Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Azaliv87    18/09/2020    2 recensioni
E se Jon avesse la possibilità di riportare in vita una persona importante? E scoprisse di non essere ciò che era? E se anche Dany avesse questa possibilità? Questa è la domanda che mi sono posta, e da quest'idea mi è venuta in mente la storia che vi narrerò. Parto a raccontare le vicende dalla fine della sesta serie televisiva, grosso modo, quindi (avviso chi non ha visto questa stagione) potete trovare degli spoiler. Per il resto è tutta una mia invenzione. Dopo essermi immersa nel mondo di Martin ed essermi affezionata ai suoi personaggi con Tales of Wolf and Dragon, ho deciso di cimentarmi in questo What if e vedere fino a che punto può spingersi la mia fantasia.
Per chi avesse già letto l'altra mia ff, ritroverà conseguenze, personaggi e riferimenti alla prima storia.
Buona lettura e non vi preoccupate se ogni tanto rallento la pubblicazione, non sono mai bloccata, ma ho periodi in cui devo riordinare le idee e correggere ciò che ho già scritto prima di aggiornare!!
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Viserys era estremamente nervoso e prima di raggiungere Jon deviò verso Benjen, nella speranza di ottenere il suo sostegno. Non temeva certamente la figura di suo figlio in quanto tale, ma sperava che con un viso più famigliare, rendesse la sua presenza meno dannosa, ed era certo che il modo spigliato del ranger potesse dargli un notevole sostegno. Gli bastò solo un’occhiata e un cenno del mento per farsi raggiungere da lui. L’uomo alzò entrambe le folte sopracciglia stupito, indicò con un indice sé stesso e al suo annuire si alzò dalla sedia e si apprestò a prendere parte al tutto.
-Ho lasciato il compito di cacciare del cibo ai bruti. Erano inquieti, quelli non sanno restar fermi. Un po' come la mia dolce sorellina. Volevo starmene un po' tranquillo con lei, ma mi ha gentilmente chiesto di starmene fuori dalle scatole. – rise. Aveva fatto il gesto delle virgolette abbassando ripetutamente gli indici e i medi alla parola gentilmente.
-Sono convinto che non lo abbia detto con cattiveria. – convenne il principe giudizioso.
-Negli ultimi tempi è un tantino suscettibile. Troppo direi. Dite che se me ne resto tra due draghi ho forse più speranza di vivere più a lungo? – finì Benjen sorridendo – Dunque cosa propone vostra signoria per passare il tempo? – Viserys lo scrutò per qualche istante, meditando se dirgli la verità o tacere, ed inevitabilmente le sue labbra si curvarono per il modo irriverente che aveva di rivolgersi ad un reale, proprio come un tempo permetteva di fare alla cerchia ristretta dei suoi amici. Quanto gli mancavano…
-Desidererei poter trascorrere alcuni momenti in compagnia di mio figlio. – disse lui cercando di mostrare un certo contegno e facendogli allo stesso modo intendere che non era ancora il momento di svelare il tutto. Benjen allargò le braccia verso l’esterno.
-Ho capito quindi, vi lascio sol… -
-A dire il vero voglio che anche tu sia presente. – lo bloccò prima che potesse andarsene.
-Io? – il ranger si indicò con un pollice e strabuzzò lo sguardo stupefatto.
-La tua presenza lo farà sentire più a suo agio, ne sono certo. Ha molta stima in te… ma credo di essere il solo a poter placare il suo animo tormentato. – Ben puntò la sua attenzione sul ragazzo accanto al camino.
-Sì, decisamente concorde con voi… - acconsentì – Ha sempre avuto quest’animo cupo che credevo avesse assimilato da Ned, ma ora che ho avuto il piacere di frequentarvi più da vicino… non ci sono dubbi su chi sia la linea genetica da cui ha ereditato quel tratto. – ammise serio, poi inspirò a pieni polmoni e ingrossò il petto – Vi apro la strada allora, ma per il resto vi chiedo di vedervela da solo. Dovete cominciare ad avvicinarvi a lui… in maniera più naturale e spontanea. Jon non è difficile da prendere, quando si capisce come farlo. – ebbe pure l’ardire di fargli quella ramanzina prima di incamminarsi. Viserys alzò gli occhi al cielo. Se le cose fossero andate diversamente, sarebbe stata ardua la mia vita coi lupi sempre appresso alla capitale… ma avrei volentieri patito questo tormento, piuttosto che scegliere altra alternativa.
Il primo ranger dei Guardiani della Notte raggiunse Jon alle spalle e gli diede una sonora pacca sulla schiena. Il giovane non parve prenderla bene in un primo momento, ma quando vide di chi si trattava sorrise timidamente. Cambiò espressione quando vide che c’era anche lui. Si irrigidì e serrò la bocca in una smorfia. Non seppe dire se era più contrariato o se quello fosse solo ritegno dettato da discrezione o timidezza. Stava di fronte ad un camino e rigirava tra le dita un bastoncino alla cui estremità era incastrato un pezzo di carne che abbrustoliva sulle fiamme.
-Da quando ti dai alla cucina improvvisata, nipote? Se il Vecchio Corvo avesse saputo di questa tua inclinazione, ti avrebbe messo a lavorare nella mensa, altro che prenderti come suo attendente. – si sedette accanto a lui, mettendo le braccia in mezzo alle gambe.
-Avrei dovuto trovare anche te lì, allora. – puntualizzò Jon alzando un sopracciglio scettico – A detta di mia madre, pare che tu abbia delle doti garantite. – ringhiò astutamente.
-Se hai ascoltato bene, io ero quello che non distingueva il sale dallo zucchero. – sorrise Benjen alzando appena lo guardo sul ragazzo. Aveva preso due boccali, li aveva avvicinati ad una botte posizionata in orizzontale su una panca e li aveva riempiti di birra fino all’orlo. Jon senza spostarsi dal suo posto aveva estratto un coltello dalla lama grossa e aveva tagliato via la schiuma in eccesso sia dal primo che dal secondo, quando suo zio glieli aveva passati – Jeor Momont mi avrebbe spedito a calci in culo oltre la Barriera, se avessi provato a portargli un porridge salato a colazione. – riuscì a farlo sorridere.
-Penso che nulla sia peggiore della birra cruda che si beve al Castello Nero. – Jon si tenne un boccale per sé e uno lo ripassò al ranger.
-Prendetene una anche voi, principe Viserys. E venite a sedervi con noi. Vi sarete congelato lì fuori. – Benjen lo invitò offrendogli il proprio boccale, sotto lo sguardo attonito di Jon. Era chiaro che non se l’aspettasse. Viserys si sedette cauto al suo fianco, elegante e silenzioso, ammirando il cucciolo di lupo distendere le gambe in tutta la loro lunghezza per mettersi più comodo.
-Nostra madre invece era incredibilmente portata. – continuò Benjen con voce profonda e lontana, la mente rivolta al passato – Ho rare memorie di lei. Con gli anni ho preso a confondere la sua figura con quella di tua madre. Ci passiamo mesi… nemmeno un anno è trascorso dalla sua nascita alla mia, ciononostante lei la ricorda meglio di me. I miei fratelli maggiori dicevano che da piccola Lya era la sua ombra.  detta di Brandon oltre che d’aspetto si assomigliavano tanto anche nel carattere. Anche Ned la ricordava bene, ma lui era più tipo da tenersi tutto dentro e soffrire in silenzio. – si zittì. Jon attese qualche momento ancora prima di esprimersi.
-Già, lord Eddard… mi manca. – la voce gli tremava e sembrò faticare nel pronunciare il suo nome – Ora che me lo fai notare, non amava parlare di sua sorella. Sono stato uno sciocco a non collegare che questo sentimento di doloroso disagio era il medesimo di quando gli chiedevo qualcosa su mia madre. – argomentò poi. Si vedeva che metteva impegno a non chiamarlo più padre, eppure questo pareva anche costargli molto.
-Questo perché era dannatamente simile a nostro padre. – spiegò Benjen mettendo le mani dietro la schiena e appoggiandosi ad esse – L’inflessibile e l’integerrimo Lord Rickard Stark amava la sua lady Lyarra… erano vissuti separati, facendo parte di due rami della famiglia diversi, ma così simili da non riuscire a stare separati nemmeno per un anno dopo il loro matrimonio. Lo sai che erano cugini tra loro? Un po' come te e Arya. O Sansa. – non voleva alludere a nulla, eppure Viserys notò che Jon venne colto da un profondo disagio. Benjen non sembrò accorgersene, oppure ignorò volutamente la cosa – Fu la Vecchia Nan a raccontarmi di come si erano conosciuti. Secondo lei gli elfi maligni avevano mandato un mostro che disseminava terrore nella Foresta del Lupo. In qualche modo si sono incontrati lì e si sono salvati la pelle a vicenda uccidendo quel demonio. – usò una mano per nascondere la bocca mentre gli sussurrava con voce bassa e grave – Mia sorella dice che quella non era tutta la verità, ma noi sappiamo che quella vecchiaccia non era contenta se non metteva qualche creatura maligna nelle sue storie. – gli strizzò un occhio con fare complice.
-Io preferivo quando inseriva nei suoi racconti i giganti. – concordò il ragazzo ridendo.
-Aveva il dono di rendere storie noiose molto più avvincenti. –
-Non ricordo che ci abbia mai raccontato di come si sono conosciuti i miei nonni. – il ragazzo pendeva dalle sue labbra. Benjen si sedette più comodo e cominciò allora a narrargli la storia.
-Tua nonna, mia madre, era ancora una bambina, ma era coraggiosa e intrepida. Amava le leggende e voleva seguire l’esempio dell’Ultimo Eroe. Si era intestardita di scovare tracce dei Figli della Foresta. Aveva seguito una pista, molto più probabilmente di una lepre o di una volpe… fatto sta che si imbatté però in una banalissima caccia al cervo, dove alcuni lord stavano braccando coi loro cani una cerbiatta ed il suo cucciolo. Il suo senso di giustizia la costrinse ad intervenire e scoccò una freccia per depistarli, che per poco non colpì il lord mio padre ad un occhio. – Viserys pensò che vagamente assomigliasse al suo primo approccio con Lyanna.
-Mia nonna quindi sapeva usare un arco? – Jon era felice di quella notizia. Sicuramente nelle mente stava cercando di ricreare l’immagine di questa donna molto somigliante a sua madre.
-Era un’arciere eccezionale… oltre che un’ottima cavallerizza, da quale ramo pensi abbia preso mia sorella? – Jon guardò con ammirazione suo zio, prima di lanciare una rapida occhiata anche a Lyanna intenta ancora ad impastare qualche focaccia.
-E cosa successe dopo? – era letteralmente preso da quella storia, chiaramente si attaccava a ciò che più gli poteva sembrare un racconto delle sue origini, dato che non aveva il coraggio di chiedere espressamente dei suoi genitori a chi di dovere.
-Pare che mio padre non si fosse accorto che fosse una semplice ragazzina, piuttosto l’aveva confusa con qualche creatura mitologica. La Vecchia Nan tendeva a cambiare la storia ogni volta che la raccontava. Alcune volte parlava di crannogmen, altre di Figli della Foresta… una volta disse addirittura uno spirito del piccolo popolo. Sai, come le fatine… Qualunque cosa avesse pensato mio padre sta di fatto che si era intestardito a catturarla per non tornare a casa a mani vuote. – storse il naso – Non molto onorevole da parte sua se si pensa che spesso la carcassa veniva macellata al momento, mentre la testa veniva conservata per esibirla come trofeo di caccia… Ma non so quanto valide fossero le parole della Vecchia Nan. Non bisognava mai credere alla lettera a tutto ciò che diceva. – gli sorrise.
-Vero. – esclamò Jon spensierato – Robb rimase traumatizzato per anni da una fiaba che ci aveva raccontato quando eravamo ancora molto piccoli. Ci aveva detto che il cielo era blu perché vivevamo nell’occhio di un gigante dagli occhi blu. – il ranger rise portando indietro la testa.
-E ci avete creduto davvero? –
-Io no. Era chiaro che fosse una scemenza, ma lui non ci ha dormito per settimane. Veniva a svegliarmi tutte le notti, convinto che Macumber lo volesse mangiare. –
Sembravo io all’epoca in cui Arthur era appena arrivato alla capitale… ironizzò Viserys …ed era lui a prendermi in giro, come Jon faceva col figlio di Ned Stark.
-Questa mi mancava! Dovevi dirmela tempo fa. – rise Benjen, emettendo un suono molto simile al latrato di un cane.
-È stato meglio che non l’abbia fatto – Jon lo guardò in tralice – Lo avresti preso in giro, e avrebbe scoperto che te lo avevo detto io. –
-Questo è poco, ma sicuro! – gli tirò un pugno sulla spalla e Jon si voltò verso di lui grugnendo un lamento – E voi, principe, che rapporto avevate con vostro fratello? – Benjen lo guardò stimolandolo ad entrare nel discorso. Il suo momento era dunque arrivato.
 
 
 
 
 
Abbandonare la mano del suo Lekia in quel frangente le era sembrata la cosa migliore da fare, eppure nello stesso istante in cui aveva compiuto quel gesto, tutto il suo coraggio si era come volatilizzato. Il suo corpo aveva tremato, ma non per una questione di freddo o improvviso cambio di temperatura, quello che provò fu un brivido di smarrimento e solitudine. Tuttavia doveva resistere; era stata proprio lei a proporre quello scambio ed era inoltre la Regina dei Sette Regni: non poteva farsi intimorire da una semplice lupa del nord.
La vide. Era impegnata a stimolare manualmente un impasto composto da uova, acqua, burro e farina, o almeno così le era sembrato di scorgere tra i rimasugli degli ingredienti ancora semi dismessi sopra la tavola. Un malizioso pensiero le era balenato subito nella mente, ma aveva preferito ricacciarlo indietro all’istante. Si avvicinò cauta, continuando ad ammirare la sua ostinata concentrazione in quel lavoro da servi. Suo fratello l’aveva avvisata di non superare alcuni limiti: con Lyanna Stark non si poteva mai sapere.
Riflettendo sul suo aspetto era davvero una donna particolare; i tratti del volto erano allungati e non certamente armoniosi, ma doveva ammettere che risultavano tutto sommato apprezzabili. Detestava la poca cura che metteva nel tenere i capelli in ordine, erano per lo più spettinati, annodati sulle punte e poco curati. Quando Elanon, la sua serva glieli pettinava e lavava, erano già più accettabili, ma in quei giorni, la Stark aveva deciso di non portarsi dietro la sua serva. Avrebbe potuto occuparsene lady Sansa, ma non vedeva la giovane Stark così altruista da condividere le sue arti tra le altre donne della famiglia, l’altruismo non sembrava appartenerle. Nemmeno ad Arya Stark importava altro se non allenarsi con la spada e ottenere informazioni, di cosa se ne facesse però nessuno lo sapeva. Al contrario Lyanna era invece più impegnata ad aiutare e risolvere i problemi degli altri.
L’energia che ci stava mettendo in quella mansione era il chiaro segnale che le sue mani piccole e incerte in ogni altro impiego femminile, diventavano invece molto precise e controllate per quelle attività manuali in cui amava maggiormente occuparsi. Poteva trattarsi di una spada, di un arco, o anche di un impasto per dolci. Si trovò a rivalutare quella donna per la seconda volta o forse era la terza? Non ne era sicura. In lei era contenuto tutto ciò che suo fratello aveva amato; tutto quello per cui aveva combattuto, tutto ciò per cui si era votato. E fissandola di certo non poteva contraddirlo né biasimarlo in alcuna maniera. Qualcosa in quella donna lasciava molto spazio alle fantasie più erotiche di qualsiasi maschio. Aveva quel non so cosa, che attirava i loro sguardi e li legava a sé probabilmente senza nemmeno accorgersene. Dall’apparenza poteva anche apparire una giovane donna, risoluta e combattiva, ma innegabilmente simile a molte altre, era di modeste dimensioni e di fragile resistenza. Le braccia e le gambe erano magre, come anche i suoi fianchi ed il suo ventre, al contrario invece del suo seno pieno e florido. Rari dovevano essere gli uomini che potevano ignorare questo dettaglio, ma di certo non l’avrebbero mai potuta considerare tra le più eccellenti avvenenze in tutti i Sette Regni; le mancava quella grazia e quell’eleganza che invece sua nipote Sansa possedeva. Aveva avuto modo di scorgere donne anche più attraenti di lei, ma inesorabilmente tra tutte quelle presenti a Winterfell, Sansa rappresentava la più bella e raffinata, probabilmente perché era l’unica ad aver vissuto alla corte reale. Però anche Lyanna aveva vissuto un anno affianco a suo fratello Rhaegar, possibile che davvero non avesse assimilato nulla del suo regale portamento? Dany non poteva certo valutare Lyanna tra le ultime della lista, ma nemmeno tra le prime. Aveva forse più charme di lei, persino quella selvaggia di Val, la principessa dei bruti, come molti osannavano chiamarla quando lei non poteva sentirli.
Quei capelli biondissimi e quegli occhi azzurro limpido erano nauseanti e rivoltanti. Non sopportava il modo in cui quella selvaggia si mostrava fedele al Re del Nord. Passeggiava al suo fianco, scherzava e lo prendeva in giro, in quegli ultimi tempi sembrava fossero divenuti anche più intimi. Si ritrovò a riflettere che un rapporto simile anche lei lo aveva vissuto con una ragazza che aveva più o meno quello stesso suo aspetto, ma aveva in essa anche l’eleganza di una lady per sua fortuna. Il suo nome era Tyene Sand, la nipote del principe Doran. Anche lei era particolarmente diversa da tutto quel canone di bellezza che la circondava. A dispetto delle altre dorniane che Dany aveva avuto modo di conoscere, dalla mascolina Obara, alla placida Ellaria, o perfino all’elegante Nymeria, Tyene spiccava come un gioiello ben più pregiato. Era l’antitesi della principessa Arianne, seppur avessero la stessa età e fossero inseparabili a Dorne, si differenziavano in tutto e per tutto nell’aspetto. Una rappresentava la notte, nella carnagione, negli occhi e nei capelli, quanto l’altra invece pareva il giorno.
Le era capitato di incontrare per la prima volta dei dorniani già quando si faceva chiamare la regina di Meereen. A quei tempi credeva che tutti i dorniani fossero bassi, di pelle olivastra, coi capelli scuri e gli occhi altrettanto scuri. Non avrebbe mai detto che gente di questo tipo potesse mai suscitare in lei alcun fascino né attrattiva. E questo le sembrò venir accreditato proprio dall’aspetto del principe Quentyn Martell. Aveva lasciato la sua bella e assolata Dorne, per attraversare il Mare Stretto e morire tra le fiamme di Rhaegal. Offrendole quell’assurda proposta di matrimonio quando ormai aveva già impegnato la sua vita al fianco di Hizdahr zo Loraq. Il principe Martell incarnava perfettamente l’aspetto che lei conosceva dei dorniani: aveva con un viso semplice e squadrato, arrotondato da guance piene, occhi e capelli castani, fronte alta, naso e mascella quadrate. Non aveva alcuna particolare bellezza, gli mancava poi nello sguardo quella malizia che invece aveva ritrovato negli uomini che l’accompagnavano. Ricordava ancora la bellezza del viso di lord Cletus Yronwood al suo fianco non faticava a brillare coi suoi splendidi capelli dorati e gli occhi azzurri. Perfino Ser Gerris Drink-qualcosa poteva dirsi molto più avvenente di quel principe rospo.
Tuttavia quando era approdata sulle rive di Dorne aveva avuto modo di constatare coi suoi occhi la diversità di etnie che convivevano pacificamente in quel territorio. A dire il vero per un patto stipulato col principe Doran, non aveva potuto allontanarsi da Watergardens. A detta del Martell era per evitare che altri facessero la stessa sorte del suo amato figlio. Dorne non aveva festeggiato l’arrivo della sua regina, di colei che li avrebbe liberati dalla regina impostora… questo l’aveva fatta infuriare in un primo momento, ma ser Barristan le aveva spiegato che il lutto a Dorne erano capaci di farlo durare un anno, e se si considerava che il principe Oberyn era morto nemmeno dodici mesi prima e ora lei li aveva informati della perdita del giovane Quentyn si doveva dar loro una parvenza di comprensione. A quell’epoca le uniche nobili che le avevano permesso di incontrare erano state Ellaria e la principessa Arianne. Successivamente a King’s Landing Ellaria aveva portato con sé le tre maggiori serpi delle sabbie; le figlie del suo amante, il principe Oberyn. E la vista di quelle tre ragazze l’aveva fortemente stupita. Obara aveva un aspetto mascolino, alta e robusta, aveva polpacci grossi e vestiva come un uomo, l’atteggiamento e il modo di fare erano quelli grossolani da guerriero. Nymeria invece il suo esatto opposto; slanciata, snella ed elegante, possedeva un gusto raffinato nel vestire, gesticolava e parlava come una nobildonna ed aveva un fascino invidiabile, ma era letale come le sue lame. Tyene a differenza delle sue sorelle aveva l’apparenza di una bambolina di porcellana. Dai colori chiari, i tratti armoniosi e le movenze deliziose, si sarebbe potuto dire tutto di lei, ma non che fosse pericolosa, tuttavia si era dovuta ricredere quando aveva scoperto che una buona parte dei soldati di Cersei Lannister quella mattina della conquista non si era mai alzata dalla sala mensa, morendo con atroci crampi addominali per via di un veleno fatale e consentendo a loro di passare inosservati da quel passaggio segreto.
Quando aveva visto Tyene per la prima volta, aveva pensato che si trattasse di una schiava di origine Lyseniana al servizio della principessa Arianne. Mai avrebbe pensato che in quel regno esistessero popoli completamente discostanti tra loro, e che in Tyene, Obara, Nymeria e Arianne scorresse addirittura lo stesso sangue. Per cui non si era stupita, quando a Winterfell aveva notato lord Edric Dayne avvicinarsi al loro tavolo, annunciando di avere origini dorniane. E aveva gli occhi viola… La cosa le era sembrava molto bizzarra e quando poi quel giovane ragazzo si era presentato come fratello di Jon Snow non aveva potuto che sentirsi gelare il sangue nelle vene. Ed il pensiero che fratello le avesse nascosto un altro figlio illegittimo l’aveva nuovamente colta impreparata.
-Sicuro che non discenda dai tuoi lombi, anche questo? – aveva sussurrato all’orecchio di Viserys, lanciando un’occhiata anche a Lyanna Stark che pareva forse più sconvolta di lei. Suo fratello aveva scosso il capo serio e categorico.
-Il casato Dayne porta apparentemente le nostre stesse caratteristiche genetiche, ma non provengono dalla stirpe Valyriana. Sicuramente in passato facevano parte dello stesso ceppo che poi si insidiò a sud di Essos, fondando la Libera Fortezza, ma quando questo avvenne i Dayne si erano già staccati e avevano già stabilito la loro stirpe a Starfall. Questo mi ha fatto presupporre che i nostri antenati in comune erano dei nomadi e viaggiavano lungo i mari. Si insediavano poi nelle terre che meglio preferivano seguendo le stelle, o grandi aspirazioni. –
-Quindi anche quel tuo amico… quello col titolo di Spada dell’Alba aveva pure lui gli occhi viola e i capelli argentati? – era riuscita a domandargli, prima che lui si chiudesse nel suo solito silenzio. L’aveva capito ormai, ogni volta che gli chiedeva qualcosa del suo passato lui evitava l’argomento.
Venendo successivamente a conoscenza del fatto che Edric Dayne era nato ben quattro anni dopo la morte di suo fratello, era stato assurdo anche solo pensare che potesse essere figlio di Rhaegar e si era scusata con lui. E ragionando sulla genetica Targaryen era difficile che dei figli perdessero i tratti peculiari che contraddistinguevano la stirpe valyriana. Suo fratello le aveva spiegato che ogni qual volta che si univano a famiglie con sangue non conducente alla stirpe di Valyria i loro geni sparivano, sopraffatti dagli altri, proprio come era accaduto con Jon.
Riposò quindi gli occhi su Lady Lyanna, che ancora impastava il composto. Si stava portando una mano sulla fronte, per spostare una ciocca ribelle. Con non curanza si premunì di ricacciarla indietro, sporcandola con alcuni granelli di farina. Anche le sue guance erano imbrattate della medesima polvere bianca, ma non sembrava essersene accorta, oppure non le importava. La vide portarsi un dito sulle labbra per assaggiare un pezzo di pasta. Lyanna ignara dei suoi occhi addosso, aveva alzato lo sguardo fissando un punto impreciso del soffitto e cercando di capire quale ingrediente mancasse. Aveva fatto una faccia buffa ed aveva alzato le spalle, probabilmente non era sicura di ciò che davvero stava facendo, ma non era intenzionata a fermarsi. Con l’altra mano prese un barattolo e aggiunse un pizzico di un granulato grosso color caramello, quasi certamente zucchero grezzo e riprese a lavorare il tutto. Dany era rimasta incantata dalla sua determinazione e dalla sua voglia di fare, seppur non vi fosse più nessuno ad aiutarla.
Notò il coltello, non era molto distante dalla donna; lo avrebbe raggiunto facilmente allungando una mano, e Dany non avrebbe mai potuto impedirle di brandirlo: non sarebbe stata abbastanza svelta, né preparata, se mai gliel’avesse puntato alla gola. Suo fratello era assorto nei discorsi tra il Lupo Bianco e al guardiano della notte, e comunque era troppo distante per poterla soccorrere. Un uomo del nord stava accanto a Sansa Stark e l’aiutata a non combinare guai col piccolo forno: era proprio impedita sotto questo aspetto e Dany si ritrovò a sorridere al pensiero che finalmente le aveva trovato quantomeno un difetto. La giovane Arya doveva essere ancora fuori, mentre Tyrion si era rintanato in un mondo immaginario, leggendo un grosso tomo sulle vicende di Aegon il Conquistatore. Sam e Gilly stavano giocando allegramente con il piccolo Sam. Fece ancora un passo e raggiunse il tavolo, appoggiando incerta una mano sul legno e mettendosi proprio di fronte alla donna intenta ad impastare. La vide alzare lo sguardo fiero su di lei e guardarla con un’espressione stupita e confusa al tempo stesso. Dany rimase lì senza sapere bene che fare, cosa dire o come comportarsi. Fu la Stark sorprendentemente a parlare.
 
 
 
 
 
-Raccontateci prima com’era la vostra di madre, principe Viserys! – anche se non si sentiva ancora pronto, Benjen gli aveva ormai passato il testimone con la sua spavalda naturalezza.
-Muna? – alzò il capo a fissarli interdetto, e involontariamente i suoi occhi andarono a cercare sua sorella ferma in mezzo alla stanza mentre osservava Lyanna da lontano. Non s’aspettava minimamente una domanda del genere. C’erano tante, troppe cose da dire, ma anche da tenere segrete. Pensò un attimo a cosa poter raccontare, un dettaglio magari inerente al discorso del ranger. Faticò a trovare qualcosa di adatto, poi gli tornò alla mente un particolare che molti ritenevano stravagante, ma che lui aveva sempre visto come innovativo.
-Muna aveva un portamento molto aristocratico, per certi versi di vecchio stile, ma sapeva adeguarsi ai tempi moderni con facilità. Amava ricamare, danzare, cantare. Aveva una bellissima voce, e amava accompagnarla col suono soave del clavicorno, prima che… Beh, prima di smettere. – non era il caso di dir loro la verità, far sapere a tutti che Aerys l’aveva umiliata così tante volte durante i ricevimenti, dopo averla invitata a suonare qualcosa per i suoi ospiti e infine averle privato di suonare quello strumento, distruggendolo con la sua stessa spada era qualcosa di poco adatto per una conversazione tranquilla e spensierata come quella – Ma oltre a tutto questo aveva una peculiarità molto rara; per una regina era profondamente singolare, ma questa era un concetto che aveva sempre avuto anche quando era una semplice principessa. Amava arrangiarsi da sé per ogni faccenda sua personale, anche per quelle piccole cose che le lady preferiscono venir supportate dalle loro damigelle o da qualche serva. Temo che questa particolarità le sia rimasta impressa con suo nonno e assimilando le sue abitudini. Re Aegon V, l’Improbabile, durante la sua giovinezza viaggiò in compagnia di un valoroso cavaliere, divenuto poi Ser Duncan l’Alto, ma in gioventù era soltanto un cavaliere errante di nome Dunk. E il mio bisnonno volle divenire suo scudiero a tutti i costi. Vissero a stretto contatto col popolino, dormendo spesso anche in ricoveri di fortuna e rifocillandosi con bacche selvatiche, radici o cacciando selvaggina. Si lavavano in fiumi e laghi e sopravvivevano con quanto guadagnavano… – cominciò a narrare pacato con voce allegra, rammentando i racconti che muna gli narrava le sere per addormentarlo. Jon si voltò verso di lui, stranamente non lo stava guardando in maniera sinistra, come quella mattina; né adirata, come poche ore prima, questo gli diede il coraggio di proseguire – Ovviamente non pensate che mia madre facesse simili cose… lei era una la principessa dei Sette Regni, nata come secondogenita del futuro re. Le erano state impresse le dottrine dell’alta aristocrazia, parlava solo quando era opportuno, si accerchiava di damigelle di alto lignaggio, era caritatevole coi bisognosi, tanto da frequentare orfanotrofi e distribuire il pane ai poveri, ma nel suo piccolo preferiva far da sé per quanto riguardava le sue abluzioni o altre mansioni private e intime. Congedava non solo le sue dame, ma anche ogni ancella o cameriera. Diceva che non amava essere circondata da serve o da chi che era obbligato a servirla a causa di un voto o dall’etichetta, preferiva che fosse piuttosto una decisione dettata dalla moralità e dalla vera amicizia. Non fu sempre favorita dalla sorte, per anni coloro che cercavano la sua compagnia erano arrivisti o con secondi fini. Ebbe però la fortuna di incontrare persone negli anni che crebbero su questi principi e riuscì a crearsi una schiera di sue fedelissime. Pur tuttavia preferiva circondarsi da pochissime persone quando si ritrovava nelle sue stanze. Congedava paggi, cameriere e altri inservienti, e provvedeva da sé per le incombenze che non riteneva giusto affidare ad altri. Erano davvero pochi coloro che avevano il permesso di starle accanto quando consumava un pasto o si immergeva in una vasca d’acqua calda. – raccontò. Sapeva di aver attirato la sua attenzione perché il respiro di suo figlio si era notevolmente calmato – Detestava farsi servire, quando poteva evitarlo, e questa sua caratteristica la passò anche ai suoi figli. Sia io che mio fratello abbiamo imparato a tenerci distanti dai troppi vizi a cui i nobili spesso si abituano, divenendo degli inetti incapaci a risolvere ogni più piccola difficoltà. –
-Vostra madre era la regina Rhaella… – Jon si espresse incerto dopo qualche secondo di silenzio. Aveva socchiuso appena gli occhi, nel pronunciare quelle parole, quasi fosse un ricordo lontano e costretto. Viserys pensò che per lui quel nome fosse apparso solamente in qualche volume che il maestro di Winterfell lo aveva obbligato a memorizzare. Se c’era una cosa che aveva compreso da altri era che quando venivi obbligato ad apprendere delle nozioni di storia, queste poi non restavano nella mente in tempo indelebile, ma venivano presto sostituite con nuovi ricordi che maggiormente allettavano i tuoi pensieri. Tuttavia, anche se non te ne rendevi conto, restavano impresse in qualche angolo remoto del proprio inconscio e si risvegliavano appena la situazione sembrava permetterlo. Era proprio quello che stava avvenendo in Jon in questo momento – Non si è mai parlato molto di lei. Sansa certamente conoscerà qualche aneddoto, avendo vissuto alla capitale… e poi a lei piacciono molto argomenti come questi: corti reali, buon costume, etichetta… Se Robert non avesse sovvertito la vostra stirpe probabilmente avrebbe fatto carte false per entrare nella corte Targaryen e sposare uno dei principi. –
-Magari avrebbe sposato te. – gli fece notare Benjen – Dopotutto eravate già cugini e le età corrispondono. – Jon lo fissò con cruccio.
-Sarebbe stato meglio che l’avessero promessa a me piuttosto che a quell’idiota di Joffrey. Se penso a ciò che le hanno fatto, a come l’hanno trattata, io… -
-Ogni famiglia cela insidie e segreti… la storia della famiglia Targaryen non ne è di certo immune, come credo tu abbia saputo. – commentò severo Viserys, ma se ne pentì nell’immediato, osservando come quelle parole avevano reso tenebroso il volto di suo figlio. Fortunatamente Benjen intervenne per alleggerire la tensione.
-Sansa è una lady, è ovvio che come tante ambisse alla vita di corte, però ciò non esclude che dovresti essere tu a conoscere più cose sulla precedente regina Targaryen, Jon. In fin dei conti era tua nonna. – il ranger lanciò uno sguardo d’intesa col principe, per motivarlo a continuare.
-Vero… - il ragazzo sembrò trovare di nuovo la voglia di dialogare – Peccato che ne sia stato messo al corrente da pochi mesi… e riflettendoci non ho mai avuto accanto qualcuno che l’avesse conosciuta. – ammise sconfortato.
-Ora ce l’hai. – Benjen allargò gli occhi e gli fece cenno di guardare alla sua destra – E come si dice a Nord; approfitta ora che la neve è fresca e la puoi raccogliere con le mani, domani sarà già compatta e ti servirà un piccone. – Jon sembrò cogliere il suo invito e inspirando profondamente, si rivolse nuovamente a lui.
-Vi andrebbe di descrivermela, principe Viserys? – chiese infine. Il Targaryen sentì nascere una calda emozione che in fretta prese possesso della sua anima più recondita. Suo figlio cominciava a sciogliersi; quello spesso muro di ghiaccio che aveva eretto contro la parte che lo univa al suo sangue di drago si stava sgretolando. Pensò rispettoso che la Madre avesse deciso di trovare un dolce modo per far sì che quel momento diventasse una condivisione per entrambi, e muna era quel legame che li avrebbe avvicinati. Prendendo coraggio, dopo un attimo di esitazione, cominciò il suo discorso.
-Era di una bellezza eterea e indiscussa… E non lo dico perché sono suo figlio – si corresse subito – Ogni uomo o donna che posava lo sguardo su di lei, non poteva fare a meno di rimanere incantato dalla sua eleganza, dal portamento leggiadro e delicato, dai suoi sorrisi raffinati e dalla regalità del suo animo, oltre che dal suo aspetto – affermò, osservando le fiamme danzare – Aveva la pelle molto chiara, quasi fosse una statua di alabastro dei più pregiati. La sua chioma era argentata con qualche tenue sfumatura dorata, brillava come rugiada quando il sole li illuminava… non amava troppo nasconderli; era un peccato costringere i suoi naturali boccoli in acconciature complesse. I lineamenti del volto erano simili a quelli di un’eterna bambina; anche negli anni non si presentava alcuna traccia del corso del tempo. Le labbra erano a forma di cuore; rosee, piene e morbide. E gli occhi… avevano un taglio vivace e attento, ed erano di una colorazione viola molto brillante. Nessun Targaryen mai li aveva avuti di quella tonalità, prima che Maekar I sposasse lady Dyanna Dayne. Fu grazie alla loro unione che la nostra casata acquistò quella particolare sfumatura brillante nello sguardo, ma non tutti ereditammo quella proprietà. –
-Li aveva quindi simili a lord Edric? – domandò il ragazzo abbassando di un tono la voce ad ogni parola, quasi si fosse pentito di averlo interrotto. Viserys gli sorrise garbato.
-In qualche modo gli occhi del giovane di Starfall sono simili a quelli di mio fratello maggiore. Hanno quella sfumatura bluastra, tendente all’indaco che solitamente contraddistingue le unioni miste. Se cerchi il vero colore Dayne, lo trovi negli occhi di mia sorella Dany. – Benjen emise un colpo di tosse che interruppe Viserys quasi in allarme, pure Jon distolse l’attenzione da lui per passarla allo zio. Il ranger però li guardò quasi stupito.
-Oh, perdonate, mi stavo solo strozzando con la saliva. – sbuffò sorridendo e facendo loro l’occhiolino. Viserys allora continuò.
-La medesima sfumatura l’aveva anche mia madre. Un viola lavanda acceso che pareva tempestato di stelle luminose al suo interno. Dany le somiglia molto sotto quest’aspetto. –
-E le somiglia anche nel carattere? – il ragazzo piegò lo sguardo lateralmente per osservare il profilo della giovane regina alla stessa tavola dove stava Lyanna. Viserys si voltò a guardarlo intrigato da quel quesito.
-Effettivamente no… - sorrise, con un peso grande nel cuore, quanto doveva esserlo anche quello nel cuore di suo figlio. Guardò le due donne: stavano l’una di fronte all’altra e parlavano. Nel volto di entrambe nessun segno di astio. Viserys si beò di quell’immagine e rifletté sulle parole di Jon: per quanto Dany ricordasse molto muna, aveva però preso sfaccettature di un altro carattere che conosceva molto bene. Sia per facezia che per saggezza, e la cosa era lieta e apprezzabile ai suoi occhi – Lei temo abbia preso da un ramo… diverso. – tagliò corto. Si portò una mano sulla bocca e si morse l’unghia del pollice, riflettendo attentamente sul passato e provando a crearsi mentalmente dei calcoli matematici, ma la seguente domanda del ragazzo lo spiazzò completamente.
-So che all’epoca eravate solamente un bambino… ma… - il ragazzo avviò il nuovo discorso con voce tremante, stringendosi le mani tra le ginocchia e abbassando il capo su di esse – Non ho la forza d'animo di fare questa domanda a mia madre… Ecco perché la pongo a voi. So che lei scoppierebbe subito a piangere e io non sopporterei vederla in quello stato. Ma… - si fermò ancora – Forse voi siete l’unica altra persona a cui posso chiedere… Mi potreste parlare del principe Rhaegar? –
 
 
 
 
 
-Non state lì con le mani in mano… Mi innervosite, vostra maestà. – affermò rigida la donna, osservandola di sbieco – Siete una regina e capisco che abbiate poca dimestichezza coi lavori domestici, ma qui dobbiamo darci tutti una mano. – continuò mantenendo lo stesso tono e impastando ancora il composto tra le mani.
-Sarò pure la sovrana dei Sette Regni, ma sono partita che ero solamente una principessa esiliata in una terra lontana… - iniziò lei usando un timbro di voce autorevole. Poi però parve pentirsene – Mi sono procurata del cibo tra la sterpaglia di un prato una volta… Ero stanca di mangiare carne abbrustolita da Drogon. – raccontò ricacciando indietro il sapore orrendo di ciò che si era ritrovata ad ingurgitare. Questo non lo avrebbe raccontato a lady Stark, anche se qualcosa le diceva che quella donna non l’avrebbe giudicata, né l’avrebbe derisa.
Non sapeva spiegarsi il motivo, eppure ciò che le aveva appena detto non l’aveva stranamente messa in allarme. Non aveva minimamente considerato le sue parole come una minaccia, né come un’offesa, bensì l’avevano quasi stimolata a dimostrarle che anche lei dopotutto avrebbe potuto essere d’aiuto. Lyanna puntò quei suoi occhi chiari su di lei e la fissò per qualche istante. Poi sembrò scuotersi e riprese il lavoro, cercando di ricordare quali altri ingredienti doveva aggiungere.
-Mi passate quel barattolo di frutta candita… per favore? – le chiese in modo stranamente gentile.
Dany collaborò e si portò dalla parte della tavola dove stava la donna. Osservò solo in quel momento che avevano la stessa altezza.
-Ho sentito che eravate solita fare queste occupazioni con vostra madre… - cominciò rigirandosi il barattolo tra le mani – Io la mia non l’ho mai conosciuta. – non seppe dire perché glielo stava riferendo, d’altronde da lei che poteva sperare di sentirsi dire? Rhaegar le aveva già parlato di muna, quanto bastava. Lui aveva vissuto molti anni alla capitale e aveva con lei un rapporto stretto, morboso, aveva ammesso lui stesso. Per un attimo pensò all’attaccamento che anche Jon aveva cominciato ad avere con Lyanna di quei tempi. A quanto pare è genetico! Sorrise mentalmente.
-Era gentile, affettuosa e molto dolce. – ammise la donna senza nemmeno guardarla.
-Voi… quando? L’avete conosciuta davvero? – Dany non poteva credere alle sue orecchie.
-Sì, ho avuto modo di incontrarla… una sola volta. – disse la donna alzando lo sguardo verso un punto impreciso del soffitto, come se stesse ricordando un momento lontano nel tempo, poi portò gli occhi su di lei – Quando vostro fratello mi portò nel suo castello a Dragonstone. Fu una sosta fugace, dovevamo solo prendere alcune cose e poi ripartire, tuttavia lei si trovava lì. – fece una breve pausa, Dany la guardò confusa, così la donna le spiegò – Vostra madre voleva festeggiare il giorno del nome di suo figlio, ma Rhaegar si mostrò contrario: non aveva mai amato celebrarlo. – Dany era sbigottita. Non aveva mai saputo questa particolarità di suo fratello e lui non aveva mai menzionato a questo fatto. Non aveva potuto ignorare l’ombra scura negli occhi della lady e il tremore quasi impercettibile della sua voce, quando aveva pronunciato il nome di suo fratello maggiore. Lo ama ancora così tanto da soffrire al solo suono del suo nome?
-Perché mai non voleva festeggiare il giorno della sua nascita? – le chiese puntando gli occhi verso l’uomo con la maschera sul volto. Lyanna abbassò il capo sull’impasto, poi la guardò con aria triste.
-Beh, è comprensibile, vostra grazia… quel giorno morì quasi tutta la sua famiglia. – disse abbattuta – Penso vi siano già stata menzionati gli eventi di Summerhall… Lui se n’è sempre sentito responsabile in qualche modo. – Dany si bloccò e il barattolo per poco non le cadde dalle mani. Che stupida che sono… Come ho fatto a non pensarci? Ser Nonno mi aveva accennato qualcosa a Watergarden…
-È proprio da lui… - si lasciò sfuggire quella frase e un sorriso dolce, poi vide l’espressione contraddittoria di Lyanna e fu costretta a rimediare – Barristan Selmy, colui che voi conoscete come il Valoroso, mi ha parlato spesso di mio rimpianto fratello. Diceva che si prendeva colpe non sue e cercava sempre di… trovare soluzioni per tutto. – per un attimo aveva temuto il peggio, ma l’attenzione della donna era tornata sull’impasto, per cui trasse un sospiro di sollievo.
-Già. – affermò tetra Lyanna. Era chiaro che parlare di lui la metteva a disagio e Dany voleva evitarle ulteriori sofferenze, dato che queste innescavano patimenti anche in Jon e in Rhaegar. Glielo doveva a suo fratello. Aveva usato delle parole sbagliate prima, lui glielo aveva fatto notare, era giusto che ora lei le chiedesse scusa.
-Ho mostrato arroganza e crudeltà gratuita, prima. Contro di voi, intento. – disse rattristata. Lyanna aveva preso il barattolo dalle sue mani e lo aveva svuotato nell’impasto, restando in silenzio. Sembrava fingesse di non averla sentita, oppure era persa nei suoi ricordi – Non dovevo rivangare il passato. Le nostre famiglie erano in guerra e a conti fatti ho modo di credere che se dopotutto così tanti regni si sono rivoltati contro mio padre, un fondamento di verità doveva pur esserci… e se mio padre veniva chiamato Re Folle... – considerò con fatica. Dalla donna ancora silenzio, si sentì snervata – In sostanza… sto cercando di dire è ho esag… -
-Il vento che soffia nella bufera spazza via le fragili foglie. Qui a Nord non diamo peso alle parole, ma ai fatti e alle azioni. – sentenziò categorica la Stark con voce tagliante come una lama – Voi volete proteggere ciò che un tempo vi venne sottratto con la forza. Io sto facendo esattamente la stessa cosa. – alzò gli occhi su di lei, Daenerys si sentì penetrare fin nell’animo da quel ghiaccio eterno che erano le sue iridi. Le parve di sentirsi vulnerabile e in automatico corrucciò la fronte per provare ad impressionarla con uno sguardo minaccioso, che non parve scalfirla minimamente – Tenete al vostro regno, al potere che vi siete riconquistata e al trono. Io tengo alla mia casa, a ciò che resta della mia famiglia… e soprattutto a mio figlio; è l’unica cosa che mi resta di quello per cui un tempo mi ha fatto combattere fino allo stremo delle forze… Sono conscia che apparentemente possano sembrare due cose completamente diverse, ma inevitabilmente questo ci lega ad una persona in comune. E ora abbiamo perduto. – si incupì mesta – Comprendo le vostre motivazioni, perché assomigliano alle mie. Per cui non ritengo opportuno che voi vi sentiate in obbligo di scusarvi per delle parole espresse in un momento di indignazione. Io non sono stata da meno, vi ho intimidita e vi ho mancato di rispetto. Per cui ritengo, che se entrambe ci sentiamo in difetto, possiamo evitare scuse dirette e considerare che quell’episodio non sia mai avvenuto. – si fermò, Dany non sapeva cosa dirle. Non se l’aspettava, no di certo, e soprattutto non si immaginava quel paragone. Si sentì così stupida… davvero era questo ciò che la sua gente pensava di lei? Credono che l’unica cosa che mi interessi sia quello scomodo seggio di spade? Da un lato era così… ma dall’altro desiderava essere accettata dal proprio popolo, amata, applaudita… Ma il mio desiderio più grande è sempre anche stato avere una famiglia… Sono una donna, sono una regina; perché non posso aspirare a ciò anch’io?
-È sempre stato un mio grosso difetto considerare tutti allo stesso modo e non tenere a mente che ad un reale bisogna portare maggiore considerazione. – riprese Lyanna pensierosa – Non è per giustificarmi, ma qui a nord, come potete ben vedere, funziona diversamente. I titoli non fanno poi molta differenza, quando il gelo ti attanaglia le viscere e vedi la tua gente, i tuoi amici, i tuoi famigliari morire di freddo e di fame. – a Dany venne in mente che aveva patito la stessa condanna durante la traversata del mare dothraky prima di giungere a Qarth.
-Mio fratello mi ha parlato del vostro altruismo… Avete cercato di aiutare dei popolani a scappare e trovare rifugio presso il castello di alcuni vostri vassalli. –
-Il principe Viserys ha dato il suo contributo. Senza di lui temo mi sarebbe stato difficile… -
-Ma ancora non vi fidate di lui… Lo avversate in continuazione. –
-Ho le mie buone ragioni. – controbatté caparbia.
-Avete dubitato in questa maniera anche di Rhaegar? –
-No… lui mi era parso diverso dal primo momento. – si rabbuiò un istante – Però ho mantenuto la mia dignità ogni qual volta tentava di manipolare la mia vita. –
-Volete dire che… - Daenerys allargò occhi e orecchie in attesa che le venissero le parole giuste – Lo avete sfidato? – la donna cercò di nascondere un sorriso.
-Beh, durante la nostra prima vera chiacchierata mi sono trovata costretta ad intimidirlo per proteggere la mia famiglia. – ammise – Sfidandolo a duello. –
-Avete impugnato una spada contro di lui? – Dany era sbigottita. Rhaegar non le aveva mai svelato come si erano conosciuti.
-Custodivo un segreto. Che poteva mettere fine alla mia vita e a quelle dei miei stessi famigliari. Ma non avevo fatto nulla di male… solo che avevo agito contro le leggi del re. La mia identità però stava per essere smascherata, ma vostro fratello decise di intervenire per evitare il peggio prima che lo scoprissero. – le raccontò – Rhaegar mi aveva scoperta grazie alla sua innata intelligenza. E io ero incauta e avventata. Cercò di fermarmi, dapprima solo usando le parole, ma io non glielo permisi. Estrassi la spada e lui fu costretto a difendersi… Mi sconfisse, dovetti arrendermi e fare a suo modo. – c’era ancora una vena di risentimento dolce nel suo tono.
Uuuhh, immagino come possa essere stato difficile adempiere alle volontà del mio bel fratello… si morse il labbro inferiore, ma non espresse quel suo pensiero osceno.
-A questo punto mi domando se anche con mia madre vi siete mostrata così agguerrita! – alzò un sopracciglio e le sorrise. Lyanna la guardò confusa.
-Nient’affatto. – desistette un attimo, si notava una certa perplessità – A dire il vero in sua presenza mi sono sentita del tutto inadatta. – Dany non comprendeva il motivo di questa sua insicurezza – Era una donna estremamente aggraziata, raffinata ed elegante, bella oltre ogni dire… purezza allo stato puro… e inavvicinabile per una come me. – abbassò lo sguardo – Non credevo potesse mai esistere una donna di simile bellezza, ma d’altronde Rhaegar doveva pur aver preso da qualcuno… come anche voi: avete il suo viso. – le sorrise, riguardandola in volto, prendendo coraggio – Fui destabilizzata quando lei… una regina… La regina dei Sette Regni si avvicinò a me e mostrò una rispettosa riverenza nei mei riguardi. Tuo fratello mi tenne per le spalle, prima che il tremore fosse troppo evidente, o peggio ancora decidessi di scappare via. Mi sentivo in totale soggestione… accerchiata da persone di rango così alto che mi sembrava quasi di esserne schiacciata. Tuttavia nessuno in quel castello ebbe un atteggiamento arrogante e presuntuoso nei miei confronti. Mi trattarono tutti con estrema considerazione, quasi fossi io quella da venerare. Tua madre fu colei che mi stupì più di tutti, ebbe da rimproverare Rhaegar, ma non mostrò mai ostilità per me. Continuava a sorridermi, a parlarmi con garbo e a tenermi una mano. Io mi dovevo ancora abituare a quelle sue gentili parole, mentre lei mi colse ulteriormente alla sprovvista, quando… – sorrise al ricordo – mi ha abbracciò, chiamandomi… - si fermò improvvisamente, cambiando espressione e guardando altrove – Non è così importante, lasciamo stare. – concluse con tono duro, rimettendosi ad impastare con energia.
-No, vi prego! Continuate! So così poco di lei. – le mise una mano sul suo avambraccio, Lyanna si volse a fissare quel loro contatto – Vi prego, ditemi come vi ha chiamata? – insistette ancora. La donna strizzò gli occhi e fece un’espressione dispiaciuta, come se capisse quando dolore le avrebbe provocato.
-Mi chiamò tala. Fu Rhaegar a dirmi il significato di quella parola, io non lo conoscevo. – si espresse col rimorso nel cuore. “Figlia” tradusse in fretta Dany – All’inizio guardava suo figlio con amarezza. Credevo dipendesse dalla mia presenza e dalle scelte che aveva fatto Rhaegar per tenermi accanto… Pensavo non ci volesse vedere assieme, ma mi sbagliavo. Lei ci dava la sua approvazione, ma ci intimava di fare molta attenzione. Mi parlò di alcuni sogni che aveva fatto e di non pungermi con le spine delle rose… disse di aver sentito il loro odore mescolato a quello del sangue… forse lei già lo sapeva, o forse era solo un presentimento. –
-Anche lei aveva sogni di drago? –
-Questa domanda temo voi lo dobbiate porre a vostro fratello. Io non vi sarei di alcun aiuto. Quella fu l’unica volta che parlammo da sole… - si vedeva l’emozione che lei aveva provato quel giorno, perché i suoi occhi luccicavano ancora al ricordo.
-Ora che me lo fate venire in mente, in quell’occasione mi ha fatto dono anche di una tiara in oro bianco con zaffiri, piccole perle e diamanti. Diceva che desiderava donarla a me perché rappresentavo la figlia che gli dei non le avevano mai concesso di avere… Se l’avessi ancora qui con me, ve la restituirei. Non mi appartiene più ormai. – si osservò le mani, come se in quel momento ricordasse anche di un’altra cosa. La vide tentennare incerta se infilare una mano nella tasca del grembiule, ma Daenerys le mise una mano sull’avambraccio e la Stark si fermò a metà di quel movimento.
-Se lei l’ha donata a voi, significa che la voleva sul vostro capo. – disse saggiamente – E poi gli zaffiri non mi si addicono. A me probabilmente avrebbe regalato qualcosa con rubini e ossidiane. –
-Ametiste e rubini. – affermò riflessiva – Amava anche il diaspro, i topazi gialli e l’oro. – sorrise – Quello soprattutto. Diceva che le ricordava la luce del sole. – la osservò più serena – Vi va di provare voi ad impastare? – le offrì il suo posto con un’espressione gioviale.
-Non credo di essere in grado… - Dany fece una smorfia con la bocca. Non voleva sembrare impacciata. Lei non si era mai davvero preparata del cibo da sola.
-Oh, suvvia, regina Daenerys! – le mise addosso il grembiule che Jon aveva lasciato sul tavolo, legandoglielo alla vita – Questo impedirà che il vostro abito si imbratti, per cui non vi preoccupate. E poi non vorrete farmi credere che siete così temeraria a cavalcare un drago, ma paventate l’idea di unire pochi semplici ingredienti per fare un dolce? –
 
 
 
 
 
Viserys rimase in silenzio per un breve istante, osservando il giovane al proprio fianco e cercando di ignorare la faccia compiaciuta di Benjen Stark che era in attesa di quale risposta avrebbe fornito.
-Cosa volete sapere di preciso su… mio fratello? – usò un tono secco, per evitare di sentirsi in imbarazzo e tornò a fissare le fiamme.
-Non so… quali erano le sue abitudini, cosa amava fare… Che genere di persona era, insomma. – nemmeno Jon sembrava voler puntare lo sguardo su di lui, forse era in imbarazzo – Voglio dire, non poteva assomigliare a suo padre, no? – si bloccò ancora, ma poi proseguì – Non me la vedo mia madre stare al fianco di un uomo spietato, né con uno arrogante ed ubriacone, ma nemmeno con uno debole e stupido. –
-Queste che hai elencato sono tutte le sfaccettature adatte a descrivere il grande re Robert nei suoi tempi migliori. E sia chiaro, per quante cercassero di ingraziarsi i suoi favori, riuscendoci pure il più delle volte, con tua madre non c’era storia. – il ranger si era messo una mano sulla bocca e lo aveva sentito tossire, per nascondere sicuramente una risata – Lei evitava pezzenti del genere come il morbo grigio. –
-Per cui ho ragione a pensare che vostro fratello fosse diverso? –
-Lui era… - cominciò Viserys, ma non trovò parole per esprimersi. Cosa doveva dirgli? Cosa voleva davvero sapere? Una fitta al cuore lo fece trasalire. Si portò una mano al petto toccandosi il punto in cui Robert aveva sferrato il suo letale colpo. Pensò a quale descrizione potergli dare. Se avesse finto di non sapere niente di lui, avrebbe fatto prima, ma Jon aveva diritto di poterlo conoscere anche solo un po’, perché ciò che gli era stato detto del suo vero padre era completamente sbagliato. Nel sentire quei pareri discordanti era ovvio che Jon avesse una forte confusione in testa e chi se non lui, poteva aiutarlo a mettere ordine? Le parole riportare dai maestri lo volevano un folle rapitore di fanciulle indifese, uno stupratore violento e malvagio. Ciò che Lyanna aveva potuto raccontargli invece, sarebbe stato completamente differente. Lei avrebbe sicuramente narrato del suo romanticismo, della sua bontà, del fatto che fosse un compagno favoloso, che mai ti faceva mancare niente, eppure lui le aveva fatto mancare tanto, forse troppo, ma lei sembrava non averci mai fatto troppo caso. Chiunque altro avrebbe pensato contrariamente visto la catastrofe che aveva generato, la morte della sua famiglia, la disfatta della sua dinastia e la guerra scatenata per una motivazione del tutto errata, ma a chi glielo poteva spiegare ormai?
C’era ancora qualche uomo che gli mostrava fedeltà, ma chi un tempo aveva visto in lui il balsamo alla corruzione del Re Folle, ora doveva ritrovare la sua nuova salvezza in Daenerys. Cosa poteva quindi dire a Jon? Che era un uomo fallito? Che era un valoroso cavaliere morto in battaglia? Scosse il capo sconsolato. Non si sentiva né eroe, né tanto meno onorevole. Arthur invece lo era sempre stato. Anche ora che era morto, la gente lo ricordava per la sua abilità con la spada, per il suo valore, per la sua precisione nei colpi, benché pure lui era stato sconfitto e ucciso in battaglia. Un pensiero sciocco gli venne in mente; cosa avrebbe detto ora Arthur al mio posto? Senza accorgersene si ritrovò a parlare, ripetendo quelle che un tempo erano state le sue parole.
-Era un uomo che valeva la pena di seguire, anche solo per andare a bere una brocca di birra in una locanda. Sentirlo parlare in difesa dei deboli e rispondere a tono agli oppressori era stimolante tanto quanto risvegliarsi con una donna nel letto. Non temeva il confronto coi lord consiglieri di suo padre, ma quando doveva trattare con le donne era a volte imbarazzante o sfuggente. Era uno giusto, voleva sempre vivere seguendo le regole, ma aveva anche molte idee innovative per migliorare la vita di tutti, purtroppo però in quel mondo non era possibile attuare simili cambiamenti. – rimase stordito per essersi espresso a voce alta, così cercò di rimediare – Voleva trasformare il sistema corrotto della capitale, in qualcosa di meno nocivo, ma non gli è stato possibile: aveva il suo stesso padre contro, i suoi consiglieri marciavano per far in modo che il re gli levasse il titolo di principe ereditario e lo passasse a… a me. E per una serie di strane coincidenze che lo hanno colto alla sprovvista, alla fine si è ritrovato ad infrangere praticamente tutte le sue sciocche convinzioni e le leggi che aveva sempre ritenuto di vitale importanza. – sperò che il discorso fosse chiuso, che Benjen trovasse un modo per cambiare argomento. Aveva commesso errori di valutazione che aveva poi pagato caro. Tutti loro avevano pagato caro quella sua mancanza. Era stato uno stupido, aveva troppi sbagli. Fin da ragazzino era stato consapevole di dover fare grandi cose. Si era convinto di questo, invece era stato un completo fallimento in tutto. Alzò lo sguardo e vide due grandi occhi grigio scuro fissarlo con aria innocente e incuriosita. Jon pareva capire la sua sofferenza interna. Avvertì un caldo sentimento confortante nel petto. Forse non tutto è stato un fallimento. Tu sicuramente sei la cosa più meravigliosa che tua madre mi abbia mai donato. Stava per fargli una carezza sulla guancia, ma poi ci ripensò e si portò quella mano che aveva alzato, sulla propria nuca, fingendo di spostare una ciocca che lo infastidiva.
-E voi? Credevate nelle sue idee? – di nuovo non seppe che rispondergli, ora nemmeno pensare con la testa di Arthur lo avrebbe aiutato, perché sì, Arthur credeva fermamente in lui e in tutto ciò che faceva. Era suo amico, la sua spalla. Suo fratello.
-Speravo che riuscisse a salvare anche di poco la situazione – ammise tetro – Ma mi sbagliavo. – corrucciò la fronte. Ne seguì un lungo silenzio. Solo lo strepitio del fuoco che faceva schioccare la legna giungeva alle loro orecchie scandendo il tempo che passava. Ogni altro chiacchiericcio all’interno di quel grande salone, pareva qualcosa di lontano e distante da loro.
-Temo di essere proprio uguale a lui allora. – Jon si concedette quell’affermazione con lo stesso tono pietoso che aveva usato anche lui. Viserys lo guardò basito.
-Perché dite questo? –
-Perché sto portando tutte queste persone alla morte. Andremo contro dei nemici che non sappiamo nemmeno come sconfiggere. Abbiamo blande informazioni, poche armi efficaci e uomini che sono abituati a combattere contro altri uomini, ma non contro demoni che utilizzano la magia. Fallirò, me lo sento… sto andando per tentativi… - aprì i palmi delle mani rassegnato e appoggiò il mento sulle ginocchia, chiudendosi come un riccio. Viserys osservò quel suo atteggiamento, tenero e sconsolato, e rifletté sull’ultima frase che aveva appena pronunciato. Ironicamente l’aveva usata anche lui, in un momento del tutto diverso e in compagnia proprio di Lyanna. Era la prima notte che avevano passato assieme, in quelle che erano state le sue stanze private a Harrenhal.
Abbassò il capo e sorrise prima di rivelargli quella che era stata la sua meravigliosa risposta.
-Un tempo anch’io affermai una frase molto simile, ed una persona importante sapete cosa mi rispose? – Jon lo osservò incuriosito, scuotendo appena il capo con le labbra leggermente aperte – Mi disse: “ti assicuro, stai andando benissimo”. – Jon increspò le labbra e fece un’espressione vaga, puntando gli occhi in un punto preciso all’altezza della sua spalla. Viserys in un primo momento non ci fece molto caso.
-Probabilmente voi non stavate nella mia stessa situazione. –
-Non è il contesto a dover essere uguale, bensì un concetto ben più importante. Anche quando credete di non farcela, provate sempre a guardare con un’altra prospettiva. Come venite visto agli occhi degli altri? Chi volete proteggere? Quale scopo hanno i vostri sforzi? Fintanto che avrete gente che crederà in voi, che vi sosterrà e vi incentiverà a mettercela tutta, non potrete mai fallire. Quando avrete dei tentennamenti, chiedete il loro parere. È normale vacillare di tanto in tanto, la vostra prospettiva si può discostare dalla retta via, ma vi basterà una sola parola, pronunciata dalla persona giusta, per capire che sbagliavate a perdere fiducia in voi stesso. Tutto comincerà a sembrarvi più facile, se smetterete di sentirvi solo. E qualcuno che vi sostiene e che vi incoraggia, ci sarà sempre. –
-Intendete mia madre? – chiese tornando a fissare quello stesso punto di prima. Questa volta Viserys decise di soddisfare la sua curiosità e abbassò il capo per controllare. Gli occhi di Jon erano fissi sulla spilla col drago tricefalo in argento sulla propria spalla.
-Intendo lei, intendo i tuoi cugini, intendo i tuoi amici, intendo tuo zio…– affermò alzando lo sguardo sul ranger che fingeva non curanza e si era messo entrambe le mani dietro la nuca, dondolando annoiato avanti e indietro. Si bloccò improvvisamente e li fissò inerme.
-Oh, non vorrei intromettermi, rovinando i vostri bei discorsi. – Viserys fece una smorfia con la bocca per rimproverarlo, mentre Jon non lo vedeva.
-Non rovini niente, sei mio zio. – rise Jon – E sei l’unico che non mi ha mentito su quella che è sempre stata la nostra parentela. – serrò le labbra in un sorriso tirato.
-Vero… E a tal proposito… - cercò di dire, ma Viserys si irrigidì e serrò le labbra pronto ad intervenire – Anche lui è tuo zio. – disse indicandolo – E a quanto mi sembra di capire è uno zio anche più saggio di me. – quando il capo di Jon si voltò interamente verso il Targaryen, Benjen fece una linguaccia nella sua direzione. Viserys decise di non rispondere a quella provocazione.
-Voi però siete più anziano, dovreste avere più esperienza di me. – rimarcò con ostinazione.
-Uhm… si può dire anche così, anche se da quel che ho capito avete perso parecchi anni nell’aldilà e questo vi ha svantaggiato. – si alzò improvvisamente – Entrambi a dire il vero avete avuto la medesima sorte, tornando poi alla vita… quanto a me, mi è stata impedito sia il privilegio di crepare che quello di vivere come prima. Quello che sono ora, è qualcosa di molto più simile a ciò che dobbiamo annientare. Jon, ti auguro una buona serata e ti lascio in buona compagnia, la mia ronda è cominciata. Principe Viserys abbiate cura di vostro… nipote. – enfatizzò quelle due ultime parole e li lasciò soli.
 
 
 
 
 
-Cosa dovrebbe diventare questa… cosa? – chiese turbata Dany, cercando di punzecchiare con un dito la pagnotta appena creata.
-Una torta soffice e saporita che preparava mia madre. – Lyanna le arrivò da dietro, sollevandole meglio le maniche e posando le mani su quelle della regina. Dany sussultò presa contropiede. No provò disagio, quello non più, solo le sembrava strano che la Stark avesse abbassato così presto le difese con lei. Avvertì le sue mani, erano fredde, molto fredde, ma anche più forti. Non certo come quelle di un uomo, ma la pressione che metteva nei movimenti era decisa e risoluta. Aveva dei calli sui polpastrelli e sul palmo, negli stessi punti dove anche Ser Jorah o suo fratello Rhaegar li avevano, chiaro segnale che imbracciava spade e tendeva le redini dei cavalli. Non indugiava e non sembrava neanche lontanamente interessata a mostrarsi servizievole nei suoi confronti. Le stava mostrando solamente come muovere le mani su quell’impasto, senza denigrarla o rimproverarla. Poco prima era successo un pasticcio, a Dany erano cadute delle scorze di guscio d’uovo proprio nell’impasto. Lyanna era intervenuta, senza dire una parola, raccogliendo i pezzettini con parsimonia.
-Credevo che con le uova ci sapeste fare. – le sorrise con ironia.
-Le uova di drago sono tutta un’altra faccenda. – spiegò – Vanno maneggiate con cura e con amore… -
-Se queste sono le premesse allora penso che potreste diventare una cuoca meravigliosa… – sembrò su punto di aggiungere dell’altro, ma improvvisamente si interruppe, tornando ad abbassare il capo, tanto che alcuni ciuffi di capelli le nascosero il volto. Quell’atteggiamento le ricordò in qualche modo Jon, quando si chiudeva a guscio per non lasciar trasparire altro della sua anima più profonda. In quegli ultimi tempi si stava allontanando sempre più da lei. A volte si domandava se davvero tra loro ci fosse stato qualcosa o se si fosse trattato solo di un sogno. C’erano istanti in cui le era più facile ricordare le notti con Aegon, piuttosto di quelle con Jon…
-Dubito fortemente di essere in grado di preparare qualcosa di commestibile. – le sfuggì sovrappensiero. Che stai dicendo, Dany? Sei una regina, e le regine non devono badare a simili faccende.
-Mia madre diceva sempre che gli ingredienti di un piatto sono come i cavalli: bisogna saperli domare. Voi domate i draghi, per cui penso che siate più che adatta. – la incoraggiò la Stark senza batter ciglio. In quel momento i suoi occhi tornarono a brillare come stelle nel cielo invernale. Quella donna sapeva mostrare una tenacia ed una sicurezza che riusciva ad incantare. Ora cominciava a capire cosa Rhaegar ci avesse visto, e si domandò per quale motivo avesse scelto al suo fianco una donna così difficile quando poteva avere qualsiasi altra molto più mansueta. Una vocina dentro di lei protestò. Ti poni domande a cui sai già le risposte. Daenerys ricordò come fosse ieri il desiderio e l’ardore che Daario le faceva provare, a confronto di Hizdaar e del tedio che le faceva provare. Per mio fratello non dev’essere stato diverso. Ora cominciò a comprendere per quale motivo tutte le serve che lei gli mandava nelle sue stanze restavano il tempo di una notte, alcune solo appena qualche ora. Le formiche non fanno altro che annoiare un drago. Provò enorme rimorso per aver aggravato la tenebra nel cuore di Rhaegar, senza mai comprendere di cosa davvero avesse bisogno.
-Probabilmente vi sarete chiesta per quale ragione abbia così insistito di impegnare il mio tempo e quello dei miei famigliari quest’oggi in un’attività tanto sciocca… - cominciò a dire, distogliendola dai suoi pensieri – E ammetto che con tutto ciò che stiamo vivendo questo sia utile quanto un perdigiorno con in mano la miglior spada di Valyria… Però volevo un momento da condividere con la mia famiglia, esattamente come avveniva nella mia infanzia. Mia madre mi ha insegnato che non c’è cosa più appagante di vedere qualcuno che si ama, mangiare un piatto cucinato con le proprie mani. Se si cucina con amore, questo si riflette nel sapore di quel piatto. – quest’idea le piacque molto, sebbene fosse lontana dalle sue abitudini, prese a considerare che avrebbe voluto però provare il compiacimento di cui lei tanto parlava.
-Avete mai cucinato per mio fratello? – domandò incuriosita Dany.
-A volte mi è capitato, perlopiù mi cimentavo in qualcosa di molto banale, come arrostire della selvaggina appena catturata, ma c’era chi era più bravo di me. – cominciò a raccontare la Stark fermando ciò che stava facendo, per tornare indietro con la mente a quei giorni lontani – Ma quando tentavo di sorprenderlo, con qualcosa di più ricercato, fallendo miseramente, Rhaegar non… -
-In verità non parlavo di lui. – la interruppe subito la regina dei draghi. Lyanna voltò lo sguardo su di lei aggrottando le sopracciglia e capendo chi era l’altro fratello a cui lei si era riferendo. Parlare di Rhaegar o di quel Viserys per lei non faceva alcuna differenza, per la ragazza lupo invece sembrava esserci una netta differenza e questo in un primo momento l’aveva enormemente messa a disagio. Non poteva credere che la donna per cui suo fratello aveva combattuto a discapito della propria vita, portando alla distruzione la loro casata era una donna che nemmeno riusciva a guardare oltre una maschera e riconoscere il principe che tanto aveva amato. Dany si era convinta, tramite deduzioni del tutto infondate, che quella donna avesse ammaliato suo fratello con subdole tecniche di seduzione, rendendolo cieco e debole, privandolo del suo orgoglio. Era riuscita ad addomesticare un drago. Dapprima l’aveva vista come un qualcosa di estremamente pericoloso, ma ora… non le sembrava più così. Lyanna Stark era follemente innamorata di Rhaegar, tanto da continuare ad amare il suo fantasma, tenendo lontano quel falso Viserys. Non vedeva in lui lo stesso uomo con cui aveva condiviso un letto. E questa era la prova inconfutabile per rispondere alla domanda che si era posta da qualche tempo: in quella nuova vita suo fratello era cambiato. Pareva come se avesse lasciato indietro una parte di sé stesso, come se un pezzo della sua anima non fosse tornato con lui. Daenerys non poteva averne certezza, ma Ser Barristan era stato il primo ad accorgersene e a farglielo notare. E proprio lì di fronte a lei c’era la testimonianza tangibile che i sospetti del suo Lord Comandante erano fondati. Se Lyanna, che ha amato mio fratello, non riesce a riconoscerlo in Viserys, allora è davvero cambiato. Questo pensiero la tormentava giorno e notte, e la faceva sentire sola. Ecco perché voleva a tutti i costi riuscire ad accorciare quella distanza che sentiva allontanarli sempre di più – Avete viaggiato con Viserys, avete condiviso pasti improvvisati per strada e so che avete anche dormito nelle sue stanze… Mi chiedevo se aveste mai cucinato qualcosa per lui? –
-No. – sentenziò rabbuiandosi – Tra di noi non… -
-Non voglio insinuare nulla. – alzò le mani facendole capire che non la stava criticando – È solo che… È il mio unico famigliare rimasto… Voi prima avete detto che cucinare per le persone che si ama fa sentire meglio… volevo cucinare qualcosa per lui. Tutto qui. –
Gli occhi della Stark presero ad esaminarla attentamente.
-Voi lo amate? – gli domandò assottigliando lo sguardo perplessa – Intendo che forse i sentimenti che provate per lui vanno al di là del semplice legame tra fratello e sorella. –
-Da quando è tornato in vita, ne sono… attratta fisicamente, questo non posso negarlo. Sono sua sorella e mi ritengo fortunata di appartenere ad un casato dove i matrimoni tra consanguinei non erano visti con dissenso… –
-Da quando è tornato in vita? – ripeté la donna del nord cercando di comprendere meglio le sue parole – Volete dire che prima non era così? –
-Beh, no. – ebbe un brivido nelle spalle – Non so dirvi la ragione, ma da quando ne ho memoria, sono sempre vissuta nella convinzione che un giorno sarei dovuta divenire sua sposa. Viserys era l’unico mio parente rimasto. I nostri genitori erano fratelli e lo erano pure i miei nonni… Siamo l’eredità della nostra stirpe, lui me lo ripeteva sempre siamo quel che resta del vero sangue di Valyria… - cercò di spiegare, ma era meglio per lei cambiare argomento prima che quel discorso prendesse una piega pericolosa – Ma poi mi ha venduta ad un Khal dothraky e da quel momento ho capito che per lui non era davvero necessaria la conservazione del nostro sangue puro. A lui interessava solo formare un esercito e riconquistare ciò che era nostro. Non ve lo nascondo; sono giaciuta con uomini per dovere coniugale, con altri per soddisfare la passione carnale. Alcuni li ho amati, altri li ho solo desiderati, altri… nemmeno quello. Ma gli Dèi, di qualunque culto facciano parte, mi hanno punita privandomi della facoltà di darmi degli eredi. Ho perso un figlio, dopodiché il mio grembo non è più stato fertile. Mi ero rassegnata all’idea di essere ormai l’ultima rimasta, ma raggiunta Dorne, mi è stata data la possibilità di far tornare qualcuno col quale condivido il mio sangue. –
-Vi è stata data la possibilità? – chiese interessata – Da chi? –
-La strega rossa, lady Melisandre. – spiegò la regina con calma – La stessa donna che ha fatto tornare in vita anche di vostro figlio. – gli occhi della Stark si ingrandirono perplessi, come se stesse cercando di comprendere un nesso tra la resurrezione di Jon e quella di Viserys. Ma ai suoi occhi non poteva esserci nulla che li legasse, al contrario della verità che Daenerys conosceva. Padre e figlio erano stati riportati indietro dalla stessa donna. Ora che ci rifletteva, quella faccenda cominciava a diventare davvero inquietante. Che piani aveva quella donna? Il suo dio cosa voleva da Rhaegar e da Jon?
-Tra tutti i possibili candidati, ho scelto lui. – enunciò – E ora che è tornato, involontariamente anche i miei pensieri sulla conservazione del nostro sangue hanno ripreso fastidiosamente a farsi vivi. – sostenne lo sguardo della Stark senza paura, provando ad intuire quale sarebbe stata la sua reazione.
-Se è questo ciò che davvero desiderate… - affermò distogliendo lo sguardo disinteressata. Quasi delusa e rammaricata. Dany credette di averci visto giusto.
-Qualcosa di ciò che ho appena detto vi rende inquieta, lady Stark? –
-Oh, no. Siete libera di fare quel che meglio credete giusto per voi e la vostra stirpe. Nessuno vi negherà la possibilità di unirvi in matrimonio se è l’amore che vi unisce… ma ricordate che il vostro popolo ha da poco vissuto gli esiti peggiori proprio a causa di un incesto. –
-Io non sono come Cersei. –
-No. A quel che vedo non lo siete. Mio figlio ha stima in voi e… beh, probabilmente sarò la persona meno indicata per dirvelo, ma per quanto so quanto sia indispensabile continuare una stirpe e la premura di dare al regno un erede, dovete agire con cautela. I bisogni del popolo devono essere messi in primo piano e una festa sfarzosa a corte non verrebbe ben vista dal popolino che ha patito la fame fino all’altro giorno. Siate meglio degli ultimi re che hanno governato. Da quel che mi è stato riferito Joffrey è stato ritenuto un re ben peggiore di vostro padre. Alcuni addirittura ritenevano il Re Folle migliore di Robert. –
-E Cersei s’è dimostrata una tiranna disinteressata al benessere del suo popolo che bramava unicamente il potere. – Dany sospirò – Secondo voi qual è il modo migliore per farmi conoscere dal popolo? –
-Questo. – la Stark la indicò con un dito. Dany la guardò con sospetto senza capire. Così la donna di fronte a lei si avvicinò mostrandole lentamente ciò che stava annunciando.
-Un ciuffo di capelli in disordine. Una manica dell’abito sporca. Una guancia imbrattata di farina e la punta del naso imbiancata. – Dany avvampò vergognandosi per lo stato in cui si ritrovava.
-Dovrei forse scusarmi per l’aspetto che ho in questo momento. – fece per lasciare la sua postazione, ma venne fermata dalla Stark che la prese per un polso.
-Assolutamente no, non dovete né scusarvi, né tanto meno vergognarvene. Mostrate al popolo chi siete davvero. Scendete tra di loro, imparate a conoscerli, capite le loro esigenze e cercate per quanto vi sia possibile di rendere la loro vita migliore. Ovviamente non potrete soddisfare tutti, ma se otterrete la maggior parte dei loro sorrisi, avrete già ottenuto molto più di quello che vostro padre abbia mai avuto. Più di quanto anche Robert abbia mai davvero avuto. – la vide rabbuiarsi, ma tentò di simulare quella sua tristezza con un sorriso che gli dovette costare molto.
-Perché non provate risentimento nei miei confronti? – le chiese all’improvviso. La sentì abbandonare le sue mani e si sentì una stupida per averle fatto quella domanda – Non mi sono mai mostrata dalla vostra parte, vi ho fronteggiato per più della metà del tempo e quando non l’ho fatto è perché vi evitavo. Ora però voi mi state incoraggiando… – Lyanna concentrò la sua attenzione su un piccolo dettaglio del legno – Invece dovreste odiarmi. Perché non è così? –
-Serbo rabbia solo per coloro che hanno ucciso i membri della mia famiglia. I Lannister, i Greyjoy, i Bolton… e i Baratheon, Robert soprattutto. Ma a quanto pare i miei Dèi hanno già dato loro la giusta punizione. – disse con espressione fiera.
-Nella vostra lista avete scordato di mettere i Targaryen. Ciò che mio padre ha fatto… – Dany non riuscì a proseguire, pentita di quanto le aveva detto nemmeno qualche ora prima.
Lyanna Stark la guardò con un triste, ma dolce sguardo.
-Ditemi, posso mai odiare il vostro casato, quando l’uomo che amavo ne faceva parte e mio figlio condivide metà del vostro stesso sangue? –
   
 
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