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Autore: Genziana_91    16/09/2020    4 recensioni
L'iscrizione sulla statua del famoso Guerriero di Capestrano (VI secolo a.C.) riporta: "Aninis mi fece fare, bella statua, per il re Nevio Pompuledio". Chi era Nevio Pompuledio? Come è diventato re? E di chi è la altrettanto enigmatica statua che lo accompagna, la Signora di Capestrano?
Genere: Avventura, Fantasy, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Antichità
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1. Nevio, figlio di Pompo
 
Il corno suonò due volte, poi tacque. I volti degli uomini e delle donne del villaggio erano grigi e pallidi nel nevischio mattutino di inizio inverno, il vento era l’unico suono.

Nevio rabbrividì e si allacciò ancora una volta i nodi della sottile corazza di pelle che gli copriva il busto: le mani erano gelide e rigide, nonostante nel grande braciere al centro del piazzale ardesse un fuoco alto e brillante. Il suo calore, tuttavia, non penetrava nei cuori affranti degli abitanti di Aufino, il grande forte ai piedi delle montagne. Quella mattina, la neve immacolata della fattoria dei Sekii era stata sciolta e macchiata dal sangue di tre dei suoi cinque abitanti, lasciando una vedova e il maggiore dei figli a piangere sui corpi dilaniati della loro famiglia. Nevio conosceva bene Sekus, l’unico maschio sopravvissuto e il più vicino dei suoi fratelli in arme, e non riusciva a capacitarsi che Vetilla non fosse ormai altro che una sagoma avvolta in un panno bianco su uno dei catafalchi davanti a lui, fredda e immobile come le rocce delle grandi montagne attorno al villaggio. Un peso allo stomaco gli tolse il respiro. Non l’avrebbe più sentita ridere, né vista scendere a valle a prendere l’acqua con sua sorella Vesullia. Non si sarebbe più dovuto lamentare dei dispetti di quelle due, né del loro interminabile chiacchiericcio. Sbirciò di soppiatto nella direzione di Vesullia. Chiunque, vedendoli, avrebbe indovinato che erano gemelli, due immagini speculari dello stesso viso. Un viso che ora era una maschera immobile di ghiaccio.

La mano di suo padre Pompo, il saggio e valoroso capo villaggio, si posò pesantemente sulla spalla di Nevio e lo indusse a ricacciare indietro il groppo che gli stringeva la gola. A suo padre non sarebbe piaciuto vederlo versare lacrime. Lo avrebbe ritenuto debole, poco degno di un guerriero. Eppure, chi aveva ucciso Vetilla, suo padre e il più giovane dei suoi fratelli, si definiva guerriero. Pompo stesso, li aveva definiti tali. Non aveva importanza che avessero massacrato un’intera famiglia nell’ora più buia della notte solo per rubare delle pecore. Quello era il gioco letale a cui i guerrieri Vestini giocavano da secoli, senza esclusione di colpi. Quello era il gioco a cui Pompo si aspettava che Nevio giocasse e suo figlio non lo avrebbe deluso, non quella mattina.

Il corno suonò di nuovo e i giovani guerrieri si radunarono davanti all’anziana sacerdotessa. Aveva la pelle scura e rugosa come il guscio delle noci ed era avvolta in pelli di bue e vesti blu. La donna intonò una litania bassa e gutturale, un muggito selvaggio di un toro pronto a caricare, poi spalancò le braccia invocando il grande Padre Fiscu e la grande madre Maja. Chiese loro di guidare i giovani tori nella loro spedizione, poi estrasse un sacchetto da sotto le vesti e lo aprì sul terreno davanti a lei. Le falangi di pecora rotolarono a terra in un disegno misterioso, che solo la vecchia poteva vedere. Annuì, poi posò i suoi occhi antichi su Nevio e disse con voce ultraterrena:
Gli dei vi sorridono, giovane Nevio, rispettane la voce.” Poi tacque e si ritirò dalla folla.

Il giovane si voltò verso i suoi, un pugno di ragazzi poco più adulti della prima rasatura, e sentì addosso tutto il peso del compito affidatogli. Che l’uccisione dei Sekii fosse stata accidentale o parte di un piano più strutturato, il punto era uno e uno soltanto: sangue chiamava sangue. Si scambiarono un cenno di intesa e la piccola folla si aprì davanti a loro, verso la porta del villaggio, verso la valle imbiancata e verso la foresta, minacciosa e oscura.

Nevio gridò. Un ruggito di battaglia si alzò dal villaggio, riecheggiò nella valle, rimbombò tra le tombe degli avi fino a giungere, simile ad un sussurro, alle orecchie di Anco e dei suoi uomini, ormai lontani ma con le mani ancora sporche del sangue dei Sekii.
   
 
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