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Autore: ChrisAndreini    17/09/2020    2 recensioni
Cinque coppie, cinque cliché, tropes letterari e delle fanfiction ovunque, e un narratore esterno e allo stesso tempo interno che sembra attirare a sé le più assurde coincidenze e situazioni da soap opera.
Un gruppo di amici si ritrova a passare l'anno più movimentato della loro vita guidati dai propositi, dall'amore, e da una matchmaker che non accetta un no come risposta.
Tra relazioni false, scommesse, amici che sono segretamente innamorati da anni, identità segrete e una dose di stalking che non incoraggio a ripetere, seguite le avventure della Corona Crew nella fittizia e decisamente irrealistica città di Harriswood.
Se cercate una storia piena di fluff, di amicizia, amore, e una sana dose di “personaggi che sembra abbiano due prosciutti negli occhi ma che alla fine riescono comunque a risolvere la situazione e ottenere il proprio lieto fine”, allora questa è la storia che fa per voi.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Corona Crew'
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Utili imprevisti

 

Giovedì 2 Maggio 

Manny era positivamente certo che tutti gli studenti del corso di Storia dell’arte greca e romana avrebbero passato l’esame con trenta e lode.

Era altrettanto sicuro che lui sarebbe stato l’unica eccezione.

E il motivo di entrambe le constatazioni era seduto accanto al professore, intento ad assisterlo mentre spiegava le slides e che al momento stava scrivendo degli appunti sulla lezione che sicuramente avrebbe poi passato a tutti gli studenti.

Max Sleefing era davvero il ragazzo più incredibile, onesto, giusto, simpatico e alla mano che Manny avesse mai conosciuto, non c’era dubbio al riguardo.

Quindi passava la maggior parte della lezione a fissarlo da lontano cercando di carpire ogni singolo dettaglio, incapace di guardare altrove.

Si sentiva un po’ uno stalker, a dire il vero, ma era molto più forte di lui.

E per fortuna era abbastanza invisibile perché nessuno notasse il suo “stalking”.

O almeno, così era stato fino a quel giorno.

-Oh, terra chiama. Pensavo fossi qui per studiare, non per fare gli occhi dolci al professore- una voce alla sua sinistra lo fece sobbalzare, e arrossire di scatto. Apparteneva ad una giovane donna molto in forma che andava sui trenta, e fissava Manny con un sorrisino malizioso e divertito.

-Non sto facendo gli occhi dolci al professore!- si affrettò a negare, un po’ disgustato all’idea. 

-Già, quel castano carino è l’assistente, del professore. Ma è la stessa cosa. Non stai prendendo appunti- gli fece notare la donna, sbirciando oltre la sua spalla il foglio bianco del quaderno, con solo qualche cuore e una bella dose di disegnini romantici.

-Neanche tu prendi appunti, mi pare- Manny rigirò la frittata, sottovoce, ritirando il quaderno.

-Ma io non sono qui per studiare- la donna gli fece un occhiolino.

Manny sbuffò, cercando di concentrarsi sulle parole del professore e ignorare del tutto la questione.

-Dai, ti capisco. Quel tipo è davvero carino- commentò la donna, come a trovare un punto di appoggio.

Manny cercò di non lanciarle un’occhiataccia, e si limitò a un debole -Gerda!- di avvertimento.

La donna ridacchiò tra sé.

E Manny, dopo qualche minuto di totale attenzione verso i vari tipi di colonne, fu nuovamente distratto dalla presenza di Max, che aveva deciso proprio in quel momento di starnutire ed essere adorabile.

E prima che Gerda potesse fargli nuovamente notare che non prendeva più appunti, fu salvato dalla pausa.

Subito gli alunni iniziarono ad alzarsi per uscire a fumare una sigaretta o prendere un caffè.

Manny non fu tra loro. Osservò i minimi appunti presi e iniziò a studiare il libro.

Gerda, accanto a lui, si stiracchiò un po’.

-Non capisco come queste cose ti interessino tanto- commentò, sbadigliando sonoramente.

-L’arte è interessante- si lamentò Manny.

-Anche se forse l’artista ti piace di più, eh- lo punzecchiò Gerda, letteralmente.

Manny non riuscì a trattenersi dall’arrossire ulteriormente.

-Se la lezione ti annoia tanto puoi sempre aspettarmi fuori o andare a prendere un caffè e ti raggiungo quando è finita- provò a proporle, sperando di togliersela dai piedi il tempo di fissare ancora per un’ora e mezza la perfezione di Max Sleefing in pace, senza interferenze.

-Nah, ti tengo compagnia. E poi quello che osservi è davvero interessante- commentò, spostando lo sguardo verso Max, che stava parlando con alcuni studenti e sorrideva caldamente.

Manny questa volta le lanciò davvero un’occhiataccia, non riuscendo a trattenersi.

-Scherzo, non è proprio il mio tipo. Lo sai che mi piacciono quelli selvaggi. Quel tipo sembra uno spaventato dalle ragazze forti- commentò Gerda, squadrandolo.

-Au contraire, la sua migliore amica è la ragazza più tosta del mondo- obiettò Manny, iniziando a scaldarsi.

-Figo, peccato che sono etero altrimenti gli chiederei di darmi il suo nu… aspetta un momento!- il successivo commento divertito di Gerda venne interrotto quando la donna si rese del tutto conto di cosa Manny le aveva appena detto -Tu conosci i suoi amici?!- chiese, incredula.

Manny seppellì il volto tra le mani, pentendosi immediatamente di quello che aveva detto.

-Da quanto va avanti questa storia?! Tuo padre lo sa? E Bas…- Gerda iniziò ad indagare, preoccupata e all’improvviso mortalmente seria.

-Non c’è nessuna storia- si affrettò a negare Manny, guardandosi intorno per controllare che nessuno avesse sentito nulla -Siamo solo usciti a prendere un caffè per una situazione di università, e abbiamo parlato, tutto qui- spiegò, sperando davvero di non essere arrossito.

Gerda lo guardò per qualche secondo cercando di smascherare eventuali bugie, ma Manny non aveva mentito. Erano davvero andati solo a prendere un caffè, anche se, come dire, era successo già quattro volte.

-Va bene- Gerda infine alzò le mani, arrendendosi -Lo sai che per me puoi fare quello che vuoi, solo… fa attenzione. E non voglio che tu soffra, okay?- aggiunse infine, per chiudere l’argomento.

-Tranquilla, ho tutto sotto controllo- la rassicurò Manny, anche se non ne era per niente sicuro.

Cercò di tornare con il volto sul libro, ma venne irrimediabilmente attratto da Max, che aveva iniziato a distribuire dei moduli per i banchi, e si stava avvicinando a loro.

I loro sguardi si incrociarono.

Il cuore di Manny fece una capriola.

Poi Max sorrise, e Manny era sul punto di morire, ne era certo.

Perché aveva un sorriso così bello?! Era legale?!

-Ciao Manny- lo salutò, porgendogli il foglio.

-Ciao Max- rispose lui, prendendolo e non trattenendo uno dei suoi sorrisi più brillanti.

-Salve, non mi dia il foglio- si intromise Gerda, rifiutando il modulo che Max era in procinto di darle.

Manny cercò di ricomporsi.

-È un foglio di approfondimento per i frequentanti- spiegò Max, sorpreso.

-Sì, ma io non sono, come dire, una studentessa- spiegò la ragazza, a bassa voce, per non farsi sentire dal professore.

-Oh, davvero? Ho visto tanti studenti che non frequentano ma non ho mai incontrato dei frequentanti non studenti- ridacchiò Max, divertito dalla faccenda e per niente intenzionato a cacciarla fuori dalla classe

-Ad essere onesta l’arte non mi piace. Ma voglio passare più tempo possibile con il mio carissimo amico Manfred- spiegò Gerda, attaccando bottone.

-Posso capirlo- borbottò Max, lanciando a Manny un’occhiata che lo fece quasi sciogliere -Anche tu di New York?- chiese poi, non molto convinto, dato che Gerda aveva un accento particolare, ma non sembrava affatto quello della Grande Mela.

-No, è di New Orleans- spiegò Manny, prendendo le redini della conversazione -Siamo amici di penna, è un caso che ci siamo ritrovati entrambi qui a Harriswood. Lei deve lavorare, è venuta qui un paio di giorni fa. E io studio, e quindi… eccoci qui- spiegò, mettendo una mano attorno alle spalle di Gerda.

-Che fortuna incredibile. Che lavoro fai?- chiese Max, interessandosi alla conversazione.

-Babysitter- rispose Gerda, senza esitazioni, lanciando un’occhiata indecifrabile verso Manny, che rimase impassibile, ma avrebbe tanto voluto roteare gli occhi.

-Deve essere davvero un bel lavoro. Era la mia prima ipotesi come lavoro part-time, ma non ci riuscivo con i tempi, quindi ho dovuto ripiegare a cameriere- raccontò Max, perdendosi lo scambio invisibile tra i due.

-Cameriere? Figo. Dove? Così ci facciamo un salto, magari- Gerda, amichevole, gli fece un occhiolino complice. Iniziava a piacergli quel tipo.

Non in modo romantico, ma sembrava uno a posto, e Gerda era molto amichevole.

-Al Corona, ma so che a Manny non piace molto…- Max lanciò un’occhiata di scuse verso Manny, che però era troppo occupato a fissare il libro per coglierla.

Anche Gerda le lanciò un’occhiata, anche se ben diversa, di una persona che ha appena capito tutto della vita.

-Ah, al Corona. Beh, sì, Manny non lo vedrai sicuro, ma credo che ci incontreremo spesso. Conosco una cameriera, lì- spiegò Gerda, ritornando su Max.

-Ottimo, peccato che Manny non possa venire, ma…- il continuo di Max venne interrotto dal professore, che lo richiamò all’ordine.

Arrossendo appena, Max si affrettò a ricominciare il lavoro di consegna.

-È stato un piacere, ragazzi. Manny, ci… sentiamo… sul gruppo- accennò un sorriso, e Manny alzò la testa dal libro per ricambiare.

Quando fu fuori dalla portata d’orecchio, Gerda si mise a fissare Manny, aspettandosi una qualche spiegazione che il ragazzo non aveva la minima intenzione di darle.

-Che c’è?- chiese però dopo qualche minuto, cercando di distogliere lo sguardo che iniziava a metterlo davvero a disagio.

-Cameriere al Corona? Quel cameriere del Corona?- chiese lei, incredula.

Manny sospirò.

-Ti prego, non giudicarmi- la supplicò, nervoso.

-Non voglio giudicarti- Gerda mise le mani avanti -…ma cerca di non lasciarti trascinare, okay?- gli consigliò, mettendogli una mano sulla spalla, in modo confortante.

Manny annuì.

-Ho tutto sotto controllo- ripetè, ostentando sicurezza.

Un messaggio al telefono, poco prima che la lezione ricominciasse, gli fece ritirare mentalmente l’affermazione.

Max :3

Hey, questo weekend ti andrebbe di andare a visitare uno dei giardini?

Anche con la tua amica, se vuole.

Volevo chiedertelo di persona ma non sapevo come 

 

Manny si ritrovò a sorridere intenerito dal messaggio, e subito dopo il suo sorriso si congelò.

No, non aveva per niente la situazione sotto controllo.

“Certo! Mi farebbe davvero tanto piacere!!” rispose, pur sapendo che avrebbe dovuto rifiutare.

Ma era davvero più forte di lui.

 

Sabato 4 Maggio

Max voleva davvero tanto arrabbiarsi.

Per una volta voleva alzare di un tono la voce e lamentarsi a gran voce della situazione alla quale era stato costretto.

Ma non lo fece.

Come sempre, strinse i denti e ingoiò il groppo in gola, ripetendosi che sarebbe stato davvero egoista da parte sua arrabbiarsi per questa situazione, anche se sicuramente Clover gli avrebbe detto che non solo era lecito che lo facesse, ma quasi obbligato.

Perché aspettava con trepidazione quel sabato, aveva fatto tutti i piani per rendere l’uscita/appuntamento/nonsisapevacosa perfetto, ed era costretto a cambiare i suoi programmi per un imprevisto.

Un imprevisto che non aveva nulla a che fare con lui.

Eppure eccolo lì, osservare sistematicamente l’orologio ogni cinque secondi mentre batteva impaziente il piede e si chiedeva se non fosse meglio avvertire immediatamente Manny e non rimandare l’inevitabile. E sperando, con tutto il cuore, che il pacco con il fertilizzante urgente che suo padre aveva ordinato ma non poteva aspettare, arrivasse entro i prossimi cinque minuti, così da liberarlo dall’imposizione di restare tutto il pomeriggio a casa ad aspettare la consegna.

Purtroppo era l’unico che potesse farlo, dato che suo padre era stato chiamato con urgenza per un lavoro decisamente ben pagato e Denny… beh, era ad un semplice gruppo di studio, ma era raro che uscisse con altre persone, quindi Max si era caricato la responsabilità di aspettare.

Anche se se ne pentiva non poco.

Come gli era venuto in mente?!

Tra dieci minuti sarebbe arrivato Manny, e Max avrebbe dovuto spiegargli la cosa e disdire e… non voleva sembrare inaffidabile! E soprattutto non voleva disdire.

Già era stato difficile trovare il coraggio di invitarlo. E poi voleva tanto uscire con lui.

Quando sentì il suono del campanello, il suo ottimismo sembrò per un attimo ritornare.

Corse in tutta fretta verso la porta, sperando con ogni fibra del suo corpo che fosse il corriere.

Purtroppo non era il corriere.

-Manny- lo accolse deluso, sospirando rassegnato.

Il ragazzo, che si era presentato con uno dei più grandi sorrisi che Max gli avesse visto in volto, si rabbuiò con grande rapidità, e guardò l’orologio che portava al polso.

-Sono troppo in anticipo? Mi dispiace! Posso farmi un giro per il quartiere- fece un passo indietro, arrossendo leggermente.

-No, no! Scusa, non volevo usare quel tono, solo…- Max sospirò, e aprì la porta come a spronarlo ad entrare, anche se avrebbe dovuto fare tutt’altro.

Manny rimase fermo sul posto, e piegò la testa confuso.

-C’è stato un piccolo inconveniente. Mio padre aspetta un pacco, molto urgente, gli serve domani. E io sono l’unico in casa. Devo necessariamente aspettare il corriere. Mi dispiace, avrei dovuto scriverti subito, ma speravo davvero che arrivasse prima del nostro appuntamento- Max seppellì il volto tra le mani, imbarazzato.

Fu un bene, perché si perse un’espressione intenerita decisamente adorabile, che lo avrebbe solo imbarazzato ulteriormente.

-Va bene- lo rassicurò invece Manny, mettendogli una mano sulla spalla, e avvicinandosi.

Max non aveva comunque il coraggio di guardarlo negli occhi.

-Dimmi un giorno e recuperiamo. Non sono così inaffidabile di solito, te lo posso giurare. Solo… Manny?- le sue scuse con tentativi di riorganizzare l’uscita vennero interrotte quando Max si rese conto che il ragazzo aveva approfittato dell’apertura della porta ed era entrato in casa, e si guardava intorno mentre si toglieva lentamente la giacca.

-Che c’è? Aspetta, vuoi che me ne vada?- chiese Manny, affrettandosi a rimettere la giacca imbarazzato.

-No! Pensavo che fossi tu a volertene andare- ammise Max, bloccando la porta per evitare che uscisse, e sbloccandola immediatamente nel rendersi conto che poteva sembrare un gesto da rapitore.

-No, pensavo di aspettare con te. Deve essere terribilmente noioso aspettare un pacco da solo. Almeno chiacchieriamo un po’- gli sorrise Manny, togliendosi nuovamente la giacca lentamente.

-Mi farebbe davvero piacere, ma non sentirti obbligato- ammise Max, un po’ a disagio ma anche molto felice dalla proposta.

-Sciocchezze, fa piacere anche a me. La tua casa è piccola- commentò Manny, tenendo in mano la giacca e guardandosi intorno.

-Già- Max sospirò con rassegnazione.

-Cioè, non in senso negativo! È confortevole, molto accogliente!- si affrettò a specificare Manny, facendo arrossire il padrone di casa.

-Fin troppo. Era pensata per una persona, massimo due, e invece viviamo in tre- spiegò Max, prendendo la giacca di Manny e sistemandola nell’appendiabiti all’ingresso.

-Però la televisione è davvero enorme- commentò Manny, osservando lo schermo piatto dell’ingresso.

Max ridacchiò.

-Un gentilissimo regalo di Clover, la mia migliore amica. Non regalo per me personalmente, ma un mix di regali: mio, di mio padre, e di mio fratello. Tutti e tre insieme- raccontò Max sedendosi sul divano e facendo cenno a Manny di fare altrettanto. Lui eseguì.

-Davvero generosa- commentò il ragazzo, ammirato.

-Sì, è una delle persone più altruiste che conosca. Anche se ha un doppio fine, dato che la serata film è sempre organizzata da me- spiegò Max, divertito.

-Serata film?- indagò Manny, interessato.

-Ogni venerdì sera ci incontriamo qui per vedere un film, con alcuni membri del mio gruppo di amici, anche se di solito siamo in quattro- rispose Max, cercando di non dare troppi dettagli.

Non che volesse tenere nascosto qualcosa, ma aveva imparato ad essere molto attento quando parlava di Clover con persone che gli piacevano. Era capitato più di una volta che qualcuno lo lasciasse perché geloso di Clover. Ma lei era solo un’amica!

Aveva già rischiato parlandone prima, non poteva continuare a parlare di lei.

-Wow, che avete visto ieri?- chiese Manny, per fare conversazione.

-Toy Story 4 e Chiamami con il tuo nome. Mio fratello ha pianto come un bambino a entrambi i film- racconto Max, ripensando con un sogghigno alla serata.

-Adoro Chiamami con il tuo nome! Ammetto di non aver visto Toy Story 4 ma scommetto che è commovente anch’esso- commentò Manny, pensieroso.

-Macché, è un’offesa. Danny mi ha tenuto due ore, prima di andare a dormire, in una sfuriata assurda su come abbiano buttato all’aria il franchise. Quando fa così capisco perché vuole diventare un avvocato- confessò Max, in tono confidenziale.

-Deve essere un tipo davvero guidato dalle emozioni. E si vede che gli vuoi un gran bene- Manny era intenerito.

-Molto. Siamo cresciuti davvero uniti. Tu sei figlio unico, giusto?- Max si ricordava che lo avevano accennato, ma non era del tutto sicuro.

-Sì, nessun fratello o sorella. Qualche cugino, qui e lì, ma non vedo mai praticamente nessuno- Manny alzò le spalle.

Tra un argomento e l’altro, passò almeno un’ora prima che un suono piuttosto rumoroso attirasse l’attenzione dei due ragazzi.

E purtroppo non era quello del campanello.

Ma lo stomaco di Manny.

-Oh cielo, che imbarazzo! Scusa! Solo che non ho pranzato- si giustificò Manny, diventando rosso come un pomodoro.

Max si alzò di scatto, mentre il suo istinto di aiuto e protezione si faceva sentire.

-Non hai pranzato?! Perché non me lo hai detto subito?! Hai qualche allergia particolare? Cibi che non ti piacciono? Vuoi dolce o salato? Preferenze particolari?- iniziò a chiedere, in tono professionale, dirigendosi verso la cucina e prendendo nel frattempo un grembiule poggiato sul tavolo.

Dopo qualche secondo di shock, Manny si alzò di scatto e si affrettò a corrergli dietro.

-Non preoccuparti, Max. Ho mangiato dei crackers, non ho poi così tanta fame!- cercò di scoraggiarlo, imbarazzato.

-Sciocchezze. Allora?- Max stava osservando il contenuto del frigo, e alzò la testa per incoraggiare Manny a rispondere alle sue domande.

-Mangio praticamente tutto, e non ho allergie. Una cosa semplice può andare bene- capendo che non poteva scoraggiarlo, Manny tentò almeno di limitargli il lavoro, ma Max gli lanciò un’occhiata scettica.

-Vuoi veramente qualcosa di semplice o lo dici solo per farmi lavorare meno?- chiese, colpendo in pieno.

Manny evitò il suo sguardo.

-Va bene, mi andrebbe qualcosa di dolce, ma davvero fa quello che vuoi- ammise infine, con grande sforzo.

-Che ne dici di pancakes alla cannella con salsa al caramello?- chiese Max, con un occhiolino.

Gli occhi di Manny si illuminarono.

-Esistono?- chiese, incredulo.

-Li ho inventati dopo la nostra uscita, durante i miei esperimenti di cucina domenicali. Sono ancora in fase embrionale, ma dovrebbero essere buoni. Ti va di sperimentare?- lo incoraggiò Max.

Manny annuì con vigore. 

-Ti vorrei aiutare, ma l’ultima volta che ho tentato di cucinare qualcosa la pasta era scotta e il ragù gelido, quindi se vuoi posso pulire quello che userai e passarti gli ingredienti come ad un tavolo operatorio- si propose Manny, un po’ incerto.

-Ho un compito molto importante per te, in effetti- Max gli si avvicinò con aria seria, e gli mise le mani sulle spalle, come pronto a fargli un discorso motivazionale.

Manny pendeva dalle sue labbra.

-Rilassati, riposati e avvertimi se senti il suono del campanello- il commento di Max, però, stemperò la poca tensione creatasi dal momento di serietà.

Manny lo spinse giocosamente indietro.

-Guarda che non sono del tutto inutile. Vivere lontano da casa mi ha insegnato a pulire davvero bene i piatti- si vantò, ostentando sicurezza e fingendo di tirare indietro finti capelli lunghi che non possedeva.

-Non lo metto in dubbio, ma sei mio ospite, e mi stai già facendo un favore enorme, quindi non preoccuparti- Max insistette, indicandogli una sedia in un angolo, e sospirando, Manny si sedette, arrendendosi all’eccessiva generosità del ragazzo.

Si muoveva in cucina come uno chef professionista. Manny non era fan dei programmi di cucina, ma iniziava a capire perché piacessero tanto. Era davvero interessante da osservare. O forse era semplicemente interessante osservare Max, a prescindere da cosa facesse.

-Sei davvero esperto ai fornelli- osservò Manny, per fare conversazione.

-Beh, ho imparato presto- si sminuì Max -Istinto di sopravvivenza-

-In che senso?-

Max esitò un po’ prima di rispondere.

-Eh… mio padre non sa cucinare, e dopo tre anni di pasti precotti, carne in scatola e cibi da asporto non ce la facevo proprio più- spiegò, senza guardare l’amico, ma iniziando a riscaldare la padella per cuocere i pancakes.

Non era poi un argomento particolarmente allegro, quindi Max sperava davvero di cambiarlo il prima possibile.

-Beh, complimenti, perché l’odore dei pancakes è davvero buono!- come se avesse sentito i suoi pensieri, Manny ci concentrò sul presente.

-Grazie, spero davvero ti piacciano- osservò Max, soddisfatto, e mettendo su un piatto i primi prodotti.

-Tutto ciò che comprende cannella e caramello mi piace, stanne certo- Manny si era fisicamente sporto verso il piatto, con l’acquolina in bocca.

-La salsa al caramello è in frigo. Puoi prenderla e iniziare a servirti, se vuoi- lo incoraggiò Max, indicando il frigo.

-Oh, no, ti aspetto. Sarà dura, ma preferisco di gran lunga mangiare con te- sorrise Manny, senza però staccare gli occhi dai pancakes.

Max ridacchiò, e non insistette.

Quando ormai mancava davvero poco alla fine, e Manny era quasi caduto dalla sedia nel suo sporgersi verso il cibo, il suono della porta che si apriva attirò l’attenzione dei due ragazzi, che si girarono verso l’ingresso, preoccupati.

-O il corriere ha le chiavi, o stanno entrando dei ladri in casa- borbottò Max, preoccupato, prendendo con circospezione una padella e facendo cenno a Manny di restare seduto.

Raggiunse con circospezione l’ingresso, tenendo la padella ben salda, ma tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto che non c’era alcun pericolo.

-Denny, che ci fai qui?- chiese notando il fratello, accompagnato da Mathi e Norman, con zaini carichi di libri ed espressione seccata.

Denny si limitò a sbuffare, buttando lo zaino in un angolo.

-Gruppo di studio peggiore di sempre- borbottò, irritato.

-Una massa di aceofobi che non facevano che prendersela con Norman per il suo orientamento sessuale- gli diede man forte Mathi, scuotendo la testa incredulo.

-Io volevo semplicemente ignorarli…- commentò Norman, segretamente soddisfatto dal supporto dei due amici.

-No! Queste cose non si ignorano! Abbiamo sollevato un polverone!- Mathi si massaggiò il pugno.

-In maniera pacata e pacifica- si affrettò a specificare Denny, con volto tutt’altro che pacato o pacifico.

-…e ci hanno cacciato dalla biblioteca scolastica- concluse poi Norman, alzando le spalle.

-E perché siete venuti qui? Insomma, mi fa piacere, ma non era più comodo il dormitorio o il Corona?- chiese Max, sorpreso, abbassando del tutto la padella.

-È quello che ho suggerito io- ammise Norman, confuso quanto lui.

-Ma qui abbiamo più spazio…- provò ad obiettare Denny.

Non era affatto vero. Lo spazio era davvero limitato lì.

-E comunque tu hai un appuntamento, alle cinque, giusto? Se il pacco non è ancora arrivato posso darti il cambio e tu puoi andare all’appuntamento- aggiunse poi Denny, soddisfatto da sé, e lanciando al fratello maggiore un’occhiata incoraggiante.

Max fu colto da un’ondata di gratitudine, e consapevolezza. Denny aveva spinto tutti a venire lì solo per dargli la possibilità di uscire.

Certo, aveva sbagliato orario perché l’appuntamento era alle tre, non le cinque, ma era davvero gentile da parte sua.

-Oh, Denny, non dovevi, grazie per…- interruppe la gratitudine quando si ricordò, in un flash, che aveva lasciato Manny in cucina, e con dei pancakes sul fornello acceso che doveva assolutamente girare prima che si bruciassero.

-Aspetta un secondo!- disse al fratello, correndo verso la cucina ma venendo anticipato da Manny, che uscì tenendosi la mano.

-Ho tolto i pancakes rimasti, ma mi sono inavvertitamente bruciato la mano. Hai del ghiaccio?- chiese, timidamente -Oh, salve- salutò poi i tre nuovi venuti -Che fortuna che non siete ladri- 

-Mi dispiace tantissimo! Vieni, ho una crema per bruciature. Per il momento mettiamo la mano sotto l’acqua gelida!- Max, ignorando completamente i tra ragazzi alle sue spalle, si affrettò a soccorrere Manny, sentendosi un po’ in colpa.

-Denny, potresti aiutare Manny mentre prendo la crema?- chiese poi al fratello, supplicante.

-Certo!- Denny era così poco abituato che il fratello gli chiedesse qualcosa che scattò in prima linea, dimenticandosi per un attimo della sua ansia sociale davanti ad estranei.

-Non preoccupatevi, è una semplice ustione di secondo grado. Non datevi pena- provò a minimizzare Manny, anche se il volto contratto dal dolore raccontava un’altra storia.

-Vieni, puoi tenere la mano sotto l’acqua- Denny accompagnò il ragazzo di nuovo in cucina, seguito da Mathi. Norman decise di offrire la sua assistenza a Max.

Mentre attendevano, Denny osservò con attenzione Manny, fissando in particolar modo i suoi capelli, o per meglio dire, la cima della sua testa.

Mathi faceva passare lo sguardo tra i due.

-Cosa c’è?- chiese quindi Manny, dopo qualche secondo, intimorito.

-Eh? Niente!- Denny distolse lo sguardo, arrossendo appena.

-Siete alti uguali!- spiegò Mathi, dando voce ai suoi pensieri.

-Oh…- Manny non se n’era proprio accorto, ma in effetti avevano la stessa altezza. Nè un centimetro in più né uno in meno -Forte- commentò poi, leggermente divertito dalla coincidenza.

-Già, non ho mai conosciuto un ragazzo basso quanto me- ammise Denny, con un sorrisino, che però scomparve subito a favore di un grande imbarazzo -Cioè, non che tu sia basso, insomma, non sto cercando di…- iniziò a giustificarsi.

-Tranquillo, lo so. È bello non essere l’unico “tappetto”- Manny lo interruppe, facendogli un occhiolino complice, e rassicurandolo.

-Sono Denny, comunque, Daniel. Il fratello di Max- si presentò poi il ragazzo, porgendo la mano ma poi ritirandola nel rendersi conto che in quelle condizioni il ragazzo non poteva stringergliela.

-Piacere. Io sono Manfred, puoi chiamarmi Manny, un amico di Max.

-Manny e Denny, alti uguali. Sicuri di non essere gemelli separati alla nascita?- osservò Mathi, ridacchiando.

-Spero di no- borbottò tra sé Manny.

-Giusto, non sarebbe una buona idea essere imparentato con Max, giusto?- Mathi gli fece un occhiolino, che lo fece arrossire.

-No! Cioè, uh…- 

-Io sono Mathias, e puoi chiamarmi Mathi- rendendosi conto dell’imbarazzo, Mathi si presentò.

-Piacere, Mathi- Manny accolse il cambio di argomento con grande piacere.

-Hai un volto conosciuto… ci siamo visti da qualche parte?- chiese poi il giapponese, squadrando Manny con curiosità.

-Forse in giro per l’università. Sto sempre lì in giro- suggerì Manny, evitando il suo sguardo.

-Sì, probabile. O dalle parti del Corona- rifletté Mathi.

-Non vado al Corona- negò Manny, con forse troppa enfasi.

-Perché? È davvero un bel bar ed è vicino all’università- indagò Denny, facendo pubblicità.

-Sì, lo so, ma…- Manny non sapeva bene cosa inventarsi, ma fu salvato dall’intervento di Max, che arrivò trafelato in cucina con una crema per ustioni, bende e materiale per fissarle, seguito da un preoccupato Norman che portava un’intera borsa di primo soccorso.

-Posso vedere la mano?- chiese a Manny, scansando Denny e Mathi, che si fecero da parte.

-Certo, ma non è niente di grave- Manny non sembrava abituato ad avere tante attenzioni.

-Per fortuna non si sono create vesciche, ma l’area è estesa. Dimmi se ti faccio male- ignorando il ragazzo, Max iniziò ad applicare la pomata per ustioni con grande delicatezza e attenzione, massaggiandogli delicatamente l’area.

Manny lo guardò, rapito dalla sua concentrazione.

I tre ragazzi rimasti in disparte decisero di uscire dalla stanza per non disturbare i due piccioncini, con qualche saluto e commento che non venne neanche ascoltato.

-Ora applicherò la garza- dopo la pomata, Max prese le bende ed illustrò il progetto, per tenere Manny al corrente.

Il ragazzo si limitò ad annuire, senza perdere di vista Max neanche per un secondo.

Ad operazione finita, finalmente anche Max alzò lo sguardo, trovandosi a pochi centimetri dal volto di Manny, talmente vicino che il suo respiro stava appannando leggermente gli occhiali del giovane.

Si affrettò ad allontanarsi, diventando così rosso in volto che si sarebbe detto che dei due era lui quello ustionato.

-Mi dispiace per ciò che è successo. Vuoi un antidolorifico per il dolore?- chiese Max, sistemando gli avanzi e tirando fuori una bustina.

-No, sto benissimo. Ma ammetto di avere un po’ fame- ammise Manny, distogliendo a sua volta lo sguardo di Max e concentrandolo sui pancakes ancora fumanti sul piatto.

-Oh, giusto! Mi ero quasi dimenticato. Se vuoi possiamo mangiare e poi uscire. Ora che c’è Denny non dobbiamo più aspettare il corriere, e magari possiamo andare al giardino- propose Max, prendendo la crema al caramello in frigo e due piatti.

-Sembra un bel piano- annuì Manny, anche se non con molta convinzione.

-Ma…?- lo incoraggiò Max, capendo il sottotesto.

-No, nessun ma, solo…- Manny era combattuto se dire o no ciò che gli passava per la testa, ma notando il volto curioso del ragazzo davanti a lui, optò per la sincerità.

-Stavo pensando… non è che potresti mostrarmi il tuo giardino. L’ho notato dalla finestra, e sembra bellissimo- ammise, giocherellando con una ciocca di capelli.

-Certo!- si affrettò ad acconsentire Max, che non si aspettava una richiesta così semplice. 

Diamine, avrebbe dovuto pensarci lui stesso. Non gli aveva fatto neanche fare un giro della casa.

-Possiamo fare un picnic sul prato- propose quindi, prendendo una tovaglia e riflettendo su cos’altro portare fuori.

-Permettimi di aiutarti- si offrì Manny, e in poco tempo erano fuori, dall’uscita posteriore, con un cestino in mano con tutto il necessario.

-Non è bello come il giardino dove volevo portarti, ma mio padre ci ha lavorato davvero molto- esordì Max, addentrandosi sul retro.

Il giardino di casa Sleefing era più grande della parte interna, ed era curato nei minimi dettagli, pur mantenendo l’aura naturale che ogni giardino, nel parere del signore e della signora Sleefing, doveva avere.

-Wow, è bellissimo. Mi fa venire voglia di togliermi le scarpe e immergermi letteralmente nella natura- commentò Manny, fissando a bocca aperta ogni angolo.

-Fai pure, è molto sicuro. Io e Danny lo facevamo sempre, da piccoli- lo incoraggiò Max, andando in un posto tranquillo e stendendo la tovaglia.

-Sul serio?- chiese Manny, insicuro.

-Certo, anzi, la trovo proprio una buona idea. Il tempo è stupendo- Max fu il primo a togliere le scarpe, e incoraggiò Manny a fare altrettanto.

Con una punta di incredulità, ma perlopiù una forte eccitazione, Manny rimase a piedi nudi sull’erba, e sembrava decisamente in pace con il mondo.

-Non ho mai avuto la possibilità di camminare scalzo per un giardino- ammise, godendosi la sensazione del contatto con la natura.

-Sono felice di averti fatto sperimentare una sensazione nuova, allora. Su, siediti, prima che i pancakes si raffreddino- Max, con un grande sorriso, fece cenno a Manny di raggiungerlo sulla tovaglia.

Manny eseguì, e iniziò a servirsi.

Finì tre pancakes così in fretta che Max aveva fatto appena in tempo ad arrivare a metà del primo.

-Piano, non scappano- ridacchiò quest’ultimo, felice che la sua cucina stesse riscuotendo un così grande successo.

-Sono i pancakes più buoni che io abbia mai mangiato in tutta la mia vita. Posso assumerti come cuoco personale?- chiese Manny, con la bocca piena e ben poca grazia.

Max ridacchiò un po’ imbarazzato e allo stesso tempo lusingato.

-No, sono serio. Qual è la tua parcella?- Manny assunse un’espressione serissima, e fissò Max negli occhi, prendendogli la mano.

Il cuore di Max perse un battito.

-Nessuna, per te è gratis- sussurrò, preso in contropiede dalla proposta e sparando la prima cosa che gli venne in mente.

-Max, seriamente, come è possibile che tu sia single?!- Manny scosse la testa, e si ritirò, quasi offeso.

Max non capì il procedimento che lo aveva portato a formulare quel pensiero, ma arrossì comunque.

-Oh, beh, il tempo, sai. Non ho tempo, intendo. E poi non ho ancora trovato… cioè… non so come…- indeciso se confessarsi o no, Max evitò il suo sguardo, e prese un grosso boccone per guadagnare un po’ di tempo.

Ma prima che potesse trovare il coraggio di continuare a parlare, magari rigirando la domanda, o scegliere la via del coniglio e cambiando bruscamente argomento, Manny gli saltò praticamente addosso, urlando: 

-Vespa!- e stringendosi a lui in cerca di protezione.

Il primo istinto di Max fu quello di scambiare le posizioni in modo da essere il soggetto a rischio (Manny si era già bruciato, non poteva permettere che venisse anche punto da una vespa), e dopo aver messo Manny al sicuro sotto di lui, prese un tovagliolo di carta e lo agitò per scoraggiare la grossa vespa curiosa che li aveva avvicinati.

Capendo l’antifona, questa si allontanò in fretta, e Max, tirando un sospiro di sollievo, si voltò nuovamente verso Manny, per chiedergli se stesse bene.

Ma le parole gli morirono in gola.

Il ragazzo sotto di lui lo fissava ad occhi sgranati, e a pochissimi centimetri di distanza, come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.

Max non se n’era accorto, ma gli era praticamente addosso, e i loro corpi quasi si toccavano.

Si guardarono negli occhi per qualche secondo, perdendosi nei rispettivi sguardi come naufraghi in un oceano sconfinato, se affondare fosse stato così piacevole. E prima che Max potesse processare quello che stava accadendo, prima che potesse allontanarsi e scusarsi, prima che tornasse ad essere il ragazzo rispettoso che era sempre stato, Manny prese le redini della situazione.

Inconsapevole egli stesso di cosa stesse facendo, decise di farsi guidare dall’istinto. 

Prese il lembo della giacca di Max e lo tirò a sé, eliminando i pochi centimetri di distanza che separavano le loro labbra.

Fu un bacio di pochi istanti, così leggero e breve che Max temette di averlo immaginato, e quando Manny lo allontanò, a malapena si era reso conto che fosse avvenuto.

-Mi dispiace tanto…- sussurrò Manny, arrossendo e sentendosi in colpa.

Max non lo sentì nemmeno, perché gli tornò vicino e lo baciò di nuovo.

Di solito quando baciava qualcuno per la prima volta chiedeva sempre il permesso, ma al momento la sua mente era come in blackout.

Era pronto ad allontanarsi se avesse sentito che Manny non ricambiava, ma non ebbe bisogno di farlo, perché Manny gli cinse il collo e si sporse verso di lui, approfondendo il bacio, che questa volta durò abbastanza da lasciare entrambi senza fiato.

Quando si separarono, con il cuore che batteva furiosamente nel petto e il fiato corto, la mente che piano piano si riavviava ed elaborava quello che era appena successo, era il turno di Max di scusarsi.

-Mi…- ma non riuscì neanche ad esordire, che Manny gli mise una mano sulla bocca, per impedirgli di parlare, con delicatezza ma ammutolendolo completamente.

Se fosse stato fisicamente possibile, Max sarebbe diventato ancora più rosso di quanto già non fosse, ma era probabile che tutto il sangue che circolava nel suo corpo al momento fosse concentrato nella zona delle sue guance.

-Mi è piaciuto molto, non scusarti- sussurrò Manny, rosso quanto lui, ma con un enorme sorriso e occhi brillanti che ricordavano due lucide acquamarine.

-Anche a me- ammise Max, con voce leggermente tremante, sollevandosi un po’ per non schiacciarlo.

Lentamente, si misero seduti, cercando entrambi di trovare qualcosa da dire.

-Max…- alla fine fu Manny a parlare per primo, senza guardare Max e in tono indecifrabile, che però sembrava portato maggiormente verso una brutta notizia.

Per qualche motivo, a Max tornò in mente Sonja. Il tono, dopotutto, sembrava esattamente lo stesso di quando la ragazza lo aveva rifiutato, due mesi prima.

Non riuscì a trattenere un sospiro, e un’espressione afflitta, mentre si preparava al peggio.

Manny gli lanciò un’occhiata discreta, e si interruppe, incerto.

Le speranze di Max si infransero maggiormente.

Se esitava così, sicuramente non era niente di buono.

-Non temere, dì quello che devi dire- provò ad incoraggiare il ragazzo, accennando un sorriso che gli uscì fin troppo triste. 

Nei pochi secondi che passarono dalla sua affermazione alla successiva frase di Manny, Max elaborò decine di situazioni possibili, dal semplice “non credo che potremmo stare insieme in questo momento” al complesso e decisamente assurdo “in realtà sono una creatura sovrannaturale che si nutre delle anime altrui quindi adesso mi nutrirò della tua anima e morirai” passando per un altrettanto improbabile “in realtà sono un principe e non posso intrattenere relazioni omosessuali con plebe” e un piuttosto plausibile “sono già fidanzato anche io, pensa che sfiga, eh, due cotte di fila sono già fidanzate”.

Ma di tutte le frasi possibili, Manny disse l’unica che Max non si sarebbe mai aspettato: 

-Vuoi essere il mio ragazzo?- chiese infatti, incerto e intimidito.

-C_cosa?- Max sobbalzò, sorpreso.

Un momento, quella domanda avrebbe dovuto farla lui.

-Lo so che è poco convenzionale, ma possiamo tenere la relazione segreta fino all’esame, o mantenerci in rapporti amichevoli, o posso anche rinunciare all’esame e farlo ad un prossimo appello, quando tu non sei più l’assistente del professore. Oppure, se non vuoi stare con me per altri motivi va benissimo! Cioè, non che vada benissimo, ma di certo non ti forzerei mai a stare con…- Manny iniziò a straparlare sudando freddo, mentre Max elaborava esattamente cosa stesse succedendo.

Manny non lo aveva rifiutato.

Anzi, gli aveva appena chiesto di mettersi con lui. Segretamente, certo, perché in effetti era poco consono vista la situazione, ma era molto più di quanto Max avrebbe mai potuto sperare.

-Sì!- esclamò, prendendo le mani di Manny, e sentendosi leggero come un palloncino.

Aveva voglia di correre, rotolarsi nell’erba, ridere come un matto e saltare da una parte all’altra del giardino.

-Sì?- chiese Manny, confuso.

-Certo che voglio essere il tuo ragazzo! Mi piaci un sacco, Manny!- specificò Max, guardandolo dritto negli occhi, quasi commosso, e di certo molto tremante.

Anche Manny aveva gli occhi lucidi, e lo guardò incredulo e poi visibilmente felice.

-Posso baciarti di nuovo?- chiese, incerto.

Max non gli rispose, e si limitò ad eliminare la distanza tra loro.

Avrebbero dovuto parlarne un po’ meglio e capire come gestire il segreto per i prossimi mesi, fino all’esame, ma al momento a Max non importava assolutamente nulla dei dettagli.

Era il ragazzo più felice di Harriswood.

 

Sabato 11 Maggio

Felix era il ragazzo meno felice di Harriswood, in quel momento.

Questo era il suo quinto appuntamento tramite sito d’incontri, e bisognava dire che fino a quel momento il migliore era stato con Jasmine.

Il ché è tutto dire, come sa chiunque abbia letto il capitolo 17.

Ma almeno, in tutti quegli appuntamenti, nessuno gli aveva ancora dato buca.

Cosa che molto probabilmente stava per accadere, quel giorno.

E pensare che era stato il suo aspirante partner a scegliere il ristorante: un locale piuttosto chic pieno di gente ricca.

Felix aspettava almeno da un’ora, e del suo compagno nessuna traccia, né messaggio. Aveva ormai finito la bottiglia d’acqua gratuita che gli avevano offerto appena si era seduto al tavolo.

Almeno non c’era Amabelle.

Felix ne aveva assoluta certezza.

Certo, aveva visto Norman nel ristorante accanto, con un bambino a cui stava evidentemente facendo da babysitter, ma Amabelle aveva cose più importanti da fare che spiare il suo appuntamento, questa volta.

E tali cose comprendevano l’organizzare la festa di compleanno di Petra che si sarebbe svolta lunedì sera a casa Hart.

Ormai pronto ad arrendersi, Felix si guardò intorno un’ultima volta, per controllare se stesse arrivando, ma sgranò gli occhi e si congelò sul posto quando il suo sguardo si fermò sull’ultima persona che si sarebbe aspettata di trovare lì, intenta ad osservare l’orologio con un sopracciglio inarcato.

Come se avesse avvertito la sua occhiata, la persona alzò la testa, e per mezzo secondo i due sguardi si incrociarono.

Felix provò immediatamente a nascondersi dietro un menù, ma ormai il dado era tratto.

-Felix, che ci fai qui?- chiese Mirren, sporgendosi verso di lui dal tavolo davanti.

Come non si fossero accorti della presenza reciproca fino a quel momento era davvero assurdo.

Rassegnato al fatto che ormai Mirren sapeva che lui era lì, anche se era l’ultima persona che avrebbe dovuto saperlo, Felix chiuse il menù, e assunse la sua facciata più rilassata.

-Ciao Mirren. Tu che ci fai qui?- rigirò la domanda, sperando davvero di non dover rispondere.

-Cena di lavoro, anche se inizia a farsi parecchio tardi. Tu aspetti qualcuno?- purtroppo Mirren non sembrava intenzionato a lasciar cadere la propria domanda, e guardò Felix con occhi indagatori.

-Sì, aspetto una persona, ma non sta arrivando, e penso che sarebbe meglio andarmene- Felix evitò accuratamente l’indagine, e iniziò a sistemare i suoi oggetti in tasca, scambiandoli con le chiavi della macchina, che però non riusciva a trovare.

Mannaggia alla sua mania di avere cento tasche in ogni vestito!

-Hai provato a chiamarla? O a scriverle un messaggio?- propose Mirren, pratico.

-No, guarda, mi hai illuminato. Certo che gli ho scritto un messaggio- Felix alzò gli occhi al cielo, sarcastico.

-Non c’è bisogno di essere così ostile, sto solo cercando di aiutarti- gli fece notare Mirren, un po’ offeso.

Felix non poteva biasimarlo, ma stava andando nel panico.

Non voleva che Mirren scoprisse che era lì per un appuntamento al buio. Non voleva che lo giudicasse.

-Hai ragione, scusa. Comunque non mi risponde, quindi è una battaglia persa- cercò di mantenere una parvenza di cordialità.

-Chi è? Posso provare a chiamarlo io?- si offrì Mirren, dando per scontato di conoscere la persona misteriosa. Aveva senso. Frequentavano lo stesso gruppo, e conoscevano le stesse persone.

A volte Felix si chiedeva se non fossero troppo codipendenti l’uno dall’altro.

-Non lo conosci. Non lo conosco neanche io in realtà, ecco…- Felix si rassegnò a dire la verità, evitando lo sguardo dell’amico -È un appuntamento al buio- ammise, così piano che Mirren era certo di aver capito male.

-Scusa, cosa?- chiese, incredulo, avvicinandosi con la sedie e finendo praticamente al tavolo dell’amico.

-Mi sono iscritto a una app per incontri- spiegò meglio Felix, giocherellando nervosamente con il tovagliolo.

Questa volta non c’erano dubbi al riguardo.

Mirren rimase a bocca aperta.

-Ah- commentò solo, incapace di dire altro.

Sentiva come se gli si fosse fermato per un attimo il cuore, ed era estremamente combattuto su tutta la faccenda.

Riuscì però a recuperarsi in tempo record, e dopo essersi sgranchito la voce, parlò come se niente fosse.

-E come procede?- chiese, ostentando interesse ma allo stesso tempo indifferenza. Come se la faccenda gli interessasse esclusivamente dal punto di vista di un amico incoraggiante.

Felix abbassò lo sguardo, deluso dal tipo di reazione e allo stesso tempo sollevato perché comunque Mirren ne stava parlando, e non se n’era andato da lì.

-Onestamente, dire male è un eufemismo- sospirò, cercando di concentrarsi sulla seconda sensazione, e facendo il migliore amico.

-Mi dispiace- Mirren accennò un sorriso di partecipazione, anche se dentro di sé il suo cuore stava ballando la samba.

-E quello di oggi mi ha dato quasi sicuramente buca, quindi…- proprio mentre commentava la cosa e iniziava a pensare di andarsene per davvero, accaddero tre eventi molto singolari.

Norman entrò nel ristorante all’inseguimento del bimbo a cui doveva fare da babysitter e che gli era sfuggito al controllo.

A Mirren arrivò un messaggio al telefono.

Felix ricevette una chiamata.

Rispose in tutta fretta, senza guardare il numero, sperando che fosse l’appuntamento disperso.

-Sei Felix, vero? Ti prego dimmi che non ho sbagliato numero, sarebbe imbarazzante- disse una voce completamente sconosciuta, in tono flirtante.

-Sì, sono io. Sei Steve?- chiese Felix, incerto, controllando il numero e impallidendo quando si rese conto che veniva dalla centrale di polizia.

-Sì, ecco, non posso venire oggi. Ti ho chiamato per avvertirti. Pensa, ho usato la mia unica chiamata per avvertirti. Non sono forse un ragazzo accorato?- chiese Steve, divertito. Sembrava ubriaco, o fatto, o entrambe le cose.

-Sei stato arrestato?- chiese Felix, incredulo, guadagnandosi un’occhiata scandalizzata da parte di Mirren, che nel frattempo stava scrivendo qualcosa al telefono.

-Sì, ma niente di grave, una tentata rapina in una banca. Sarò fuori in un paio di giorni al massimo. Possiamo vederci quando esco, okay?- propose Steve, rilassato.

Felix non fremeva dalla voglia, ad essere onesto.

-Forse avresti dovuto utilizzare la tua unica chiamata per qualcuno di un po’ più importante, tipo il tuo avvocato? Hai bisogno che lo chiami io?- si propose, senza sapere assolutamente che altro fare.

-Che dolce che sei, ma tranquillo, ho un contatto in polizia, chiamerà lui le persone giuste. Oh, devo andare, il secondino mi chiama. Ci si sente, eh- senza neanche aspettare la risposta di Felix, Steve chiuse la chiamata, e Felix intascò il telefono, senza credere che fosse tutto vero.

-Spero vivamente di essere vittima di uno scherzo- commentò, cercando le telecamere, e iniziando a valutare se fosse possibile che dietro a tutto ci fosse lo zampino di Amabelle.

-Spero che tu non stia valutando l’idea di concedergli un altro appuntamento- lo rimproverò Mirren, preoccupato per lui.

-Pensi che sia un pazzo suicida? Ovviamente no! Ugh!- Felix seppellì il volto tra le braccia poggiate sul tavolo, abbattuto.

Che serata orribile!

Anche se forse, dai, aveva schivato un proiettile con questo tizio.

Magari letterale.

-Anche la cena di lavoro è saltata per uno stupido imprevisto- lo informò Mirren, intascando a sua volta il telefono e sbuffando.

Felix alzò di scatto la testa.

-Mi dispiace- accennò un sorrisino di partecipazione, ma dentro di sé il suo cuore stava valutando la possibilità di approfittare degli imprevisti.

-Immagino che sia il caso di andare allora…- provò a proporre Mirren, rischiando di mandare a monte l’idea dell’amico.

-Aspetta!- lo fermò quindi Felix, mettendogli una mano sul braccio per impedirgli di alzarsi.

Mirren non si ritirò, e lo guardò curioso. Buon segno.

-Visto che siamo entrambi qui, perché non mangiare qualcosa insieme? Muoio di fame- propose, in tono casuale.

Mirren ci rifletté qualche secondo, poi annuì.

-Va bene, è da un po’ che non passiamo una serata insieme- rifletté, alzandosi finalmente dal suo tavolo e posizionandosi in quello di Felix, proprio davanti a lui.

Proprio come se fossero ad un appuntamento.

Felix cercò di non guardarlo come tale, ma il suo cuore stava esultando a gran voce.

-Già! Di solito ci sono sempre gli altri, o i nostri genitori, o studiamo- gli diede man forte, rilassandosi sulla sedia e iniziando a sentirsi l’uomo più felice di Harriswood.

-Allora, da quanto tempo sei iscritto all’app per appuntamenti?- chiese Mirren, cambiando argomento e guardandolo con cipiglio indecifrabile.

Okay, no, Felix ritirava il precedente pensiero ottimista riguardo la serata.

Si grattò la nuca, a disagio.

-Allora, beh, da un po’- evitò la domanda. Mirren inarcò un sopracciglio.

-Mi sono iscritto a fine marzo- ammise quindi Felix, in un sussurro.

Mirren sgranò gli occhi. Sembrava ferito.

-Più di un mese fa?! Perché non me lo hai detto?- chiese, incredulo.

“Perché sono perdutamente innamorato di te e mi sono iscritto solo per dimenticarti”

-Perché mi imbarazzava un po’ parlarne con te- beh, dai, non era una vera e propria bugia.

-Felix, non ti devi imbarazzare di nulla con me- lo rassicurò Mirren, con un sorrisino incoraggiante -Sei il mio migliore amico, dovresti parlarmi di queste cose- aggiunse poi, un po’ a disagio.

Felix sospirò.

-Hai ragione, scusa. Non l’ho detto a nessuno, in realtà, neanche ad Amabelle. Anche se lo ha scoperto perché mi ha rovinato il primo appuntamento- raccontò, rabbrividendo al solo pensiero.

-Ah sì? Racconta, dai- lo incoraggiò Mirren, divertito.

E Felix gli raccontò.

Gli raccontò di Jasmine, dei piani di Amabelle, e poi dei successivi appuntamenti disastrosi.

Gli raccontò della tesi che stava scrivendo, di qualche aneddoto successo a casa, e di un sogno che aveva fatto di recente.

E ascoltò, ascoltò anche parecchio.

Ascoltò Mirren parlargli di situazioni assurde che capitavano a lavoro. Di come Fallon stesse un po’ meglio, anche se era tenuta sotto osservazione costante. E di come avesse trovato il regalo perfetto per Petra da parte di entrambi. Si lamentò della scuola guida, e di come non sopportasse le lezioni teoriche.

Parlarono della Corona Crew, senza il rischio che qualcuno di loro li sentisse (Norman era già andato via). Ricordarono vecchi aneddoti di quando erano piccoli, ripresero vecchi giochi che facevano nell’attesa.

E mangiarono, esattamente quello che volevano, senza paura di offendere l’altro perché il cibo non era vegetariano, vegano o paleo.

E mentre Mirren si chiedeva se prendere o no la cheescake che lo chiamava dal menù, Felix lo guardava, rapito, e si sentiva l’uomo più felice non solo di Harriswood, ma dell’intera terra.

-Mi mancavi, Mirren- ammise, in un sussurro.

-Ci vediamo ogni giorno- gli fece notare l’amico, aggrottando le sopracciglia.

-Ma non così. È da un sacco che non siamo così- insistette Felix, senza distogliere lo sguardo da lui.

I suoi occhi sembravano scrutare l’anima di Mirren.

L’amico tornò a guardare il menù, sperando di non arrossire.

-Hai ragione. Dovremmo vederci da soli più spesso- ammise, quasi tra sé. Anche lui si era trovato davvero bene.

-È stato davvero un “appuntamento” con i fiocchi. Non mi aspettavo di passare una così bella serata- commentò Felix, facendo le virgolette con le dita alla parola appuntamento.

Mirren, che fissava ancora il menù, non le vide.

-Non è un appuntamento!- esclamò, alzando in fretta la testa e lanciando a Felix un’occhiata ammonitrice.

-Sì, lo so. Stavo scherzando!- si affrettò a rassicurarlo Felix.

Era vero che lo voleva con tutto il cuore considerare tale, ma non aveva la minima intenzione di farlo presente davanti a Mirren, non voleva rovinare la serata perfetta con i suoi sentimenti non ricambiati.

-È solo una serata tra amici, okay?- insistette Mirren, irrigidito.

-Sì, lo so. Stavo scherzando!- ripetè Felix, con più ardore.

-Perché devi sempre rendere tutto strano?- si indignò Mirren, scuotendo la testa e chiudendo di scatto il menù.

-Stavo scherzando!!- ormai Felix stava quasi urlando, e attirò l’attenzione di parecchie persone ai tavoli vicini.

Si affrettò ad abbassare il tono.

-Da quando non sai stare a un gioco, Mirren?- provocò quindi l’amico, irritato dal suo eccessivo fastidio.

-Da quando il gioco è diventato esageratamente invadente!- rispose Mirren, irritato quanto lui ma senza un motivo giustificabile.

-Vi porto qualcos’altro?- chiese la cameriera, arrivando in quel momento.

-Il conto- rispose Mirren, guardando fisso Felix, come dandogli la colpa del dolce mancato.

Felix non aveva la forza neanche di commentare qualcosa, e distolse lo sguardo dall’amico, fissando invece una coppia che rideva al tavolo vicino.

Quello che sarebbero potuti essere loro due se Mirren non fosse stato così rigido e testardo.

Trattenne un sospiro.

I due rimasero in silenzio fino all’arrivo del conto, che divisero equamente.

A quel punto Felix avrebbe dovuto uscirsene con una frase del tipo “Hey, Mirr. Ti do un passaggio a casa, sono venuto in macchina” 

E Mirren avrebbe risposto con “Uff, vorrei evitare quel congegno infernale, ma visto che lo proponi così gentilmente penso che accetterò il passaggio”.

Ma nessuno dei due disse niente.

Mirren di limitò ad alzarsi e uscire dal ristorante.

Felix fissò lo scontrino per qualche minuto, poi fece altrettanto, sperando fosse andato via.

Si sedette sul sedile anteriore della sua auto pronto a tornare a casa.

Ma prima di mettere in moto, esitò.

E crollò.

-Stavo scherzando- borbottò tra sé, mentre scoppiava a piangere e seppelliva il volto tra le mani, appoggiandosi al volante e sperando di non attivare per sbaglio il clacson.

Non ce la faceva più.

Non voleva avere con Mirren quel tipo di rapporto.

Era il suo migliore amico! Non voleva che una cotta rovinasse tutto! E pian piano sentiva che stare con Mirren, anche come semplici amici, stava diventando un’impresa titanica.

Felix avrebbe semplicemente voluto chiarirsi, ma ogni volta Mirren sollevava barriere giganti intorno a lui, e Felix non aveva ancora imparato a volare per superarle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Sono di nuovo libera… per un po’.

Mi sembrava di non scrivere da un mese! Mi è mancata la Corona Crew.

E l’esame è stato un disastro ma dettagli.

Preparatevi ad una Amabelle che parla male di Ejzenstejn in un prossimo capitolo.

Comunque questo capitolo è stato scritto in due giorni. Un giorno e mezzo, praticamente. Avevo troppa ispirazione e voglia di scrivere dopo l’esame!

E poi Manny e Max si sono messi ufficialmente insieme!!! E si sono baciati!!! E mi dispiace fan di Sonja, ma non è ancora detta l’ultima.

Manny dopotutto sembra nascondere un segreto, che riguarda il bar Corona.

Chissà cos’è?

Che ne pensate di Gerda, comunque?

Ma passando a Mirren e Felix… avrebbero proprio bisogno di parlare a cuore aperto questi due, senza Mirren che fa l’idiota e Felix che si trattiene per lui.

Il prossimo capitolo dovrebbe essere abbastanza leggero.

Devo essere onesta, non mi aspettavo di arrivare così in là con la storia.

E di scrivere così tanto.

Siamo già a più di 400 pagine di TextEdit.

Voglio ringraziare di cuore tutti quelli che continuano a leggere questa storia, perché se siete arrivati fino a qui significa che vi interessa davvero.

Spero che continuerà su questa strada. Tra poco arrivano le cose davvero serie.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Amabelle organizza la festa di compleanno di Petra. Nessun asino, ma molti casini

 

 

 

   
 
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