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Autore: Little Firestar84    23/09/2020    0 recensioni
Eliot Spencer credeva che le cose andassero bene: nessun pezzo grosso con cui saldare conti arretrati, pochi colpi, nate ormai sobrio che non dava colpi di testa... adesso aveva perfino il suo lavoro dei sogni come chef nella birreria di Hardison e una ragazza in pianta stabile da cui tornare la sera.
Andava tutto bene. Fin troppo. E difatti, dopo trent'anni, si ritrova davanti l'ultima persona con cui avrebbe più voluto a che fare....
Multichapter partecipante alla challenge "Just stop for a minute and smile" di Soul_Shine che trovate sul forum di EFP.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Hitter & Chemist'
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Pormpt: #40: "E' la quinta volta che me lo chiedi!"

“Si può sapere che cosa cavolo ha Eliot che non va? E’ tutta la mattina che gli chiedo se ha capito cosa deve fare dal sensitivo, e ancora non mi ha risposto.” Hardison, mentre smanettava al computer, si voltò a guardare di sfuggita Becks, che stava prendendo appunti su come andare avanti con le cose. “Cos’è, ha lavorato pure per lui e non vuole farcelo sapere, come la volta che volevamo incastrare Moreau?”

Becks mordicchiò il cappuccio della biro- era all’antica e scriveva con le penne- quando sentì Eliot ringhiare.

Ah, allora era lì con loro!

“Guarda che se vuoi sapere qualcosa sul sottoscritto sei pregato di chiedermelo- soprattutto visto che io sono qui! E comunque, cinque volte mi hai chiesto se avessi capito, e cinque volte ti ho risposto che so esattamente cosa fare!”

“Beh,  ma visto che io ti conosco e so che non mi risponderai, faccio che chiederlo alla tua dolce metà…”

Parker, che giocherellava con una ciocca di capelli mentre osservava il suo fidanzatino lavorare al computer e imparava la parte, sperando di non dover di nuovo sentire un finto sensitivo rivangare brutti ricordi, fece un sospiro profondo. “È  vero. Sei troppo onesta per essere una ladra. Però sei una tipa giusta, sai far anche esplodere le cose, e, soprattutto, non hai paura di buttarti giù da un palazzo o da un ponte!”

Hardison si voltò, indispettito, offeso, ferito, con gli occhi spalancati, verso la ladra funambola. Aveva gli occhi lucidi, segno che stava per scoppiare a piangere- e sembrava che singhiozzasse.

“Tu… tu hai portato lei a fare bungee-jumping invece che me? Ma… Parker… perché? Credevo che quella fosse una cosa nostra! Insomma… io ho girato per un anno intero con te scalando palazzi, dighe, statue… e tu… tu mi tradisci così?!”

 “Per non parlare del fatto che si è privata di un’enorme fonte di divertimento… come urli tu di terrore, non urla nessuno!” Eliot sghignazzò, beccandosi una gomitata nel fianco dalla compagna.

“In realtà Eliot ha ragione,” Parker scrollò con nonchalance le spalle. “Tu ti spaventi sempre, urli e mi fai passare tutto il divertimento, anche perché mi fai sempre la lagna che ti metto in pericolo. Becks invece se la ride di gusto. E così me la godo anche io.”

Hardison non rispose, si limitò a fissare alternativamente la compagna ed il collega a lungo - molto, molto a lungo – con fare minaccioso, facendo raggelare il sangue al picchiatore – Hardison era bravo a vendicarsi, e quando capitava, capitava all’improvviso, a volte dopo mesi.

“Beh, allora? Che ti prende?” Parker gli chiese, come se stesse parlando del giorno e della notte e non di cose potenzialmente vitali. “Sei più scontroso del solito. Non stai andando in bianco perché le pareti qui sono di carta igienica e si sente quando bisbigliate, figuriamoci quando ci date dentro…”

Becks arrossì, fissando lo schermo e decidendo che non avrebbe più aperto bocca per il resto dei suoi giorni, mentre Eliot si morse le labbra con fare colpevole (gongolando però del fatto che Parker fosse indirettamente a conoscenza delle sue doti di amante) e scrollò le spalle;  Becks lo fulminò, minacciandolo mentalmente di non farlo dormire a letto per i successivi anni, e lui cedette. “Mia madre è in città.”

“E hai paura della mammina? Povero cucciolo…” Hardison lo schernì.

“Non è che ho paura,” Eliot si giustificò. “è che non la conosco, non la vedo da quando avevo tipo tredici anni, e adesso piomba qui e il perché non lo nemmeno io…”

“Quindi non hai paura della mamma. Hai paura che voglia incastraci?”  Parker si mordicchiò le labbra, pensierosa. “Tua mamma è una dei buoni?”

“Parker, bimba, no…” Hardison sospirò, dandole delle piccole pacche sul capo, come se fosse stata un cucciolo. “Te l’ho già detto, la gente non sempre ha paura di essere incastrata. A volte ha sola paura di soffrire. Di essere  abbandonata. Come Eliot, sua madre si è fatta viva dopo averlo mollato con un uomo privo di sentimenti, e adesso lui ha paura di soffrire di nuovo. Lui non vuole aprire il suo grande cuore di orsacchiotto alla strega cattiva.”

“Io non ho paura di niente e nessuno!” Eliot sibilò a denti stretti, con Becks che a malapena soffocò le risate. “Beh? E tu che hai da ridere?”

“Se non hai paura, perché non l’hai ancora chiamata per prendere un appuntamento? Vedervi, non so, per un caffè, un aperitivo…”

“Io non ho paura. Di nulla.” Ribadì, e tanto per far vedere che era lui ad avere ragione, e loro ad avere torto marcio, prese lo smartphone in  mano, cincischiando nel tentativo di comporre il numero (odiava la tecnologia), sbagliando numero tre volte perché c’era sempre un numero diverso da quello che doveva essere e alla fine…

“Ciao. Sono io. Eliot. Tuo figlio. Venerdì sera sono libero. Ci vediamo al locale alle nove.” E riattaccò, guardando i suoi amici negli occhi. “Soddisfatti adesso?”.

“Tu sì che sei un figliolo espansivo…” Hardison alzò gli occhi al cielo, mentre Eliot se ne andò sbattendo la porta,  borbottando cose intraducibili in una delle mille mila lingue che aveva imparato negli anni. “Sei così normale. Non riesco a credere che tu stia con quell’orso.”

“Ciccio, guarda che io sono tutto fuorché normale. La morale del bambino si forma nei primi cinque anni di vita, quando il cervello è ancora malleabile, letteralmente. E lo sai cosa succedeva nei miei primi cinque anni di vita?”

“Ho paura di chiedertelo…” Le rispose, sudando freddo e ingoiando a secco.

“Io no! Racconta, dai!” Parker la spronò, dondolando le gambe dal tavolo su cui  si era seduta, accanto a dove Becks stava prendendo appunti.

“Mio padre mi teneva un corso intensivo di truffa, raggiro, inganno, menzogne e furti: le basi, e poi mi faceva fare le prove pratiche… la piccola fiammiferaia, la bimbetta che si era persa, sai, questo genere di cose. Ecco cosa capitava. Davvero credi che sia normale? Perché io mi offendo. Anche perché ricordarti che ho un quoziente intellettivo ampliamente superiore alla norma.”

Parker sospirò, con aria sognante, giocando con la treccia bionda come se fosse una bucolica principessa Disney. “Che bell’infanzia che hai avuto… mi ricorda tanto quando mi allenavo con il mio papà con gli esercizi di ginnastica ritmica, proprio come Ilary nel cartone!”

“Uhm, Parker, quello era il tuo mentore, non tuo padre, e ti insegnava  le tecniche di furto acrobatico, non ginnastica ritmica.” Hardison chiuse gli occhi e, meditando, fece profondi respiri, prima di riiniziare a smanettare al computer. “Porca Miseria. Una cresciuta da un ladro, l’altra da un truffatore, uno da un contabile delle mafia di Boston, Sophie è una nobile decaduta per tutti gli scandali del suo ramo… cioè, solo Eliot ed io veniamo da  famiglie vagamente normali?”


   
 
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