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Autore: ___bad_apple___    22/09/2020    1 recensioni
[Shūmatsu no Valkyrie]
Le divinità stanche della decadenza del genere umano si riuniscono in un concilio, dove finiscono per decretare l'estinzione dell'intera razza. La figura oscura dell'angelo caduto Satan appare dinnanzi a loro, sfidando per la seconda volta le divinità: il luogo dello scontro sarà il Ragnarok, un torneo nel quale undici campioni umani e altrettanti combattenti della causa divina si affronteranno, per determinare la salvezza o lo sterminio degli umani. I grandi peccatori della storia umana riusciranno ad imporsi contro l'arroganza divina, o sarà il potere degli dèi a consentire a questi di schiacciare gli insetti che si oppongono a loro? Il torneo ha inizio, e tragedie e delusioni, conquiste e vittorie si confondono in un turbine di violenza nel quale le emozioni dei guerrieri che vi partecipano tentano disperatamente di emergere, allo scopo di far valere la propria esistenza.
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 1: Judgement

Le farfalle nere svolazzavano per quella tribuna, luogo prediletto dalle divinità per punire il genere umano con il proprio inflessibile, ineluttabile giudizio. La calma faceva da padrone in quel luogo dopo la scelta unanime di far estinguere la razza umana. Presto sarebbe stato riempito con uomini e divinità riuniti in un solo luogo a fare da pubblico per il Ragnarok, unico evento nella storia dell’universo dove le due stirpi si sarebbero affrontate, almeno in teoria, ad armi pari.

“OH YES!” Esclamò la figura eterea di un maschio alto completamente nudo, coperto dalle fiamme bianche e nere che salivano e scendevano a ritmo con la propria ispirazione. Scarabocchiando idee casuali, semplici parole le quali avrebbero costituito le basi per una storia epica, era in visibilio per quanto stava accadendo. “È davvero cool questa idea! Non vedo l’ora di scriverci sopra qualcosa di interessante…”

Una ragazza snella e dall’aspetto altero inorridiva al pensiero di quali fantasie si aggirassero per la mente del suo collega. Distolse immediatamente lo sguardo dall’uomo eccitato per il proprio lavoro, e passandosi una mano tra i corti capelli bianchi sospirò, pensando agli inutili spargimenti di sangue che sarebbero conseguiti alla scelta degli Dei Maggiori.

In quell’enorme arena era stata decisa la sorte del genere umano. Una singola figura si ergeva a scudo dell’umanità: i lunghi capelli biondi ondeggiavano nel vento mentre il dito puntava verso le più minacciose creature dell’intera esistenza: “Gli umani non periranno a causa del vostro perverso giogo! MAI!”

La rabbia era unita all’eccitazione e all’arroganza tra gli avversari del giovane angelo. La più maestosa delle divinità sedeva sul proprio trono, agghindata con gioielli d’oro e l’immancabile corona. Gli occhi truccati di nero osservavano sornioni colei che si era opposta al risultato delle votazioni divine. Un sorrisetto era tutto ciò con cui reagì a quella provocazione. Se gli umani credevano di poter competere con gli dèi illudendosi per l’ennesima volta, tanto meglio. Il loro annientamento sarebbe stato giustificato dall’idiozia di quelle patetiche creature, e come si raccontava in ogni mito dall’alba dei tempi la hubris umana sarebbe stata punita atrocemente.

Sollevando il corpo avvolto in delle vesti dorate sopra alle quali erano raffigurati dei riquadri, ciascuno contenente un frammento della storia delle divinità, dal proprio trono, Amon-Ra fece il solenne proclamo: “Abbia dunque inizio il Ragnarok!”

 

 

 

Il Ragnarok. Il torneo tra umani e divinità nel quale si sarebbe deciso il destino della specie umana. La vittoria equivaleva alla sopravvivenza, la sconfitta alla morte certa per gli umani sulla terra. Tutte le divinità erano state favorevoli alla mozione di estinzione, e solamente una figura era emersa dalle tenebre per ribellarsi. Il più potente e nobile di tutti gli angeli adesso definitivamente decaduto, Satan aveva posto questa sfida alle divinità ben consapevole che non si sarebbero mai tirati indietro dalla prospettiva di umiliare gli umani, come erano soliti fare nei tempi perduti dell’antichità.

Nei corridoi degli edifici del Valhalla si vociferava su come mai questa figura fosse apparsa dopo millenni di assenza. Satan era stato scacciato dopo un tentativo di ribellione durante il quale era stato gettato in una dimensione creata per imprigionarlo. La sua tremenda resilienza lo aveva reso un avversario degno degli Dei Maggiori, e adesso era tornato.

Ma Amon in questo lungo intervallo di tempo non si era certo riposato, e in cuor suo sperava di poter fronteggiare il traditore ancora una volta per poterlo ripagare di ciò che aveva fatto.

L’ira funesta del signore degli dèi avrebbe cancellato una volta per tutte dall’esistenza quell’infida serpe, e assieme ad egli le scimmie vanagloriose che proteggeva.

Il sole splendeva sull’arena del torneo illuminando il bianco marmo del quale era costruita.

“Una struttura del tutto simile al noto Anfiteatro Flavio situato in Italia, il più grande del mondo. Anche se le dimensioni ovviamente sono calcolabili solo sommando numeri reali e immaginari. Dopotutto, gli spalti contengono tutti gli esseri umani esistiti nel corso di milioni di anni di storia, dagli egizi alla gentry inglese del ‘700…” Un ragazzo dall’aspetto trasandato con degli spessi occhiali, attraverso i quali carpiva ogni informazione della stupenda struttura che lo ospitava, stava spiegando alle divinità l’ispirazione per l’arena da lui stesso progettata. Queste però non lo consideravano minimamente, ansiosi com’erano di assistere al primo scontro del torneo.

“Efesto sta facendo ancora quella cosa disgustosa! Che schifo!” Gridò una bellissima divinità dai capelli biondi legati in una lunga treccia, con dei fiori ad ornarla. I suoi grandi occhi blu osservavano disgustati il dio della meccanica il cui ingegno stava venendo stimolato, al pensiero di calcoli su come rendere migliore la già meravigliosa opera architettonica di sua matrice.

Il re degli dèi salutò il popolo divino composto da ogni genere di bestia mitologica, semidio e divinità esistente radunatisi a tifare per i propri campioni. Undici dèi avrebbero lottato fino alla morte contro altrettanti campioni umani per decidere se la razza umana meritava ancora di esistere.

Affacciandosi dal balcone che dava sull’arena dalla corte predisposta ad accogliere il sovrano assieme ai suoi più fedeli amici e collaboratori, gli Dèi Maggiori, una vista terribile gli si parò davanti.

Giungendo come un fulmine a ciel sereno coprendo la luce del sole, a velocità ben superiori di quelle di un normale angelo, Satan era arrivato. Egli si fermò sopra l’arena guardandosi intorno: gli sguardi degli dèi lo ferivano, carichi di disprezzo per ciò che la sua figurava rappresentava per loro. Solo Amon rappresentava un’eccezione, poiché nei suoi occhi si leggeva chiaro l’intento omicida più puro, mentre si posavano sulle perfette sembianze dell’angelo caduto.

I capelli biondi scendevano gentili sulle spalle arricciandosi in dei boccoli, incorniciando un volto delicato faceva invidia a non poche dee della bellezza e della fertilità di molti pantheon. Un’armatura nera coperta di venature rosse, le quali risaltavano brillando lucide come ferite appena aperte, era il segno rimasto della precedente lotta con gli dèi da egli sostenuta. Le dodici ali permettevano all’uomo di librare agile sopra l’arena e di salutare ciò che amava più di ogni altra cosa nell’esistenza: gli esseri umani.

Miliardi di individui riempivano gli spalti gridando ciascuno nella propria lingua, ma capendosi alla perfezione: questo era uno dei miracoli che permettevano al pubblico di presiedere a quegli eccezionali incontri, l’evento più importante nell’intera storia. L’altro miracolo era quello di permettere ad un numero incalcolabile di persone di essere presenti sugli spalti dell’arena.

Sottratti temporaneamente dal ciclo della reincarnazione le coscienze degli uomini e delle donne gridavano esaltati il nome del loro protettore, attendendo impazienti l’inizio dei giochi.

Satan scese sul terreno al centro dell’arena, e si inchinò davanti agli Dei Maggiori. “Oh, nobili e potenti dèi. Spero possiate riscoprire la clemenza nei vostri cuori e perdonare questa umanità fragile e corrotta…”

Gli umani e le divinità non credevano a quanto stava accadendo. Un tentativo di impietosire gli dèi proprio dal Principe della Ribellione? L’incarnazione stessa del peccato di superbia, Satan? E se anche lui avesse finito per rinunciare a questo folle progetto, dopo aver considerato l’impossibilità anche solo di scalfire le divinità? Gli uomini avevano il fiato sospeso di fronte a quella scena, temendo davvero di non potersi fidare neppure di colui che si era posto a loro difesa.

Il Signore del Male e degli Inganni sollevò lo sguardo rivelando tutta la propria ferocia, e togliendo ogni ombra di timore dal cuore degli umani. “… Prima che questi facciano morire tra le peggiori sofferenze i vostri campioni, distruggendo le vostre speranze!”

“Oh oh oh…” Il signore degli dèi si mise a ridere, mentre la sua tunica rifletteva le proprie emozioni, così come l’aura che lo avvolgeva. Un tremendo senso di oppressione stava avvolgendo l’intera corte, mentre le raffigurazioni sulle vesti di Amon presentavano scene del suo crudele passato. Scene della ribellione di Satan e degli angeli suoi compari, sconfitti per essere esiliati nella Gehenna, luogo di eterni supplizi e tormenti. I ricordi inondavano l’anima del signore degli dèi mentre a fatica questi si tratteneva dallo scendere in campo personalmente per mettere fine a questa farsa, prima ancora che cominciasse.

“Eh?! Ma che…” Apollo si girò di scatto notando il suo signore sparire di colpo, per trovarlo davanti all’angelo caduto.

La tensione era palpabile. Il Signore degli Dèi contro Satan il ribelle.

“AHAHAHAHAHAH! Dai vecchio mio. Lo sappiamo entrambi che non hai speranze da solo!”

Di fronte a questa accusa dell’angelo gli occhi degli Dei Maggiori si illuminarono di una luce sinistra. Amon non era da solo. La sua forza era quella dell’essere riuscito ad ottenere l’amicizia delle divinità più potenti del Valhalla per governare assieme a loro l’universo.

“Lo sai benissimo che tutta la squadra è pronta a sfidarti di nuovo, maledetto. Ma non credere che possa accadere immediatamente…” Amon si voltò verso gli spalti alzando le braccia come ad avvolgere il pubblico in un abbraccio. “Dobbiamo prima vedere questi campioni umani che hai avuto la faccia tosta di portare qui a lottare con noi!”

Gli dèi esultarono all’incitazione di Amon ansiosi di vedere il meglio dei loro sfidanti, anche se solo per il perverso piacere di ribadire la propria superiorità.

Satan tolse un po' della polvere finita sulla sua armatura a seguito dell’arrivo di Amon, per poi ribattere con tono emozionato: “Oh, non vedo l’ora! Ho preparato i più grandi peccatori della storia per affrontare voi divinità…”

Una figura stava per fare il proprio ingresso nell’arena. Si trattava del primo combattente degli umani. Vestito con una pesante armatura d’acciaio avanzava lento, facendo tremare la terra sotto ogni suo passo.

Con uno schiocco di dita Amon chiamò il dio addetto ad arbitrare gli scontri.

“ECCOMIIIIIIIII, AMOOOOOOON!” Dall’ingresso delle divinità fece la propria apparizione una prosperosa signorina, le cui forme rimbalzavano dolcemente mentre correva verso il centro dell’arena.

“HMMMMM!” Apollo corse verso il balcone rischiando persino di cadere ed iniziò ad osservare con fervore la giovane donna.

“Se continui a fissarla in quel modo finirai per bucarla… povera, povera Lilith!” Afrodite sospirò ben consapevole di come suo fratello fosse un inguaribile allupato, e di come la bellezza potesse essere solo un inconveniente in compagnia di uomini come lui.

La demonietta tentatrice sarebbe stata la showgirl del torneo. Indossando un abito lungo color rosso fuoco, con ricami dorati a forma di fiamme a ricoprirlo si avvicendava ad estrarre il microfono, riposto tra gli abbondanti seni neri, per prendere parola ed annunciare i primi due lottatori.

“Ehm…! Cosa dovrei dire Amon?” Le prime parole della demonietta, pronunciate con un candore e ingenuità degne di una giovane studentessa nel momento della sua prima volta, furono sufficienti a far svenire Apollo, il quale aveva ridipinto le pareti della corte con il sangue uscito dal proprio naso.

“AWWWWWWW!” Un coro si alzò dagli spalti umani e divini, i cui cuori erano per la prima volta uniti in questa invocazione alla divinità femminile apparsa davanti al pubblico.

Amon si mise una mano sulla faccia, mentre Satan si limitò a ridacchiare per poi rivolgersi alla dea: “Quanto tempo Lilith! Scusami ma non possiamo proprio parlare adesso… sbrigati a introdurre il mio campione, così possiamo iniziare, e magari mi dici un po' com’è la vita con questi dèi del Valhalla!”

Gli occhi di Lilith brillarono alla vista del suo antico padrone e amico, e portando le labbra al microfono iniziò la cronaca: “S-Signore e signori! Umani e divinità! Finalmente può avere inizio il Ragnarok!”

L’incertezza della ragazza e il suo arrossire mentre parlava fece tenerezza a Satan, che si diresse verso il primo combattente dell’avanguardia umana, per prepararlo allo scontro.

“Dunque mi posso un po' divertire con questo buffone prima di annientarlo, giusto Amon?”

Una divinità la cui dimensione superava in altezza Amon lo fissava con i propri occhi completamente neri. Delle piume azzurre ne ricoprivano il corpo e degli artigli affilati si trovavano al posto di mani e piedi. Sorridendo non vedeva l’ora di divertirsi un po' in questa breve pausa dal suo interminabile lavoro. Annotare ogni avvenimento nell’universo riempiendo di dati il libro sul quale scriveva dall’alba dei tempi, era diventato noioso già dopo i primi cinque miliardi di anni. E la situazione non aveva fatto che peggiorare: da quando gli dèi avevano deciso di intervenire il meno possibile nelle vicende umane, poco dopo la creazione di questi ultimi, Toth era veramente curioso di vedere cosa sarebbe stato in grado di fare con un umano tra i propri artigli.

“Non posso più aspettare!” Gridò gioioso mostrando le zanne affilate del volto bestiale che esibiva. “Serotonina e dopamina che fluiscono nel cervello… reti di informazioni le quali trasmettendo impulsi fanno muovere con energia i muscoli, nel disperato tentativo di salvarsi dalla morte!”

Un filo di bava colava dalla bocca di Toth e se Amon era felice che il proprio campione fosse così gioioso di lottare, dall’altro lato provava anche una sincera repulsione per il Dio della Conoscenza. Quell’entità perversa era assolutamente imprevedibile e diverse volte era fuggito sulla Terra, dando inizio a culti e riti misterici in suo onore, nei quali si eseguivano azioni riprovevoli per uomini e divinità allo stesso modo.

“Toth. Devi dare… il peggio di te.” Una singola affermazione di Amon bastò a far ricordare a Toth il proprio obiettivo. L’umano doveva essere distrutto e se avesse perso troppo tempo a giocarci, l’onore degli dèi ne avrebbe risentito.

Lilith notò con la coda dell’occhio il piumaggio azzurro del dio risaltare sotto la luce del sole. Era il momento di introdurre i primi combattenti che stavano facendo il proprio ingresso: “Ehm! Sesso per il primo dentro…”

Ecco. Era accaduto di nuovo. Nei momenti di estrema tensione, come quando doveva parlare davanti ad un folto pubblico, Lilith era solita incespicare mentre parlava. I continui sbagli nella pronuncia che portavano ad involontari doppi sensi ed errori di questo tipo avevano avuto conseguenze disastrose nel passato, portando anche a conflitti tra le divinità, per le quali Lilith agiva come messaggera tra le numerose mansioni di secondaria importanza che ricopriva.

“Kyan! V-volevo dire… A-adesso, per il primo scontro!” Con il viso ormai completamente rosso la commentatrice faticava a riprendere il filo logico del discorso. I cuori degli spettatori nel frattempo si erano completamente sciolti, e la tensione per questo primo ma fondamentale scontro era temporaneamente sparita.

“Argh!” Apollo aveva ripreso i sensi aiutato da Efesto nel rialzarsi, ma era stato nuovamente messo k.o. dall’improvviso attacco di Lilith. Anche Efesto la cui perversione era nota a tutti tra gli dèi, e che costituiva assieme ad Apollo e Zeus la triade dei peggiori molestatori sessuali che il Valhalla avesse mai visto, era svenuto assieme a lui.

“Non abbiamo neppure iniziato a combattere e già tutto questo sangue scorre tra le nostre fila…” La constatazione di Amon fu l’unico commento tra gli Dèi Maggiori in quello scenario imbarazzante.

“S-stavo dicendo!” Lilith gridò riacquistando l’attenzione del pubblico: “Il primo lottatore a fare il suo ingresso nel Ragnarok per le divinità… è il dio della saggezza e della conoscenza. La magia è il proprio dominio e il suo nome è sempre stato il punto di riferimento per filosofi, maghi e dotti di ogni genere. Un minimo della sua conoscenza grazierà le menti degli umani qui presenti, facendogli capire la futilità della propria ribellione al volere divino?”

Un vento soffiò sull’arena e numerose piume salivano e scendevano per poi concentrarsi verso l’alto. Un turbine di petali azzurri avvolgeva il centro dell’arena. Lo spettacolo riempiva di meraviglia gli spettatori ma la dura realtà delle circostanze nelle quali gli umani si trovavano non tardò a rendersi evidente.

Ogni singola piuma mutò radicalmente il proprio aspetto, quando su di esse spuntarono degli occhi identici all’aspetto che avevano nelle raffigurazioni egizie. Il colore azzurro lasciò posto ad un nero più profondo della notte mentre il turbine di piume impediva la visione. Sembrava di essere nel bel mezzo di una tempesta ed un forte vento risucchiava ogni cosa verso il luogo dove Toth sarebbe apparso nel giro di pochi secondi.

La tempesta cessò e la figura di Toth si rivelò agli spettatori. Le piume azzurre avevano lasciato spazio ad un manto nero che lo ricopriva dalla testa ai piedi, conferendogli le sembianze di un gigantesco corvo. Sei lunghe piume si ergevano sopra le sue braccia puntando verso l’alto, ciascuna con un occhio rosso raffigurato sopra, che donavano al dio un aspetto alieno. La parte superiore del corpo era nuda, con il fisico muscoloso in bella mostra, adornato da una collana con sopra incastonata una gemma color turchese. Le gambe erano coperte da una veste in lino bianca, con semplici ricami in oro i quali sembravano attorcigliarsi attorno alla divinità, intrappolandone le gambe in una preziosa gabbia.

“Il grande dio Toth, ossia l’Ermete trismegisto dal quale provengono tutte le nostre conoscenze! Sia lodato il suo nome!” Un anziano signore con un turbante ad avvolgerne il capo si alzò in piedi assieme ai suoi seguaci. Alla vista del dio avevano iniziato a scrivere su dei rotoli di papiro pregiatissimi complesse formule matematiche, e su ogni pergamena si trovava raffigurata una piramide composta da numeri. L’uno troneggiava in alto su tutti gli altri numeri ad indicare il senso della dottrina dei pitagorici, i quali ritenevano che tutta la realtà fosse riconducibile ad una complessa formula matematica comprensibile soltanto agli iniziati.

Gli acutissimi sensi di Toth gli permettevano di percepire l’adrenalina nell’aria proveniente dai miliardi di umani radunatisi per assistere allo scontro. Ma dov’era il suo avversario?

“Il primo umano a rischiare la propria vita è anche il primo della propria specie ad essersi spinto oltre confini ritenuti invalicabili. La sua tenacia e resilienza gli hanno permesso di conquistare il cielo, infrangendo quel limite blu posto a difesa degli uomini e del loro pianeta. Ma oltre quella barriera… lui sa di aver perso qualcosa. Ed oggi è venuto a dimostrare a noi divinità come gli umani possono riacquistare il diritto alla sopravvivenza che gli abbiamo negato! L’umano ad aver compiuto il peccato d’accidia, il cosmonauta Yuri Gagarin scende in campo!”

Pesanti tonfi annunciavano il suo arrivo mentre dall’oscurità della galleria d’ingresso emergeva l’enorme sagoma di una creatura di metallo.

“E quello… sarebbe un umano?!” Il commento improvviso di Toth era carico di rabbia, e Lilith sorpresa notò lo sguardo deluso del dio vicino a lei. Ciò che stava rendendo Toth frustrato era la completa assenza di ogni emanazione chimica dal corpo del suo avversario. Niente paura. Niente eccitazione. Niente gioia o dolore. L’armatura procedeva lentamente verso il centro dell’arena senza nessun ingresso spettacolare o discorsi ad accompagnare il suo arrivo.

“Yuri… Non sei cambiato di una virgola. Ti ho lasciato che eri depresso, e adesso partecipi allo scontro con il peccato d’accidia come unica cosa che ti rimane…” Il migliore amico di Gagarin, Vladimir Komarov, il primo uomo a morire a causa di una missione nello spazio scosse la testa, osservando le pietose condizioni del proprio compagno.

“Non possiamo neppure omaggiare il nostro eroe? È grazie a lui che mi sono messo a lavorare nella ricerca spaziale…”

“Che tristezza però… tutti i nostri stenti nella speranza di ottenere la gloria eterna hanno creato questo…”

Molte voci anonime degli uomini e delle donne appartenenti all’Unione Sovietica esprimevano il proprio malcontento per l’esplicita richiesta di Gagarin di non celebrare il suo arrivo.

Essere un cosmonauta era stato il suo lavoro. Era andato nello spazio ed era tornato. Missione compiuta. Avrebbe lottato contro il dio e lo avrebbe ucciso. Missione compiuta.

L’armatura si trovava davanti a Toth permettendo alla divinità di ammirarne l’aspetto. Un lastrone di metallo color rosso scuro con il simbolo della falce e del martello giallo sbiadito, dalle sembianze di un’armatura a piastre risalente al medioevo avrebbe protetto l’avversario da ogni colpo. L’elmo non consentiva di osservare il volto dell’umano, ma degli occhi ed una bocca stilizzati che in qualche modo parevano arrabbiati erano tutto ciò che Toth avrebbe potuto vedere per intuire le emozioni del suo nemico.

“Che palle…”

Le prime storiche parole di Yuri Gagarin nel torneo tra umani e divinità erano un segnale della noia e del malessere che lo affliggeva.

“Senti, facciamo una cosa veloce, così me ne torno a dormire…”

 

Ebbene, ha inizio una fanfiction su Record of Ragnarok. Che dire, questo primo capitolo potrà sembrare senz’altro un po' troppo breve, ma d’altronde volevo subito passare al sodo. Un’emozione grandissima mi ha colto appena ho trovato i primi due combattenti, e non potevo trattenermi dallo scrivere subito il loro combattimento! Spero che i capitoli successivi possano regalarvi le stesse emozioni che mi ha dato impegnarmi nella loro stesura, e che questa fanfiction sia un tributo degno per un’opera a mio parere assolutamente fantastica.

 

 

   
 
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