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Autore: FairyCleo    17/09/2020    1 recensioni
Dal capitolo 1:
"E poi, sorprendendosi ancora una volta per quel gesto che non gli apparteneva, aveva sorriso, seppur con mestizia, alla vista di chi ancora era in grado di fornirgli una ragione per continuare a vivere, per andare avanti in quel mondo che aveva rinnegato chiunque, re, principi, cavalieri e popolani".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Costretto a volare basso
 
Vegeta stentava a credere ai suoi occhi. Non riusciva a capacitarsi di quello che gli si era presentato davanti: in quel campo sterminato lavoravano a schiena piegata decine e decine di uomini e donne di ogni età, ed era certo di aver visto anche molti bambini piccoli, piccolissimi. Erano sporchi e vestiti di stracci, i loro volti erano bruciati dal sole, e aveva visto molte mani sanguinare a causa degli attrezzi impugnati, a causa di una fatica che li aveva resi simili alle bestie. Le loro espressioni erano assenti, come se i corpi fossero lì ma le menti si trovassero altrove, in un posto diverso, in un posto migliore, in un posto che, probabilmente, rimpiangevano amaramente. Sembrava che quella gente non fosse neanche più umana… Era come se avesse davanti degli automi in grado solo di ripetere gli stessi gesti all’infinito.
A essere del tutto onesto, quello spettacolo non era del tutto nuovo al principe dei saiyan: tante volte, sui pianeti conquistati per quella schifosa lucertola rosa di Freezer, aveva visto gli abitanti ridotti in schiavitù. Lui stesso, spesso, era stato lo schiavista. Quella, però, era la prima volta che gli capitava di imbattersi in una cosa simile sulla Terra. Non che non esistessero anche lì situazioni spiacevoli e degradanti, ma quello era troppo. Era semplicemente troppo, e qualcosa gli suggeriva che, se avesse voluto sovvertire le cose e fare in modo che tutto tornasse come prima, avrebbe dovuto farsi coinvolgere in prima persona. Lui, il fiero principe dei saiyan, avrebbe dovuto abbassarsi a fare quello che facevano dei semplici, inutili esseri umani.
 
Quale forza oscura si era abbattuta su quel pianeta? Quale maleficio aveva potuto causare una cosa del genere? Far sì che gli uomini dimenticassero il presente, che solo le donne, per altro ridotte quasi in schiavitù, avessero memoria della vita vissuta sino a ventiquattro ore addietro, far sì che si regredisse a quello stato primordiale in poco più che un battito di ciglia. Con che razza di nemico avevano a che fare? Se fosse stato il guerriero di un tempo, Vegeta non avrebbe esitato a cercarlo, a stanarlo come una preda e a costringerlo ad affrontarlo in prima persona, senza usare trucchetti o inganni. Ma era anche stupido ripeterselo, dato che aveva fatto a se stesso quel giuramento solenne, un giuramento fatto sul suo onore e a cui non sarebbe mai venuto meno.
 
“Ecco qui! Sei arrivato. Ora, se vuoi scusarmi, devo proprio andare… Il lavoro chiama. La famiglia, pure. Addio, ragazzo. Spero che possa trovare quello che cerchi”.
 
Vegeta si era limitato a fare un cenno del capo e a scendere dal carretto con grazia, ma non aveva potuto fare a meno di rivolgere un ultimo sguardo alla figlia dell’uomo, prima di andare via e vederli sparire dietro l’angolo, proprio dietro la fila di alberi di castagno che costeggiava i campi coltivati.
 
“Tsk! Che razza di soggetto, quell’uomo… E lei, poi… Sembrava sapere molto più di quanto volesse o potesse dire. Diamine, come vorrei sapere che cavolo succede in questo posto… Avrei potuto fare altre domande, ma non posso perdere tempo. I ragazzi sono da soli, e ho detto loro che… Devo muovermi”.
 
Odiava sentirsi tanto in ansia. Non era un tipo a cui piaceva esternare le proprie emozioni, ma per quanto pensasse di essere un maniaco del controllo, finiva puntualmente per perderlo e fare qualcosa di impulsivo e stupido. Molto, molto stupido, a volte. Era quello il suo più grande peccato, forse: l’ira. Insieme alla superbia, a dirla tutta. Ma quella era una situazione del tutto nuova e delicata, non c’era solo in ballo la sua vita e non poteva prendersi il lusso di perdere le staffe e mandare tutto alle ortiche. I bambini contavano su di lui, e per quanto la cosa lo terrorizzasse, non sarebbe cambiata. Era un genitore, e aveva imparato tempo addietro cosa significasse prendersi carico di innumerevoli responsabilità, lo aveva imparato grazie allo scherzo che il destino gli aveva riservato. Chi, al mondo, era stato altrettanto fortunato da avere il privilegio di conoscere il proprio figlio venuto da futuro? Quell’incontro lo aveva cambiato profondamente, e un forte istinto di protezione e di affetto si era fatto largo in lui, ma non lo aveva capito finché quell’altro lucertolone verde non aveva aperto un buco nella pancia di Trunks. Del suo, Trunks. Quella stessa, identica sensazione di rabbia, dolore, odio, quel senso di impotenza, era riaffiorato nell’istante in cui si era ritrovato a casa di quel pazzo furioso, inchiodato al pavimento e umiliato da quegli esseri abominevoli. Era stato talmente ingenuo da perdere di vista i bambini, e se non fosse stato per l’intervento di quella donna, temeva di sapere come sarebbero andate le cose. Come aveva potuto permetterlo? Come aveva potuto lasciare i suoi figli da soli in quel maledetto capanno?
 
“Tsk. I miei figli…”.
 
Proprio non riusciva a non considerare Goten come suo. E questo gli faceva rabbia e tenerezza insieme. A lui, a uno spietato assassino. A un sadico saiyan purosangue, al re dei sadici, spietati, saiyan purosangue, un sentimento come l’affetto faceva tenerezza.
 
“Tsk! Smettila di comportarti da femminuccia e datti un contegno. Risolvi questo mistero e torna alla tua vita di prima”.
“E stai attento! Mi hai urtato, nanerottolo!”.
 
Era talmente sovrappensiero da non essersi reso conto nell’immediato di aver leggermente urato un energumeno in armatura. E, per armatura, non intendeva una all’avanguardia come la sua, ma una in metallo, ingombrante e pesante, completa di elmo con cimiero rosso e cinturone a cui appendere fodero e spada.
 
“Mi hai sentito o no, razza di babbeo? Esigo delle scuse. O vuoi forse che ti dia una lezione?”.
 
Gliel’avrebbe data lui, la lezione, a quell’imbecille nascosto dall’elmo, se avesse avuto ancora la sua forza. Non ci sarebbe stata armatura in grado di placare la sua ira, nessuna spada che avrebbe potuto far sanguinare le sue carni. Lo avrebbe fatto a pezzi e ne avrebbe sparso i resti in giro per il mondo. Forse, solo a quel punto la sua ira si sarebbe placata.
 
“Sati calmo, Vegeta. Stai calmo. Vuoi spappolargli il cervello in quella scatoletta di metallo, ridurlo come una porzione di carne in scatola, ma non puoi. Tsk! Abbassa lo sguardo e non dire niente di stupido… Stai zitto”.
 
Aveva dovuto mordersi il labbro inferiore fino a sentire il sapore ferroso del sangue pur di non perdere le staffe. Non poteva permettersi colpi di testa. Avrebbe dovuto mantenere un profilo basso, per quanto questo gli costasse fatica, e avrebbe dovuto farlo per dare ai bambini la possibilità di salvarsi da quel mondo osceno e ingiusto.
 
“Allora non sei sordo… Sei solo un pochino scemo… Ma non tanto da non sapere che con i soldati non si scherza… Pezzente”.
 
Gli aveva puntato un dito guantato di metallo sulla fronte e aveva spinto con forza per farlo andare indietro, per esercitare controllo su di lui. Solo gli dei sapevano quanto stesse ribollendo il sangue di Vegeta, ma doveva mantenere la calma. Non poteva permettersi errori.
 
“Cos’è? Il topo ti ha mangiato la lingua, pezzente?”.
 
Quel bastardo continuava a infierire, ma lui non avrebbe chiesto scusa. Quello, mai. Mai si sarebbe abbassato a tanto.
 
“Cerchi grane, pezzente?”.
 
Gli aveva afferrato la nuca e aveva stretto con le fredde dita di metallo, sollevando la visiera dell’elmo per guardarlo meglio. Il cigolio del cardine aveva in sé qualcosa di sinistro, e Vegeta era stato costretto a serrare le palpebre per non alzare lo sguardo e puntarlo dritto in quegli occhi da demonio inferocito.
Era rimasto immobile, in attesa di un pugno o di un calcio che, però tardava ad arrivare. Che intenzioni aveva?
 
“Sergente… Ci sono guai?”.
“Eh? No… Nessuno”.
 
Vegeta aveva ripreso a respirare regolarmente nel momento in cui la mano di quel farabutto aveva mollato la presa. Non aveva la più pallida idea di chi avesse parlato, e fino a quando non aveva aperto gli occhi era stato convinto che si trattasse di un superiore di quel buzzurro in armatura, per questo era stato enorme lo sgomento provato nel rendersi conto che avesse davanti agli occhi un campagnolo dallo sguardo tagliente e dalle intenzioni per nulla decifrabili.
 
“È tuo?” – aveva chiesto il sergente, incuriosito.
“Tra poco…”.
“Insegnagli le buone maniere… Credo che non abbia ancora capito come funzionano le cose”.
“Oh, è appena arrivato. Mi è stato comunicato che cerca lavoro e… L’ha trovato. Deve solo seguirmi e tutto andrà a posto. Non è vero, sergente?”.
 
Aveva rivolto al soldato uno sguardo di intesa, come se, dietro a quelle parole apparentemente innocue, si nascondesse chissà quale segreto.
Vegeta non aveva idea di come dovesse comportarsi, ma aveva l’impressione che si stessero prendendo gioco di lui. Che avrebbe dovuto fare? Erano due contro uno, e il nuovo arrivato reggeva una frusta tra le mani… E lui conosceva fin troppo bene la sensazione delle sferzate sulla schiena nuda.
 
“Pensa ai bambini… Pensa ai bambini…”.
 
“Seguimi. Ah, a proposito: io sono Leon”.
 
Leon. Si chiamava Leon. Aveva pensato subito che un nome del genere non si addicesse affatto a uno come lui: era piccolo e smilzo, il suo viso era talmente scavato e butterato da farlo apparire alle stregue di un malato terminale. Era talmente sottile da sembrare trasparente, ma i suoi occhi gialli simili a quelli di un serpente avevano chiarito immediatamente quale fosse la sua vera natura. Vegeta aveva inghiottito rumorosamente prima di decidersi a muovere i primi passi e seguirlo. Aveva puntati su di sé gli occhi del tizio in armatura, se li sentiva sulla schiena. Non aveva potuto fare a meno di rabbrividire, inorridito dall’assurdità di quanto accaduto.
 
“Vedo che sei capace di ubbidire, alla fine… Mi piaci!”.
 
In che senso?
 
“Mi hanno detto che cerchi lavoro… Hai spalle forti, braccia possenti… Possiamo trovarti qualcosa da fare, sicuramente”.
 
Ma in quale istante, nello specifico, aveva detto di essere in cerca di lavoro? E a chi? E chi aveva parlato con lui? Di certo, doveva essere stato il tizio del carro, o sua figlia, non poteva essere altrimenti.
 
“Sembri davvero robusto… E hai dei figli, no? Figli che ti aspettano”.
“Tsk! Gli ha spifferato tutto! Se lo ribecco…”.
“Sono certo che ti troverai bene, in questo nostro mondo… Non lo pensi anche tu?”.
 
Era successo tutto talmente in fretta che gli girava la testa. Era confuso, era anche un po’ agitato, ma doveva mostrarsi sicuro di sé.
 
“Il lavoro è tanto e non abbiamo mai abbastanza braccia… le tue ci faranno comodo. E anche quelle de tuoi f-…”.
“Loro non sono in cerca di impiego”.
 
Lo aveva interrotto bruscamente, mostrandosi realmente indispettito.
 
“Va bene, va bene… Sei uno di quelli, allora… Istruzione per i figli… Diritti dei minori… Buono a sapersi”.
 
No. In realtà non sembrava affatto una cosa buona, stando al tono che aveva usato, ma aveva preferito tacere. Era sempre più nervoso. In cosa stava andando a infilarsi?
Senza rendersene conto, Vegeta lo aveva seguito fino a un enorme casolare di legno posto all’inizio di un campo. Cosa coltivassero lì, lo avrebbe scoperto a breve.
 
“Puoi prendere una vanga e iniziare a lavorare. E stai lontano dal gruppetto di Herman se vuoi fare bella figura. Quelli, non sanno proprio cosa sia il lavoro…”.
 
*
 
“Papà non tornerà…”.
 
Trunks aveva fatto fatica a trattenere le lacrime, mentre pronunciava quelle parole così amare.
Il tempo designato era trascorso da un pezzo e di Vegeta non vi era alcuna traccia. Lui e Goten avrebbero dovuto cavarsela da soli. Forse, avrebbero incontrato qualche altro squilibrato o, forse, avrebbero incontrato Goku e sarebbero diventati parte di lui come tutti quelli con cui era entrato in contatto. O, forse, avrebbero fatto la stessa fine di Gohan e di Ouji, ma una cosa era certa: il suo papà non sarebbe più stato lì per tenerli al sicuro.
 
“Non dirlo… Proprio tu, dici questo, Trunks?”.
 
Dov’erano finite le parole di speranza che gli aveva rivolto il suo amico poco prima? Dov’era andata a finire la cieca fiducia che nutriva nei confronti del padre?
 
“Perché io… Io…”.
“Tsk! Mi sembrava di avervi ordinato di andare via se non fossi tornato entro quanto vi avevo detto o mi sbaglio?”.
 
Vegeta li aveva sorpresi nello stesso identico punto in cui gli aveva imposto di nascondersi in sua assenza, mostrando un’espressione a metà tra il sollevato e il furioso. Era contento di aver trovato i figli ancora vivi, sani e salvi, ma era anche arrabbiato con loro perché avevano disubbidito a un suo ordine. Valeva così poco, la sua autorità, ormai?
 
“PAPINO!”.
“VEGETA!”.
 
Incuranti dei rimproveri e delle condizioni di sporcizia in cui versava il saiyan, i bambini gli erano saltati addosso, emozionati e rincuorati nel vederlo sano e salvo. Vegeta era arrossito ma non li aveva allontanati: era davvero troppo contento di vederli.
 
“Ma cosa ti è successo? Perché hai tardato? E… Perché sei tutto sporco?”.
“Già, Vegeta… Perché?”.
“Tsk! Fate meno domande e seguitemi”.
“Dove?” – avevano chiesto in coro.
“Abbiamo un tetto sulla testa”.
“Cosa? WOW!” – aveva detto in coro. Di nuovo.
“Tsk! Continuerete a farlo? A parlare all’unisono, intendo… È inquietante”.
 
I bambini si erano scambiati un sorriso d’intesa e avevano ubbidito, trattenendosi dal prendere Vegeta per mano.
La gioia di saperlo vivo, insieme a loro, era stata grande, troppo grande, così immensa da non aver fatto percepire loro la presenza di chi, con occhi rossi come tizzoni ardenti, li osservava dal buio della siepe sotto cui si erano nascosti. Dagli occhi di chi, per loro, era il più reale, tangibile, serpeggiante pericolo.
 
Continua…

 
*SONO DIVENTATA UNA PESSIMA PERSONA*
 
Ragazze/i,
Vi prego, vi imploro di perdonarmi per questa lunga assenza. Il progetto che ho presentato per l’ammissione al dottorato mi ha completamente assorbita e non ho avuto tempo da dedicare alla storia, avendo ripreso anche a lavorare in palestra. Non vi nego che sono molto stanca… Ma, finalmente, sono tornata!
 
E Vegeta ha trovato lavoro – beato lui. XD
Che ne pensate di Leon? Lo avevamo incontrato nel terzo capitolo (mi sembra) e lo ritroviamo qui. Vi avviso che si vedrà spesso, purtroppo per Vegeta.
E ora sono dolori.
 
A presto!
Un bacino
Cleo

 
   
 
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