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Autore: _ Arya _    21/09/2020    3 recensioni
Dublino.
Killian Jones, 28 anni, consulente investigativo e assistente alla scientifica. Dopo un incidente che ha causato danni permanenti alla sua mano, ha dovuto rinunciare alla carriera di agente di polizia.
Emma Swan, 23 anni, da aspirante campionessa olimpionica a genio informatico. A 18 anni ha dovuto rinunciare alla sua carriera di pattinatrice artistica sul ghiaccio, proprio quando il sogno delle olimpiadi era vicino, a causa di un incidente che l'ha costretta su sedia a rotelle.
; Dal capitolo 3:
-Tu non sai niente di me, Jones.
-E tu di me, Swan.
-So che pecchi eccessivamente di modestia, ad esempio.
-La modestia non mi avrebbe fatto arrivare dove sono oggi.
Ci guardammo con intensità. Sapevo di non essere la persona più umile al mondo, ma era stata la vita a rendermi così, e ne andavo fiero. Avevo imparato a smettere di mettermi in discussione ogni volta, diventare forte per fare in modo che quell'incidente, diventasse solo un minuscolo incidente di percorso. Avevo lavorato molto su me stesso e completamente da solo. Perché sapevo di potermela cavare: ne ero uscito vittorioso.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Jefferson/Cappellaio Matto, Killian Jones/Capitan Uncino, Tilly/Alice, Trilli
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Fighting the fear




KILLIAN POV
 
Luci.
Voci.
Rumori.
Ancora voci.
Quello fu il mix che seguì quella stretta calda che bruscamente si interruppe.
Qualcuno ripeté il mio nome, una volta, due volte, tre.
Avrei voluto rispondere, ma non ci riuscii.
-Emma... - fu tutto quello che fui in grado di borbottare. Emma. Ero certo di aver sentito la sua voce, prima, ma adesso era diversa. Eppure, ero quasi certo di non essermela immaginata.
Aprii gli occhi per un istante, ma subito li richiusi. Troppa luce.
-Killian, se mi senti alza l'indice.
Lo feci. Certo che sentivo, non ero mica sordo... Solo confuso.
Confuso come se mi fossi appena svegliato da un letargo durato mille anni.
-Molto bene. Abbassate le luci, per favore.
Probabilmente eseguirono, visto al secondo tentativo riuscii ad aprire gli occhi senza rimanere abbagliato: dopo aver battuto le ciglia un paio di volte, riconobbi la dottoressa Grey, china su di me.
-Sai chi sono, Killian?
-Si...
La mia stessa voce mi fece paura, era più rauca di quando avevo il raffreddore. E anche pronunciare quel monosillabo, mi fece avvertire un lieve bruciore alla gola.
Cosa era successo? L’ultima cosa che mi veniva in mente…
Le ragazze.
Le ragazze!
L'auto che andava fuori controllo... le ragazze!
-Alice. Le... le ragazze...
-Non ti agitare Killian, stanno tutte bene grazie a te.
La mia mente era offuscata, mentre veniva riempita di ricordi più e meno nitidi. L'auto in corsa, il dolore, la paura, l'adrenalina.
Il buio.
La perdita di controllo.
Ancora il dolore...
La paura di morire.
-Oh. Sono… vivo.
-Sei vivo. Riesci a seguire quello che ti sto dicendo?
-Sì, sì.
-Ottimo. Ora per favore, segui con lo sguardo la luce...- mi puntò una piccola torcia contro, iniziando a muoverla lentamente verso destra.
La seguii, e la seguii anche verso sinistra. Una volta, due volte, tre volte. Fui solo costretto a stringere leggermente gli occhi per il bruciore.
-Benissimo. Puoi stringermi la mano, ora?
Feci anche quello, pur rendendomi conto di avere decisamente poca forza. Un neonato avrebbe indubbiamente fatto meglio di me, in quel momento.
Continuai a eseguire le sue istruzioni, anche se mi mancavano davvero le energie: mi sentivo stordito, come se fossi stato investito da un camion. Ma ero sopravvissuto, a quanto pare, quindi… avrei dovuto essere contento. Sarebbe potuta andarmi molto peggio.
-Le funzioni motorie sembrano a posto, non sembra tu abbia subito danni permanenti. Ricordi il tuo nome?
-Andiamo, non sono messo così male.
-La prassi, Jones.
-Killian.
-In che anno siamo?
-2019. Suppongo.
-Ricordi quel che è successo?
-Sì. Credo. Ho bisogno di tempo. Sono immagini confuse... ma sì. Solo che... non dobbiamo per forza parlarne adesso, spero…
-No, certo che no.
Ottimo. Ero troppo stanco per discutere di tutto, mi serviva tempo. Tempo per incastrare tutti i ricordi, capire cosa fosse vero e cosa no. A mente un po' più lucida. E tempo per... per capire come mi sentissi a riguardo.
Avrei dovuto testimoniare, sicuramente… Avevo bisogno di parlare con il Capitano. I bastardi erano stati presi? Erano in carcere? E il mandante? Ma poteva aspettare, almeno per il momento.
L'importante era che le ragazze stessero bene.
-Posso solo... sapere che cosa... insomma. In che stato sono?
Sicuramente ero sotto sedativi, visto che non sentivo alcun dolore, ma non ero tanto sciocco da credere di esserne uscito incolume. Ricordavo bene il dolore, il sangue... ma cercai di scacciare quelle immagini, quelle sensazioni, almeno per il momento.
-Innanzitutto, Killian, abbiamo dovuto tenerti in coma farmacologico per dodici giorni.
Deglutii.
Una parte di me sentiva che fosse passato un po' di tempo da quando ero stato conscio l'ultima volta ma... due settimane? Era molto più di quanto mi aspettassi.
-Oh. Ok... vada avanti. - borbottai. Se mi fossi bloccato a quel punto, sapevo perfettamente che non sarei più riuscito ad andare avanti e non potevo permettermelo.
-Hai subito un trauma cranico di livello medio-grave, ma per il momento non vedo ripercussioni. È un miracolo, Jones. Faremo altri test quando starai un po' meglio, solo per sicurezza.
Annuii, o almeno ci provai.
Ma bene, era una notizia positiva. Molto positiva, dato che ricordavo il dolore alla testa fin troppo bene. Non si era spaccata in due, la sentivo solo un po' pesante: sollevai quindi una mano, per toccarla.
Era fasciata.
-Non sono pelato... spero.
La dottoressa rise, ma io ero sinceramente preoccupato all'idea, per quanto sciocco potesse sembrare in quell’istante.
-Non sei pelato. Abbiamo dovuto rasare una piccolissima parte per operarti, ma in due settimane è senza dubbio stata coperta.
Grazie al cielo.
-Poi?
-Hai 2 costole incrinate in via di guarigione che avevano perforato un polmone. Ti ho operato io stessa e non ci sono state complicazioni, guarirai completamente. Ho rimosso anche la cisti. Hai anche perso molto sangue ed è stata necessaria una trasfusione, che ha avuto successo. Hai solo una micro-frattura in una spalla ma non me ne preoccuperei. Per quanto riguarda il resto ne parleremo quando te la sentirai, ma sappi che non hai riportato alcun danno permanente.
-Ok. - per il momento mi bastava sapere questo -Emma?
-Emma?
-Sì, insomma... sta.. è qui?
-Era qui. È venuta a trovarti tutti i giorni, è stata lei a donarti il sangue.
-Cosa...
Provai un mix di emozioni completamente opposte, a quella notizia: riconoscenza, gratitudine, amore, rabbia. Avrei voluto sgridarla, ma anche abbracciarla forte. Non riuscivo a credere che avesse fatto una cosa simile, o meglio, che glielo avessero lasciato fare. Non era il momento per lei di indebolirsi, non per me! Non quando c'erano alternative, cavolo... ma d'altra parte, avrei fatto lo stesso per lei senza pensarci due volte: in qualunque stato mi fossi trovato.
-Sta bene?
-Sta benissimo, non ti preoccupare.
-Posso vederla?
-Dovresti riposare, ma posso permettere un paio di brevi visite se te la senti. I tuoi genitori e lei.
Annuii. Non che me la sentissi particolarmente, non in quello stato... ma volevo rassicurarli e... dire a Emma tante cose. Anche se per ora, forse, mi sarei limitato a ringraziarla.
-D'accordo. E Killian, ricordati che se ti senti a disagio o qualsiasi cosa, sei libero di dirlo. So che ora non ne vuoi parlare, ma voglio che tu lo sappia.
-Apprezzo, ma... è tutto ok.
O almeno mi sembrava che lo fosse, per il momento. Avrei potuto cambiare idea durante un abbraccio? Forse. Ma ero abbastanza positivo, sotto quel punto di vista mi sentivo... a posto. Forse non avevo ancora metabolizzato, forse in un secondo momento sarebbe stato diverso, o forse... forse stavo bene e basta.
-Va bene. Solo non affaticarti, ci sarà tempo per tutto. Un passo alla volta e tornerai come nuovo.
-Hm.
Non potei far altro che accettare quelle condizioni, nonostante avessi mille domande in cerca di risposta. Ma sinceramente, non avevo abbastanza forza o concentrazione per pensarci adesso, quindi tanto valeva darle retta.
Lasciai che uscisse per andare a chiamare i miei ed Emma, e qualche minuto dopo rientrò coi primi due. Mia mamma aveva gli occhi gonfi, aveva chiaramente appena smesso di piangere, ma anche quelli di mio padre erano lucidi.
Li guardai, e non seppi cosa dire.
Mi ero trovato nella stessa posizione tanti anni prima, quando ero solo un ragazzino: non credevo sarebbe accaduto di nuovo. Odiavo far star male i miei genitori, farli preoccupare... ma non potevo nemmeno dire di essere pentito. Avevo fatto quel che andava fatto, e se le ragazze erano salve, beh, era valsa la pena.
-Ciao mamma... papà. - borbottai, quando restammo soli.
Mia madre scoppiò immediatamente a piangere e corse verso il mio letto, rannicchiandovisi davanti per prendermi la mano.
-Non... non piangere. Va tutto bene.
-Non dovresti essere qui. - singhiozzò, mentre le stringevo la mano per mostrarle che ero lì, che stavo bene, o almeno che lo sarei stato... avevo solo bisogno di tempo. Solo tempo.
-Mi dispiace... ma ho dovuto. Se non fossi andato...
Se non fossi andato con loro, non ci sarebbe stato alcuna certezza che le avremmo trovate in tempo, prima che fossero portate fuori dal Paese. Quando ero entrato in polizia avevo fatto un giuramento e lo avrei mantenuto. Sempre.
-Posso... posso abbracciarti? - singhiozzò ancora.
-Se trovi un modo con questa roba che ho attaccata...- feci, nel tentativo di strappare ai due almeno un sorriso.
Funzionò, risero entrambi.
Poi mia madre mi abbracciò, delicatamente, ma fu abbastanza per farmi sentir meglio: l'abbraccio materno era qualcosa di unico, rassicurante, colmo di calore.
Fu poi il turno di mio padre, che di solito non si lasciava andare a grandi esternazioni di affetto, almeno non in quel modo.
-Sei una testa dura figliolo.
-Ho preso da te.
-Lo so. Da un lato sono fiero, dall'altro ti prenderei a schiaffi. Devi per forza fare l'eroe, eh?
-Ho solo fatto quel che era giusto. E sono vivo.
L'uomo scosse la testa, sapendo che discutere con me non aveva senso: anche in questo stato la mia testardaggine non mi aveva abbandonato. Avevo fatto quel che andava fatto, e fossi tornato indietro lo avrei rifatto.
-Emma?
-Tesoro, Emma è... andata a prendere aria.
Lo disse con un tono troppo strano, però. Cosa c'era che non andava, adesso? Emma stava bene? La dottoressa Grey aveva detto di sì...
-Cosa non mi stai dicendo, mamma?
Sospirò, scambiandosi un'occhiata con mio padre.
-È... ha bisogno di tempo. Era con te quando ti stavi svegliando... ma...
-Non me lo sono immaginato, allora.
-No. È sempre stata con te, è venuta tutti i giorni, ti ha donato il sangue... ma appena uscita dalla stanza, ci ha solo detto che eri sveglio e... che aveva paura, che non era pronta a vederti passare quel che ha passato lei... poi si è allontanata.
Rimasi impassibile, non sapendo come reagire. Volevo disperatamente vederla, ma non riuscivo neanche ad essere arrabbiato. Mi aveva raccontato cosa aveva vissuto e, sinceramente, avrebbe fatto male anche a me vedere qualcuno che amavo dover sopportare tanto.
Non poteva sapere che stavo bene.
Bene per modo di dire, d'accordo, ma non... non com'era stata lei. Neanche lontanamente. Ma come poteva saperlo, se pure per la Grey era quasi un miracolo?
E poi... poi era probabile che sapesse anche del resto e forse non sapeva come affrontarlo. Neanch'io sapevo come affrontarlo.
Era normale che mi sentissi... normale? Avevo qualcosa che non andava? O forse sarei scoppiato all'improvviso?
Non potevo biasimarla, ma speravo che non ci avrebbe messo troppo, prima di prendere coraggio.
-Ditele che sto bene e... che mi piacerebbe vederla. Quando se la sente.
-Certo. Sono sicura che... non ci metterà molto. Tenere voi due separati non è semplice...
Sorrisi. Speravo avesse ragione e che sarebbe stato ancora così. Mi sarebbe piaciuto che le cose riprendessero da dove si erano fermate: sarei uscito presto da qui, e avrei potuto organizzare l'appuntamento che le avevo promesso.
A meno che non fosse stata... disgustata? Se non avesse più voluto toccarmi per... no. No.
Non potevo permettermi di pensare in questo modo, assolutamente no. Non ero il tipo e non volevo diventarlo. Non mi sarei pianto addosso, sarei andato avanti e basta.
-Adesso ti lasciamo, la Grey ha detto che devi riposare. Torniamo domani...
-Va bene. Una dormita senza sedativi dovrebbe rinvigorirmi... devo avere un aspetto orribile adesso.
-Abbastanza, ma c'è di peggio...
-Brennan!
-Scusa cara! Ha ragione la mamma, sei bellissimo come sempre, Killy!
Ridemmo tutti e tre, e nonostante tutto mi sentivo un pochino meglio. Avrei potuto dormire un po', e magari al mio risveglio... Emma sarebbe stata lì, stavolta. Se solo me ne avesse dato l'occasione, l'avrei stretta e le avrei promesso che tutto sarebbe andato per il meglio... che doveva avere solo un pochino di pazienza, per aiutare anche me ad averne.
Pensai che il fatto che avessi fame, fosse un altro segno positivo. Magari in serata avrei chiesto alla Grey di liberarmi di quel sondino per poter mangiare del cibo vero.
 


EMMA POV
 
Ero una vigliacca.
Killian mi avrebbe odiata probabilmente, e ne avrebbe avuto tutte le ragioni.
Ma mi era letteralmente mancato il respiro quando mi ero resa conto che si stesse svegliando. La paura mi aveva soffocata, mi si era stretto lo stomaco ed ero riuscita a malapena a dire ai suoi genitori quel che stava succedendo.
Poi ero scappata, da brava codarda.
Senza aspettare di sapere come stesse.
Avevo paura della risposta, avevo il terrore che le cose fossero andate per il verso sbagliato per l'ennesima volta.
Sapevo che qualunque cosa fosse successa gli sarei stata vicino e sarei riuscita e mettere da parte me stessa, le mie paure… ma proprio non ce l'avevo fatta, in quel momento.
Avevo preso l'ascensore ed ero salita all'ultimo piano, in terrazzo. C'era il sole, l'aria fresca mi aveva leggermente tranquillizzata e avevo potuto sfogare le mie lacrime senza essere disturbata.
Ora mi sentivo un po’ meglio, ma non ero ancora pronta. Avevo allungato una mano verso il cellulare con l'intenzione di scrivere a sua mamma, ma mi ero bloccata. Se mi avesse risposto che le cose andavano male? O peggio ancora, se non mi avesse risposto? Avrei presunto il peggio senza dubbio.
Mi veniva di nuovo da piangere, se pensavo a come le cose sarebbero potute andare se quei mostri non gli avessero fatto del male.
Avremmo avuto il nostro primo appuntamento, e forse anche il secondo e il terzo ormai.
Ed oggi, a quest'ora mentre il sole tramontava, saremmo stati intenti a scegliere la nostra cena, da poter gustare poco elegantemente sul divano, davanti a un film. Magari lo avremmo anche interrotto, per dedicarci a baci, carezze...
E avremmo iniziato a fare la lista delle cose da mettere in valigia.
Tra tre giorni saremmo dovuti partire, per quella che avrebbe dovuto essere una bellissima avventura da condividere insieme.
Invece, era sfumato tutto... e quel che mi faceva paura era l'incertezza. L'incertezza se tutto sarebbe tornato come prima.
Se fosse cambiato? Non ero certa lo avrei sopportato... avrebbe fatto troppo male.
-Emma, cosa ci fai qui tutta sola?
-Dottor Hopper?
Mi sbrigai ad asciugarmi gli occhi, poi mi voltai verso l'uomo, che mi guardava con un largo sorriso.
-Nulla, guardavo il tramonto.
-È il crepuscolo, ormai... inizia a far fresco.
-Sto bene così.
Non era vero, avevo un po' di pelle d'oca, ma non importava.
Il mio ex psicologo si avvicinò a me, posandomi una mano sulla spalla e portando lo sguardo al cielo.
-Hai ragione, è molto bello. Ma sei turbata, lo vedo.
-Non provi a psicanalizzarmi, per favore.
-Non era mia intenzione. Anche se sono uno psicologo posso ancora fare una chiacchierata amichevole, spero...
Sbuffai, era sempre stato così. Era probabilmente il migliore nel suo campo, se ancora non aveva perso le speranze con me, mandandomi a quel paese.
-Si tratta del tuo amico, vero?
-Cosa?
-Killian, giusto?
Sbuffai, ma poi annuii. A che pro negare? Tanto era ovvio e non avevo bisogno di nascondere di essere preoccupata per l'uomo che amavo, il mio migliore amico.
-Ti ha ricordato i tuoi brutti momenti.
-Come fa a saperlo...- domanda stupida, era sempre stato perspicace; al diavolo, cosa avevo da perderci? Avevo bisogno di parlarne con qualcuno di "esterno", e se avesse voluto psicanalizzarmi - affari suoi.
Mi avvicinai con la carrozzina ad una panchina, dove potesse sedersi anche lui.
-Quando mi sono svegliata, ero una persona totalmente diversa. Una persona che odiavo. Una persona che ha fatto una fatica incredibile per le cose più semplici, un'invalida. Anche se ora sento di essere molto più vicina a com'ero prima dell'incidente, ho ricordi orribili di quel periodo. Ma lei lo sa bene, mi ha conosciuta nel mio stato peggiore.
-Forse. Ma più che un'invalida, io ho visto una ragazzina estremamente testarda... tanto da convincermi a toglierle l'obbligo di terapia, e non succede spesso.
A quel ricordo non riuscii a fare a meno di ridere. La testardaggine era forse l'unica cosa che non avevo mai perso.
-Mi avrà odiata.
-No, mi piacevi molto invece. Sapevo avessi bisogno della terapia, ma allo stesso tempo ero certo che il tuo essere testarda ti avrebbe anche permesso di star meglio a modo tuo. L'ultima volta che ci siamo visti ne ho avuto conferma, oggi ancora di più. So che muovi le gambe.
-Sì. Domani dovrei iniziare la riabilitazione.
-È meraviglioso, Emma.
-Lo è? Io sto sempre meglio, la persona che mi ha permesso di arrivare a questo punto invece sta male. Non credo sia giusto.
-Sta bene, Emma.
Certo, "bene", ma cosa ne sapeva lui! Non poteva sapere se Killian sarebbe stato bene, nessuno poteva saperlo... era inutile che tentasse di rassicurarmi con parole vane!
-Ho parlato con i suoi genitori.
-Cosa? - avrei voluto mordermi la lingua. Volevo sapere? Lui sapeva qualcosa? Forse quel "sta bene" non era detto a caso? Maledizione... certo che volevo sapere.
-Erano scossi dopo averlo visto, ovviamente, ma... felici. Avevano bisogno di un piccolo supporto e io ero lì. Ovviamente quel che ci siamo detti è confidenziale, e non ho parlato con lui direttamente ma... è cosciente, ha parlato e scherzato con loro, li ha abbracciati. E ha chiesto di te.
Quasi non riuscii a credere alle mie orecchie. Stava davvero bene? Nonostante i vari imprevisti, stava bene?
-Non posso promettertelo non avendolo visto io stesso, ma basandomi sulle parole dei suoi genitori, sta molto meglio di quanto tutti si sarebbero aspettati. Deve essere veramente un osso duro!
Non seppi cosa dire.
Avrei voluto piangere di nuovo, o forse ridere.
O forse piangere, perché non era escluso che la mia codardia avesse rovinato tutto.
Cosa aveva pensato del fatto che non fossi andata a vederlo? Se i ruoli fossero stati invertiti, senza dubbio mi sarei svegliata con lui che mi teneva la mano, ne ero certa.
Io lo avevo lasciato solo.
Forse non ero forte abbastanza per una relazione, dopotutto. Se fossi scappata al primo ostacolo, cosa avrebbe potuto pensare di me? Mi facevo schifo io stessa! Non me lo meritavo Killian Jones, era un uomo meraviglioso e ben al di fuori dalla mia portata.
-Non essere troppo dura con te stessa, Emma. So cosa pensi.
-Ora legge anche nel pensiero?
-No, semplicemente ti si legge in faccia. Senti, non sta a me decidere come devi sentirti e cosa devi fare. La strada può essere lunga, e tu lo sai bene... ma più persone ti tengono la mano, più è semplice percorrerla.
In quel momento, tirai fuori il cellulare e vi lessi l'anteprima del messaggio sul display, ricevuto quasi due ore fa ormai.
"A Killian piacerebbe vederti quando te la senti...".
Era di Ailis.
Avrei trovato il coraggio.
Non in questo momento, non mi sentivo ancora pronta... ma lo sarei stata il prima possibile.
Avevo sbagliato, ma non voleva dire che non potessi cercare di rimediare. Lo dovevo a me stessa e a Killian, e forse alla fine mi avrebbe perdonata. Gli sarei stata accanto, come lui aveva fatto per me fino ad ora.
-Grazie dottor Hopper.
-Puoi darmi del tu e chiamarmi Archie, Emma. Non sei una mia paziente, no?
Sorrisi. Non lo ero, non lo ero mai stata e forse avevo sbagliato... ma andava bene così.
-Grazie allora, Archie.
-Io non ho fatto niente, ma prego. Ora cosa ne dici di rientrare? Si sta facendo buio... puoi rimanere qui per la notte, se vuoi. O ti chiamo un taxi?
-No... preferirei rimanere.
 
* * *
 
Avevo mandato un messaggio ai genitori di Killian, scusandomi della mia reazione e promettendo loro che avrei rimediato. Poi avevo chiamato i miei per avvertirli che quella notte sarei rimasta lì, per poter vederlo l'indomani mattina.
Infine, avevo ceduto ed ero andata in caffetteria a prendere un panino e una spremuta d'arancia, perché se non avessi mangiato nulla sarei svenuta. Quella giornata era stata psicologicamente estenuante e mi erano rimaste davvero poche forze.
Zelena mi offrì addirittura una stanza per la notte, ricordandomi che i bambini non vedessero l'ora di rivedere me e Killian. Aveva spiegato loro che fossimo entrambi in missione per adesso, ma che saremmo tornati presto... da una parte, non era una bugia. A far loro compagnia c’era stato Neal, quindi ero certa fossero in ottime mani: anche con lui avrei dovuto fare una chiacchierata vera e propria, glielo dovevo.
Ovviamente mi sentivo in colpa per aver saltato gli appuntamenti per due settimane, ma sapevo bene che non ne avrei voluto le forze e rischiare di fare una scenata davanti ai bambini, non era il caso.
La prossima domenica sarei tornata, lo avevo promesso a Zelena e lo dovevo anche a Lily.
Una volta sistemata in camera, mi ero sdraiata per cercare di prendere sonno... invece avevo continuato a girarmi e rigirarmi.
Per questo, alle due del mattino, mi ritrovai davanti alla vetrata della stanza di Killian. Era rimasto in terapia intensiva anche per quella notte, ma l'indomani lo avrebbero spostato se tutto fosse andato per il meglio.
Era bello vederlo muovere nel letto, come se fosse un'ulteriore prova che adesso stesse davvero dormendo e basta. Non era più in coma, privo di coscienza... era tornato.
Si rigirò un paio di volte, e per poco non feci un salto quando si voltò nella mia direzione, aprendo gli occhi.
-Swan, che ne dici di entrare?

 
12 giorni prima…
 
-Ragazzi, aspettate, possiamo ragionare civilmente.
-Perché dovremmo?
-Se volete uscire vivi da questa situazione, vi conviene. Lavoro in polizia da anni e le pedine fanno sempre una brutta fine, fidatevi.
-Fidarci di un piedipiatti che invece ci farà rinchiudere in cella a vita? No, grazie. Meglio divertirci un po'! Per una volta che posso fare un bel regalo a mio fratello... insomma, a lui le ragazze non piacciono, finora mi sono divertito soltanto io. Devo pur ricambiare il favore!
Killian Jones sudava freddo, stava iniziando a capire che nulla avrebbe fatto cambiare idea a quei due: erano semplicemente pazzi e malati. Avevano paura, erano stupidi, ma ciò non toglieva che non avessero la minima intenzione di tornare sui propri passi.
Ebbe paura.
Per la prima volta, ebbe davvero paura.
Mentre gli strappavano i vestiti di dosso come se fosse un pupazzo.
Avrebbe potuto ribellarsi, ma a che pro?
Uno, avrebbe solo rimandato la tortura di qualche secondo, visto che di forze ne aveva ben poche.
Due, se li avesse fatti arrabbiare ulteriormente, avrebbero potuto punirlo facendo del male anche alle ragazze. Ad Alice.
Così, seppur terrorizzato, non fiatò quando venne spinto in ginocchio.
Non fiatò quando uno di quegli orribili uomini si piazzò di fronte a lui, abbassandosi i pantaloni.
Avrebbe voluto piangere come un bambino, ma non lo fece. Pensò invece a Emma, voleva disperatamente tornare da lei e avrebbe fatto l'impossibile per riuscirci.
Vomitò, al culmine di quella tortura, ma subito si pentì di averlo fatto: per punirlo lo spinsero contro il tavolo, e prima che potesse provare a fare qualcosa per liberarsi da quello strazio, si sentì squarciato.
Gli mancò il fiato, ma non ebbe neanche il tempo di prendere un respiro, perché i due mostri continuarono senza mai fermarsi.
Non riuscì a trattenere le urla, ma allo stesso tempo si ricordò che non poteva arrendersi.
Ricordò gli insegnamenti ricevuti anni e anni prima.
Cercare di isolare la mente dal corpo, ecco cosa doveva fare. Doveva riuscire a sentirsi estraneo al suo corpo, e solo allora, con un po' di fortuna, avrebbe potuto sopportare. Sopportare e uscirne vivo.
Si concentrò allora su cose più importanti... il rumore che aveva sentito quando i pantaloni dell'uomo addosso a lui erano caduti a terra. Chiavi. Doveva avere delle chiavi in una tasca, e una di quelle chiavi avrebbe possibilmente aperto la cella in cui si trovavano le ragazze.
I suoi pensieri vennero interrotti da un dolore più acuto, e percepì il sangue iniziare a scivolare lungo le sue gambe.
Ma ancora una volta strinse i denti, perché se fosse svenuto sarebbe stata la fine... e quella tortura sarebbe stata totalmente inutile.
Le grida, quelle non poteva trattenerle. Lo stavano usando come carne da macello.
Un dolore fisico così acuto non lo aveva mai provato in tutta la sua vita, tanto che ad un certo punto le lacrime lo tradirono e iniziarono ad uscire da sole.
"Basta" avrebbe voluto gridare, "Pietà", ma ancora una volta non lo fece. Anche se ci avesse provato, non era comunque sicuro che gli sarebbe uscita la voce.
Non seppe nemmeno dire quando agli oggetti venne sostituito il corpo estraneo di quel mostro malato, che si spinse in lui più e più volte, fino a saziarsi, mentre qualcosa bruciava il suo petto.
Vomitò ancora.
Era allo stremo ormai, ma non smisero. Non gli diedero un solo istante per respirare, prima che riprendessero a torturarlo.
-Oh, piangi? Non fai più il so-tutto-io? Chiedicelo con gentilezza, e forse smettiamo...
L'altro lo tirò per i capelli, per guardarlo in faccia.
-Allora? "Basta per favore, non ce la faccio più!". Dillo e forse per ora ti lasciamo in pace.
Stava male, era sull'orlo dello svenimento, ma la sua testa ancora funzionava. E avrebbe chiesto pietà, se fosse servito a qualcosa... ma sapeva che non era così. Sapeva che con molta probabilità, se si fosse piegato la situazione sarebbe peggiorata ancora di più. Non lo avrebbero lasciato andare, quello era certo.
Lo avrebbero fatto solo quando avessero deciso loro.
E così, decise di mantenere l'unica cosa integra che gli era rimasta: la dignità.
Anche se iniziava a pensare che forse non sarebbe sopravvissuto.
Se avessero continuato così, lo avrebbero fatto a pezzi e sarebbe morto.
Ma se fosse morto, non avrebbe più potuto vedere Emma. Abbracciarla, baciarla, amarla.
E lei, glielo avrebbe mai perdonato se l'avesse lasciata?
Proprio adesso, che avevano lasciato i loro sentimenti venire a galla?
No. Sarebbe tornato da lei a qualsiasi costo.
E con quel pensiero sopportò ciò che ancora seguì, con quel pensiero tenne gli occhi aperti abbastanza a lungo da vedere che anche il secondo fratello avesse delle chiavi con sé.
Così, decise di rischiare. Chiuse gli occhi e si lasciò andare.
Lasciò che lo gettassero a terra, ridessero di lui, e lo calciassero per esser certi che avesse davvero perso i sensi.
Non riuscì a sentir molto, o a capire quanto tempo stesse passando... fino a che non si sentì rivestire, come una bambola, e caricare in spalla.
Quella era la sua occasione: le chiavi erano lì.


 
Ciaooo! Scusate il ritardo ma sono stata senza potermi avvicinare al pc per tutta la settimana praticamente e non ho avuto modo di pubblicare prima.
Comunque, stavolta spero nessuno voglia ammazzarmi :') Killian si è svegliato davvero, e oltre ad essere abbastanza lucido sembra non abbia riportato alcun danno, almeno per il momento. E' un osso duro. come in Once alla fine! Ha bisogno di mettere a posto i pensieri e i ricordi, ma è abbastanza comprensibile... e dopo aver rassicurato i suoi genitori, non aspetta altro che di vedere Emma. Ovviamente ci è rimasto un po' male ma conoscendole bene, non riesce a biasimarla e capisce perché voglia del tempo... 
Emma al tempo stesso si rende conto di essere una codarda, ma una volta tanto una chiacchierata con Hopper le ha fatto bene! E' riuscita ad esprimere tutto quello che sente e presto sarà pronta ad affrontare Killian, rassicurata un po' anche dal messaggio della madre e dalle parole di Hopper. 
Dal flashback di Killian, è abbastanza chiaro che così come Emma è stata davvero la ragione per cui è riuscito a essere forte, sarà adesso la luce verso la guarigione... è innamorato di lei, e potrebbe essere anche lui pronto a confessarglielo. Chissà.
Ovviamente, siccome mi piace finire sul più bello... la reunion nella prossima xD
A presto, un abbraccio!
   
 
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