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Autore: Ghostclimber    21/09/2020    5 recensioni
Rukawa sembra essere vittima di una crisi d'asma proprio nel bel mezzo di una partita contro il Kainan.
La sua determinazione lo porterà a continuare comunque a correre, e il successivo, prevedibile incidente lo metterà sulla strada di una sconvolgente presa di coscienza.
E delle sue conseguenze.
Warning: hanahaki
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciaossu, minna!

Eccoci qui, di prima mattina, io, il pc e il secchio di caffè che sperabilmente mi impedirà di commettere un omicidio entro sera!

Il nostro Hana sembra un po' confuso, ma per fortuna ha un amico più sveglio di lui: sì, parlo del nostro Cupido preferito, l'uomo dal capello ingellato che Danny Zucco levati, l'acqua cheta che lo sopporta, il suo fratello non di sangue: Yohei Mito!

Grazie a tutti per i commenti sul capitolo precedente, ringrazio Alexis77 per il consiglio sul fiore!

Come sempre, battete un colpo se gradite!

XOXO

 

 

 

 

 

Sakuragi riuscì a comportarsi più o meno come si deve per tutta la cena a casa di Mito.

Poi, non appena si trovò nella cameretta dell'amico, si buttò su una poltroncina ed emise un lunghissimo sospiro, come se avesse appena portato a termine un delicato esperimento chimico che al minimo errore avrebbe potuto cancellare l'intero pianeta Terra.

Mito si sedette sul letto e chiese: -Avanti, Hana, qual è il tuo problema?

-Magari averne solo uno...- borbottò Sakuragi, incrociando le braccia. Sollevò i piedi e piegò le ginocchia, mettendosi in una posizione degna di un contorsionista esperto.

-È per Rukawa?- chiese Mito. Sapeva che quando Sakuragi faceva così il malmostoso toccava a lui tirare a indovinare per capire almeno la fonte del problema, altrimenti non avrebbero fatto altro che rimanere a non guardarsi per tutta la sera. E il silenzio avrebbe spinto Sakuragi a mettersi a meditare sulla questione, cosa che non era consigliabile nemmeno in condizioni normali: quel ragazzo tendeva a farsi dei voli pindarici del tutto illogici e assurdi, portandolo ad arrivare alle conclusioni sbagliate. Non era questione di cattiveria, Mito sapeva che Sakuragi era ben in grado di ragionare, ma quando si ritrovava a tu per tu con questioni relative ai sentimenti perdeva di vista ogni tipo di senso logico, soprattutto a caldo; e la malattia di Rukawa, che a quanto pareva in qualche modo dipendeva da lui, era di certo qualcosa che colpiva Sakuragi proprio in mezzo al petto.

Sin dalla prima volta che li aveva visti interagire, Mito aveva avvertito qualcosa stridere, una nota fuori posto in una altrimenti perfetta sinfonia di urla e improperi: Sakuragi era partito per la tangente ancor prima di sapere chi diavolo fosse quel tale, mentre in condizioni normali avrebbe cominciato innanzitutto a raccogliere informazioni e a cercare di capire come includere quel nuovo combattente all'interno della stretta cerchia della gundan. Così era successo con Ohkusu e anche con Noma: entrambi erano stati reclutati forzatamente da Sakuragi dopo che il rosso aveva visto come se l'erano cavata durante delle risse, e quando Mito aveva visto Rukawa circondato dai corpi dei suoi aggressori aveva avuto un istante per pensare che quel tipo sarebbe stato un ottimo acquisto per il loro gruppo e si era preparato ad accoglierlo sopperendo con la propria naturale gentilezza alle mancanze che l'impetuosità di Sakuragi avrebbe causato.

E invece no, con sua somma sorpresa Sakuragi era scattato e si era scagliato contro Rukawa. Ripensandoci la sera, a mente fredda, Mito si era reso conto che la reazione dell'amico era stata una vera e propria reazione di panico. Si era chiesto a lungo il perché di quell'improvviso timore, e dopo lunghe e attente osservazioni di cui non aveva fatto parola con nessuno si era rassegnato ad ammettere con se stesso che probabilmente il suo migliore amico non era proprio del tutto eterosessuale come voleva lasciar credere. Non che fosse un problema, ovvio, a parte il piccolo dettaglio che per farglielo ammettere sarebbero dovuti ricorrere almeno al waterboarding.

-Allora? È per Rukawa?- chiese di nuovo, visto che Sakuragi non si era degnato di rispondere per cinque minuti buoni. Già solo il suo silenzio era una risposta abbastanza esplicita, a suo dire, ma conosceva il suo pollo e sapeva che le cose andavano cavate dalla bocca di quel testardo.

-Sì.- disse infine Sakuragi, ad un tono di voce così basso che la maggior parte di quelli che credevano di conoscerlo avrebbe probabilmente pensato che fosse stato sostituito da un goffo clone alieno. Ma Mito lo leggeva come un libro aperto, conosceva ogni sua espressione, ogni gesto, ogni inflessione della sua voce, e questo suo tono era quello riservato ai problemi gravi; includeva in sé una muta supplica: “Parlerò, se insisti, perché ti voglio bene, ma dovrai giurare di portarti quel che dirò fin nella tomba”.

-Dai, Hana, a me puoi dirlo.- disse Mito, nel suo solito tono calmo e pacato che nascondeva la sua curiosità. Dopo un annetto, si era ormai convinto che nulla sarebbe successo e che Sakuragi sarebbe vissuto nella negazione, ma il suo sesto senso gli suggeriva che forse, forse, si era sbagliato.

-Oggi sono uscito con lui.- disse Sakuragi. Mito attese con pazienza: era un'informazione inutile, visto che lui e gli altri erano già stati avvisati durante l'intervallo per il pranzo, e che Takamiya e Noma avevano passato il resto del loro tempo libero a capire come utilizzare la cosa per aumentare la popolarità di Sakuragi tra le ragazze. Cosa ancora più importante, il rosso non li aveva presi a testate come normalmente avrebbe fatto per aver osato insinuare che solo grazie al riflesso della popolarità di Rukawa avrebbe potuto ottenere l'attenzione di una ragazza.

-Non ne avevo la minima voglia. Volevo mandarlo a fanculo e basta.- ammise Sakuragi.

-Questo non è da te, Hana.- si stupì Mito. Dopo un lungo silenzio, Sakuragi disse: -Tu non sai tutto.- Mito aggrottò la fronte e catturò lo sguardo dell'amico, che dopo un sospiro gli spiattellò tutto quanto. Il significato dei fiori e soprattutto di un fiore in particolare, che senza ombra di dubbio stava ad indicare che i sentimenti di Rukawa nei suoi confronti non erano del tutto privi di malizia. Mentre Sakuragi snocciolava le informazioni, Mito si sedette più dritto contro il muro, cercando di capire dove il discorso sarebbe andato a parare. Infine, dopo un altro lungo silenzio, Sakuragi disse: -Non volevo uscirci perché ieri quando gli ho detto che non potevo ha avuto un'altra crisi. Te lo ricordi, no, eri lì a guardare.

-Me lo ricordo. Ma non mi avevi detto che era per quello.

-No, perché mi sono sentito una merda! Io... mi sembrava di essere in quel film patetico con il tipo figo-solo-io che se la fa con Kim Basinger, com'è che si chiama?

-Nove Settimane e Mezzo?- chiese Mito. Avevano visto insieme il film ed entrambi avevano concluso che fosse una schifezza sopravvalutata, le scene erotiche del tutto rovinate dall'atteggiamento misogino e possessivo di lui.

-Quello. Ho pensato che se quello era il modo in cui doveva andare, allora fanculo, non ci sto.- disse Sakuragi; il suo viso era contorto in una smorfia: -Insomma, non è che posso buttar via tutto il resto solo perché Rukawa si ritrova con una strana malattia. Un sacco di gente crepa per malattie strane e non è mia responsabilità. Ma gli avevo promesso che sarei uscito con lui e l'ho fatto.

-Avevi intenzione di portarlo all'ospedale e scaricarlo, non è vero?- chiese Mito, e Sakuragi lo fissò stralunato: -Com'è che sai sempre tutto?

-Sei il mio migliore amico, demente. So che in fondo in fondo non ti piace infilarti nei problemi.

-Già... e com'è che mi ci trovo sempre dentro fino al collo?

-Mi fai tornare in mente una roba buffa che ho letto tempo fa, dove una partoriva e il bambino aveva i capelli strani e lei diceva “oh, no, è il protagonista di un manga”. Secondo me è perché hai i capelli rossi.- dichiarò Mito. Il suo tentativo di strappare un sorriso all'amico ebbe successo: le labbra del rosso si incurvarono in una parvenza di divertimento, e Sakuragi ribatté: -Porca l'oca, se la mamma avesse saputo... a me ha detto solo che i capelli rossi portano fortuna.

-Forse in Irlanda, in Giappone probabilmente è più forte l'effetto manga. Per una questione di cultura locale.

-Già, ha senso.- Sakuragi annuì con aria finto seria, poi sospirò.

-Tornando al discorso...- lo incoraggiò Mito.

-Tornando al discorso, comunque l'idea era quella. Ma Rukawa aveva le palle stra girate, e quando gli ho chiesto perché ha detto che era proprio per quella crisi. Ha detto che lui non è il tipo che pretende, e che sapeva benissimo che ho una vita mia e che non sono obbligato a rimandare i miei impegni per far piacere a lui. Una cosa così, insomma, non mi ricordo le parole precise anche perché parlava come un telegramma, ma il concetto è quello.

-In effetti non sembra una cosa da lui. Rukawa mi pare più il tipo che se anche chiede qualcosa, nel momento in cui gli dicono di no fa spallucce e vede di cavarsela da solo.

-Infatti, è una cosa che ho sempre ammirato di... NON VOLEVO DIRE QUELLO CHE HO DETTO!- sbraitò Sakuragi, e Mito rise di gusto: -Aha, e invece l'hai detto, l'hai detto!

-Merda secca e sfrantumata, Yohei, se questa cosa esce di qui giuro che...

-Piantala, demente, non dirò una parola. L'ho sempre saputo che in fondo in fondo Rukawa ti piace.- Mito fece appena in tempo a finire la frase, poi trasecolò: Sakuragi era arrossito. Ma di brutto, anche, sembrava una lampadina umana.

-Cos...- tentò Mito, poi cambiò strada, -Nel senso, non lo odi quanto vuoi far credere, ecco.

-Ah, eh, sì, ovvio, cioè, che altro?- ribatté Sakuragi, ridacchiando, poi gettò la bomba: -Comunque si è dichiarato.

-COSA?!- sbottò Mito, sconvolto al punto da perdere l'equilibrio nonostante fosse fermamente seduto a gambe incrociate al centro del letto.

-Sì, cioè, non direttamente, ecco...- Sakuragi prese un altro bel respirone, poi spiegò: -Ha avuto un'altra crisi. Ma stavolta diversa, non ha tossito fiori, si è grattato a sangue un braccio ed è uscito da lì. Ha detto che probabilmente la malattia sta cominciando ad attaccare anche il cuore.

-Cazzo... non è una bella notizia.- commentò Mito, sconvolto.

-Già. E poi ha avuto tipo un attacco di nervi, si è messo a prendere a calci un cestino della spazzatura e ha urlato che lui non voleva questa cosa, che lui stava bene ad amarmi da lontano.

-Orpo. La parola con la A.

-La parola con la A.- ripeté Sakuragi. Il suo sguardo era fisso su una pellicina al lato dell'unghia del pollice; imbarazzato, si mise a tormentarla in silenzio, e Mito gli lasciò prendere tempo. Sakuragi si portò la mano alla bocca e mordicchiò la pellicina, nella speranza di staccarla senza aprirsi fino alla nocca, e Mito continuò ad aspettare. Infine chiese: -E tu?

-Che cazzo dovevo fare, Yohei? L'ho calmato! E... l'ho... baciato.

-COSA CAZZ?!- sbottò Mito. Quello era decisamente qualcosa di imprevedibile. Assurdo e improvviso come uno tsunami senza prima un terremoto sott'acqua.

-Sulla guancia!- si affrettò a puntualizzare Sakuragi, asciugandosi il pollice contro i pantaloni.

-Sì, ma... cioè, è...

-Ha la pelle morbida.- disse incoerentemente Sakuragi.

-Ne prendo atto, ma...

-Ed era così disperato, e indifeso, e quando l'ho abbracciato tremava.

-Hana, tutto questo è...

-Credi sia possibile innamorarsi solo perché qualcuno ti mostra dei sentimenti?- chiese di botto Sakuragi, e cadde un silenzio teso. Mito ragionò su come rispondere.

Se da un lato, la risposta onesta sarebbe stata “sì”, soprattutto per uno che nessuna ragazza s'è mai cagata di striscio, d'altra parte sarebbe stata anche una risposta riduttiva. Certo, è sempre possibile per un povero sfigato in amore attaccarsi ad una persona solo perché questa gli si è dichiarata, anzi, è molto probabile, ma Mito non credeva che fosse tutto lì. Anche perché di solito, se uno è convinto di essere etero e un maschio si dichiara, sfigato o no la prima reazione è un “ew, che schifo”. Magari non detto ad alta voce, Sakuragi era inappropriato ma non insensibile, ma almeno la sua testa avrebbe dovuto dirgli quello. E se la sua testa gli avesse detto quello, forse Sakuragi avrebbe comunque cercato di tranquillizzare Rukawa perché era fatto così, ma gli sarebbe rimasto a distanza di braccio o gli si sarebbe avvicinato solo dopo essersi chiuso il buco del culo con un'abbondante dose di nastro adesivo industriale: non era cattiveria, era solo il logico ragionamento di un maschio eterosessuale, che vede se stesso come un allupato cronico e parte dall'assunto che anche tutti gli altri maschi che lo circondano siano come lui. Un ragionamento capzioso e pure cattivo, ma comunque una reazione primordiale; poi si sarebbe potuti passare alla logica, ma l'istinto diceva che il buco d'uscita vuole rimanere solo e soltanto un buco d'uscita.

-Risposta lunga, Hana, non interrompermi, ok?- disse infine Mito. Sakuragi annuì e lui proseguì: -È senz'altro possibile. Soprattutto per uno che la figa la vede solo col binocolo.

-EHI!

-MA.- Mito alzò una mano per placare l'amico, -Credo anche che sia un po' difficile quando la persona che si dichiara è un maschio. Cioè, se Ohkusu mi si dichiarasse domani, credo che per prima cosa cercherei di fargli un esorcismo.

-Va beh, che c'entra, Ohkusu è un roit... oh, cazzo.- Mito rimase in silenzio. Forse, e ripetiamo forse, Sakuragi era arrivato da solo al punto. Sakuragi si era piazzato una mano davanti alla bocca e fissava Mito con occhi grandi come piattini da caffè; dopo un po', abbassò la mano e bisbigliò: -Yohei, dici che sono un finocchio?

-Sembri più una carota.- rispose Mito, nel tentativo di sdrammatizzare. Sakuragi fece il gesto di lanciargli addosso qualcosa, ma nel suo shock si era completamente dimenticato di prendere in mano un oggetto prima di scagliarlo.

-Adesso parliamo seriamente, Hana.- disse Mito. Sakuragi si morse un labbro e distolse lo sguardo, ma l'amico non demordette: -Io non so come funziona tutta questa roba dell'essere gay, ma ti dico che secondo me tra te e Rukawa c'è sempre stato qualcosa di strano.

-In che senso, strano?- chiese Sakuragi in tono monocorde. Mito si chiese vagamente se tutti quelli che non erano etero e cis cadessero in un'istantanea depressione nel momento in cui se ne rendevano conto.

-Nel senso, di solito quando vedi uno che pesta duro te lo fai amico, a meno che non sia uno stronzo. Con Rukawa invece sei scattato subito, anche prima che lui trattasse male Haruko, e te la sei sempre presa con lui per delle offese che, diciamocelo, Hana, non stavano né in cielo né in terra.

-Quindi mi stai dicendo che sono vittima di un colpo di fulmine come nelle fiabe? Ci scambieremo il bacio del vero amore e vivremo per sempre felici e contenti?

-Se si arriva a tanto, credo che vivrete per sempre pesti perché vi menereste ogni giorno per stronzate, ma no. Non sto dicendo esattamente questo. Sto dicendo che non è che uno “diventa” gay da un momento all'altro. Solo che magari fino ad un certo punto non incontri nessuno che ti colpisce particolarmente e parti dal presupposto che ti piacciono le femmine, come ci hanno sempre insegnato in un modo o nell'altro.- Mito tacque. Non sapeva esattamente dove stava andando a parare, avrebbe voluto dire all'amico che non importava se gli piacevano i maschi, le femmine, tutti e due o nessuno, lui era sempre il solito Sakuragi Hanamichi, casinista dal buon cuore sempre pronto ad attaccare briga e a schierarsi dalla parte dei deboli, ma non sapeva come farlo senza sembrare il coprotagonista di una storia smielata di quelle su cui le ragazze si cavano gli occhi dal tanto piangere. Si avvicinò a Sakuragi e gli mise una mano sul ginocchio, cercando di far passare tutto quello che non sapeva come dirgli; di punto in bianco, Sakuragi scoppiò a piangere.

-Hana, per la miseria, non è una tragedia!- disse Mito, -Insomma, dopo cinquantuno rifiuti ti meriterai anche di trovare qualcuno che ti si fila, no?

-Yohei, ma è Rukawa!- singhiozzò Sakuragi, -Io odio Rukawa!

-E allora mandalo a fanculo.- ribatté Mito, volutamente crudele, -Se lo merita per averti messo in questa condizione del cazzo, insomma... chi è lui per permettersi di metterti in testa questi dubbi? Lascialo crepare e vaffanculo.

-Potrebbe farsi operare e rimuovere tutto.- ribatté Sakuragi. Secondo Mito, il fatto che il rosso non si fosse dichiarato concorde era un segnale chiaro come un cartellone al neon.

-E allora perché non lo fa? Cioè, tu dovresti sacrificarti mentre lui fa l'egoista?

-Se si fa operare, se ne vanno anche i suoi sentimenti per me.

-E allora dovresti insistere per farglielo fare!- dichiarò Mito, incrociando le dita. Non sempre la psicologia inversa funzionava con quel testone, ma non vedeva alternativa. Sakuragi si abbracciò le ginocchia e ficcò la faccia dietro agli avambracci, poi mugugnò qualcosa.

-Come hai detto?- chiese Mito.

-Non voglio che lo faccia!- urlò Sakuragi. Si sentì bussare alla porta, e la madre di Mito chiese: -Ragazzi, va tutto bene? State litigando?

-No, mamma!- la tranquillizzò Mito, -Hana ha problemi di cuore... come al solito.

-Volete un po' di cioccolato?- propose la donna.

-Magari dopo, grazie!- liquidata l'interruzione, Mito si voltò di nuovo verso Sakuragi e disse: -Hana. Le possibilità sono due. Da quel che mi dici, la malattia si espande, giusto?

-Giusto...- mugugnò Sakuragi.

-Allora, o gli dici di operarsi, di non rischiare la vita quando tu non sai che cosa puoi fare per lui, oppure cerchi di capire se ti piace, se... se provi qualcosa, insomma, e vedi come va.

-E se poi decido che non riesco a innamorarmi di lui?

-Credo che dovrete discuterne insieme, Hana. La salute è la sua. Che ne sai, magari ti conosce meglio ed è lui a concludere che non è innamorato ma voleva solo un'amicizia, va tutto a posto e comincia anche lui a venire al pachinko insieme a noi.- Sakuragi rimase in silenzio, meditabondo.

-Sì, penso che farò così.- disse alla fine. Sentiva di dover aggiungere qualcos'altro, ma più cercava di rincorrere i propri pensieri più essi gli sfuggivano, per cui si limitò a sorridere gentilmente alla mamma di Mito quando la donna portò loro due tazze di cioccolata calda.

 

A pochi chilometri di distanza, Rukawa si rigirava nel letto.

Si era involontariamente dichiarato a Sakuragi, e lui non solo non era scappato urlando, ma l'aveva anche abbracciato. E baciato su una guancia.

Poi, subito dopo l'aveva accompagnato a casa, con una tale fretta che Rukawa si era chiesto se per caso non fosse un ricercato che aveva visto un cacciatore di taglie.

Messaggi contrastanti, insomma, tanto che Rukawa si era portato di fianco al letto la derivazione telefonica che di solito stava in corridoio e si era scritto il numero del dottor Yamamoto, sicuro che presto o tardi avrebbe avuto una crisi di quelle brutte.

E invece nulla, niente di niente, neanche un po' di pizzicore in gola.

Ormai rassegnato all'idea che non avrebbe dormito, Rukawa sbuffò e si sporse per accendere la luce: tanto valeva usare quel tempo per leggere l'ultimo numero di One Piece, che aveva ignorato per una settimana abbondante. Quando la luce colpì il cuscino, Rukawa strabuzzò gli occhi per il fastidio, poi vide un piccolo fiorellino viola chiaro sul proprio cuscino.

Non una buona notizia, probabilmente, ma neppure una brutta: almeno non l'aveva espulso rischiando di soffocare. Sospirò di nuovo, prese al volo un altro fiore identico che gli era veleggiato fuori dalla bocca, mise entrambi in una boccetta su cui scrisse data e ora, poi scrisse rapidamente a cosa stava pensando sul quaderno di Ayako; infine prese in mano il manga.

 

A pochi isolati da casa sua, un altro ragazzo era sveglio, al buio e in silenzio, ma il sonno cominciava finalmente a prenderlo: aveva preso una decisione.

 

 

 

Iris: buone notizie

   
 
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