza dalle braccia della donna, allontanandosi da lei con uno sguardo accigliato e furibondo. Poi estrasse la sua spada, puntandogliela contro. “Stai lontana da me!” ruggì, fissandola in cagnesco. “Mi rifiuto di credere alle tue parole! E anche se fosse vero, io non sono comunque tuo figlio! Anche se avessi davvero la sua anima dentro di me, questo non mi rende il tuo schiavetto personale!”

La Progenitrice lo fissò in silenzio per un paio di secondi. Poi sorrise maliziosamente. “Oh? Vedo che in fondo siete davvero simili, tu e mio figlio,” sussurrò. “Hai ereditato il suo stesso carattere sprezzante. Anche se in realtà, tutti i discendenti del clan hanno un temperamento focoso. Non mi stupisce, dato che è un retaggio che discende da me.”

Il Nukenin la guardò con sospetto. “Se quello che dici è vero, se sono veramente colui che dici di essere… allora chi è-”

“Tuo padre?” lo incalzò la donna. “Te l’ho detto: la Morte. Tu appartieni alla Morte. Sei stato generato da lei, e quindi sei suo. Hikari e Yami hanno cercato di tenertelo nascosto per tutto questo tempo, ma la realtà non può essere negata. Tu sei mio figlio, e sei il Campione della Morte.”

Boruto trasalì come se fosse stato colpito. “…conosci Hikari e Yami,” notò.

Lei scrollò le spalle, fissando il giovane come se fosse un misero bamboccio ignorante. “Quello che tu conosci sull’universo è niente rispetto a ciò che so io, Boruto,” lo schernì. “Ma se avrai la pazienza di ascoltare, allora ti spiegherò come stanno le cose. Dopotutto, sei venuto qui perché volevi delle risposte… no?”

Il giovane non rispose, restando ostinatamente in silenzio. La donna ghignò, divertita dal suo atteggiamento, prima di sospirare e rassegnarsi a raccontare.

“Questo mondo, immagino saprai, è governato da due entità: la Luce e il Buio. La Luce genera il Buio, ed il Buio stritola la Luce. E per quanto queste due forze siano sempre e perennemente in contrasto tra di loro, nessuna delle due potrebbe esistere senza l’altra. Sono come due facce della stessa medaglia. E sai perché? Perché coloro che le governano, Hikari e Yami, un tempo erano la stessa persona. La stessa entità. Per questo non sono in grado di fare a meno l’una dell’altra. Una persona, anche un’entità potente divisa in quelle due sorelle pazze, non può autodistruggersi da sola. Per cui, il conflitto tra Luce ed Oscurità è immutabile, ed è destinato a continuare per sempre, indipendentemente da tutto.”

Boruto la ascoltò, memorizzando parola per parola. “Come saprai, questo conflitto genera inevitabilmente problemi,” continuò la Progenitrice. E l’universo è stato forzato, diciamo, a prendere delle contromisure. Degli incentivi. Per mantenere un equilibrio, ed assicurarsi che i mondi non vengano distrutti dalla perenne guerra tra le due entità divise.”

“E questa contromisura sono i Campioni, vero?” dedusse Boruto, assottigliando gli occhi.

La donna annuì, guardandolo con sufficienza. “Ah! Allora non sei stupido come sembri!” ridacchiò sarcasticamente. Il biondo decise saggiamente di ignorare l’insulto. “Comunque sia, è così. I Campioni servono per mantenere in equilibrio l’universo e per impedire che i mondi si autodistruggano da soli. Facendo combattere tra di loro due entità – una di pura Luce, ed una di pura Oscurità – l’universo fa in modo che il resto dell’esistenza non venga coinvolto nella guerra, lasciando sfogare le due forze della natura senza però generare troppi danni. Questo metodo va avanti da millenni, ed è sempre stato funzionale per permettere la salvaguardia della vita nell’universo. Non ha mai fallito, in sostanza.”

Poi, a quel punto, la donna assunse un sorriso divertito sulle labbra, guardando il biondo con uno sguardo strano. Questo fino a quando… non sei apparso tu,” rivelò.

Boruto ammiccò con timore. “Che vuoi dire?”

Lo sguardo di puro orgoglio nel volto della Progenitrice era inconfondibile. “Yami ti ha reso il Campione dell’Oscurità, ma come ti ho già detto prima, tu sei mio figlio. E sei anche il figlio della Morte. E a causa di questa tua natura, sei diverso rispetto al resto dei mortali. Ma prima di arrivare a questo, forse e meglio chiarirti un paio di concetti.”

Il Nukenin esitò, la sua mente piena di domande, ma rimase zitto e la lasciò continuare.

“La realtà, Boruto, è che Luce e Oscurità non sono le uniche forze che controllano l’universo. Esse sono solo due frammenti, due parti separate dell’entità originale che le costituiva entrambe prima che si dividessero. In sostanza, Hikari e Yami un tempo erano un’entità sola. Un’unica Dea, potremmo definirla. La Dea della Vita.”

“La Dea… della Vita?” sussurrò Boruto, incredulo.

La Progenitrice annuì.E se in origine esisteva una divinità della Vita, allora immagino che persino tu potrai arrivare a capire quale sia l’altra divinità che regge metà dell’universo, vero? È facile, te lo assicuro.”

L’Uzumaki sgranò gli occhi, realizzando subito a cosa si stava riferendo quella donna. “La Morte,” dichiarò.

Ancora una volta, la donna fece un cenno compiaciuto del capo. “Vita e Morte sono le due uniche e vere divinità dell’esistenza,” spiegò. “Ma mentre la Vita si è divisa in Luce ed Oscurità – dato che, per sua natura, è di per sé un’entità duale ed incontenibile – la Morte è… più semplice da comprendere. Più alla mano, ecco.”

Boruto rimase confuso all’udire ciò. Non capiva sinceramente a cosa stesse cercando di arrivare quella donna con tutto quel discorso.

“La Morte è immutabile,” dichiarò allora la Progenitrice, dandogli le spalle e sollevando le mani in alto. “È eterna, inevitabile, intoccabile. Tutto ciò che nasce deve inevitabilmente morire, prima o poi. Per questo, la sua natura è più semplice rispetto alla Vita. La Vita è duale ed incomprensibile, ma la Morte è semplice ed ineluttabile. E a causa di questo, anche la sua divinità è molto più semplice. La Morte infatti, a differenza di quel che potresti pensare, non ha un corpo. Non possiede forma fisica come Hikari e Yami. Non le serve, poiché è inevitabile. Tutto ciò che nasce alla fine ritorna da lei. Per cui, a cosa le serve un corpo quando alla fine ottiene sempre e comunque quello che vuole?”

Il giovane rimase spiazzato dopo quella dichiarazione. La direzione che stava prendendo quel discorso non gli piaceva per niente. “E… che cos’è che vuole?” chiese allora alla fine, cauto.

All’udire la domanda, la donna ruotò di colpo su di lui, fissandolo con stupore. Sembrava stranita. Confusa, quasi. Come se non si fosse aspettata una domanda così banale. “Non ci arrivi? Lei vuole tutto. Ogni cosa vivente. Tutto ciò che esiste. La Morte è l’opposto della Vita. Mentre la Vita prova gioia nel generare, la Morte lo fa nel distruggere. Per questo, l’unica cosa che vuole è distruggere tutto ciò che esiste,” rispose.

Boruto esitò, inarcando un sopracciglio per la confusione. Poi, appena la sua mente riprese a ragionare con più lucidità, il suo volto si fece di nuovo più serio. “Ma quello che dici non ha senso,” ribatté. “Se la Morte non ha corpo e non può generare nulla, allora come puoi dire di aver concepito un figlio con lei? Come puoi dire che essa ha dato alla luce un bambino? Dato alla luce me?”

Un sorriso malizioso contornò le labbra della Progenitrice a quel punto. Boruto sentì un brivido percorrergli la schiena. “Non ho mai detto che la Morte non può generare nulla,” ribatté. “Anzi, al contrario, può farlo eccome. Non avendo un corpo di per sé, essa può assumere diverse sembianze, e tramite queste fattezze può entrare in contatto con i mortali esattamente come ha fatto con me.”

Quella notizia lo stupì non poco. “Cosa vuoi dire? In che senso può assumere diverse sembianze?” chiese ancora lui.

“La Morte non ha lo stesso volto in tutti i mondi, mio piccolo ed ingenuo bambino. In ogni pianeta, essa si mostra sotto una maschera diversa. Sotto diverso nome, diciamo, o diversa forma. Sulla Terra, ad esempio, essa ha assunto l’aspetto di un Angelo infernale evocato da un Sigillo Maledetto. Un Sigillo che, modestamente, sono stata io stessa a creare e tramandare ai posteri fino ad oggi,” proclamò.

Boruto sgranò gli occhi per lo stupore, restando letteralmente a bocca aperta. La sua mente comprese immediatamente a cosa si stava riferendo quell’entità. “I-Il Sigillo del Diavolo!” realizzò, ricordandosi di cosa era successo dopo lo scontro con Orochimaru. “Q-Quella… Quella è la Morte?!”

La fondatrice del clan Uzumaki guardò al cielo con aria sognante. “Oh, sì,” rispose. “Proprio lei. Oh, se solo sapessi la gioia che ho provato quando riuscii finalmente ad invocarla! Quanta soddisfazione, quanta euforia mi pervase quando la vidi comparirmi davanti agli occhi! Tutti quei mesi, tutti quegli anni passati a studiare e creare Sigilli col sangue delle mie misere vittime… Oh, come fui felice quando alla fine riuscirono a portare frutto! Fu… il momento più bello della mia vita!”

Il Nukenin la guardò con disgusto, allontanandosi inconsciamente da lei. Quella donna aveva letteralmente ucciso migliaia di vite nel tentativo di evocare la Morte. Era… Era orribile. Non c’era altro modo di descrivere una cosa del genere. “Tu sei completamente pazza,” sibilò, velenoso e disgustato.

Per tutta risposta, la Progenitrice ridacchiò crudelmente. “Forse,” ammise. “Ma tu non sei diverso da me, cucciolo. Dalla mia unione con la Morte, dopotutto, la tua anima è stata generata. E anche se non sei fisicamente mio figlio, l’anima al tuo interno è sempre la stessa. E per questo, tu sei come me. Un portatore di morte e distruzione senza eguali.”

Boruto sentì il suo cuore pulsare di rabbia. “NO!” ruggì. “Io non sono te, vecchia megera! Non osare mai più paragonarmi ad un essere rivoltante come te!”

La Progenitrice fischiò. “Però! Testardo e ottuso come sempre, eh? Ma non mi stupisce. I figli tendono sempre ad assomigliare ai genitori, dopotutto,” disse, lasciandolo correre con disinvoltura mentre posava lo sguardo in alto, persa nei ricordi.

“Quello che pensi non m’importa,” ribadì gelidamente lui. “E se anche fosse vero, non ha comunque senso. L’Uzukage mi disse che l’anima di tuo figlio fu sigillata all’interno della prima Maschera della Morte… la stessa maschera che mi ha condotto da…” il giovane si arrestò mentre parlava, di colpo, restando per la prima volta senza parole.

Gli occhi della donna lo squadrarono con superiorità. “…da me?” concluse per lui, saccente. La sua espressione si contorse, prima di esplodere in una fragorosa risata mentre osservava il volto del guerriero farsi sempre più pallido. “Vedo che ci sei arrivato da solo. Non è stata la sua anima ad essere sigillata nell’artefatto. È stata la mia!” dichiarò, sarcastica e divertita.

Boruto rimase completamente senza parole. “C-Com’è possibile?” esalò.

“Oh, è molto semplice. Ho fatto in modo di salvare mio figlio prima che potesse essere imprigionato dentro alla Maschera,” spiegò semplicemente lei, con una casualità decisamente poco umana. “Noi Uzumaki godiamo di una longevità decisamente straordinaria. Per cui, io e mio figlio vivemmo assieme a lungo. Poi, quando giunse per lui il momento di dover essere rinchiuso qui dentro, io mi sacrificai per lui, finendo imprigionata al suo posto. È stato l’ultimo atto di compassione della mia intera esistenza,” affermò.

Il Nukenin la guardò male. “E perché l’hai fatto?” chiese ancora.

Il volto della Progenitrice divenne solenne. Assunse un’espressione strana, distante, come se fosse persa nei suoi ricordi. “Non potevo permettere che la sua anima finisse sigillata per sempre. Lui… era speciale. Doveva portare avanti il mio retaggio e i miei insegnamenti. Ed era comunque il mio unico figlio. Nessuna madre potrebbe accettare di vedere il proprio sangue soffrire in eterno, da solo e senza nessuno.” Le sue labbra si incurvarono in un sorriso triste dopo quelle parole, mentre la donna riprese a fissare di sbieco il giovane. “E poi, la sua anima era speciale. Era stata generata dalla mia unione con la Morte. Doveva necessariamente continuare ad esistere per reincarnarsi… e così è stato.”

Il silenzio più totale prese a regnare dopo quella spiegazione.

Boruto osservò la donna dai capelli cremisi con uno sguardo indecifrabile. “Quindi, lo hai fatto affinché l’anima di tuo figlio continuasse a reincarnarsi,” disse. Dovette ignorare di dare voce a quella minuscola parte della sua testa che pensava che persino quell’entità provasse – in qualche modo distorto – una piccola affezione per suo figlio. “E questa reincarnazione sono io.”

La Progenitrice annuì. “Esatto. Non ci sono dubbi al riguardo. Il tuo Jougan ne è la prova,” affermò.

Quelle parole lo fecero trasalire. “T-Tu conosci il Jougan?!” esclamò, incredulo. “Come fai a-”

“Ho visto i tuoi ricordi,” lo incalzò lei senza nemmeno guardarlo. “Quando sei giunto qui, ho visto tutte le tue esperienze attraverso il mio chakra. Per cui, adesso so ogni singola cosa della tua vita. Ed è per questo che ne ho la certezza,” disse.

Gli occhi della donna si posarono nuovamente su di lui a quel punto, fissandolo diretti in quell’orbita azzurra e fosforescente. “Il Jougan è un occhio speciale,” continuò. “Esso si genera solo in coloro che discendono o sono stati generati dalla Morte. Lo so perché me lo disse lei stessa. È la prova inconfutabile del loro legame di sangue.”

Il giovane rimase sconvolto. Questa era la prima volta, la prima, vera volta in cui aveva ricevuto delle informazioni sul suo occhio destro. Per tutto questo tempo, per tutti questi anni, non aveva saputo niente di niente. Nessuno era stato in grado di dargli delle risposte. Né Toneri, né Zeref, né Hagoromo. Aveva brancolato nel buio per anni. Fino ad ora, gli unici indizi che aveva avuto sul Jougan erano state solamente le sue esperienze ed ipotesi.

Ma adesso… adesso, quella donna gli stava finalmente rivelando qualcosa di concreto. Gli stava finalmente rivelando ciò che si celava dietro al mistero dell’esistenza del Jougan.

La verità che aveva desiderato conoscere per tutto questo tempo.

“…tuo figlio,” Boruto esitò per diversi secondi, ancora stravolto da quella rivelazione di prima. “Anche lui possedeva il mio occhio?”

Con suo sommo stupore, la Progenitrice scosse la testa alla domanda. “No, mio figlio non possedeva il Jougan. Quell’occhio si manifesta nei discendenti della Morte solamente quando vengono spiritualmente in contatto con essa. Mio figlio non ha mai vissuto delle esperienze simili. Ma tu, invece… tu hai vissuto nell’odio e nel dolore sin da piccolo. Hai sperimentato il dolore più straziante già a sette anni. Ed hai persino rischiato la vita così tante volte… per cui, a differenza sua, sei stato in grado di sbloccarlo già in giovane età. Ma questo è stato possibile solamente perché possiedi l’anima di mio figlio dentro al tuo corpo. Se così non fosse, tu non avresti mai ottenuto il Jougan,” spiegò lentamente.

Boruto assimilò tutte quelle informazioni in silenzio. Poi, facendo un grosso respiro, si arrischiò a parlare di nuovo. “Non ti credo,” sibilò velenosamente. “Su Eldia, l’Eremita delle Sei vie mi disse che prima di me, nell’universo, qualcun altro aveva sbloccato a sua volta il Jougan. Ma se quello che dici sulla Morte è vero, allora…”

“È esattamente quello che pensi,” confermò lei, interrompendolo rapidamente. “Come ti ho appena detto, la Morte non ha un corpo proprio. Per questo motivo, può assumere aspetti e nomi diversi, e così ha fatto. In ogni mondo, essa assume un nome ed una forma diversa per entrare in contatto coi popoli. Nel mondo della tua ragazza, ad esempio, posso solo dedurre che si sia mostrata sotto le sembianze del Diavolo della Terra. I tuoi ricordi mi fanno pensare proprio questo.”

Il Nukenin trattenne pesantemente il fiato. Quindi era così che stavano le cose! Il Diavolo della Terra… era la Morte! Era stata lei a creare il Potere dei Titani e a donarlo a Ymir! Possibile che non se ne fosse mai reso conto prima d’ora? Quindi, dietro a tutti i Titani c’era ancora una volta il suo zampino… era incredibile.

Però in effetti, adesso che ci pensava lucidamente, la cosa non era poi così sconvolgente. Il Potere di Ymir aveva sempre causato morte e distruzione nel mondo di Mikasa, sin dalla sua fondazione. E nonostante potesse essere usato anche per portare del bene, non era mai successo nella storia di quel popolo. Forse era semplicemente inevitabile, in fondo.

“E poi, non ho mai detto che tu sei l’unico essere nato dalla Morte,” continuò a dire la Progenitrice, incrociando solennemente le braccia. “Ci sono innumerevoli mondi al di fuori del nostro. Non mi stupirei troppo a pensare che da qualche parte, là fuori, qualche altra entità oltre a me sia riuscita ad evocare la Morte e a concepire un bambino con lei. Per cui, la possibilità che ci sia stato un altro portatore del Jougan prima di te è estremamente plausibile in ogni caso. Ma mio figlio non è stato uno di essi,” ribadì, completamente seria e solenne.

Boruto la guardò attentamente, non ancora convinto. C’era qualcosa che puzzava in tutta quella faccenda. “Ma perché Hikari e Yami non me l’hanno detto?” domandò allora. “Se sapevano tutto questo… perché lasciarmi all’oscuro di ogni cosa?”

La Progenitrice avanzò sensualmente verso di lui, camminando in un modo che a Boruto ricordò il movimento di un predatore che inseguiva la sua preda. Sorrise, con un fuoco affamato che le bruciava negli occhi. "Perché tu sei pericoloso," rispose, la sua voce bassa e roca. “Posso solo dedurre che Hikari non fosse completamente a conoscenza della verità su di te prima che ti salvasse… ma evidentemente, se non te l’hanno rivelato, è perché ti temono. Dopotutto, come ti ho detto prima, tu sei speciale.”

“Come?” domandò il biondo, con un tono che esigeva risposta.

“Perché tu appartieni al loro acerrimo nemico: la Morte,” spiegò solennemente lei, fermandosi a pochi centimetri dal giovane. “Probabilmente, Yami ti ha reso un Campione dell’Oscurità proprio per questo. Per tenerti all’oscuro della realtà e, allo stesso tempo, lontano dalle mie grinfie. Ma la verità è che tu appartieni alla Morte. La tua anima è nata da essa, e per questo sei pericoloso per loro. Coloro che discendono dalla Morte non sono esattamente… normali, in fondo.”

Boruto non era sicuro di capire quello che volesse dire. “In che senso?” chiese ancora.

La donna allungò un braccio, puntandogli con un dito sul cuore. “I figli della Morte trascendono i poteri divini,” gli rivelò con un sorrisetto accattivante. “Quando nacque mio figlio, lo compresi subito. Sono più potenti, più resistenti, più astuti, e capaci di resistere a qualunque tipo di fascino e ammaliamento, mortale o divino che sia. E sono decisamente più inclini a generare morte e distruzione ovunque mettano piede. A causa di questo, finiscono naturalmente per andare in conflitto con l’equilibrio dell’universo. Persino tu, dopo tutto quello che hai passato nella tua vita, dovresti aver iniziato a comprenderlo.”

Il giovane non disse niente, limitandosi a restare in silenzio con gli occhi assottigliati. Mentalmente, però dovette trattenere un sospiro stanco. In fondo, nemmeno lui poteva negare che ci fosse un fondo di verità nelle parole della donna. Per tutta la sua vita, lui non aveva fatto altro che generare discordie e conflitti nel suo mondo, causando la morte di innumerevoli persone alla ricerca di una Pace vera e duratura. Persino adesso era ancora fermamente convinto delle sue azioni. E anche ignorando tutto questo, era stato persino coinvolto in un conflitto immenso con un drago assetato di potere e distruzione. Un drago che, se la memoria non gli mentiva, lo aveva persino paragonato a sé stesso, definendolo simile a lui.

Quindi sì… poteva comprendere appieno il perché la Progenitrice avesse detto che i figli della Morte finivano sempre in conflitto con l’equilibrio dell’universo.

“Ma allora, perché rendermi un Campione? Perché salvarmi la vita?” si chiese mentalmente, ripensando a ciò che era successo con Hikari e al suo incontro con Yami, abbassando gli occhi.

La donna davanti a lui sembrò leggergli nel pensiero all’istante. “Probabilmente, Hikari non sapeva ancora delle tue vere origini,” gli disse lentamente, fissandolo nei suoi occhi eterocromi puntati in basso. “È troppo accecata dalla Luce per riuscire a percepire le minacce dell’universo. E la tua infantile ostinazione ad attaccarti a lei e alla sua Luce deve averla convinta a salvarti nonostante la tua vera natura. Invece, Yami stava probabilmente cercando di contenere le tue follie omicide facendoti diventare il suo nuovo Campione. Sperava di spingerti ad odiare sua sorella ed i suoi seguaci, per poi usarti come arma di distruzione per i suoi oscuri scopi nefasti.”

“…quindi… mi stavano usando…” dedusse il Nukenin, serrando i pugni. “E adesso che è troppo tardi, hanno mandato l’Eremita sulla Terra per eliminarmi.”

La Progenitrice annuì. “Esattamente.”

Boruto serrò ancora una volta i pugni. Non rimase stupito da quella rivelazione, né tantomeno deluso. Dopotutto, era abituato da molto tempo ad essere visto come un mostro ed una minaccia dagli altri. Ma non per questo poté evitare di sentirsi leggermente ferito da quella verità. Dopotutto, Hikari era comunque stata molto gentile con lui. E Yami sembrava essere genuinamente interessata a farlo diventare un suo seguace. Ma, suppose alla fine, evidentemente non era mai stato così. Era stato ingenuo, ancora una volta.

Per cui, decise di non pensarci troppo.

“E cos’altro sai dirmi sul Jougan?” domandò allora a quel punto, bramoso di continuare a scoprire qualcosa sul suo occhio. Non poteva restare senza risposte. In fondo, finalmente aveva dinanzi a sé una delle pochissime entità – forse l’unica, anzi – che sapeva qualcosa sul suo occhio destro. Doveva sapere. Doveva conoscere le risposte. A qualunque costo.

La donna sorrise misteriosamente. “La Morte mi aveva avvisato che il bambino nato dalla nostra unione avrebbe potuto sbloccare quell’occhio, per cui mi informò della sua esistenza,” disse. “Mi disse che il Jougan è essenzialmente lo specchio dell’anima che si riflette all'interno. Il suo stesso nome – Occhio Puro – lo lascia intendere. Un occhio che scruta l’anima di tutto ciò che si ritrova dinanzi. Umani, animali, oggetti, tutto. L’occhio sull'anima riesce a vedere l’essenza delle cose. E data la sua connessione diretta con la Morte, esso possiede anche delle abilità tipiche della Morte stessa. Per esempio: la creazione di portali per viaggiare tra mondi. O ancora: la percezione totale del chakra, in qualsiasi ambiente esso sia. Se ci pensi, il chakra – l’energia – è la manifestazione spirituale della vita. E siccome la Morte detesta tutto ciò che è vivente, il suo occhio è in grado di notare anche la più piccola variazione di energia vitale nel mondo. Comodo, non trovi anche tu?”

Vedendo l’espressione di puro shock e rivelazione nel volto del giovane, la donna scoppiò a ridere freneticamente. “Perché tutta questa sorpresa? È una cosa logica! Avresti dovuto arrivarci da solo molto tempo fa. La tua connessione con la Morte è evidente. Dopotutto, sai benissimo che il Jougan riesce persino a mostrare alla vista l’anima dei defunti.”

L’occhio destro di Boruto si sgranò a dismisura.

Un sorriso privo di calore si formò sul volto della Progenitrice. “Lo hai visto accadere di persona, no? Basta mettere in contatto il proprio chakra con un quello di un altro essere vivente per sperimentarlo. Lo hai fatto ben due volte, in fondo,” dichiarò, come se fosse scontato.

Boruto rimase a bocca aperta, ancora sconvolto come non mai dalla dichiarazione precedente. Perché, adesso che aveva udito quella spiegazione, la sua mente aveva finalmente iniziato a realizzare come stavano effettivamente le cose. E la verità, per quanto fosse ancora troppo scettico ed incredulo per ammetterlo, era esattamente uguale alla spiegazione che gli stava offrendo quella donna.

Dopotutto, lui lo aveva visto. Aveva visto le anime di due defunti nella sua giovane vita. Aveva sperimentato per ben due volte quella sensazione surreale sulla propria pelle. La prima volta, con Momoshiki Otsutsuki, e la seconda con Armin Arlert.

Ed entrambe le volte, era successo perché il suo chakra era stato in contatto diretto con loro.

Aveva ucciso Momoshiki con un Rasengan, colpendolo in pieno con quella Tecnica. Tecnica che era stata infusa direttamente con il suo chakra e quello di Mikasa. E l’amico di Eren, Armin, era morto tragicamente proprio nel momento in cui stavano comunicando tramite contatto diretto delle loro energie.

Per cui, la risposta era logica.

Il guerriero rimase di sasso.

Eppure, lui non era mai riuscito a comprenderla fino ad ora. Non era mai stato in grado di arrivarci da solo. Erano state solamente le parole della Progenitrice a fargli raggiungere la conclusione finale. Se non fosse stato per lei, non avrebbe mai potuto intuire una cosa del genere. Nonostante la sua arguzia, nonostante l’Intuizione che il Jougan gli conferiva, Boruto non era mai stato in grado di capire come stavano veramente le cose.

E ora che lo realizzava per la prima volta, una fitta di vergogna assoluta gli pervase mente e cuore.

La Progenitrice sembrò non curarsi minimamente del suo tumulto interiore. “Come pensavo, sei ancora inesperto e ingenuo,” sospirò. “Non hai mai veramente realizzato che il Jougan è la causa principale di tutto ciò che sei ed hai generato. Dopotutto, è sempre a causa sua… che non sei mai riuscito a perdonare la tua famiglia.”

Il giovane trasalì come se fosse stato fisicamente colpito. I suoi occhi sgranati si posarono di scatto sul volto donna. “Che cosa?!”

Gli occhi della Progenitrice continuavano invece a fissarlo gelidamente. “Tu sei entrato in contatto con la Morte da piccolo,” spiegò. “Hai sperimentato il dolore a soli sette anni, in una maniera molto più lucida rispetto a molti altri bambini. E in quel momento, il Jougan ha iniziato a manifestarsi in te. E quando l’ha fatto, ti ha permesso di vedere chiaramente la fragilità che era alla base della tua piccola, allegra famiglia. Ti ha mostrato l’ottusità, l’inflessibilità, e la ferrea determinazione di tuo padre nel continuare a prediligere il Villaggio invece che suo figlio. Ti ha mostrato la fragilità, la rassegnazione, e la totale dedizione di tua madre all’ideologia di suo marito. E ti ha mostrato l’innocenza, la confusione, e la sottomissione di tua sorella dinanzi a quella situazione che odiavi così tanto. Ed è stato proprio quando hai inconsciamente percepito tutto questo… che ti sei infine spezzato completamente.”

Boruto rimase impietrito, incapace di muoversi. Le sue braccia e le sue gambe presero a tremare come foglie. "M-Ma Hikari ha detto che è stata sua sorella a-"

"Ha mentito," la donna continuava a parlare, incurante di tutto e tutti. “Il Jougan è la vera causa del tuo dolore. Esso vede l’anima di tutto ciò che gli si pone davanti. Fa intuire le realtà delle cose. Ed è esattamente questo ciò che è successo con te. Ti ha fatto intuire la verità. E la verità, mio piccolo ed ingenuo bambino, è che il tuo sogno di avere una famiglia era irrealizzabile. Qualunque cosa avessi fatto, qualsiasi decisione avessi preso nei confronti dei tuoi genitori… saresti comunque rimasto infelice. Tuo padre non avrebbe mai abbandonato il suo lavoro da Hokage per venirti incontro. Tua madre non avrebbe mai potuto rimpiazzare la sua presenza. E la tua famiglia, a causa di questo, sarebbe sempre e comunque rimasta incompleta. E quando hai inconsciamente realizzato questa verità, ti sei ribellato con tutto te stesso…”

Il Nukenin rimase in silenzio, abbassando lo sguardo a terra.

La Progenitrice canticchiò, fissandolo col suo sguardo inquisitorio e solenne. “…non è così?” concluse alla fine, sorridendo innocentemente.

Il biondo esitò per diversi secondi. “…sì,” ammise alla fine, allibito. “È proprio così.”

Le sue mani si serrarono in pugni. Le sue braccia tremolarono e s’agitarono. E la sua mente, per la prima volta dopo anni, sbiancò. Perché, ancora una volta, quella donna aveva detto il vero. Non sapeva come avesse fatto, non sapeva come fosse possibile, ma era così. La Progenitrice aveva completamente sintetizzato la sua infanzia. E lo aveva fatto meglio di quanto lui stesso sarebbe mai stato capace di fare. Lo aveva letto. Lo aveva letto completamente, come se ciò che si nascondesse dentro di lui fosse un libro completamente aperto ai suoi occhi.

E Boruto non poté evitare di temerla moltissimo a causa di ciò.

La donna lo avvolse improvvisamente tra le sue braccia. “Per questo motivo ti sei attaccato così ferocemente ai tuoi amici,” gli sussurrò nell’orecchio. “E per questo motivo rifiuti sempre la tua vecchia famiglia. Perché i tuoi amici rappresentano fisicamente tutto ciò che desideravi, ma che non hai mai avuto davvero. E oggi, sei finito nella situazione in cui ti trovi ora perché ancora adesso, tu continui infantilmente a tentare di aggrapparti a questo tuo sogno irrealizzabile.”

Il ragazzo sentì una lacrima scorrergli lungo la guancia mentre la donna dai capelli rossi lo stingeva di più a sé.

“Oh, piccolo. Sei esattamente uguale a mio figlio,” gli mormorò dolcemente. Per una volta, la sua voce non suonò sfrontata e saccente, ma bensì calma, gentile, e comprensiva. Come se comprendesse appieno quello che stava provando dentro. “Anche lui era immensamente legato a me. È un tratto distintivo del nostro sangue. Gli Uzumaki sono così per natura. Non possiamo fare a meno di valorizzare la famiglia più di ogni altra cosa. Immagino che tuo padre sia l’unica, vera eccezione alla regola. Ma anche nel suo caso, è comprensibile. Non ha mai avuto una vera e propria famiglia, per cui ha semplicemente associato il suo sogno al Villaggio. Per lui, il Villaggio È la sua famiglia. Ed è per questo che non è mai stato in grado di voltargli le spalle… nemmeno per te.”

Boruto chiuse pesantemente gli occhi, lasciandosi andare in quell’abbraccio senza però ricambiarlo.

La Progenitrice lo tenne stretto a sé per diverso tempo. Boruto non seppe dire quanto a lungo rimase fermo e immobile tra le sue braccia. Potevano essere passati solamente pochi secondi, così come intere ore. Fatto sta che non si mosse da lì fino a quando non sentì il suo cuore ricominciare a pulsare senza più provare dolore, dismettendo la sensazione di abbandono che lo aveva precedentemente investito.

Dopotutto, lui non poteva piangere. Era il Kurokage dell’Impero. Era il Nukenin più potente e spietato del mondo. Non avrebbe pianto solamente perché aveva finalmente compreso come stavano le cose tra lui e la sua vecchia famiglia di sangue.

Il guerriero ruppe l’abbraccio, sospirando e scuotendo la testa per riprendersi. Vide la Progenitrice intenta a fissarlo attentamente, il suo volto più posato rispetto a prima. “Allora… hai ricevuto le risposte che desideravi?”

Boruto non rispose subito, limitandosi ad annuire lentamente. “Sì,” disse alla fine. “Non posso dire di credere a tutto quello che mi hai detto… ma so che non mi hai mentito. Perciò, almeno per adesso, ti ringrazio.”

La donna lo fissò in silenzio.

“Ma voglio mettere in chiaro una cosa,” riprese a dire subito dopo, senza esitazione. Fissò gli occhi rossi di lei con uno sguardo fiammeggiante e deciso. “Io non sono tuo figlio. Potrò avere la sua anima dentro di me, ma io e lui siamo due persone completamente diverse. Perciò, non ho intenzione di prestarti la mia alleanza ed il mio aiuto. Dopotutto, fino ad ora non mi hai nemmeno detto il tuo vero nome.”

Per tutta risposta, la donna ridacchiò sinistramente. Il Nukenin deglutì quando percepì nuovamente la qualità affamata del suo chakra che si manifestava ancora una volta. La Progenitrice sospirò malinconicamente. "Lo so,” disse. “Vedo chiaramente che ti sentiresti a disagio se decidessi di unirmi a te. E so anche che non ti fideresti di me in nessun caso, indipendentemente dalle mie parole," brontolò.

Boruto s’irrigidì e raddoppiò le sue difese mentali quando percepì dei nuovi viticci di chakra iniziare ad avvolgergli la mente. La donna dai capelli rossi sorrise in maniera lupina, consapevolmente sinistra. Il giovane rabbrividì. "Ma non posso comunque dirti il mio nome. Non lo ricordo," disse lei.

"…non lo ricordi?" ripeté il ragazzo. Tra tutte le scuse che poteva usare, quella non se l’era aspettata. "Cosa vuoi dire?"

La Progenitrice sorrise. Un sorriso strano e distante. "Entrare in contatto con la Morte ha un prezzo, sai," spiegò. “Esattamente come Ymir dovette consegnare qualcosa al Diavolo della Terra per ottenere il suo Potere… allo stesso modo anche io dovetti perdere qualcosa per concepire un figlio con la Morte. Ed il prezzo che pagai fu il mio stesso nome.”

Boruto la osservò seriamente. “Hai perso il tuo nome,” realizzò.

Lei annuì. “Nessuno saprà più il mio nome, nemmeno io stessa. Ma a me non è mai importato granché. Tutto ciò che volevo era dare alla luce il figlio più potente del mondo. E alla fine ce l’ho fatta.”

L’altro scosse la testa con un sospiro. “Perché sei così ossessionata dal potere e dalla morte?” esalò con pesantezza.

La donna scrollò le spalle, incurante. “Perché ho vissuto metà della mia vita senza potere," rispose semplicemente, sorridendo con malvagità. "E sai, sono rimasta molto sorpresa nello scoprire quante poche persone bisogna uccidere per ottenere abbastanza potere ed esperienza. Ai miei tempi, uccidere era una pratica normale. La legge era: uccidere o essere uccisi. Per cui, mi sono semplicemente adattata al mio mondo. E sono persino riuscita a forgiare una spada dal sangue dei miei nemici. Ci sono volute solamente quattrocento o cinquecento persone per avere abbastanza ferro. Il vero trucco, sai, è separare il ferro dal sangue." Le sue labbra sospirarono malinconicamente a quel ricordo. "Oh, che ricordi. Le loro urla! È stato davvero un periodo felice. Cosa non farei per avere di nuovo un corpo in carne e ossa..."

Boruto rabbrividì. Ok, quella donna era decisamente pazza. Lui poteva anche essere un assassino, ma raramente, se non mai, provava piacere nel causare dolore ai suoi nemici. Ma la Progenitrice, invece, si divertiva a farlo. Era una cosa disumana. Nessuno poteva essere così crudele.

Poi, di colpo, Boruto ammiccò con le palpebre. La momentanea repulsione che aveva provato lo aveva reso cieco davanti alla donna, e il giovane si ritrovò il pugno della Progenitrice conficcato nella gabbia toracica, proprio sopra il cuore. Il dolore lo assalì come un fiume in piena, un'agonia diversa da qualsiasi cosa avesse mai provato prima, prima che lei ritirasse con disinvoltura la mano, lasciandogli la pelle senza segni e senza danni. Ma Boruto poteva percepire qualcosa di diverso, qualcosa in più, dentro di lui.

Qualcosa che ora sedeva dormiente e aspettava paziente dentro alla sua anima.

"C-Cosa mi hai fatto?" ruggì con rabbia, allontanandosi bruscamente dalla donna. Sua antenata o no, se lo avesse attaccato, avrebbe frantumato la sua maschera nell'istante in cui si fosse liberato dalla sua influenza.

"Non preoccuparti," disse sensualmente la Progenitrice. "Non ti ho fatto niente di male, te lo assicuro. Ho solo fatto in modo che, quando il momento verrà, tu possa riuscire a tornare qui da me ancora una volta.”

Boruto esitò, per nulla convinto. “Perché lo hai fatto?” sibilò ancora.

La donna sorrise velenosamente. “Considerala una specie di assicurazione,” rispose. Un incentivo, diciamo, per spingerci a parlare ancora faccia a faccia. Dopotutto, una madre non vuole restare separata dal proprio bambino. E poi, diciamocelo, ti servirà in ogni caso. Volente o nolente, un giorno tu tornerai qui da me."

Il Nukenin si arrabbiò immensamente all’udire ciò. Chi si credeva di essere quella pazza per permettersi di toccarlo in quel modo? Non gliel’avrebbe perdonato in nessun caso. “Ti sbagli. Non tornerò mai più,” giurò a denti stretti.

“Oh, lo farai, invece,” la donna si limitò a dismettere la sua rabbia con divertimento, scuotendo la mano con disinvoltura. Ai suoi occhi, non era altro un moccioso che faceva i capricci. “Dopotutto, il tuo occhio ti costringerà a tornare. Il Jougan è potente, vero, ma è comunque una maledizione. È un occhio maledetto, e ormai dovresti averlo capito anche tu. Dopotutto, te lo hanno detto più e più volte, Boruto.”

Un brivido gelido percorse la schiena del giovane dopo quelle parole. Boruto rabbrividì, assottigliando i suoi occhi eterocromi.

La donna lo fissò con uno sguardo serio, sadico e solenne allo stesso tempo. “Un giorno non molto lontano… quel tuo occhio azzurro ti porterà via tutto,” dichiarò.

Boruto sentì tutto il suo corpo iniziare a tremare.

"Và, adesso, piccolo mezzosangue," ordinò la Progenitrice. "Ci rivedremo, un giorno."

Poi, il giovane sentì una sensazione di straniamento pervadergli i sensi mentre tutto il suo mondo veniva avvolto dall’oscurità. Poi, infine, ogni cosa venne divorata dal buio, ed i suoi occhi non videro più niente.
 


. . .
 


Boruto trasalì, sbattendo le palpebre, e si ritrovò improvvisamente nell'ufficio dell'Uzukage. Kaya e Jin Uzumaki vegliavano sul suo corpo seduto, visibilmente preoccupati, e fu solo in quel momento che si rese conto di essere stato adagiato su una sedia. Una decina di persone stavano aspettando dietro le spalle dell’Uzukage e Jin, vestite con gli abiti tipici dei medici. Il guerriero riprese a muoversi con esitazione, ansimando pesantemente. "Sto bene," sospirò, la sua voce roca. “Sto bene.”

"…sei sicuro?" chiese l'Uzukage, e Boruto sorrise leggermente per la sincera preoccupazione nella sua voce.

"Abbastanza," la rassicurò, riprendendo fiato. Le porse rapidamente la Maschera con una mano. "La Progenitrice era... davvero unica."

Kaya sbruffò. "Non ricordarmelo," mormorò sarcasticamente.

"Che cosa ti ha detto?" chiese Jin.

Boruto si ricordò che Jin era il successore di Kaya come Uzukage, e che quindi anche lui doveva essere stato messo al corrente della Maschera della Morte. Si strinse nelle spalle, massaggiandosi il dolore che provava ancora sul petto, nel punto dove lo aveva colpito quella stana entità. "Voleva mettermi alla prova, immagino," rispose alla fine. "Deve aver visto qualcosa che le piaceva in me. Mi ha anche fatto un regalo."

L'Uzukage lo fissò con gli occhi sgranati come un gufo. Poi fece un sospiro stanco. "Presumo che ti abbia dato le risposte che cercavi, dunque?" chiese a quel punto.

Boruto annuì mentre si rimetteva in piedi. Chiuse il suo Jougan, assumendo uno sguardo distante. "Sì, l’ha fatto. Anche se non in maniera… convenzionale, diciamo."

Kaya e Jin si scambiarono un’occhiata. Potevano chiaramente vedere l’esitazione nel suo tono e la distanza nel suo sguardo. Poi però, la madre di Kairi fece un sorriso. "Molto bene," disse alla fine, comprensiva. "Semmai ti servisse qualcuno con cui parlarne... sai dove trovarci."

Il biondo annuì, inclinando leggermente la testa in un inchino. “Grazie mille, davvero,” disse con emozione. Per poco, veramente poco, la sua espressione tradì un velo di stanchezza e tensione dopo aver assimilato tutte quelle informazioni, ma il giovane si badò bene dal mostrarla davanti ai suoi amici. Guardò un orologio sul muro e vide che erano passate due ore da quando aveva lasciato Mikasa e Lucy nella Nebbia. Doveva muoversi.

“Temo di dover tornare al mio esercito," dichiarò allora con serietà. Poi scoccò alla donna un’occhiata decisa. "A meno che, naturalmente, lei non abbia questioni più urgenti di cui discutere?" aggiunse con un sopracciglio incurvato.

L'Uzukage scosse la testa.

"Bene," annuì Boruto, muovendosi per uscire dall’ufficio. Poi, appena arrivato sulla soglia, il Nukenin si fermò. "Oh, e per quanto riguarda il mio ordine?" domandò.

Kaya fece una smorfia stanca. "Ci vorrà del tempo per applicare i Sigilli sopra ogni set di armature," rispose, sapendo fin troppo bene a cosa si stava riferendo. "Anche con i nostri esperti di Fuuinjutsu (Arte dei Sigilli) che ci lavorano ventiquattr’ore su ventiquattro."

"Spero che saranno pronte in tempo, però?" premette ancora lui. Aveva bisogno di quei set di armature per i suoi soldati.

L’Uzukage annuì, esitante. "Se manterrai la tua parte dell'accordo, lo faremo anche noi," dichiarò.

"Lo consideri fatto," promise il Kurokage, voltandosi per andarsene.

La donna lo richiamò. "Oh, e Boruto?" Il giovane si fermò ancora sulla soglia. "Un milione di armature? Quanti uomini hai arruolato per combattere nella guerra?"

Il Nukenin si limitò a sorridere.
 
 
 






 

Note dell’autore!!!

Questo capitolo è decisivo per permettervi di capire molte delle cose che avverranno nel futuro.

Abbiamo finalmente ricevuto le prime risposte sul Jougan dopo moltissimo tempo di misteri ed accenni velati. Tutto quello che avete letto in questo capitolo sull’occhio di Boruto, io lo avevo già in mente sin dalla ‘Battaglia di Eldia’. Avevo lasciato degli indizi anche lì e nella storia precedente, però. Spero che li abbiate colti adesso che il più delle cose è stato rivelato. Come vedete, ho mantenuto la promessa di darvi le spiegazioni che meritavate.

Avete finalmente ricevuto le prime risposte sull’origine del Jougan e dell’odio smisurato che Boruto prova nei confronti della sua vecchia famiglia. Alcuni di voi ci erano già arrivati, me lo hanno scritto in diversi messaggi privati, ma altri no. Ora però avete tutti quanti una risposta. Ovviamente più andiamo avanti e più le cose saranno chiare. Non è finita qui, certo, ma adesso sapete a grandi linee quello che avevo progettato sin dall’inizio. Spero che possa piacervi, davvero.
 
(------)
 
Alcuni di voi potrebbero chiedersi: ma allora, Boruto si comporta così ed ha fatto tutto quello che ha fatto solo perché è una reincarnazione del figlio della Morte??? La risposta è NO! Ovviamente, il fatto che sia stato generato dalla Morte ha influito su di lui (questo spiega un po' meglio il suo carattere, il suo odio disumano, e la sua innaturale incapacità di accettare la realtà), ma ha sempre e comunque agito liberamente, per sua personale decisione. Così come anche Naruto e Sasuke sono reincarnazioni di Ashura e Indra, ma comunque sono liberi. Sono la stessa anima, ma persone completamente diverse. È difficile da spiegare, ma nel mondo di Naruto funziona così. Comunque sia, se avete delle domande o volete avere dei chiarimenti, siete liberi di farmelo sapere ;)

(------)

La Progenitrice è l’entità citata nel capitolo 58 de ‘Il Pianto del Cuore’. La sua storia è narrata a grandi linee già lì, e adesso l’abbiamo finalmente incontrata.

Naruto si dimette dalla carica di Settimo Hokage. Penso che sia la cosa più logica e sensata che farebbe dopo tutto quello che è successo a causa della sua esitazione fino a questo momento. Ovviamente questo non vuol dire che adesso è fuori dai giochi… anzi! Sarà molto più agguerrito e combattivo di prima, ve lo assicuro. E sarà molto più libero di agire rispetto a prima. Boruto non ha vinto la Guerra, e non ho intenzione di rendergli le cose facili adesso. Sarà anche occasione per rivedere Konohamaru sotto una nuova luce. Ma vedrete tutto con calma.

Vi invito, come sempre, a leggere e commentare. Se ci sono errori nel capitolo, fatemeli notare così da poterli correggere quanto prima. Grazie mille a tutti!

A presto!
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Saigo il SenzaVolto