“Si può sapere che cosa
cavolo ha Eliot che non va? E’
tutta la mattina che gli chiedo se ha capito cosa deve fare dal
sensitivo, e
ancora non mi ha risposto.” Hardison, mentre smanettava al
computer, si voltò a
guardare di sfuggita Becks, che stava prendendo appunti su come andare
avanti
con le cose. “Cos’è, ha lavorato pure
per lui e non vuole farcelo sapere, come
la volta che volevamo incastrare Moreau?”
Becks mordicchiò il cappuccio della
biro- era all’antica
e scriveva con le penne- quando sentì Eliot ringhiare.
Ah, allora era lì con loro!
“Guarda che se vuoi sapere qualcosa sul
sottoscritto sei
pregato di chiedermelo- soprattutto visto che io sono qui! E comunque, cinque volte mi hai chiesto se avessi
capito, e cinque volte ti ho risposto che so esattamente cosa
fare!”
“Beh,
ma visto che
io ti conosco e so che non mi risponderai, faccio che chiederlo alla
tua dolce
metà…”
Parker, che giocherellava con una ciocca di
capelli
mentre osservava il suo fidanzatino lavorare al computer e imparava la
parte,
sperando di non dover di nuovo sentire un finto sensitivo rivangare
brutti
ricordi, fece un sospiro profondo. “È
vero. Sei troppo onesta per essere una ladra.
Però sei una tipa giusta,
sai far anche esplodere le cose, e, soprattutto, non hai paura di
buttarti giù
da un palazzo o da un ponte!”
Hardison si voltò, indispettito,
offeso, ferito, con gli
occhi spalancati, verso la ladra funambola. Aveva gli occhi lucidi,
segno che
stava per scoppiare a piangere- e sembrava che singhiozzasse.
“Tu… tu hai portato lei
a fare bungee-jumping invece che me?
Ma… Parker… perché? Credevo che quella
fosse una cosa nostra! Insomma… io ho
girato per un anno intero con te scalando palazzi, dighe,
statue… e tu… tu mi
tradisci così?!”
“Per
non parlare
del fatto che si è privata di un’enorme fonte di
divertimento… come urli tu di
terrore, non urla nessuno!” Eliot sghignazzò,
beccandosi una gomitata nel
fianco dalla compagna.
“In realtà Eliot ha
ragione,” Parker scrollò con
nonchalance le spalle. “Tu ti spaventi sempre, urli e mi fai
passare tutto il
divertimento, anche perché mi fai sempre la lagna che ti
metto in pericolo.
Becks invece se la ride di gusto. E così me la godo anche
io.”
Hardison non rispose, si limitò a
fissare
alternativamente la compagna ed il collega a lungo - molto, molto a
lungo – con
fare minaccioso, facendo raggelare il sangue al picchiatore –
Hardison era
bravo a vendicarsi, e quando capitava, capitava
all’improvviso, a volte dopo
mesi.
“Beh, allora? Che ti prende?”
Parker gli chiese, come se
stesse parlando del giorno e della notte e non di cose potenzialmente
vitali. “Sei
più scontroso del solito. Non stai andando in bianco
perché le pareti qui sono
di carta igienica e si sente quando bisbigliate, figuriamoci quando ci
date
dentro…”
Becks arrossì, fissando lo schermo e
decidendo che non
avrebbe più aperto bocca per il resto dei suoi giorni,
mentre Eliot si morse le
labbra con fare colpevole (gongolando però del fatto che
Parker fosse
indirettamente a conoscenza delle sue doti di amante) e
scrollò le spalle; Becks
lo fulminò, minacciandolo mentalmente
di non farlo dormire a letto per i successivi anni,
e lui cedette. “Mia madre è in
città.”
“E hai paura della mammina? Povero
cucciolo…” Hardison lo
schernì.
“Non è che ho
paura,” Eliot si giustificò.
“è che non la
conosco, non la vedo da quando avevo tipo tredici anni, e adesso piomba
qui e
il perché non lo nemmeno io…”
“Quindi non hai paura della mamma. Hai
paura che voglia
incastraci?” Parker
si mordicchiò le
labbra, pensierosa. “Tua mamma è una dei
buoni?”
“Parker, bimba,
no…” Hardison sospirò, dandole delle
piccole pacche sul capo, come se fosse stata un cucciolo. “Te
l’ho già detto,
la gente non sempre ha paura di essere incastrata. A volte ha sola
paura di
soffrire. Di essere abbandonata.
Come
Eliot, sua madre si è fatta viva dopo averlo mollato con un
uomo privo di
sentimenti, e adesso lui ha paura di soffrire di nuovo. Lui non vuole
aprire il
suo grande cuore di orsacchiotto alla strega cattiva.”
“Io non ho paura di niente e
nessuno!” Eliot sibilò a
denti stretti, con Becks che a malapena soffocò le risate.
“Beh? E tu che hai
da ridere?”
“Se non hai paura, perché non
l’hai ancora chiamata per
prendere un appuntamento? Vedervi, non so, per un caffè, un
aperitivo…”
“Io non ho paura. Di nulla.”
Ribadì, e tanto per far
vedere che era lui ad avere ragione, e loro ad avere torto marcio,
prese lo
smartphone in mano,
cincischiando nel
tentativo di comporre il numero (odiava la tecnologia), sbagliando
numero tre
volte perché c’era sempre un numero diverso da
quello che doveva essere e alla
fine…
“Ciao. Sono io. Eliot. Tuo figlio.
Venerdì sera sono
libero. Ci vediamo al locale alle nove.” E
riattaccò, guardando i suoi amici
negli occhi. “Soddisfatti adesso?”.
“Tu sì che sei un figliolo
espansivo…” Hardison alzò gli
occhi al cielo, mentre Eliot se ne andò sbattendo la porta, borbottando cose
intraducibili in una delle
mille mila lingue che aveva imparato negli anni. “Sei
così normale. Non riesco
a credere che tu stia con quell’orso.”
“Ciccio, guarda che io sono tutto
fuorché normale. La
morale del bambino si forma nei primi cinque anni di vita, quando il
cervello è
ancora malleabile, letteralmente. E lo sai cosa succedeva nei miei
primi cinque
anni di vita?”
“Ho paura di
chiedertelo…” Le rispose, sudando freddo e
ingoiando a secco.
“Io no! Racconta, dai!” Parker
la spronò, dondolando le
gambe dal tavolo su cui si
era seduta,
accanto a dove Becks stava prendendo appunti.
“Mio padre mi teneva un corso intensivo
di truffa,
raggiro, inganno, menzogne e furti: le basi, e poi mi faceva fare le
prove
pratiche… la piccola fiammiferaia, la bimbetta che si era
persa, sai, questo
genere di cose. Ecco cosa capitava. Davvero credi che sia normale?
Perché io mi
offendo. Anche perché ricordarti che ho un quoziente
intellettivo ampliamente
superiore alla norma.”
Parker sospirò, con aria sognante,
giocando con la
treccia bionda come se fosse una bucolica principessa Disney.
“Che
bell’infanzia che hai avuto… mi ricorda tanto
quando mi allenavo con il mio
papà con gli esercizi di ginnastica ritmica, proprio come
Ilary nel cartone!”
“Uhm, Parker, quello era il tuo mentore,
non tuo padre, e
ti insegnava le
tecniche di furto
acrobatico, non ginnastica ritmica.” Hardison chiuse gli
occhi e, meditando,
fece profondi respiri, prima di riiniziare a smanettare al computer.
“Porca
Miseria. Una cresciuta da un ladro, l’altra da un truffatore,
uno da un
contabile delle mafia di Boston, Sophie è una nobile
decaduta per tutti gli
scandali del suo ramo… cioè, solo Eliot ed io
veniamo da famiglie
vagamente normali?”