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Autore: summers001    20/09/2020    2 recensioni
Braime | One-shot
Brienne di Tarth abitava in quel castello da ormai diversi mesi.[...] Tornava nelle sue stanze solo di notte, dove trovava Jaime Lannister a ravvivare la fiamma nel camino con un attizzatoio. Sembrava pungolare le ceneri fino a farle riprendere vigore. Ogni sera lui stava con lei davanti a quel fuoco di cui si preoccupava tanto, la guardava bere e mangiare.Poi la spogliava, la spingeva a letto e la stuzzicava come faceva coi ciocchi di legno. Brienne si lasciava prendere e poi faceva l’amore con lui. Si lasciava riscaldare dal suo corpo caldo, dal tepore del suo petto, dalla pelle sudata e da quel fuoco che teneva dentro. Credeva però che prima o poi sarebbe finito, credeva di vivere in una bolla. Tutto era così irreale, fumoso, sfuggente, come il caldo o il sole durante quella stagione. L’unico legame di Brienne con la realtà erano le sue mattine ed il freddo pungente. Doveva sentirlo sulla faccia per ricordarsi che tutto era vero.
Genere: Drammatico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Wish you were here
 

In inverno al Nord, tutto era fisso, bianco, muto, immobile. Gli spazi aperti, le radure, le strade, erano vuote. I boschi erano vuoti, le fiere lasciavano gli alberi per rintanarsi nelle grotte, rendendo persino la caccia un’impresa impossibile, rinunciabile. Non un’impronta era visibile sulla neve. Ogni cittadino si rifugiava nelle proprie abitazioni. Da ogni tetto si vedeva un comignolo sputare fumo o le luci del fuoco passare attraverso le assi delle porte e delle finestre. Quando neanche il fuoco non era sufficiente si stava rintanati nelle proprie stanze, avvolti da coperte e pellicce. I più fortunati si nascondevano tra le stanze di Grande Inverno. Lì i camini erano numerosi, il tepore avvolgeva tutti gli ambienti. Le camere da letto erano le più calde.

La vita aveva lasciato la natura per riempire il castello. Camminando per i corridoi, si potevano udire voci sommesse e risatine dietro ogni porta. Dame e cavalieri, camerieri, guaritori, soldati, maestri o cacciatori si trovavano un proprio spazio, un proprio angolo in cui passare le notti fredde. Tutti contavano sulle spesse mura del palazzo o sui corpi caldi delle persone che vi erano ammassate.
Brienne di Tarth abitava in quel castello da ormai diversi mesi. La guerra contro il re della notte l’aveva risparmiata, ma il lungo inverno era ormai arrivato. Seguiva Lady Sansa per tutto il giorno in lungo ed in largo, spostandosi da un camino ad un altro, nascondendo le mani tra i guanti ed il viso nelle pellicce. Tornava nelle sue stanze solo di notte, dove trovava Jaime Lannister a ravvivare la fiamma nel camino con un attizzatoio. Sembrava pungolare le ceneri fino a farle riprendere vigore. Ogni sera lui stava con lei davanti a quel fuoco di cui si preoccupava tanto, la guardava bere e mangiare. Poi la spogliava, la spingeva a letto e la stuzzicava come faceva coi ciocchi di legno. Brienne si lasciava prendere e poi faceva l’amore con lui. Si lasciava riscaldare dal suo corpo caldo, dal tepore del suo petto, dalla pelle sudata e da quel fuoco che teneva dentro. Credeva però che prima o poi sarebbe finito, credeva di vivere in una bolla. Tutto era così irreale, fumoso, sfuggente, come il caldo o il sole durante quella stagione. L’unico legame di Brienne con la realtà erano le sue mattine ed il freddo pungente. Doveva sentirlo sulla faccia per ricordarsi che tutto era vero. Questa sensazione la destabilizzava, le faceva perdere la concentrazione, fermandosi come un peso sulla pancia, lasciandola disattenta per tutto il giorno successivo.

“Possiamo parlare?” gli chiese una volta, mentre lo guardava mettersi a sedere e scoprirsi dalle lenzuola.

Forse era così anche per lui, forse aveva bisogno di quei brividi gelidi per ricordarsi di essere ancora vivo. Il freddo gli correva addosso, sulle braccia e sulla schiena nuda, sollevando una pelle d’oca, che gli faceva storcere il naso quasi fosse irritato. “Non mi piace stare qui a letto per parlare” rispose in un capriccio.

Brienne si guardò attorno. Non che avessero molto spazio. “Dove vorresti farlo?” gli chiese perplessa.

“Non lo so, fuori di qui. Qui…” cominciò a dire lui, allungando il collo per spiarla sotto alle lenzuola “mi vengono strane idee.” Poi le si avvicinò e cominciò ad accarezzarla con la punta delle dita. Un tocco lento e sensuale al tempo stesso. Passò i polpastrelli sul collo, tra i capelli di lei e poi si fermò sulle sue labbra, accarezzandole lento ed ossessivo. Era una sensazione strana, dolce, intima, perturbante. Le faceva perdere la concentrazione di qualunque cosa stessero parlando. E lui sorrideva.

Le piaceva quel sorriso, le piaceva da morire vederlo soddisfatto di essere riuscito ad accenderla, di aver suscitato in lei sporchi pensieri, che di sporco avevano solo il risultato tra le lenzuola. Brienne però non si lasciò deconcentrare. Sapeva di aver temporeggiato anche troppo nei giorni precedenti e che avrebbe dovuto parlargli questa volta ed uscire da quella bolla. “Devo dirti una cosa.” Sentenziò prima di perdere il coraggio. Abbassò lo sguardo e decise che per farlo aveva bisogno di non guardarlo o non ce l’avrebbe fatta, o avrebbe pianto a dirotto per tutto il tempo, senza fargli capire niente. Intanto le sue carezze lente ed ossessive continuavano confondendola. Strinse gli occhi per mantenere la concentrazione. Il cuore perse un battito per poi accelerare all’improvviso. “Sono incinta.” Sparò alla fine e sembrava davvero di aver investito tutto con quelle poche parole.

Jaime si bloccò immediatamente. Le sue dita dalle labbra di lei gli caddero sul suo mento. Rimase impietrito per qualche lunghissimo secondo.

“Sono due mesi che…”  cominciò a spiegare lei, ma Jaime non le diede tempo. In uno scatto le fu addosso e la strinse. La strinse così forte che era impossibile non sentirsi male, non piangere, non provare amore con ogni fibra del suo essere. Brienne cominciò a tremare e, forse per uno strano riflesso sviluppato durante l’inverno, si sentì viva. Chiuse gli occhi perché non voleva piangere e per la prima volta si lasciò andare all’idea che fossero i nuovi ormoni a farla sentire così: emotiva, fragile, indifesa. Era una sensazione nuova, a tratti rassicurante.

“Due mesi?” ripeté Jaime. Aveva gli occhi colmi di meraviglia, non riusciva a chiudere le labbra, sorrideva e respirava quasi come avesse l’affanno.

Brienne fece cenno di sì col capo e nascose il viso sul suo petto, come se provasse vergogna.

“Dovevi aspettartela, non sbaglio un colpo.” Disse orgoglioso, soddisfatto, quasi fosse motivo di vanto. Vide in lui quasi un Lord felice di mettere al mondo il suo erede.

“Jaime!” fece subito Brienne imbarazzata. Non era così che era successo. Non perché lui lo volesse. Era stata una coincidenza. Non era quello che lui stava cercando di fare quando faceva l’amore con lei. No, loro si stavano amando. La gravidanza era stata un’imprevista coincidenza, che lei non credeva le appartenesse. Fino a quando…

Jaime rise. La sua risata era cristallina, divertita, giovane, spensierata. Le piaceva da morire. “L’ho detto apposta per farti ridere!” si lamentò poi, prima di piegarsi di nuovo su di lei e riempire di baci quella nuvola di capelli biondi che riusciva a raggiungere.

Brienne accennò ad un sorriso, che tentò di nascondere anche se sapeva che lui l’aveva visto e stava sorridendo con lei. Sospirò poi e la tenne stretta, pensando che l’avrebbe fatto anche se Brienne se ne fosse lamentata. Invece lei si fece piccola piccola, quasi stesse involvendo a bambina. Si accoccolò contro si lui come mai aveva fatto e si lasciò quasi cullare.
Non sembrava più così difficile.

Jaime vide una donna, come le altre. Fragile, spaventata. Eppure, così forte, così indomita e coraggiosa. Eppure, sapeva che sotto sotto la vita, quella vera, le faceva paura, che bramava amore come ogni altra e forse anche la vita che le stava crescendo a dentro come per miracolo. L’aveva letto da subito in quegli occhi feroci ed a tratti tristi, affamati di sentimenti. Eppure… “Che cos’è che ti fa tutta questa paura?”

Brienne scrollò le spalle. Si rese conto allora di tremare. Strinse le gambe quanto più vicino al petto potesse in quell’abbraccio. Eccolo quel brivido, la realtà che veniva a reclamare il suo prezzo.

“Ti ci vedo benissimo, lo sai? Saresti perfetta, una bravissima madre.”

Brienne si staccò allora. Questo la colpì e per un attimo la paura passò in secondo piano “Io?”

“H-hm. Vedo come proteggi Lady Sansa, come hai cresciuto Pod. Sei paziente.”  Aggiunse. La vita le aveva insegnato ad esserlo, a nascondere i suoi sogni di donna ed aspettare. Jaime sorrise intenerito da lei, dal suo stato, dal figlio suo che le stava crescendo dentro, da tutto. “Sei amorevole, affettuosa, persino tenera a volte. Questo bambino sarà fortunato ad avere te.”

“E te.”

Il viso di Jaime si incupì. “Già.”

Un altro brivido drizzò la schiena di Brienne. Cercò gli occhi di lui. Era troppo buio per poterne ammirare il colore. “Hai paura?”

“Certo. Non l’ho mai fatto.” Aveva sempre pensato ai suoi tre figli come ad un seme in un terriccio, la pancia di Cercei. Era stato immaturo. Erano i figli di Cercei, non i suoi. Lei non lo lasciava neanche avvicinare. Ed aveva ragione, lo faceva perché lo conosceva bene: chissà che non gli fosse venuta la brutta idea di crescerli o solo affezionarcisi. Magari Geoffrey sarebbe cresciuto diversamente. Magari sarebbero stati allontanati da corte o uccisi tutti e lei li doveva proteggere.

Lei si staccò, tornò nella sua metà del letto, sotto gli occhi di lui che ormai non la perdevano di vista. Si sentiva sotto esame, eppure sapeva che se solo avesse voluto quell’abbraccio di poco prima, questo sarebbe stato a portata di mano. “E se fosse una femmina?” chiese Brienne lasciandosi andare alla fantasia, un po’ timida, un po’ curiosa, a bassa voce, quasi si vergognasse di esserne entusiasta. Neanche se ne rendeva conto di aver poggiato una mano stesa sulla sua pancia in corrispondenza di dove stava crescendo suo figlio o sua figlia. Lo proteggeva già o lo accarezzava già. Jaime immaginò le sue carezze premurose su quella piccola creatura.

“Non sarebbe importante.” Rispose lui.

Certo che lo sarebbe: le femmine sono diverse. Brienne sarebbe stata in grado di crescerla? E se fosse stato un maschio? “Ho paura che ti somigli.” Gli disse poi “Che non riuscirei a guardarlo senza pensare a te.”

Jaime chinò la testa confuso. Poi chiuse gli occhi e Brienne credette che si stesse immaginando con lei, con loro; a tenere in braccio con una sola mano quel fagotto di coperte da cui avrebbe visto spuntare le mani di suo figlio che si allungavano; a correre per giocare; ad insegnargli l’uso della spada, maschio o femmina che fosse; a cercare un pretendente tra le famiglie più abbienti e vederlo o vederla andare via con l’amore negli occhi e rivivere tutto daccapo, ma come spettatore mentre lui o lei cresceva ed amava. Sarebbe stato quello che avrebbe fatto Brienne invece, mentre Jaime sarebbe morto più in là, con lei, forse a Tarth, forse al Nord, lontano comunque da Approdo del Re.

Sarebbe dovuta andare così e non morire là tra le macerie, guardando alla morte con rimorso e sofferenza.

“Mi dispiace tanto.” Disse invece Jaime alla fine.

Le fantasie di Brienne cessato improvvisamente. Lui non ci sarebbe potuto essere. Già non c’era in quel momento. Non lo sapeva. Non sapeva del bambino ed era morto. Non sarebbe mai stato suo padre, non l’avrebbe mai visto, né preso in braccio. Non l’avrebbe mai guardato dormire. Non l’avrebbe mai cresciuto, ascoltato, non gli avrebbe mai insegnato cos’era la vita o l’amore. Jaime era già morto e di quel bambino non ne sapeva niente.

“Perché?” urlò Brienne soffocando le grida in un cuscino. Le lacrime scorrevano copiose. Se avesse avuto davvero Jaime di fronte l’avrebbe preso a pugni. Gliene avrebbe dati così tanti fino ad esaurire la disperazione ed arrendersi tra le sue braccia. Allungò la mano e l’altra metà del letto era vuota, fredda. “Torna qui.” gli chiese lei quando ormai aveva esaurito le lacrime, con gli occhi gonfi e senza forze.

“Non ti lascio.” Sentì Jaime dirle, pacato, avvicinandosi al suo orecchio. La sua voce era come una carezza.

Brienne avrebbe voluto lasciarsi cullare, chiudere gli occhi e credere alle sue parole, che sentiva solo nella sua testa. Eppure, anche se alzava gli occhi e lo vedeva, sapeva che non era là “Mi hai già lasciata.” Rispose amaramente.

“Non avrei voluto,” la corresse lui “ma sono contento per te. Per voi due.”

“Dovevamo essere noi tre.” Fece Brienne come fosse un lamento.

“Lo so. Mi perdonerai mai?” gli chiese in una supplica, sebbene sapesse di non poter pretendere niente “Gli dirai che suo padre era quello stronzo che ti ha abbandonata?”

Brienne fece di no col capo. Jaime la metteva incinta, la abbandonava, moriva e Brienne ancora non lo odiava. Come odiarlo? Continuava anzi ad amarlo sebbene fosse morto.

“Sarai fantastica.”

“Smettila.”

“Lo credo davvero.” Disse mettendosi una mano sul petto, la sinistra, come a convincerla della sua sincerità.

Brienne lo guardò. I contorni dei suoi lineamenti si stavano sfocando ancora. Non faceva più caldo contro di lui, il freddo la stava riportando alla realtà. Se avesse guardato oltre il bordo del materasso avrebbe notato il fuoco spento. Non c’era Jaime e non ci sarebbe stato mai più. “Non ce la faccio.” Confessò tra le lacrime.
Cosa avrebbe fatto Jaime se avesse potuto vederla? “Devi.” Le disse deciso “Guardami, devi.”

“Lo so.” Si fece coraggio Brienne. Chiuse gli occhi solo un’ultima volta e Jaime era di nuovo là. Le stava accarezzando il viso e con le dita le stava aprendo la bocca per baciarla con forza. Si era fatto così vicino che il suo petto le schiacciava il seno tanto forte da farle male.

“Tu sei forte.” Le disse con sguardo convinto, con gli occhi dritti nei suoi, così intensi da crearle quasi disagio. La vedeva sempre, l’aveva sempre vista per quella che era. “Più di me.” Aggiunse, rilassando la tensione.

Brienne fece cenno di sì col capo di nuovo, poi di no e non capiva più niente fino a che non lo sentì sorridere ancora. La sua risata era sempre la stessa. Jaime le prese la mano e lei gliela tenne stretta stretta tra le sue.

“Posso stare tranquillo adesso?”

“Non te ne andare.” Lo supplicò.

“Starò con te fin quando non ti addormenti.”

“Non voglio svegliarmi.”

“Invece lo farai. Per lui o lei.” Disse sorridendo. Se avesse potuto, avrebbe pensato a suo figlio ed al legame ancestrale che avrebbe avuto con lui. Se avesse potuto, avrebbe deciso di crescere quel bambino finalmente come suo. Se avesse potuto, non si sarebbe tirato indietro.

Brienne era stanca. Chiuse gli occhi e si immaginò la voce di Jaime che canticchiava una canzone che la cullava.



 

Angolo dell'autrice
Ooook. Veniamo a noi. 
E' una storia un po' strana questa, me ne rendo conto. Il what if si riferisce a "cosa sarebbe successo se Brienne fosse rimasta incinta prima di andare ad Approdo del Re nel finale di stagione. 
Dunque, come avrete capito in questa storia Jaime è morto. Brienne lo sta immaginando. Infatti quello che pensa Jaime sono tutte cose che Brienne sa di lui. Il suo pensiero è più che altro quello che Brienne immaginava avrebbe potuto pensare in quella situazione. Uff,  è stato difficilissimo non aggiungere altro! Poi, il personaggio di lui è leggermente (forse anche di più) OOC, per la stessa ragione. Cioè Jaime è quello che lei immagina che sia, come lo vede lei, non com'è lui, né come lui crede di essere. Anche quando dice "mi perdonerai mai?": Brienne sa che lui si sottovaluta, quindi ha incorporato quell'atteggiamento negativo di lui che lei conosce, nella sua immaginazione. 
Insomma è stato una cosa carina da scrivere. Mi è piaciuta molto. 
Non me ne voglia chi mi segue, perché non ho aggiornato le altre storie. In realtà mi manca un ultimo capito di Afterwards e sto aspettando lo slancio di ispirazione giusto per darle il giusto finale. 
Vabbè, finito. Mollo xD fatemi sapere se vi è piaciuta e cosa ne pensate di queesta storia. Un bacio a tutti.
  
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