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Autore: therealbloodymary01    20/09/2020    2 recensioni
Quando i predoni arrivano ad Ealdor, Merlino è disposto a fare tutto ciò che è in suo potere per salvare la sua gente. Artù scopre della sua magia ed è troppo confuso per pensare in modo lucido. Ma in qualche modo, nessuno dei due è disposto a perdere l’altro, almeno non senza lottare.
Dal testo:
Perché, perché l’aveva fatto? Aveva lasciato che la rabbia lo sopraffacesse, che il suo orgoglio prendesse il sopravvento sul buon senso, ed aveva gettato via l’unica cosa bella che aveva.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Il principe era quasi scivolato nel mondo dei sogni quando avvertì un rumore strano, come di un rantolo continuo. 

"Che diamine c'è adesso" disse fra sé e sé, rimettendosi a sedere. Sul pavimento, l'esile figura del suo servitore si stava agitando visibilmente.

"Merlino" lo chiamò il biondo, spazientito.

"Mi faresti la cortesia di non contorcerti tanto? Mi fai angosciare."

Non ricevette risposta. Il corvino continuò ad agitarsi sempre di più finché, voltandosi, il principe non ne capì il motivo. Aveva il viso completamente madido di sudore.

Rapidamente accorse presso di lui, portando una mano  a toccargli la fronte.

"Dio, sei bollente. Vieni, ti porto da Gaius." Disse, allarmato.

L'erede al trono si accinse a sollevarlo di peso, ma fu fermato dal servitore, che scosse la testa.

"Non… può curarmi. Sapevo che ci sarebbero stati degli effetti collaterali… passerà da solo"

"Di che stai parlando? Merlino, cos'hai fatto?"

"Niente!" Protestò il corvino.

"È il prezzo da pagare per l'incantesimo. L'ho trovato in un antico libro di magia che mi regalò Gaius, ma era molto… intenso, ecco. Mi ha lasciato completamente senza energie"

“Visto lo stato in cui sei ridotto, ti ci mancava anche l’incantesimo destabilizzante. Dì un po’, ce l’hai un minimo di spirito di autoconservazione?”

“Meglio questo che il rogo, non trovate?”

“Lasciamo perdere. Sei un enigma, Merlino" affermò il principe, sconsolato.

Il giovane mago si portò le ginocchia al petto, circondandole con le braccia. Tremava violentemente a causa della febbre.

Artù sospirò. Non poteva lasciarlo dormire per terra in quelle condizioni.

“Avanti, vieni di là” disse, indicando il suo letto.

Il corvino scosse la testa.

“So che avete la sindrome del cavaliere, ma posso stare qui, non preoccupatevi”

“Non era una richiesta, Merlino, ma un ordine”

“Sul serio, sto bene”

“Stai tremando come una foglia! Non ti farà certo bene stare sul pavimento! Se ti riduci ad uno straccio poi, domani chi mi porterà la colazione?”

Il più giovane finalmente si arrese, alzandosi a fatica.

Il biondo lo guidò fino all’altro lato della stanza, cingendolo attorno alla vita.

Prima di sedersi su quel materasso dall’aria esageratamente comoda, Merlino lo tastò con entrambe le mani. Non aveva mai dormito in un letto così morbido. Quando finalmente si distese, una piacevole sensazione di benessere lo pervase all’istante. La sua schiena non aveva mai conosciuto un tale livello di comfort, nemmeno con il letto che aveva nello studio di Gaius, che pure non era niente male. Senza volerlo, si lasciò sfuggire un gemito di piacere.

“Un altro suono come questo e te ne torni sul pavimento” dichiarò il principe.

“Scusate. Il fatto è che non è da tutti condividere il letto di Artù Pendragon in persona” si giustificò.

“Hai idea di quanto poco suoni bene come frase? Ora taci, prima che mi penta di questa pessima decisione. E non ti azzardare a raccontare questa cosa a nessuno, o mio padre sarà l’ultimo dei tuoi problemi” lo avvertì.

“Quanta ostilità… non me lo aspettavo dopo che mi avete chiesto di dividere il lett-”

Il corvino fu interrotto da una ben poco elegante gomitata da parte del principe, definitivamente seccato dal suo umorismo notturno.

“Invece di fare lo spiritoso dovresti coprirti, idiota, o morirai di freddo. Buonanotte.”

“Buonanotte, mio Signore” replicò il più giovane.

La nebbia era fitta. Il luogo in cui si trovava non era molto definito, eppure sapeva perfettamente di che posto si trattasse: la piazza pubblica, ed era in corso un’esecuzione. Artù assisteva all’evento in mezzo alla folla, come un cittadino qualunque.

“Perché non sono con mio padre?” si era chiesto, ma la sua domanda non aveva ricevuto risposta e si era persa nell’eco di tutto quel trambusto. Due guardie stavano trascinando il condannato a morte davanti agli ammutoliti spettatori. Di corporatura era esile, ma il principe non avrebbe saputo dire chi fosse con certezza. Indossava un cappuccio sulla testa, chissà per quale motivo. Fu posizionato sulla forca ed il boia si pose alle sue spalle, la scure vibrante nell’aria, pronto a prendersi la sua vita.

Poi gli tolsero il cappuccio dalla faccia ed il cuore del principe mancò un battito.

“Per aver praticato la magia entro i confini di Camelot io, Uther Pendragon, ti condanno a morte, Emrys.”

“NO!” gridò Artù prima di potersene rendere conto. Nessuno sembrava aver fatto caso a lui, anzi, nessuno sembrava proprio averlo sentito. Era come se appartenesse ad una dimensione trascendentale a loro invisibile. Provò a chiamare suo padre, ma nemmeno lui sembrava vederlo. Improvvisamente, sentì una mano picchiettargli insistentemente sulla spalla, che lo fece sobbalzare. Era Gwen, sconvolta dalla scena a cui stava assistendo.

“Devi fare qualcosa, Artù” gli disse la fanciulla.

“Non posso” le rispose lui, gli occhi offuscati dalle lacrime. “Non mi sentono”

La nebbia cominciava ad infittirsi, tanto che il principe non riusciva a vedere ad un palmo dal proprio naso. Continuava a guardare fisso il punto dove si trovava Merlino, ma tutto ciò che riusciva a vedere erano ombre.

Il boia teneva ancora la scure sollevata in aria. Poi, di colpo, la abbassò.

Il principe cercò di urlare a pieni polmoni, ma non uscì alcun suono dalle sue labbra. Era come paralizzato.

“Dovevi proteggerlo” gli disse Gwen, ma anche lei, ormai, stava svanendo. 

Artù cercò disperatamente di raggiungere il suo amico, ma gli sembrava di camminare sul posto. Non può essere morto, si ripeteva in mente, ma in cuor suo sapeva che era così. Poi la sentì. La sua voce.

“Artù!”

“Merlino! Dove sei?”


“Artù! Volete svegliarvi o no, testa di fagiolo?”

Il principe spalancò gli occhi, ritrovandosi davanti un volto familiare che lo osservava divertito. Il suo labbro inferiore, notò, stava sanguinando, la ferita doveva essersi aperta di nuovo durante la notte.

“Stavate parlando nel sonno, sapete?” gli riferì.

“Ah sì? Che ho detto?” rispose il biondo confuso, cercando di abituarsi alla realtà concreta, che si era sostituita a quella onirica fin troppo in fretta.

“Declamavate il mio nome a gran voce! Avreste dovuto sentirvi: "Merlino di qua, Merlino di là" Voglio sperare fosse un sogno piacevole…” disse, accennando una risatina.

Artù si sentiva fin troppo agitato per rispondergli per le rime, quel sogno gli aveva lasciato un senso di impotenza che gli era ancora difficile sopprimere.

“Ma piantala, idiota. Sarai stato in ritardo come al solito e ti stavo chiamando”

“Sì… dicono tutti così” 

“Merlino. Che vuol dire Emrys?”

Il giovane mago lo guardò perplesso, giocando distrattamente con il bordo della pesante trapunta del letto.

“Non lo so. Dove l’avete sentito?”

Artù esitò. Non voleva spaventare ulteriormente l’amico raccontandogli del suo incubo, avevano avuto abbastanza guai in quei giorni, ma sentiva come se quella parola avesse un significato importante, forse addirittura vitale. Ma probabilmente era solo il frutto della sua agitazione e delle notti insonni, non valeva la pena allarmarsi. Decise di sorvolare per il momento.

“Lascia perdere, non è niente.”

Quasi senza che se ne rendesse conto, la sua mano destra era finita sotto il mento del corvino, un pollice ad accarezzare il punto in cui il suo labbro stava ancora sanguinando.

“... Che c’è?” gli chiese questi, sorpreso da un tale gesto.

I due si fissarono per un breve istante, poi il principe, di colpo, rimosse la mano, interrompendo il contatto visivo.

“Stai sanguinando. Meglio se vai a farti vedere da Gaius. A proposito, prima che tu esca, sei sicuro che l’incantesimo sia andato a buon fine? O devo aspettarmi di venirti a trovare di nuovo nelle segrete? Sinceramente sono stufo di farmi tutte quelle scale.”

Il più giovane sogghignò.

“Non preoccupatevi, è più che affidabile.”

“Guarda che non dubitavo certo della magia, ma delle tue capacità…”

“Siete proprio un babbeo” sussurrò Merlino mentre si affrettava ad uscire, facendo giusto in tempo a schivare un cuscino tiratogli dal biondo.

L’erede al trono lo guardò richiudersi la porta alle spalle e, non sentendo alcun suono allarmante di guardie all’inseguimento o roba simile, si rilassò del tutto per la prima volta in quella fatidica settimana. Forse, finalmente, tutto era tornato alla normalità.

Ma il destino evidentemente aveva in serbo per lui un disegno ben diverso. Il suo servitore era uscito da appena cinque minuti quando fece irruzione nuovamente nella stanza, inciampando e quasi cadendo a terra per la fretta.

“Artù, dovete venire. C’è un problema.”

“Non dirmi che si ricordano ancora dei tuoi poteri?”

“No, dormono tutti!”

“Merlino è prima mattina, è normale che non tutti si siano--”

“No, non avete capito! Sono tutti addormentati… in posti improbabili.”

~°~

La corte di Camelot era nota soprattutto per disporre di un esercito praticamente invincibile e dei membri della servitù più esperti di tutti i vicini reami. Non c’era persona nel raggio di chilometri che non ne conoscesse le incredibili virtù. Alcuni le decantavano, altri le invidiavano, ma era innegabile il fatto che fosse uno dei luoghi più all’avanguardia dell’epoca. Pochi però erano a conoscenza di uno dei suoi più terribili difetti: era totalmente caotica. Già di prima mattina si potevano udire i battibecchi dei cuochi che dovevano decidere il piatto del giorno, o i battibecchi tra le giovani reclute dell’ordine dei cavalieri, che si alzavano di buon’ora per fare allenamenti extra e scoprivano che la lancia o la mazza ferrata erano già state prenotate da qualcun altro. Insomma, era rarissimo che si stesse veramente in silenzio, nemmeno alle ore più tarde della notte, tanto che la maggior parte dei suoi abitanti aveva ormai fatto l’abitudine a dormire con un sottofondo di rumori miscelati e gli altri, meno fortunati, si erano trasferiti o avevano perso il lume della ragione.

Perciò quel giorno, quando il principe sgusciò fuori dal letto per seguire un trafelato Merlino, si rese conto di quanto silenzioso fosse stato il castello fin da quella mattina. Avrebbe dovuto accorgersene, ma era stato distratto da altri problemi. Per i corridoi scarsamente illuminati, poiché nessuno si era preso la briga di accendere le torce, i due scorsero le pattuglie di guardie addormentate sul pavimento, insensibili a qualunque contatto o richiamo verbale. Nelle stanze dei nobili era accaduta la stessa identica cosa, idem nelle cucine e nelle camere della servitù. Persino Gaius giaceva con la testa reclinata sulla sua sedia, completamente inerte. Fuori dalle mura del castello, la situazione era la stessa. A Camelot vivevano più di duemila persone e tutte, eccetto il principe ed il suo servitore, sembravano tutto ad un tratto essersi dimenticate di essere vive. La faccenda era piuttosto inquietante.

“Chi può aver fatto una cosa simile?” si domandò Artù, piuttosto scosso.

“Non lo so, ma conosco qualcuno che potrebbe illuminarci”

“Non so se l’hai notato Merlino, ma almeno che tu non ti riferisca ad una persona che vive al di fuori di Camelot, nessuno qui può esserci granchè d’aiuto”

“Ma infatti non parlavo di una persona. Avete presente i draghi?”

Artù Pendragon aveva immaginato che il corvino nascondesse dei segreti già da prima di scoprire dei suoi poteri. Anche dopo averlo scoperto, comunque, aveva intuito che ci sarebbero state delle altre confessioni, cose correlate alla magia che il più giovane aveva sempre dovuto nascondergli, e che ora avrebbe potuto rivelare. Ma non si sarebbe mai aspettato che il suo buffo e maldestro amico ossessionato dalle sciarpette per il collo conversasse abitualmente con un gigantesco drago in carne ed ossa, che per qualche motivo era incatenato nelle segrete del suo castello senza che lui ne avesse idea.

“Vedo che hai compagnia, giovane mago” esordì Kilgarrah, i grandi occhi neri puntati sul principe.

"Mi sembrava di averti avvertito di non rivelare il tuo segreto a nessuno…"

Merlino vide per la prima volta Artù Pendragon esitare, chiaramente stupito dalla creatura che aveva di fronte.

“... Merlino? Vuoi fare le presentazioni?"

"Oh, ma certo, scusate. Artù, questo è Kilgarrah, lui è un--"

"Drago. Sì, ci ero arrivato."

"Kilgarrah, questo è…"

"Il futuro re di Camelot" finì per lui la creatura.

"Bene, ora che le presentazioni sono state fatte, avremmo un problema" continuò il corvino.

"Questo lo so, giovane mago, ti riferisci alla maledizione che si è abbattuta sul regno"

"Maledizione?" Chiese Artù, che cominciava a sentirsi un tantino frastornato.

Non capitava certo tutti i giorni di discutere con un drago gigantesco del fatto che i propri sudditi fossero apparentemente vittime di un incantesimo del sonno.

"Questa maledizione… chi è il responsabile?" Intervenne Merlino.

“Non ne ho idea, dovrai scoprirlo tu, mio giovane amico. Tutto ciò che posso rivelarvi è che nel cuore della foresta troverete le risposte.”

“Come spezziamo il sortilegio?”

“Trovate l’Occhio del Drago” furono le ultime parole che Kilgarrah rivolse ai due ragazzi, sparendo repentinamente nei meandri dei sotterranei.

“Aspetta! Che cos’è l’occhio del drago?” gli gridò dietro Merlino inutilmente.

Più che metterli sulla buona strada, quel colloquio non aveva fatto altro che confonderli. Non avevano idea di chi avesse lanciato la maledizione, nè di come spezzarla. Sapevano a malapena dove recarsi, dato che la foresta si estendeva per ettari ed ettari di territorio, per la maggior parte inesplorato. In sintesi, si ritrovavano con un’intera città addormentata ed un vago indizio su cosa fare.

Artù si passò una mano tra i capelli, osservando la roccia sulla quale il drago era stato appollaiato fino a pochi minuti prima.

“È sempre così… enigmatico?”

“Voi non ne avete idea…”

Si guardarono, consci dell’assurdità della loro situazione.

"Ci sarà mai un periodo di pace?" chiese Merlino, più a sè stesso che ad Artù.

"Mi chiedo la stessa cosa" replicò il biondo.



Author's corner:
Finalmente ho avuto tempo di revisionare questo capitolo che, a dire il vero, era già praticamente pronto da qualche giorno (non uccidetemi) ma doveva essere rifinito... spero vi piaccia!
In breve tempo, tra l'altro, inizierò varie cose, tra cui le lezioni all'università e una certificazione di spagnolo, per cui cercherò di aggiornare una volta a settimana in un giorno ancora da definire. Per avere più informazioni vi invito a seguirmi su Instagram (@camelotsroyalprat), dove oltre a postare meme deficienti avverto anche quando aggiorno...
Ringrazio come sempre @royal_donkey, @felpie e @maar_jkr97, nonchè tutti coloro che hanno salvato la storia tra le seguite/preferite/ricordate e tutti i lettori silenziosi.
Alla prossima!
@therealbloodymary01

   
 
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