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Autore: Batckas    19/09/2020    0 recensioni
La stella sul petto di Steve Rogers diventa un'ipocrisia di cui il cui capitano non vuole più fare parte.
Genere: Azione, Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Luke era terrorizzato, stringeva la pistola con entrambe le mani, tremava, ascoltava alla radio le urla incoerenti dei suoi compagni d’armi che riferivano la posizione dell’intruso, ma sembrava essere un fantasma, si muoveva a velocità sovraumane e non lasciava scampo.
D’un tratto la radio ammutolì.
Luke poteva sentire il vento che urtava contro la porta di legno della sua cabina, il buio era impenetrabile, le tacche del mirino vacillavano, inghiottì un boccone amaro di orrore. Udì il rumore di uno stivale che calpestava il fango all’esterno.
Una mano possente gli impedì di urlare.
“Mi dispiace.”, disse l’uomo che con un movimento netto spezzò l’osso del collo di Luke.
La radio gracchiò.
“A tutte le unità, ripeto, a tutte le unità: il capitano Steve Rogers ha tradito, ripeto, il capitano Steve Rogers, anche conosciuto come Capitan America, è un traditore. Fermatelo ad ogni costo, sparate per uccidere.”, era la voce del generale Jayson Silva, forze armate americane.
Prese la radio e attivò la comunicazione.
“Parla il capitano Steve Rogers: non vi conviene darmi la caccia. Passo e chiudo.”
Si allontanò dalla cabina, attraversò il campo militare che aveva distrutto lasciandosi alle spalle venti cadaveri di soldati e la stella, strappata, che aveva sempre portato sul petto.
Era macchiata di fango e sangue.
La calpestò.

Capitan America è un nome che non mi appartiene più. Non intendo rappresentare più gli Stati Uniti agli occhi del mondo. Solo uno sciocco illuso non si renderebbe conto di quanto le stelle e le strisce per il mondo intero rappresentino soltanto sofferenza e paura. Non combatterò il mio stesso governo, ma non lotterò nemmeno più per lui.

Pioveva a dirotto.
“Signor Stark, ha un ospite: il capitano Steve Rogers.”, disse Jarvis.
Tony aprì la porta.
“Steve?”, chiamò vedendo che il capitano restava a debita distanza sotto la pioggia. Era in tenuta da combattimento, aveva lo scudo al polso.
Un lampo rivelò il sangue che ricopriva le stelle.
Tony cominciò a preoccuparsi.
“Cap, va tutto bene?”
“Sì, Tony.”, si tolse lo scudo e lo conficcò nel suolo provocando un terremoto.
“Che cosa fai?”
“Lo scudo mi fu conferito per combattere una guerra che, giuro, pensavo avessimo vinto noi. Non posso più portarlo con me, la strada che ho deciso di intraprendere non è quella che tuo padre voleva per me.”
Tony uscì sotto la pioggia.
“Steve! Cosa… cosa è successo, dove stai andando?”
“Via.”
“Capitan America non può andare «via»! Non puoi abbandonare i Vendicatori, non puoi lasciare gli Stati Uniti come se niente fosse, cosa pensi di fare?”
“Solo la cosa giusta.”
“Possiamo farla insieme. Dammi cinque minuti, convochiamo una riunione di emergenza dei Vendicatori e risolviamo la questione, che ne dici?”
“No.”
Steve voltò le spalle a Tony che si avvicinava.
“Cap?”
“Dì agli altri che mi dispiace. Io ho la mia missione e non posso condividerla con voi, non questa volta.”
Tony fu a due passi dal capitano, nascondeva la mano sinistra dietro la schiena, al polso aveva un congegno che sarebbe stato in grado di fermare un elefante. Sapeva di non poter rivaleggiare il capitano nel corpo a corpo e sperava di poterlo cogliere di sorpresa, ma lo Steve che aveva davanti non era il Vendicatore con cui aveva combattuto, gli occhi azzurri nascondevano qualcosa di diverso: il vuoto.
“Non voglio spezzarti il braccio.”, disse Steve.
Tony rivelò il congegno che stava nascondendo.
“Dovevo provarci.”
“Lo so. Ci vediamo, Tony.”
Iron Man vide Capitan America che lasciava il suo prato, la figura si disperse nella tempesta della notte. Guardò lo scudo nel terreno.
“Che cosa stai combinando, Cap?”, domandò tra sé.
Rientrò.

Avrebbero potuto usarmi. Avrebbero potuto spedirmi su tutti i campi di battaglia che negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno aperto in tutto il mondo arrogandosi il titolo di sceriffi per la pace mondiale. Ma con quale autorità intendono imporre il loro volere ad altri stati sovrani? Se forse avessi combattuto le guerre dell’America questa decisione sarebbe giunta molto prima. Gli individui dicono di vedere in me un simbolo. Alcuni hanno detto che rappresento la speranza di questa nazione, ma sono solo parole. Non li biasimo. È difficile far combaciare la volontà con l’azione. I pochi che intendono cercare la verità e di cambiare saranno isolati; chi si creerà una realtà su misura, invece, sarà eletto presidente.

Sull’Elivelivolo c’era un gran fermento. Lo Shield, ufficialmente, non rispondeva all’autorità di nessun governo per quanto fosse stato fondato negli USA. Steve andò alla sala di controllo dove Nick Fury e Maria Hill erano in attesa.
“Mi spieghi che cazzo succede?”, domandò, furioso, Fury al capitano.
“Me ne andrò tra cinque minuti.”
“Il generale Silva ha autorizzato la tua uccisione, in cosa sei coinvolto?”, chiese Maria.
Le attenzioni di tutti erano concentrate sul capitano.
“Ho ucciso dei soldati americani responsabili del genocidio del generale Kamogelo in Africa.”
“Sei impazzito? Soldati americani coinvolti con Kamogelo, un ricercato internazionale? Anche noi dello Shield gli abbiamo dato la caccia.”, protestò Fury.
“Senza successo.”, commentò Steve, al che Nick si avvicinò con tono minaccioso.
“Mi stai accusando di qualcosa?”
“Negativo. Dico solo che è impossibile fare il nostro lavoro se le sfere alte del governo non vogliono che abbiamo successo.”
“Dov’è la stella?”, Maria era sgomenta.
“Non sono più Capitan America.”, Steve la guardò negli occhi.
Qualcuno nella sala controllò soffocò le lacrime.
“Per cortesia, non intralciatemi.”, furono le ultime parole del capitano prima di voltare le spalle ai presenti.
Andò all’hangar e prese in prestito uno dei velivoli dello Shield, lo mise in moto e si allontanò rapidamente. Nick Fury ignorò le chiamate del governo, Maria Hill diede ordine, per il momento, di non fermare il capitano Rogers.
I due erano nella sala controllo, il jet del capitano passò davanti a loro prima di buttarsi in picchiata.
“Cosa sta succedendo?”, Maria parlava più a se stessa che ad altri.
“Preparate un mandato per i Vendicatori. Se sarà necessario fermeremo Capitan America. Per ora restiamo a guardare. E qualcuno dica al Pentagono di smetterla di chiamarmi!”
“Rintracciate la Romanoff, il capitano chiederà sicuramente aiuto a lei.”, diede ordine Maria.

Lizelle Bakkes tornò nel suo appartamento dopo aver fatto la spesa. Inserì la chiave, fece scattare la serratura, entrò, richiuse a chiave e digitò il codice di sicurezza sul dispositivo antiintrusione.
“Signorina Bakkes?”, una voce alle sue spalle.
La donna fece cadere la spesa e si voltò impugnando una pistola.
“Chi sei?”
“Sono Steve Rogers.”
“Capitan America?”
“Non più.”
“Tu… hai ricevuto i miei file.”
“Sì.”
“Sia ringraziato il Cielo!”, Lizelle abbassò l’arma, si mise una mano sul petto e respirò rumorosamente.
Steve la aiutò a rimettere la spesa in ordine.
“Non volevo spaventarla.”
“Non si preoccupi. Ho paura per la mia vita, mi capisce?”
Steve annuì.
“Sono andato nel campo di addestramento che mi avete indicato, ma non ho trovato informazioni utili.”
“E cosa ne avete fatto di quel posto?”
“L’ho distrutto. Non potevo permettere che venissero addestrate altre squadre della morte.”
“Mi dispiace, capitano, io non avrei mai voluto coinvolgerla da solo in tutto questo. Volevo contattare direttamente i Vendicatori, ma non mi è stato permesso. Sono riuscita ad accedere ai server pubblici dello Shield, ma solo alla sua casella di posta elettronica e mi sono permessa di lasciare quel messaggio. Anche perché…”
“È vuota.”
“Sì. Mi dispiace.”
“Non è colpa di nessuno. I miei amici non avevano email.”, Steve sorrise cordiale, Lizelle si sistemò i capelli neri dietro l’orecchio.
I due si spostarono in soggiorno, Steve notò che Lizelle evitava in qualsiasi modo di stare davanti alle finestre.
Saggia.
“Tu sei sopravvissuta al generale Kamogelo?”
Lizelle annuì. La sua espressione mutò. I ricordi traumatici la divoravano.
“Come hai saputo del coinvolgimento degli USA?”
Una lacrima bagnò la guancia di Lizelle.
“Sono arrivati nel nostro villaggio di notte sperando di prenderci alla sprovvista. Erano mesi che sapevamo che quel momento stava arrivando, però, quindi ci siamo messi in contatto con dei trafficanti di armi e abbiamo comprato qualche fucile. Il mio villaggio era povero, non avevamo soldi e i trafficanti non avrebbero mai accettato i prodotti della terra. Mia madre… le madri di tutto il villaggio si sono… hanno pagato per tutti noi. Eravamo armati… ma comunque non è stato sufficiente. I soldati di Kamogelo sono arrivati, c’è stata una sparatoria per forse quindici minuti, ma alla fine noi abbiamo finito le munizioni, loro no. Casa dopo casa hanno trucidato tutti. In casa mia sono entrati tre uomini, hanno ucciso mia madre e le mie due sorelle, poi hanno preso me. Uno di quelli mi ha trascinato per una gamba e mi ha portata in camera da letto, mi ha stuprata e non potrò mai dimenticare…”
Lizelle cominciò a tremare, Steve si avvicinò a lei, si mise in ginocchio e le prese la mano.
“Scusa.”
“Va tutto bene.”
“Mentre… mi stuprava ho visto la sua medaglietta, caporale Tom Hill.”
Lizelle si alzò e andò in bagno a vomitare.
Steve non aveva ucciso nessuno di nome Tom Hill nel campo d’addestramento.
La donna tornò nella stanza, il racconto le aveva prosciugato le energie.
“Possiamo fermarci.”, disse Steve.
“No. Comunque.”, Lizelle si sedette di nuovo, Steve era in piedi al centro della stanza. “Li ho sentiti parlare alla radio dopo, hanno detto quelle coordinate che poi ho mandato a te. Sono fuggita dopo… dopo che quello ha finito… e non mi sono voltata indietro. Ho corso tutta la notte finché non sono arrivata ad un campo profughi poco lontano. Lì ho incontrato una delegazione di aiuti umanitari europea, loro mi hanno salvato e guarito, ma non avrebbero mai potuto portarmi in America, quindi io… Dio… io li ho derubati e sono fuggita.”
“Ricordi il nome di uno di loro?”
“Sì, una donna italiana, Stella Vivolo mi sembra, era il capo.”
“Grazie.”
“Il tuo governo non ci aiuterà?”
“Non è più il mio governo. E no, temo che dovremo cavarcela da soli. Fermerò Kamogelo.”
Gli occhi del capitano trasmettevano sicurezza, Lizelle si sentì rasserenata solo da quella promessa.
“I Vendicatori ti aiuteranno?”
Steve sorrise, ma non rispose.
“Assicurati di togliere la sicura dalla scala di sicurezza, altrimenti qualcuno potrebbe salire dalla finestra.”
“Tu come sei entrato?”
“Mi sono arrampicato.”, Steve allargò le braccia e sorrise.
“Capitano? Ucciderai Kamogelo?”
Non rispose.
“Ci vediamo, Lizelle.”

“Usare una casa sicura dello Shield non è proprio una buona mossa.”, Natasha schernì Steve.
“Ma era occupata!”
“Sì ho visto i due agenti dello Shield che hai steso in salotto.”
“Si sveglieranno domani.”
“Che sta succedendo, Steve?”
Il capitano stava cercando delle informazioni su uno dei computer.
“Non voglio coinvolgerti, già il governo non ti vede di buon occhio, non voglio diventi un bersaglio.”
“Davvero? Pensi che sia così facilmente acciuffabile?”
“No.”
Steve aveva trovato l’informazione di cui aveva bisogno, si alzò e si diresse alla porta, ma fu bloccato da Natasha. Erano a pochi passi.
“Proverai a fermarmi?”
“Domani dovrò infiltrarmi in un contest di bellezza, non voglio avere un occhio nero.”
“A chi stai dando la caccia?”
“Oh capitano, non posso dirti chi c’è nel mio cuore se tu prima non mi dici chi c’è nel tuo.”
“Tom Hill, caporale dell’esercito americano.”
“Corneel Onijs, trafficante di esseri umani. Cosa ha fatto il soldatino?”
“Kamogelo.”
“Allora capitano mi sa che possiamo organizzare un pigiama party, Corneel Onijs è stato visto con Kamogelo in più occasioni, prima o poi la tua indagine avrebbe portato al mio bersaglio e siccome ho bisogno di prenderlo in custodia vivo…”
“Mi tocca vederti in costume domani.”
“Ahinoi.”
“Dovrò interrogarlo prima dello Shield.”
“Sei libero di farlo.”

Natasha non ha mai creduto in nessun governo, ha votato la sua causa allo Shield e ai Vendicatori, ma non ha mai messo la testa sotto la sabbia perché sa che di chi detiene il potere non è sempre possibile fidarsi. «Chi controlla i controllori». Non ha mai smesso di lottare per i più deboli, elimina la feccia della società non importa dove si annidi. La ammiro. È un’alleata su cui ho sempre potuto contare.

“Ti stai godendo lo spettacolo, Steve?”, domandò Natasha mentre sfilava sulla passerella.
“I miei occhi sono solo per Corneel.”
“Quindi ti piacciono unti, obesi e con un gusto prediletto per le bambine, capito.”
“Perché non lo abbiamo sistemato prima?”
“Cap, purtroppo noi Vendicatori dobbiamo occuparci di chi minaccia di distruggere l’intero pianeta, l’universo o le trame stesse dell’esistenza. I Vendicatori non lottano per delle bambine rapite da casa.”
“È orribile.”
“Almeno possiamo salvarle ora.”
“Come procediamo?”, Steve cambiò argomento.
“Pensi che io possa vincere?”
“Non lo so, la numero ventidue è una buona rivale.”
“Ah ok.”
“Natasha, Corneel è in movimento… Natasha? Natasha ti vedo, rispondi. Corneel sta andando indietro le quinte, mi muovo… Natasha?”
Corneel era scomparso dalla vista. Natasha lo inseguì senza comunicare con Steve.
Il capitano scese dall’impalcatura su cui era salito e in pochi minuti fu a livello della strada e inseguì Corneel.
Due guardie del corpo cercarono di fermare Steve, ma non riuscirono; uno di quelli precipitò nella piscina dell’hotel di lusso provocando una reazione di panico nella folla e nelle modelle. Steve raggiunse il backstage e seguì i rumori di lotta, superò vari corpi privi di sensi e, alla fine, trovò Natasha che stava sottomettendo Corneel con una presa al collo.
“La ventidue sarebbe capace di fare tutto questo?”, domandò Natasha con espressione greve sul volto.
“Non lo so, dovremmo chiederglielo.”
“Sì, ma vado io, a te tocca il bisonte.”
“Chi cazzo siete!?”
Steve lo colpì al collo per impedirgli di respirare per qualche istante.
Natasha non aveva mai visto il capitano in quello stato. Si mise di guardia per assicurarsi che nessuno li interrompesse.
“Cazzo!”, Corneel respirava di nuovo.
“I tuoi affari con Kamogelo. Hai tre secondi.”
“Ma che cazzo vuoi! Oh merda… aspetta… tu sei Steve Rogers. Voi siete i fottuti Vendicatori! Merda!”
Steve lo colpì al braccio con tale violenza da spezzargli l’osso. La bocca del bisonte si aprì per urlare a squarciagola, ma il capitano lo privò dell’asciugamano che gli copriva i genitali e gliela ficcò in bocca per soffocare il rumore.
Natasha osservava in silenzio.
“Kamogelo.”, ripetette Steve.
“Cristo. Va bene! Va bene! Gli procuro delle bambine per le sue feste private.”
“Cosa sono?”
“Organizza questi grandi ricevimenti, va bene? Dove si incontra con un sacco di uomini potenti che vengono da tutto il mondo, cazzo! E io mi assicuro che abbia abbastanza fiche, culi o cazzi per fare tutti felici.”
“Dove si tengono questi ricevimenti?”
“New York.”
Natasha e Steve si guardarono, nessuno dei due se lo aspettava.
“Un ricercato internazionale riesce tranquillamente ad entrare ed uscire dagli Stati Uniti?”, rifletteva Natasha.
“Voi pensate che Kamogelo sia il classico signore della guerra impazzito… no, lui ha un piano ben preciso, un piano finanziato da più governi.”
Steve fece pressione sul braccio rotto facendo uscire l’osso lacerando la pelle.
“Dove si tengono questi incontri?”
“Boyle Tower! C’è un incontro tra tre giorni!”
Steve lo lasciò andare.
“Ora cosa fai?”, gli chiese Natasha.
“Andrò lì.”
“E cosa farai?”
“Il necessario.”
“Steve! Intendi ucciderli tutti?”
“Non saranno mai condannati, l’ho visto succedere fin troppe volte. Non potremo annientare la loro presa maligna, il loro potere è smisurato, purtroppo sono gli stessi che stabiliscono le leggi, che decidono come si devono muovere gli eserciti. Non possono essere fermati. Devono morire.”
Natasha abbassò lo sguardo. Sapeva che le parole del capitano erano veritiere e leggeva nei suoi occhi lo sconforto che la consapevolezza di quella verità gli provocava.
“Non puoi andare da solo.”
“Non sarò solo.”

L’ho sempre disprezzato. Ho sempre pensato che il suo modo di fare fosse sbagliato, ma in realtà ero accecato dalla mia ideologia. Non riuscivo a scorgere quella verità che gli era stata sbattuta in faccia quando gli fu uccisa la famiglia. Come mi sono permesso di giudicarlo? Ora che cammino il suo stesso percorso e comprendo il dolore che gli attanaglia il petto capisco davvero chi è. Che Dio mi perdoni.

“Mi tenete sotto controllo?”
“No. Ti ho trovato personalmente.”
“Devi essere davvero nella merda se ti rivolgi a me. Che fine ha fatto la stella sul petto?”
“Ho bisogno del tuo aiuto.”
“Sicuro? Non ricordavo fossi un mio fan.”
“Boyle Tower, domani.”, Steve gli porse una pen drive.
“Fare squadra con Capitan America? Mi sembra davvero una sciocchezza.”
“Non sono più Capitan America.”
“Ehi! Dove vai?”
“Ho bisogno di un’arma.”
“Davvero incredibile.”
Frank Castle sogghignò.

Fece irruzione nel museo quando era ancora notte, andò nell’ala dedicata a lui e ai suoi commando. La vide nella teca, insieme alla sua vecchia tenuta da combattimento. La sua arma di fiducia. Distrusse la teca con un pugno, l’allarme risuonò in tutta la struttura. Steve espirò e fuggì.
Si nascose in un appartamento abbandonato dopo aver rubato tutto il necessario per ripulire la sua arma, aveva lasciato un numero da telefonare al negoziante, quello di Tony Stark, raassicurando che si sarebbe occupato lui di saldare il debito. Maneggiare quella pistola lo riportava a tempi diversi. Forse la guerra non lo aveva mai abbandonato, proprio come Frank Castle, entrambi non erano mai tornati dal campo di battaglia, lo avevano portato con sé. Steve pulì la pistola, fece scorrere il carrello più volte, era una sensazione sepolta, ma mai dimenticata. La cosa che più temeva era che potesse trarre qualche piacere dal varcare nuovamente le soglie del Tempio di Marte.
“Verrai solo con quella?”, Frank indicò la pistola.
“Ho sperato che tu potessi darmi qualcosa di meglio.”
“Prendi.”
Frank gli lanciò un fucile d’assalto.
“Capitan America sa come si usano?”
“Purtroppo. E chiamami Nomad.”
Frank ridacchiò mentre inseriva i proiettili in un caricatore.
“Come mai hai deciso che questi tizi non meritano di vivere? I Vendicatori potrebbero fare breccia nell’edificio e fermare tutti.”
“Neanche i Vendicatori possono fermare la corruzione di un governo e dei suoi cittadini.”
Frank si ritenne soddisfatto dalla risposta.
“I miei metodi, invece, possono.”
“Temo di sì.”
“Amen.”, Frank si spostò dal tavolo dove teneva le armi ad un piccolo punto di osservazione che aveva creato antistante la Boyle Tower. “Ieri sono stato tutto il giorno qui e ho potuto vedere delle cose abbastanza interessanti. Innanzitutto ho scoperto che il signor Boyle a cui è intitolata la torre è un figlio di puttana di quelli che hanno ereditato tutta la loro fortuna dalle mani paterne e adesso la usano per trasformare in merda qualsiasi cosa tocchino. Si occupa un po’ di tutto, mette in contatto i vari potenti e si assicura, grazie all’amico Corneel, che tutti abbiano ciò che possa condannarli ulteriormente all’inferno.”
“Qual è il tuo piano?”
“Se fossi da solo entrerei dalle fogne e cercherei di infiltrarmi nello staff per poi ucciderli uno dopo l’altro in silenzio e cercando di non destare l’attenzione. Ma siccome immagino tu possa arrampicarti tranquillamente fino al tetto scalando trentasei piani, ho deciso che tu entrerai dall’alto, io dal basso. Ripuliamo piano dopo piano finché non ci incontriamo al tredicesimo dove, da quanto dicono le piantine segretate dell’edificio, dovrebbe trovarsi una stanza antipanico. Sono sicuro che appena inizieranno gli spari Boyle si nasconderà lì dentro con tutti i suoi più cari amici.”
“Tra cui anche Kamogelo.”
“Esattamente.”
“Comunque ho un jet, non devo scalare un bel niente.”
“Immagino che alla fine anche Capitan America inizi a sentire il peso degli anni…”
Steve lo guardò torvo.
“Tu sei sicuro di voler entrare dalla porta principale?”
Un ghigno sadico si affacciò sul volto del Punitore.
“Altrimenti che divertimento c’è?”

Anche io diventerò assuefatto dalla morte?
O… forse lo sono sempre stato?
I miei più cari amici sono già nel suo abbraccio.


Il Punitore uccise le guardie all’ingresso decimandole con un fucile da cecchino, la folla per la strada si disperse, nessuno avrebbe chiamato la polizia perché nessuno doveva scoprire cosa succedeva in quella torre. Steve era sul tetto, attese che il Punitore gli dicesse di essere pronto. Non dovette aspettare la comunicazione radio, lo capì dai rumori.
La sicurezza all’ingresso vide rotolare due granate accecanti verso di loro, erano già in allarme per la sparatoria all’esterno. Il Punitore fece irruzione come un vento di guerra e seminò morte e bossoli sul suo cammino.
Steve irruppe dalla finestra del piano superiore in una delle stanze dove un signore stava stuprando una bambina a cui aveva fatto assumere tante di quelle droghe che non era più cosciente. Il mostro, vedendo entrare il capitano, si rannicchiò in un angolino.
“No! Ti prego non farmi del male! Non volevo farla soffrire, non è cosciente, non ricorderà niente di tutto questo! Ti prego fammi andare via! È un errore che ho commesso! Ti prego!”
Steve sollevò la pistola all’altezza della faccia dell’uomo.
Quando il bossolo cadde ai suoi piedi espirò. La pistola non aveva sparato dal 1945.
Steve si assicurò che la bambina fosse viva, impugnò il fucile d’assalto, nascose il cadavere nel bagno perché non voleva che fosse la prima cosa che la bambina avrebbe visto una volta sveglia, si affacciò nel corridoio e vide che la sicurezza era in arrivo mentre un numero imprecisato di ospiti della torre scappava dalle loro stanze mezzi nudi.
Il Punitore aveva distrutto la stanza della sicurezza, uccideva chi era armato, lasciava andare chi fuggiva, faceva irruzione nelle stanze, però, e la spada della sua giustizia si abbatteva su chi riteneva colpevole.
Il capitano aveva sempre combattuto, anche con i Vendicatori, ma in quel momento percepiva che la forza che lo guidava era qualcosa di atavico, bestiale e che era sempre stata parte di lui in quanto veterano. Non aveva mai abbandonato il Tempio di Marte, non era mai tornato dal campo di battaglia, ma solo in quel momento in cui dispensava morte con tecnica ed esperienza, si rendeva conto di quanto sporca fosse la sua anima, annebbiata dalla fuliggine dei ricordi della guerra.
Il Punitore e Nomad si incontrarono al tredicesimo piano.
“Munizioni esaurite, passo alla pistola.”
Il Punitore aveva il fucile appoggiato alla spalla, il kevlar con il teschio macchiato di sangue, così come la stella vuota di Nomad.
“La stanza di sicurezza è dietro questo muro.”, Frank diede un paio di colpetti con la nocca, trasse dalla tasca del C4. “Non so se sarà sufficiente.”
Piazzarono l’esplosivo e lo fecero saltare, ma senza ottenere risultati.
“Ci penso io.”, disse il capitano. “Devono esserci delle prese dell’aria per far respirare all’interno, troviamole e prendiamo delle granate lacrimogene, dovremmo riuscire a stanarli.”
“Bella pensata, ma le prese dell’aria sono protette da strati di cemento armato e…”
Frank vide il capitano distruggere a mani nude il muro esponendo una delle prese d’aria.
“Giusto.”, commentò in silenzio andando a prendere le granate lacrimogene.
Resistettero tre ore, ma alla fine l’ossigeno all’interno della stanza finì. La porta fu aperta dall’interno.
Il Punitore uccise chiunque non fosse Boyle o Kamogelo.
Kamogelo teneva Boyle in ostaggio, ma Nomad sparò un colpo in testa al miliardario.
“Non siete americani?”
“Oh, certo, stelle e strisce, go USA.”, Frank lo teneva sotto tiro.
Nomad si avventò su di lui, gli strappò di mano la pistola, lo colpì con una ginocchiata al petto e lo costrinse al suolo nel sangue di Boyle.
“Dov’è il generale Silva?”, gli domandò. “È di stanza in una base segreta americana in Africa, devo sapere dove.”, il tono era calmo.
“Fottiti.”
Nomad ruppe un braccio al signore della guerra che, però, non emise un fiato.
Steve lo trascinò fuori e lo buttò contro il muro spaccandogli la spina dorsale rendendolo paralitico dalla vita in giù.
“Cristo! Le gambe! Non sento le gambe! Oddio, Oddio!”
Frank lasciò fare scostandosi.
“Dove si trova la base?”
“Tu… io ti conosco: tu sei Capitan America!”
Nomad gli diede un pugno.
Conosceva ogni punto del corpo umano dove poter applicare pressione per fare male, era in grado di collocare ogni osso nel corpo umano, ogni muscolo e ogni fibra e di rompere qualsiasi cosa volesse rotto.
Kamogelo sputò sangue.
“Owetam… la base è ad Owetam…”
Nomad e il Punitore udirono voci provenire dalle scale, rumore di stivali, pesanti, erano uomini armati. Steve ruppe la mandibola di Kamogelo, poi si nascose insieme a Frank. Rimasero in attesa. Videro un team di uomini armati e vestiti con una mimetica nera che avanzava nel corridoio, in due si avvicinarono a Kamogelo e lo medicarono. Non avevano identificativi. Il signore della guerra cercava di avvisarli della minaccia imminente, ma con la mandibola rotta non poteva fare molto.
“Me ne serve uno vivo.”, disse Steve prima di avventarsi sui militari.
Kamogelo vide cadere uno dopo l’altro i suoi soccorritori. Si accorse che uno di quelli aveva perso la pistola, strisciò cercando di prenderla facendosi forza soltanto con le braccia, la raggiunse. La puntò contro Nomad che, con il Punitore, stava tornando verso di lui.
Kamogelo si sparò in bocca.
“Merda.”, commentò Steve.
“Cosa fai?”
“Chiamo gli unici che possono tenere al sicuro gli schiavi sessuali di questo posto.”
“Lo Shield? Pensi davvero che non siano coinvolti?”, Frank prese uno dei cadaveri in tuxedo. “Questo stronzo è il senatore Clark che due mesi fa ha varato una legge per dare ulteriori fondi allo Shield.”
“Ne arriveranno altri.”, Steve indicò gli uomini in nero. “E uccideranno tutti i testimoni.”
Frank espirò rumorosamente.
“So io chi chiamare.”
“Possono garantire la loro sicurezza?”
“Il Diavolo ha un’intera chiesa come base operativa…”

Lui che non è in grado di vedere ha la vista migliore di tutti noi. Forse la sua fede è l’arma necessaria per affrontare il male che vige nel mondo. È consapevole della violenza necessaria, ma ha tracciato una linea ben definita che non intende superare per non potersi mai confondere con i malvagi. Forse è l’unico vero giusto, prego che sia l’unico vero giusto che salverà tutti dal giudizio finale. Il suo intento è nobile, la sua volontà implacabile e lo ammiro, ma non posso permettermi la pietà, non con nemici di tale portata. Quante volte è stato tradito dalla fiducia che riponeva nel sistema? Queste persone non possono attendere il loro giudizio. E se devo essere io il loro boia, così sia.

“Staranno bene.”, lo rassicurò Matt Murdock. “Sono più preoccupato per te.”
“Ho intrapreso un cammino, devo portarlo a compimento.”
Matt sorrise affabile.
“Quando la tua crociata sarà finita vieni a trovarmi.”, gli propose.
“Grazie.”
“Grazie a te, anche per aver tenuto Frank al sicuro.”
“In caso di necessità ho lasciato alla signorina Jones un numero a cui telefonare.”
“I Vendicatori?”
“Proprio loro.”
“Spero non ce ne sia bisogno.”
“La loro presenza potrebbe dissuadere gli aggressori.”
“La mia non basta?”
Una montagna di muscoli si affacciò su Matt.
“Il signor Lucas, immagino.”, disse Steve.
“Terremo al sicuro queste persone, capitano, si fidi di noi.”
“Non sono più un capitano.”
“Lo sarete per noi e per coloro che avete salvato.”, disse con orgoglio Luke Cage.
“Grazie.”
Steve annuì e se ne andò.
“Dove andiamo?”, gli domandò Frank.
“No, tu resti qui e ti assicuri che queste persone siano al sicuro.”
“Non sono d’accordo.”
“Non mi importa.”, il tono di Steve era pacato.
Frank ridacchiò.
“Ho sempre rispettato Capitan America. Temo, però, che ogni tanto il mondo abbia bisogno anche di Nomad.”
Steve espirò.
“Combattiamo per un mondo in cui non ci sia più bisogno di noi.”
“Andrai da solo in Africa? Kamogelo ti ha dato solo il nome di una città. Avrai bisogno di qualcuno che parla la lingua, che sia in grado di infiltrarsi. Qualcuno come te.”
“Conosco un tipo.”

È sempre stato diverso da me, pronto a fare non solo ciò che era giusto, ma anche ciò che era necessario. È sempre stato lontano dai Vendicatori per questo. Non ha voluto mai riallacciare gli antichi rapporti con quella che una volta chiamava casa perché ha compreso di non averne una. Ha visto troppo, sa troppo per poter continuare a vivere nella società come se niente fosse. Dietro alla bellezza apparente della civiltà ne vede il marcio putrescente.
E anche io.


La porta di ingresso.
Lizelle balzò dal letto, prese la pistola dal comodino e, con circospezione, si diresse in cucina, prese di mira la soglia. Un braccio in metallo perforò il legno e distrusse i diversi lucchetti, Lizelle fece fuoco, ma i proiettili rimbalzavano contro il braccio. Il caricatore della pistola era vuoto, Lizelle si scagliò contro l’aggressore brandendo un pugnale preso dalla cucina, ma il braccio metallico la bloccò. In quel momento Lizelle vide che dalle scale del suo appartamento stavano arrivando dei soldati vestiti di nero.
L’uomo che l’aveva afferrata la condusse in camera da letto, Lizelle lo vide in volto: indossava una maschera che gli copriva la faccia fino al naso.
“Sto con Steve Rogers, devi fidarti di me.”, le disse l’uomo.
Lizelle gridò.
I militari in nero fecero irruzione nell’appartamento.
“È il Soldato d’Inverno!”, gridò uno di quelli.
Lizelle vide l’uomo mascherato scagliarsi contro i soldati. Lanciò uno di quelli fuori dalla finestra. Lo perse di vista. Due minuti dopo era tornato il silenzio.
“Vieni con me.”, la mano metallica era tesa verso di lei.
Lizelle la afferrò.
Il Soldato d’Inverno la portò su un tetto dove attesero per venti minuti.
“Bucky!”, chiamò Steve avvicinandosi.
Lizelle abbracciò il capitano.
“Come stai?”, le chiese.
“Questo signore mi ha salvato.”, indicò Bucky.
“Quando è di buon umore tende ad essere una brava persona.”
“Chi erano quegli uomini?”, domandò la donna, terrorizzata. “Io riconosco le uniformi, erano le stesse che erano nel mio villaggio.”
“Andrà tutto bene.”
Steve si fece guardare negli occhi.
“Kamogelo è morto.”
“Lo hai ucciso tu?”
“Si è ucciso.”
“Vigliacco animale. Anche senza la sua guida, i suoi uomini sono pericolosi…”
“Cosa sai dirmi di Owetam?”
“Era la sede della base di Kamogelo, perché?”
“La base americana segreta dovrebbe trovarsi lì. Il generale americano coinvolto in tutto questo è il generale Silva. Devo raggiungerlo e ucciderlo.”
“So poco della città. Ma… Stella! La donna italiana che mi ha salvata, sono sicura che la sua base missionaria è di sede anche lì.”
“Potremmo infiltrarci senza farci notare.”, commentò Bucky.
“Vale la pena provarci.”, confermò Steve.
“Io cosa farò?”
“Ti portiamo a Hell’s Kitchen, abbiamo alleati là.”
“Davvero?”, Bucky non capiva.

Avevano lasciato Lizelle alle cure di Matt e si stavano allontanando in auto dalla città. La polizia non era stata mobilitata, ma i due avevano notato degli strani furgoni che si aggiravano per le strade chiaramente alla ricerca di qualcuno, inoltre anche i cieli erano diventati più affollati e l’uso del jet era diventato pericoloso.
Steve guidava.
“Che hai fatto in questi mesi?”, domandò a Bucky.
“Sono stato in giro. Ho visto posti e conosciuto gente.”
“Lavori per qualcuno?”
“No, vado dove c’è bisogno di me. Un mese fa ho allenato una milizia cittadina, una guerra civile, un brutto affare, almeno adesso potranno difendersi. Tu?”
“Ho avuto un periodo difficile.”
“Steve, non mi interessa perché non hai più la stella e perché impugni la tua vecchia pistola. Voglio aiutarti, so che stai facendo la cosa giusta, l’hai sempre fatta.”
“Speravo ci fosse un modo diverso.”
“C’è. O almeno potrebbe esserci. Ma la ruota del karma è sporca di sangue, fratello. Facciamo in modo che ricada su di noi così altri non debbano sporcarsi.”
“Non siamo meno colpevoli.”
“Il sangue è sempre sangue, la ruota resta sporca anche se siamo noi a versarne.”
Silenzio.
Un lampo.
“Era bel tempo…”, Bucky guardò fuori verso il cielo notturno.
“Oh merda.”
Un fulmine distrusse la strada davanti a loro, Steve sbandò con l’auto e finì fuori strada. Andarono a sbattere contro un palo. Steve e Bucky uscirono dall’auto. Altri fulmini. Bucky si preparò a combattere.
“No.”, disse Steve alzando una mano. “Non servirà.”
Un lampo nel cielo.
“Capitano!”, chiamò una voce impetuosa. “Cosa succede?”
“Thor, ti prego, lasciami passare.”
Iron Man discese dal cielo frenando la caduta con i propulsori.
“Quando ti ho visto fuori da casa mia non mi sei sembrato tanto schizzato da unirti al Punitore e fare una strage.”
“Gli innocenti sono salvi.”
Tony mostrò il volto.
“Potevi chiederci aiuto! Saremmo intervenuti! Vendicatori uniti, ricordi?!”
“Non potevo. I Vendicatori sono ancora il simbolo della gente, sono la speranza, sono il segno del cambiamento, non ho voluto coinvolgervi e resto di questa scelta. Quelli alla Boyle Tower erano nostri sostenitori pubblici, Tony. Erano politici e uomini d’affari, gente che muove il mondo grazie alla loro influenza. I Vendicatori non potevano fermarli. Il Punitore sì.”
“Con un piccolo aiuto da te.”, Tony era infuriato.
“Sì.”
“Non mi sarei mai tirato indietro da una battaglia!”, intervenne Thor. “La giustizia asgardiana non conosce confini.”
“Vi ringrazio, davvero, ma è una storia che devo finire da solo.”
“Non potremo proteggerti. Il Governo degli Stati Uniti ti ha dichiarato un terrorista. L’Interpol ti è alle costole, persino lo Shield ti sta dando la caccia. Sei ricercato in tutto il mondo!”
“Devo portare a termine questa missione, Tony, devo farlo. E voi non potete aiutarmi.”
Iron Man passò alle maniere forti.
Thor lo fermò.
“Che fai!?”
“Il capitano ha una guerra da combattere. Lo conosciamo, sappiamo che la sua deve essere una battaglia giusta, altrimenti non l’avrebbe mai intrapresa. Fermalo ora e sarà consumato dal suo desiderio di giustizia.”
“La chiami giustizia, quella? È stato un massacro!”, Iron Man non riusciva a liberarsi dalla presa di Thor.
Thor fece un cenno di intesa a Steve.
“Quando sarò di ritorno mi consegnerò.”, disse Nomad ad Iron Man.
Tony si calmò, Thor lo lasciò andare.
“Sempre se sarai ancora vivo.”
Tony contattò Jarvis. Un jet privato con pilota automatico si fermò sopra le loro teste.
“Inserisci la destinazione e andate.”, spiegò Tony. “E riportamelo intero.”
“Ci provo.”
“Già, proprio quello che volevo sentirmi dire.”
“Ci abbatteranno.”, commentò Bucky.
Il Mjöllnir volteggiò.
“A questo ci pensiamo noi.”, il dio del tuono sorrideva fiero.

Giunsero alla sede europea dell’associazione umanitaria di Stella Vivolo. Natasha aveva fornito ad entrambi un’identità fasulla.
“Non c’è sicurezza all’esterno, è strano.”, notò Bucky.
“Meglio non entrare dalla porta principale.”, commentò Steve.
“Da qui.”
Si arrampicarono sull’edificio vicino e da lì diedero un’occhiata, ma non furono in grado di notare niente di particolare, andarono ancora più in alto, saltarono da un tetto all’altro. Il Soldato d’Inverno andò avanti.
“Merda.”
Tracce di sangue sul corrimano che dava all’eliporto.
Scesero un altro piano.
“Macchie di sangue e fori di proiettile ovunque.”
“Ma nessun cadavere.”
I due investigarono nei diversi uffici, ma la scena era sempre la stessa.
Trovarono l’ufficio di Stella. Steve andò al computer, ma l’SSD era stato strappato via.
“Ostili.”, Bucky si gettò al riparo, i proiettili si conficcarono nel muro alle sue spalle, Nomad si era acquattato dietro la scrivania. “Facciamoli secchi.”
Steve impugnò la pistola. Non si era mai disabituato a quella presa.
I due super soldati liberarono l’area dagli aggressori, si assicurarono che non ce ne fossero altri.
“Guanti sporchi di sangue.”, notò Steve. “Stavano ripulendo i cadaveri. Significa che l’SSD sarà qui da qualche parte.”
Perquisirono i cadaveri e lo trovarono. Steve rientrò nell’ufficio, lo collegò al pc e ne controllò il contenuto.
“C’è un manifesto di carico, stanno spedendo delle merci, dovrebbero essere beni di prima necessità.”
“Potremmo infiltrarci in quel carico, che dici?”
“Parte dal porto stanotte.”
“Abbiamo tempo.”
“Voglio trovare Stella Vivolo.”
“Non credo sia sopravvissuta.”
“Lo so.”
Steve e Bucky presero la direzione da cui erano arrivati i nemici e non dovettero fare ulteriore strada, trovarono i cadaveri dei vari missionari ammassati in una stanza; c’era puzza di benzina, Steve controllò i corpi e identificò Stella Vivolo.
“Erano brave persone.”, commentò a denti stretti.
“Sei un Vendicatore, no? Vendicali.”
Nomad sollevò lo sguardo.
“Andiamo.”
Infiltrarsi nel porto non fu difficile, non c’era nessun tipo di protezione, nessuno sospettava che in uno dei container si nascondessero delle armi.
“Hanno usato i missionari per spedire fucili e munizioni sotto i carichi di cibo e medicine.”, ragionava Bucky.
“Non capisco bene quale sia lo schema. Hanno ucciso i missionari perché ho iniziato ad investigare, si sono spaventati dopo l’assalto alla Boyle Tower. Il sangue di Stella Vivolo è sulle mie mani.”
“Sono vittime di guerra.”
“Non siamo in guerra.”
“Sicuro?”, gli occhi del Soldato d’Inverno erano fissi in quelli di Steve.
“Non lo so più ormai.”
“Pensi che non mi porterò nella tomba i volti di tutti coloro che ho ucciso quando non ero in me stesso? Una volta che mi avete liberato sarei potuto andare via, avrei potuto costruirmi una casa in montagna e stare lontano da tutti. Avrei potuto finalmente avere la pace. Non la voglio. Steve, noi non siamo stati creati per la pace, siamo soldati e tali rimarremo fino alla fine dei nostri giorni. I veterani possono crearsi una vita diversa, noi no, perché loro hanno scelto di essere soldati e poi sono tornati dalla guerra, io e te siamo nati in guerra, noi non andiamo in guerra, noi siamo la guerra. Come puoi liberarti di ciò che sei?”
Steve distolse lo sguardo, si arrampicò su una delle casse e vi si distese sopra.
“Vorrei soltanto che avesse un senso.”
“Già… fammi un fischio quando ne trovi uno.”
“Fermiamo Silva e facciamo finire la guerra. Troviamo le prove dei genocidi commessi da Kamogelo e del coinvolgimento delle alte sfere americane, portiamo tutto allo Shield e alla stampa, poi il sistema dovrà occuparsi dei suoi scarti.”
“E se non lo faranno? Se comunque nascerà altra feccia dopo le tue azioni?”
“Interverrò.”
“Come Capitan America?”
“No, non più.”

Arrivarono in segreto, usarono le ombre della notte come copertura e si allontanarono dal porto. La città era in fermento dopo la morte di Kamogelo, alcuni dei suoi ufficiali si erano allontanati dal secondo in comando, Erco Lewis, e avevano destabilizzato ancora di più la regione. Erano armati, pericolosi e intenzionati a non perdere i vantaggi che il generale Kamogelo aveva garantito loro con la violenza. L’obiettivo era catturare Erco Lewis e interrogarlo per sapere la posizione della base segreta americana. Steve aveva chiesto a Natasha di cercare qualche informazione su Tom Hill, ma le informazioni sul caporale erano segretate ad alti livelli, al punto che nemmeno lo Shield poteva accedere. Da casa giungevano notizie preoccupanti: Thor e Iron Man avevano impedito a degli aerei federali di seguire un aereo civile e adesso l’FBI stava indagando sui Vendicatori per poter trovare Capitan America, ancora considerato un terrorista a piede libero. Sui media si leggeva ovunque del massacro della Boyle Tower. 
Steve e Bucky trovarono Erco in una delle basi operative della regione, a dieci chilometri da Owetam dove il governo fantoccio sostenuto prima da Kamogelo, e ora da Erco, era in azione per mantenere la popolazione sotto controllo.
“Senza Vedova Nera non andresti da nessuna parte.”, commentò Bucky.
“Sì, è un’alleata formidabile.”
“Ci vai a letto?”
“Cosa?! No.”
“Quindi potrei provarci io?”, scherzò Bucky.
“Pensavo amassi solo il tuo braccio metallico.”
“Ammetto che ha i suoi momenti.”
“Erco Lewis in vista.”
Bucky prese il binocolo.
“Come vuoi procedere?”, domandò all’amico. Steve si guardò attorno.
“Ci sono almeno due divisioni di soldati, è meglio procedere in silenzio. Rubiamo delle uniformi, raggiungiamo il centro delle comunicazioni e le disattiviamo, poi raggiungiamo Erco. Quando avremo finito con lui avranno ripristinato tutto, ma saremo già lontani.”
“Ci sto.”
Tredici minuti dopo l’intera base era in allarme, Nomad e il Soldato d’Inverno erano bloccati nel centro comunicazioni, respingevano gli assalti nemici, ma gli uomini di Erco sembravano non avere fine.
“Non è andata esattamente come programmato.”, ammise Nomad ricaricando il fucile.
“Sei arrugginito.”
Steve scosse il capo, uno degli uomini di Kamogelo lanciò una granata all’interno, Bucky la calciò lontano.
“Munizioni?”
Nomad porse un caricatore all’amico.
“Come ne usciamo?”
“Ci sto pensando!”
Delle esplosioni dall’ingresso del campo, poi sulla montagna. Il volume di fuoco contro il centro di comunicazioni diminuì, i soldati di Erco erano concentrati su altro. Due camionette armate di mitragliatrice serpeggiarono per il campo decimando i soldati di Erco, altra fanteria sconosciuta avanzava falciando gli ostili. Nomad e il Soldato d’Inverno uscirono allo scoperto uccidendo coloro che rimanevano.
Calò il silenzio.
“Chi siete?”, domandò uno dei soldati sconosciuti.
“Dobbiamo trovare Erco.”, rispose Nomad.
“Ci hanno aiutati.”, disse un’altra voce.
“Non ci credo, Steve?”
“Clint?”
Clint Burton indossava un cappuccio, sulle spalle aveva una katana e un fucile mitragliatore, nonché l’immancabile faretra. Lui e il capitano si salutarono.
“Che ci fai qui?”, domandò Nomad.
“Lo Shield mi ha inviato per aiutare la popolazione locale contro il regime totalitario di Kamogelo.”
“Ordini ufficiali?”
“No, Fury in persona. Perciò sono da solo. Tu che fai qui?”
Nomad lo aggiornò su quanto aveva scoperto.
“Porca vacca.”
“Abbiamo trovato Erco!”, annunciò un membro della resistenza.
“Devo parlargli.”, disse Steve.
“È tutto tuo.”, Clint alzò le mani. Si rivolse a Bucky. “Che gli è successo?”
“Ha scoperto che la sua guerra non è mai finita.”
“Ucciderà Erco?”
“Penso di sì.”
“Merda.”
“Già.”

Sono un terrorista agli occhi del mio paese. Ho ucciso individui rispettabili della comunità, persone che la domenica andavano in chiesa e il lunedì stupravano bambine comprate al mercato nero. Eppure sono io il mostro di questa storia, sono io che le persone chiamano assassino. Non c’è giustizia in questo mondo, l’ho cercata e adesso sono alla sua disperata ricerca, ma non riesco a liberarmi da questa sensazione di oppressione. Solo quando vedo il mondo dal mirino della mia pistola mi rendo conto. Ciò che sto facendo è necessario. Devo farlo. Troppe persone hanno sofferto, troppe persone soffriranno ancora. Clint è qui da mesi. La sua presenza mi conforta. C’è ancora chi prova a fare la cosa giusta. Fury, maledetta spia. Non mi tirerò indietro.

Steve uscì dalla stanza in cui si era chiuso con Erco per venti minuti.
Il membro della resistenza che entrò nella camera ne uscì di corsa per vomitare.
“Ho la posizione.”, disse Nomad. “E non solo. Portatemi una lavagna.”
Steve scrisse sulla lavagna sei nomi: Danie Plaatjies, Jaquan Jacobs, Donovan Bell, Mollie Black e, cerchiato più volte, Silva.
“Sono gli ufficiali ancora fedeli alla visione di Kamogelo: dobbiamo eliminarli. Una volta uccisi loro procederemo alla conquista di Owetam e faremo cadere il governo spezzando ogni influenza americana nella zona. Una volta fatto ciò capiremo se possiamo denunciare Silva o se dobbiamo procedere diversamente.”
“Ci sto.”, disse Clint.
“Erco mi ha dato la posizione degli ufficiali, quindi non sarà difficile stanarli. Dobbiamo essere metodici e letali.”
Bucky annuì.
“Raduna i tuoi uomini, Clint, ci muoviamo.”

Forse Bucky ha ragione. Non posso cercare di allontanare ciò che sono. Sono stato creato per vincere una guerra e, da allora, ho sempre vinto battaglia dopo battaglia. Essere un Vendicatore mi ha condotto agli estremi dell’esistenza. Ho viaggiato nello spazio, nel tempo, ho visto cose che nessun uomo dovrebbe mai vedere. Ma solo ora mi rendo conto che affrontare i Titani non è niente rispetto al confronto diretto con il male dell’uomo. Il peso dei cadaveri sarà sulle mie spalle, ma se devo sostenere un mondo più giusto con le mie sole forze e sguazzare nel sangue di coloro che ho ucciso sono disposto a compiere questo sacrificio.
Come Capitan America avrò fiducia e fede nel sistema per assicurare alla giustizia i criminali.
Come Nomad mi assicurerò personalmente che la condanna sia eseguita.


Danie cercò di fuggire, ma una freccia gli si conficcò nel polpaccio.
“Dove scappi?”, Occhio di Falco premette sulla ferita.
Nomad lo afferrò per il collo.
“Non potete uccidermi! Ho stretto un accordo! Il vostro governo non può uccidermi.”
“Quale governo?”, Clint strappò la freccia dalla carne.
“Maledetti! Ho sempre svolto il mio dovere!”
Danie Plaatjes si occupava di inviare regolarmente navi strapiene di clandestini sulle coste europee. Era pagato direttamente dagli stati che li accoglievano. Il patto era molto semplice. Lui inviava sempre più immigrati, i politici potevano sfruttare la rabbia sociale dovuta all’insostenibilità della situazione per imporre un dominio sempre più stretto fino alla formalizzazione di una dittatura leggera. La gente aveva sempre meno libertà in virtù di una sicurezza apparente.
E le persone muoiono.
Bucky afferrò per il collo Jaquan e strinse fino a farlo svenire. L’hotel in cui si era nascosto l’uomo era sorvegliato dai suoi uomini che non avevano potuto niente contro l’abilità di Occhio di Falco. Quando Nomad controllò il suo computer scoprì che molti stati dell’Unione Europea avevano tentato di approvare un’invasione militare per poter ristabilire il controllo e fermare la perdita di vite umane, ma la loro mozione non era stata accolta.
Jaquan Jacobs era un trafficante di armi, i suoi fornitori erano gli stati europei. Vendevano le armi a lui che le distribuiva al suo esercito. Non contento di quei profitti, però, aveva iniziato a fare affari anche con la resistenza, vendeva le armi ad entrambe le parti e il suo portafoglio si gonfiava. Un anno prima era stato catturato dall’Interpol e portato in Germania, ma per volere di alti ufficiali dell’esercito era stato rilasciato. Gli stati europei stavano rimpinguando i loro tesori.
E le persone soffrono.
I contractors che Donovan aveva assoldato si ritirarono dopo aver subito l’ottanta percento di perdite, i soldi che l’abile imprenditore americano offriva loro non erano sufficienti. Alcuni di quelli riconobbero anche Capitan America e si domandarono perché il loro idolo di infanzia adesso sparava contro di loro.
Donovan si era nascosto in un impianto petrolifero abbandonato.
“Aspettate! Aspettate! Cazzo!”
“Se stai per offrirmi soldi, ti taglio la mano.”, minacciò Clint.
“No! Qualcosa di meglio! Guardate qua!”
Donovan aprì una valigia.
“Cos’è?”, chiese Steve.
“Composto Uno-Uno-Sette… lo abbiamo trovato nei vecchi giacimenti di petrolio dove le macchine hanno scavato la roccia. È come se madre Terra avesse benedetto questo mondo con un nuovo materiale in grado di alimentare interi impianti con pochi frammenti.”, gli occhi di Donovan erano luminosi.
“Ora si spiega tutto.”, commentò Steve.
“È un materiale raro?”, chiese Bucky.
“No… ma lo sarà, non possiamo permetterci che anche i nostri nemici ne entrino in possesso. Potremo diventare la nazione più ricca del mondo!”
“Una storia vecchia.”, Steve fissava il composto, sembrava un diamante, ma con venatura verdognole all’interno.
“Quanto è diffuso?”, chiese Clint.
“Abbiamo girato in lungo e in largo, questo è l’unico giacimento presente, in tutto il mondo! Non so se capite l’importanza di questa scoperta. Ma non potete uccidermi! Ho scoperto io come poterlo estrarre senza distruggerlo! Basta una piccola variazione e BOOM, il composto diventa una pietra inutile. Solo la mia invenzione può salvarci!”, Donovan mostrò loro, con orgoglio, il suo prototipo di estrattore.
“Dove sono gli schemi della tua invenzione?”, chiese Nomad.
Donovan rise e si tamburellò la tempia.
Nomad gli sparò in fronte.
“Distruggiamo tutto: il prototipo e il composto. Non deve vedere la luce.”
Bucky annuì.
“Hai preso una decisione che influenzerà la vita di parecchie persone.”, commentò Clint.
“Guarda quanta gente sta morendo per una sola pietra. Forse hai ragione e non avrei dovuto prendere io questa decisione, ma ormai l’ho fatto.”
“Di sicuro avrai fermato numerose guerre prima ancora che avvengano.”
Al nome Nomad venne attribuita una maledizione.
In patria si raccontava che Capitan America fosse morto.
I media fecero uscire la notizia che Steve Rogers fosse stato ucciso da un raid dei Navy Seals.
Mollie Black, agente della CIA che usava come copertura il ruolo di assistente finanziaria di una corporazione che aveva investito sul territorio, si uccise nel suo ufficio lasciando una lettera in cui confessava il coinvolgimento della CIA nel colpo di stato che aveva portato Kamogelo al potere.
Steve stava leggendo la lettera.
“Creare di Kamogelo il nemico perfetto, autorizzare un attacco per neutralizzare la minaccia a seguito di un attentato sul territorio americano, appropriarsi del composto.”
Clint si passò una mano tra i capelli.
“Sembra qualcosa di già sentito.”
“Ora cosa facciamo?”, domandò Bucky.
“La resistenza freme per riprendere la capitale e restaurare il governo precedente.”, spiegò Clint.
“Lasciamoglielo fare. Noi qui abbiamo finito.”
“Aspetta, non vuoi assaltare la base americana?”, chiese il Soldato d’Inverno.
“No. Abbiamo tutte le prove di cui abbiamo bisogno. Agiremo alla luce del sole. Abbiamo sparso abbastanza sangue.”
Steve piegò il foglio con cura.
“Ora devo mantenere una promessa.”

Farò la cosa giusta.

“È di qualche ora fa la notizia che i ribelli hanno conquistato la città...”
“Giungono notizie scioccanti dall’Africa con una cospirazione che sembra avere radici nelle più alte sfere dei governi…”
“Per troppo tempo ci hanno raccontato fandonie su quanto stava succedendo sfruttando la paura e la disperazione come armi per le loro campagne elettorali. È giunto il momento di adoperare la propria ragione per guidare le nostre azioni verso un futuro migliore e non un futuro chiuso nell’odio…”
“No comment…”
“Capitan America è vivo! È quanto riportano le ultime fonti interne allo Shield. Il capitano Rogers era stato dichiarato un terrorista nove mesi fa, ma nuove informazioni rivelano che era sotto copertura per smascherare una terribile cospirazione…”
“I familiari piangono la morte del loro primogenito, una delle tante vittime del massacro della Boyle Tower…”
“Voci non confermate riportano il suicidio del direttore della CIA…”
“Il generale Silva delle forze armate americane è stato condannato all’ergastolo per crimini di guerra, sconterà la sua pena in Europa, in una località segreta.”
“Io non capisco! Hanno detto che Capitan America è tornato, ma perché non appare più in pubblico? Secondo me stanno nascondendo qualcosa.”
“Chi è questo Nomad di cui si sente parlare? Testimoni oculari dichiarano di aver visto Capitan America indossare un costume privo di alcun riferimento al suo passato, possibile che sia la fine di un’era? Steve Rogers è ancora il capitano che ha condotto gli Stati Uniti fuori dal periodo più buio della nostra storia durante la seconda guerra mondiale?”
“Io penso si sia bevuto il cervello. Quel vecchio pazzo non sta bene. Nomad? Che storia è questa? Che fine ha fatto l’orgoglio patriottico? Non puoi voltare così le spalle al tuo paese. Se lo fai sei feccia.”
“Questo governo è corrotto fino al midollo, vogliamo davvero biasimare Capitan America per essersi stancato di questo schifo? Ha deciso di combattere per ciò che ritiene giusto, come ha sempre fatto, senza che sia un manipolo di politici a dirgli cosa fare. Io lo stimo. Io non voglio Capitan America. Nomad è l’eroe di cui abbiamo bisogno. Noi siamo con te, capitano, ovunque tu sia!”

Riprese a fare jogging dopo una breve pausa. Percorse i suoi quindici chilometri e tornò a casa. Nel pomeriggio doveva andare a scuola. Fece una doccia, mangiò un boccone, si vestì e uscì. Arrivò in classe con cinque minuti di ritardo, ma era il professore.
“Allora, di che cosa vogliamo parlare oggi? Ditemi voi un argomento.”, si sedette sulla cattedra.
Una delle ragazze alzò la mano, il professore era particolarmente apprezzato dalle studentesse.
“La crisi in Africa?”, domandò.
“Questo è un argomento molto interessante, ma anche molto complicato perché vedete…”, si fermò un istante per trovare le parole giuste. “In gioco c’erano molte più forze di quante erano prevedibili. Noi abbiamo provato a fare del nostro meglio per il bene della nostra nazione, per il vostro futuro. Per farlo abbiamo dovuto prendere decisioni difficili, ma se voi sapeste che dando uno schiaffo al vostro vicino di banco l’intera classe potrebbe risparmiarsi i compiti per tutto l’anno non glielo dareste?!”, rise.
“Eccome!”
Risa generali.
“La storia, ahimè, è molto complessa. Come nazione siamo stati discreditati parecchio dopo questa vicenda, ma vi posso garantire che ci rialzeremo ancora più forti e che potremo comunque prosperare.”
La lezione terminò. Il professore si intrattenne un po’ con i suoi studenti chiacchierando affabilmente. La sveglia del cellulare suonò, doveva andare via.
Era in ritardo per il raduno con gli altri veterani.
Solitamente non parlava, ma ascoltava soltanto le storie degli altri. Si annoiava. Fortunatamente dovettero interrompere prima. Uscì dalla palestra che usavano per incontrarsi e si diresse verso casa.
Trovò la sua vicina che era rimasta fuori dalla porta con le chiavi incastrate all’interno, le diede una lunga occhiata al sedere.
“Bisogno di una mano?”
“Ehi! Forse!”, rise. “Sono rimasta chiusa fuori. Di nuovo.”
“Spostati, posso sfondarla. Poi, però, chiama il falegname.”
“Grazie mille!”
Sfondò la porta con facilità.
“Prego…”, fece un cenno teatrale per farla entrare.
“Ti va… di stare un po’ con me?”
“Grazie… ma devo rifiutare.”
“Oddio… mi dispiace, guarda non sapevo tu fossi impegnato.”
“Non lo sono. È solo che non posso, ok?”, si allontanò di corsa.
Chiuse la porta alle spalle, si slacciò i pantaloni con mani tremanti, afferrò lo smartphone con la mano libera, ma un rumore lo distrasse.
Andò verso l’armadio dove teneva la pistola, si guardò attorno, i pantaloni erano abbassati, prese la pistola, ma non trovava il caricatore. Sentì un tonfo, poi dolore. Buio.

“Che cazzo succede? Dove cazzo mi trovo! Ti uccido, chiunque tu sia!”
La luce lo accecò.
Due figure gli erano davanti.
“No… non ci credo…”, riconobbe la donna. “E tu… oh Cristo, no ti prego…”
“È lui?”, domandò Nomad.
Lizelle, tra le lacrime, fece un cenno affermativo col capo.
“Che cazzo volete farmi?”
Lizelle sollevò la pistola.
Mano tremante.
Cuore pesante.
Nella mente riviveva lo stupro.
Ricordava il peso dell’uomo sui di lei, il suo sudore che le colava sul petto scoperto.
Abbassò la pistola.
“Non posso… io non sono una bestia…”, lo guardò fisso negli occhi. “Io non sono come te!”, denti stretti, lo schiaffeggiò e gli sputò addosso. Si avviò verso l’ingresso, si fermò, accarezzò il petto di Steve, dove un tempo c’era la stella. “Grazie.”, disse e scomparì.
“E tu che cazzo pensi di farmi?”
“Tutti i membri della tua unità sono stati condannati, tu perché sei riuscito a farla franca?”, domandò Nomad.
“Beh non tutti possono vantarsi di avere un senatore con lo stesso cognome, o sbaglio?”
“Grazie per aver confermato.”
“Cosa!?”
Steve attivò la comunicazione via radio.
“Puoi procedere.”, disse.
Dalla radio gracchiò il rumore di uno sparo.
“Bersaglio abbattuto.”
“Grazie, Frank. Nomad, chiudo.”
Gli occhi di Steve erano fissi in quelli, carichi di orrore, di Tom.
“No… no… tu sei Capitan America, non puoi farlo! Tu non sei questo «Nomad», cazzo, ti prego! Siamo soldati! Tu sei il capitano leggendario, non puoi uccidermi!”
Le tacche della pistola erano fisse sulla fronte di Tom.
“Ma tu chi cazzo sei!? Tu non sei Capitan America, cazzo! Io sono cresciuto con la tua leggenda, mi sono arruolato perché volevo essere come te! Cazzo! Cazzo! Ti prego, Cap, ti prego! Tu non sei Nomad… ti prego, tu sei Capitan America…”
La pressione sul grilletto.
Il bossolo che volteggiava.
La canna spinta dal rinculo.
La carne lacerata dal proiettile.  
Le gocce di sangue ticchettavano.  
Il silenzio.
“Sono entrambi.”













 





 





 


 



 

 
   
 
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