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Autore: Ghost Writer TNCS    19/09/2020    0 recensioni
Niflheim è sempre stato famoso per essere un pianeta tetro e ostile, ma questo non aveva fermato i coloni. Il loro spirito intraprendente e gli interessi economici di una grande multinazionale sembravano sufficienti per far fronte a qualsiasi avversità, ma si sbagliavano.
Il sogno si è infranto contro misteriose interferenze, e alla frustrazione ha fatto seguito la criminalità. Se per un amante degli esplosivi la situazione è particolarmente allettante, lo stesso non si può dire per le forze di polizia che cercano di ristabilire l’ordine, costrette a combattere un’organizzazione malavitosa più influente delle autorità ufficiali.
La sfida per la frontiera è iniziata e il più forte imporrà la sua giustizia.
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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16. La vera frontiera

Il centro di ricerca del Sindaco era sempre stato un luogo silenzioso, ma a tarda sera questa sua caratteristica era ancora più evidente. L’ottima insonorizzazione lo schermava anche dai rumori della foresta, quindi in quel momento si riusciva quasi a sentire il suono dei sofisticati macchinari in funzione.

«Albion, io sto andando» lo informò la dottoressa Mwanda.

Il metarpia lasciò per un attimo il suo schermo. «Ok. Io resto ancora un po’, c’è una cosa che vorrei finire.»

Lei lo studiò con lo sguardo. «Ormai è tutto pronto per domani, a cosa stai lavorando ancora?»

Lui abbassò lo schermo olografico. «Eeh… niente. È… una cosa… personale.»

«Mmh. Beh, non fare tardi almeno oggi: domani è il grande giorno. Finalmente potremo andare a vedere la vera frontiera di questo pianeta!»

«Sì, certo. Non vedo l’ora!» Fece per rimettersi al lavoro, ma si interruppe. «Secondo te cosa succederà agli altri tre? Ormai hanno portato a termine il loro compito.»

La dottoressa si appoggiò al bordo del tavolo. «Non ne sono sicura. Forse avremo ancora bisogno di loro. In ogni caso, se ho capito il vero piano del Sindaco, allora credo che non li ucciderà in ogni caso.»

«Mmh. Beh, non che mi importi molto in realtà.»

La sauriana rimase in silenzio. A volte si chiedeva cosa frullasse per la mente del suo collega.

«Ehi, perché ti interessa tanto la ricerca sulle armi? Non mi sembri il tipo amante della violenza.»

«Infatti non mi piace. Io detesto la violenza. Le armi… Le armi non sono violente. Certo, esistono armi pensate per far soffrire, ma non le mie. Le mie armi sono pensate per uccidere, stordire a volte, ma sempre causando la minima sofferenza al bersaglio. È questa l’efficienza che ricerco. Questa è la frontiera che voglio esplorare. Che voglio conquistare

La sauriana riconobbe una scintilla negli occhi di Albion, simile a quella che aveva visto in molti altri brillanti ricercatori. Ma c’era qualcosa di diverso in quella del metarpia: qualcosa di distorto, sbagliato.

Si alzò. «Come ho detto, non fare troppo tardi. Ci vediamo domani.»

«Certo, a domani.»

La dottoressa Mwanda attraversò la prima delle due porte a tenuta stagna e solo in quel momento Albion si convinse a riaccendere il suo schermo olografico. La luce soffusa mise in risalto le sue occhiaie, ma non poteva andare a dormire: doveva migliorare il suo progetto, renderlo più efficiente, più affidabile.

Non c’era limite ai progressi che poteva realizzare, e per questo non aveva nessuna intenzione di fermarsi.

Era da poco passata l’alba solare di Niflheim quando la dottoressa Mwanda e il suo agente di scorta raggiunsero il laboratorio. I deboli raggi solari faticavano a scaldare la superficie del pianeta e la foresta risultava ancora immersa nella consueta nebbia. Se non altro la luce li avrebbe aiutati a individuare possibili minacce durante la loro imminente missione.

La sauriana superò la camera stagna che isolava il laboratorio e finalmente poté godere di un minimo di tepore. La sua specie proveniva da un pianeta mediamente caldo e umido, quindi soffriva più di altre il freddo pungente di Niflheim. Se non fosse stato per la sua ricerca, difficilmente avrebbe accettato di trasferirsi lì.

Nel laboratorio c’era già Albion, ma questo non la stupì. «Fammi indovinare, hai dormito qui anche stavolta.»

Lui fece spallucce. «Ho solo guadagnato un po’ di sonno evitando di fare avanti e indietro.»

La dottoressa aprì una tasca dimensionale dal suo bracciale e gli porse un thermos. «Tieni. Non vorrei che ti addormentassi lungo la strada.»

«Tu sì che sei un bravo capo!» la ringraziò Albion.

Lei scosse il capo. «Ti vizio troppo invece. Devo smettere di portarti la colazione.» E poi, con un filo di voce, aggiunse: «Se non fossi così bravo, mi sarei già trovata un altro assistente.»

Lui finì di mandare giù un sorso della bevanda calda. «Mmh?»

«Dicevo di aiutarmi a fare un rapido checkup delle cose da portare.»

Lui annuì, serio. «Va bene.»

Nel giro di una decina di minuti uno degli uomini della sorveglianza li avvisò dell’arrivo della loro scorta.

La dottoressa Mwanda indossò il suo casco e uscì all’esterno per accogliere i loro aiutanti. «Ciao Priscilla, è bello lavorare di nuovo con voi.»

Il capo del Branco la abbracciò calorosamente. «Ciao Vongai, anche per noi è un piacere darvi una mano.»

«Ragazzi, vi presento Albion Hellmatyar» affermò la sauriana. «Mi ha dato una grossa mano per capire come contrastare le interferenze.» Rimase un attimo interdetta nel vedere l’armatura indossata dal metarpia. Sembrava nuova: che fosse quello il progetto a cui stava lavorando?

«Albion, loro sono Priscilla,» proseguì indicando l’anfibiana, «Ulin’dir,» il paffuto demone sensitivo, «Yalina,» la mezzelfa che controllava gli insetti, «Thiago,» il faunomorfo di tipo gibbone, «Warren,» il sauriano gigantista, «e Jérémy» concluse riferendosi al cecchino, il più basso del gruppo.

«Bene, li ho già dimenticati tutti» dichiarò il metarpia senza particolari remore. «Se ci fossero problemi, vi chiamerò con le vostre armature: idratante,» disse accennando a Priscilla, «pesante,» quella di Ulin’dir, «a distanza,» quella di Yalina, «bilanciata,» quella di Thiago, «ingrandibile,» quella di Warren, «e mimetica» quella di Jérémy. Dopo un momento proseguì, quasi rivolto a sé stesso: «In realtà se incontriamo qualcosa che non posso gestire con la mia armatura, probabilmente saremo comunque tutti spacciati.»

Nonostante l’osservazione del metarpia, il capo del Branco non si perse d’animo: «Con la scusa della caccia abbiamo studiato la flora e la fauna locale: possiamo gestirla. Warren, tu occupati di proteggere Vongai.» Prima di proseguire vide il faunomorfo di tipo gibbone con la mano leggermente alzata e capì: «Thiago, tu puoi stare con Capitan Ottimismo. Tutti gli altri tengano gli occhi aperti sulla foresta.»

I suoi compagni confermarono l’ordine.

«Ottimo. Vongai, facci strada.» Priscilla passò alla linea privata del Branco. «E comincia anche l’Operazione Cupido!»

Gli altri cacciatori si concessero dei risolini. Tutti tranne il sauriano, che con passo un po’ rigido si affiancò alla dottoressa Mwanda in testa al gruppo.

Con loro c’era anche un mulo robotico, il cui compito era di portare vari tipi di attrezzatura: non sapevano a cosa sarebbero andati incontro, quindi dovevano essere pronti a tutto se non volevano rischiare di rimanere a mani vuote. Gli uomini della sorveglianza rimasero invece a controllare il laboratorio.

«Bell’armatura, che modello è?» domandò il faunomorfo gibbone mentre camminavano.

«Ah, l’ho fatta io!» rispose Albion, fiero. «Mi sono ispirato soprattutto alla Vanguard 2 della ForgeTech e alla serie Spartan delle Industrie E.T.N.A. Mi sarebbe piaciuto aggiungere un sistema di volo, ma non sono riuscito a renderlo abbastanza compatto e affidabile. Beh, non ancora.»

«Dunque è a questo che lavoravi la notte invece di dormire» commentò Vongai, che aveva sentito tutto grazie al comunicatore integrato.

«Avevo troppo da fare per dormire. Mi riposerò quando sarò morto.»

Il gruppo camminò per diverse ore e il terreno sotto i loro piedi si fece via via più aspro. Fino a quel momento erano riusciti a procedere senza incontrare pericoli, ma arrivare a destinazione senza incappare in qualche ostacolo sarebbe stato davvero chiedere troppo.

«Qualcosa si avvicina» segnalò Ulin’dir. Le sue percezioni erano distorte dall’interferenza, ma riusciva comunque a rendersi utile.

«È un branco di suskera» confermò Yalina grazie ai suoi insetti sparsi per la foresta. «A ore cinque, sono diretti verso di noi.»

Voltandosi anche gli altri riuscirono a intravedere delle sagome tra le piante basse. Erano cinque esemplari.

«Ci sono anche dei cuccioli» riferì la mezzelfa.

«Facciamoci da parte» ordinò Priscilla. «È inutile affrontarli.»

Si spostarono di lato per togliersi dal passaggio degli animali, ma i suskera si accorsero di loro e subito si misero in allerta. Tre di loro decisero addirittura di avvicinarsi per controllarli meglio.

«Ho montato dei generatori di onde d’urto sui palmi, posso allontanarli» affermò Albion, impaziente di mettere alla prova una delle sue armi.

«No, resta dove sei» gli ordinò l’anfibiana.

I suskera si avvicinarono ancora, fiutandoli intensamente.

«Lo imposto sulle onde sonore, non gli farò male» specificò il metarpia.

Senza aggiungere altro puntò le mani contro gli animali e fece fuoco. Thiago si affrettò ad abbassargli le braccia, ma l’attacco acustico aveva già raggiunto i suskera. Gli animali urlarono di paura e batterono le zampe per terra, pronti a caricare.

«Fuoco!»

I cacciatori spararono all’unisono, abbattendo in un attimo i tre suskera. Ma i veri problemi erano appena cominciati.

«Ti avevo detto di stare fermo!» imprecò Priscilla puntando il dito contro Albion.

«Non sono uno dei tuoi uomini, non sono tenuto a seguire i tuoi ordini.»

«Ehi, guarda che siamo qui per proteggervi!» gli fece notare Thiago.

«Se non mi avessi fermato, le onde sonore li avrebbero fatti scappare e avremmo risolto» ribatté il metarpia. «Hai solo peggiorato le cose.»

«Qui qualcuno ha bisogno di un ripasso di buone maniere» notò Yalina, pronta a dargli una lezione con le sue abilità magiche.

Vongai capì che doveva intervenire, ma prima di parlare escluse Albion dal suo canale: «Vi prego, abbiate pazienza. A volte è un po’ strano, ma non l’ha fatto con cattiveria. Lasciate che ci parli io.» Riaprì il canale con il suo sottoposto. «Albion, non sappiamo cos’altro si nasconde qui in giro, quindi dobbiamo cercare di passare inosservati.» Il suo tono era calmo ma risoluto. «Priscilla e il Branco sanno quello che fanno, quindi dai loro ascolto. Se ci sarà da combattere, te lo faranno sapere. Chiaro?»

Questa volta il metarpia non trovò nulla di irragionevole nella sua richiesta. «Chiaro» confermò, come se non fosse successo nulla.

«Qualcuno mi dia il cambio, io controllo i dintorni» sbottò Thiago, che invece non intendeva ignorare le parole dello scienziato.

«Ci penso io a tenerlo d’occhio» annuì Priscilla. «Avanti, rimettiamoci in marcia.»

Dopo lo spiacevole incidente, il clima nel gruppo si era un po’ incrinato, ma l’unico a non capirne il motivo sembrava proprio Albion. In ogni caso la missione andò avanti senza ulteriori problemi e, dopo quasi due ore di camminata, finalmente arrivarono a destinazione.

«Ci siamo» affermò Vongai, stanca ma soddisfatta. «Questo è senza dubbio il centro dell’interferenza.»

Albion e i cacciatori osservarono attentamente la massa di terra e vegetazione che si innalzava di fronte a loro, il cui aspetto sembrava del tutto anonimo.

«Ok, facciamo una pausa e poi ci mettiamo a scavare» stabilì Priscilla. «Thiago, Warren, ci pensate voi ad avvisare gli altri e prendere la geopompa?»

I due annuirono e tornarono sui loro passi. La vicinanza con l’epicentro dell’interferenza aveva messo fuori uso il mulo robotico e aveva causato problemi a Ulin’dir e Jérémy. Il primo, molto sensibile alla magia, aveva accusato un leggero mal di testa, in più con l’interferenza sempre più intensa aveva difficoltà a “vedere” ciò che lo circondava. Il secondo invece, essendo un cyborg, doveva stare attento a preservare le funzionalità dei suoi numerosi innesti.

Una volta tornati, il sauriano attivò la geopompa e finalmente iniziarono a scavare.

Mentre gli altri cacciatori tenevano sotto controllo la zona, i due scienziati fissavano la vecchia geopompa analogica con particolare impazienza. Conoscendo la portata del macchinario e la profondità che dovevano raggiungere sarebbe stato facile per loro stimare il tempo necessario, questo però non leniva la loro smania di conoscenza.

Dopo un tempo che parve interminabile, un improvviso rumore metallico fece drizzare le orecchie a tutti i presenti.

«Direi che abbiamo trovato qualcosa» affermò Warren spostando la geopompa.

Con grande galanteria aiutò la dottoressa Mwanda ad avvicinarsi, ma per sua sfortuna la scienziata sembrava più interessata all’usurata superficie metallica che a lui.

«Sembra un pannello, ed è pure molto spesso» disse accarezzando la superficie verticale. «Ottimo!»

«A cosa stai pensando?» le chiese Priscilla.

«Che qualcuno ce l’ha messo, e se l’ha fatto vuol dire che c’è qualcosa dall’altra parte che vale la pena proteggere.» Sorrise, sempre più impaziente. «E non vedo l’ora di scoprire cos’è!»


Note dell’autore

Ciao a tutti!

Questo è stato senza dubbio un capitolo ricco di spunti! Abbiamo conosciuto i vari membri del Branco, abbiamo scoperto qualcosa in più sulla personalità dei due scienziati e, per concludere in bellezza, è emerso un importante indizio sulla “vera frontiera” di Niflheim.

La ricerca di Vongai ha fatto grandi progressi e le cose non possono che farsi ancora più interessanti… sempre ammesso che Albion non combini qualche altro casino nel frattempo XD

Il prossimo capitolo sarà di nuovo dedicato a D’Jagger, Freyja e alla fuga della polizia, non mancate!

A presto ^.^


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