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Autore: _Cthylla_    23/09/2020    2 recensioni
[Sequel della fanfic del 2013 “The Specter Bros’”]
Dopo la battaglia che ha portato alla distruzione dell’Omega Lock, molte persone in entrambe gli schieramenti si sentono perse o hanno perso qualcosa -o, ancora, qualcuno.
Il ritorno di vecchie conoscenze più o meno inaspettate sarà destinato a peggiorare ulteriormente la situazione o porterà qualcosa di buono?
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Autobot, Decepticon, DJD/Decepticon Justice Division, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Transformers: Prime
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
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cap18 Stesso avviso dell’altra volta: iniziate a leggerlo quando sapere di avere tempo e voglia, perché supera le 7700 parole e c’è abbastanza roba. Buona lettura!
 
 
 


 


18

(Avere cento braccia… o nessuno)
 






 
 
 
 
 


 
“Un nuovo Omega Lock… solo i Decepticon sarebbero stati capaci di trovare il sistema per crearne uno…”
 
Pensando al nuovo progetto di Megatron, Ratchet era costretto ad ammettere a se stesso di sentirsi molto più combattuto di quanto sarebbe stato lecito. Sapeva che quel che gli aveva detto Optimus via comm-link, ossia che Megatron l’avrebbe usato per cyberformare anche la Terra, era vero, sapeva che quella era un’aberrazione che un Autobot non avrebbe dovuto in alcun modo appoggiare e sapeva che non era giusto che miliardi di umani innocenti perissero, però non poteva fare a meno di pensare a quanto sarebbe stato bello riavere una casa, una Patria da poter veramente chiamare così, un senso di “comunità” che la sua specie aveva perduto da una vita.
Aveva provato una cosa simile durante parte della sua permanenza sulla Terra ma le cose ormai non erano più come prima. Volendo tralasciare la relazione di Optimus e Arcee -alla quale aveva deciso di soprassedere, o avrebbero iniziato a pensare che fosse innamorato di uno dei due- tra quelle più attuali c’era l’idea di farsi sfuggire un’altra occasione per riportare in vita Cybertron, poi c’erano l’aver perso un membro del gruppo che si era fatto corrompere e poi era morto, il non aver ancora trovato il modo di liberare Smokescreen, il fatto che un membro del gruppo fosse mutilato e il fatto di aver quasi perso Bulkhead poco tempo prima. Tutte cose imputabili a Spectrus Specter in un modo o nell’altro, ma per come la pensava Ratchet non era il solo colpevole: ad avere colpa di tutto questo erano anche loro perché gliel’avevano permesso, questo già da quando avevano lasciato che si infilasse nel gruppo a creare caos e malesseri e non erano stati capaci di contrastarlo. Prima di lui Ratchet aveva avuto un’opinione molto più alta della squadra e dell’unione del Team Prime, ora non ci riusciva più, non per davvero.
 
Mai in vita sua avrebbe tradito Optimus o i suoi compagni ma era innegabile che nella sua Scintilla albergasse un senso di delusione generalizzato difficile da cacciare via.
 
«Troveremo un modo per riportare in vita Cybertron con o senza un nuovo Omega Lock» disse Bulkhead, quasi intuendo cosa stava pensando.
 
«Sì… sicuro» sospirò il medico.
 
«Piuttosto, sai a chi stavo pensando? A Smokescreen. Se fosse stato qui avrebbe detto di coprire Soundwave con qualcosa o simili, ne sono sicuro» disse il demolitore «È abbastanza inquietante in effe-»
 
«Bulkhead, ti prego, le bambinate di Smokescreen sono una cosa di lui che proprio non mi manca. Mi auguro solo che riusciremo a liberarlo presto, perché più tempo resta insieme a Specter e più diventa a rischio».
 
Sentirono la porta aprirsi, ma capendo che era Fowler e vedendo che stava esaminando dei fogli rimasero tranquilli. Evidentemente non c’erano novità da parte sua, il che era ottimo, quel che invece era preoccupante era la mancanza di notizie dalla gente in Antartide. D’altra parte però avevano già discusso del fatto che il sincrotrone avrebbe potuto disturbare i loro segnali una volta entrati nel centro di ricerca, dunque Ratchet decise di imputare il silenzio a quello, sperando di avere ragione.
 
Fu allora che Laserbeak, in un modo che ai presenti parve “così di botto senza senso”, sfondò la vetrata dell’hangar.
 
«Ma che cos-!» esclamò Ratchet, cercando di ripararsi dagli spari.
 
«Laserbeak!» esclamò Bulkhead, sparando contro l’assistente di Soundwave.
 
Riuscì effettivamente a colpirlo -anzi colpirla: Laserbeak era femmina- e a far cadere a terra un pezzo di una sua ala, ma non riuscì a evitare il peggio, alias che riuscisse a liberare Soundwave e a riunirsi a lui riattivandolo.
 
In pochi istanti Soundwave si risvegliò e, grazie alle informazioni che Shockwave aveva caricato dentro Laserbeak, seppe cosa doveva fare. Proprio come aveva immaginato: il fatto che gli Autobot non avessero dato peso alla fuga della sua assistente ora gli stava permettendo di fuggire dopo aver trovato la loro base.
 
“C’è stato un incidente di percorso ma le cose sono andate per il verso giusto… e meglio verrà!” pensò, tramortendo Bulkhead con la scarica elettrica di uno dei suoi tentacoli. Con l’umano fu sufficiente un colpetto, e già quello gli fece fare un bel volo.
 
«Stai lontano!» esclamò Ratchet, indietreggiando nel vederlo avvicinarsi. Il suo intento sarebbe stato raggiungere la pulsantiera per inviare un SOS, ma non fece in tempo e venne tramortito a sua volta.
 
“È stato fin troppo facile” pensò Soundwave.
 
Prima di iniziare l’interrogatorio, gli Autobot gli avevano detto che dalla Nemesis non avrebbero avuto alcuna speranza di rintracciarlo, questo grazie agli scudi nuovi che avevano installato, e infatti Soundwave non riusciva a mettersi in contatto con la Nemesis; non che fosse un problema, dal momento che Shockwave aveva inserito le coordinate dell’astronave dentro Laserbeak, che gli Autobot avevano un Ponte e che, in ogni caso, al suo ritorno la Nemesis avrebbe ripreso a muoversi.
 
Sparì nel Ponte trascinandosi dietro Ratchet poco prima che Bulkhead, che era un demolitore e di conseguenza molto coriaceo, iniziasse a riacquistare i sensi.
 
«Cosa…» borbottò, cercando di rialzarsi nonostante sentisse il processore pulsare in modo sgradevole nella sua testa «Soundwave» ricordò, sgranando le ottiche e barcollando «Soundwave si è… Ratchet?» si guardò attorno «Ratchet?!»
 
Vide che Fowler era ancora a terra, vide che la base non era stata danneggiata, tutto quel che mancava erano Soundwave e Ratchet. Poteva significare solo una cosa, ossia che Soundwave per qualche motivo avesse deciso di rapirlo.
 
«Optimus, riesci a sentirmi? Abbiamo un problema grosso, Soundwave si è liberato e ha preso Ratchet!» esclamò il demolitore nel comm-link «Optimus, mi senti?!»
 
 
-crrr- Sì, ti ho sentito. È l’ultima cosa che doveva succedere!... riusciremo a recuperare Ratchet, hai la mia parola, ma intanto devo chiederti una cosa importante: riesci a vedere i segnali di Arcee e Bumblebee sui monitor?
 
 
«Sì, Optimus» confermò il demolitore «Il segnale di Bumblebee risulta anche più forte di quello di Arcee! Potrebbe essere ferito!»
 
 
Apri un Ponte Terrestre alla loro posizione e una volta che lo avranno attraversato aprine uno anche per me e Magnus: la Decepticon Justice Division è qui, Ultra Magnus è stato colpito da una valanga, se anche Bumblebee è ferito è il caso di rientrare prima che succeda dell’altro.
 
 
«Sissignore!»
 
 
 
 
 
 
 
 
“Dobbiamo cercare di uscire” pensò Arcee, gettandosi più di un’occhiata dietro le spalle mentre si aggirava nei meandri del centro di ricerca.
 
Se fossero stati vehicons comuni la sua reazione sarebbe stata molto diversa, così come se lei e Bumblebee avessero dovuto affrontare “solo” Starscream o un altro dei soliti ufficiali Decepticon, ma trovarsi ad affrontare i due membri più grossi della Decepticon Justice Division -e un altro piccolo, ma sempre più grosso di lei- da sola e con Bee ferito era impensabile. Benché la femme Autobot fosse nota per la sua impulsività, c’era una differenza fondamentale tra questa e la voglia di suicidarsi trascinando un compagno con sé.
 
«No!..» esclamò rendendosi conto che lei e Bumblebee avevano imboccato una via che li aveva condotti a un corridoio senza uscita.
 
«--Non è detto che sia finita, non arrendiamoci--» disse Bumblebee «--O comunque cerchiamo di vendere cara la pelle--» aggiunse poi, sentendo i passi dei loro inseguitori farsi sempre più vicini.
 
«Da Autobot quali siamo» disse Arcee, preparandosi a sparare. Non era felice all’idea di venire terminata quel giorno ma, conscia del lavoro che faceva, sapeva che il rischio c’era sempre. Il suo compagno non poteva proteggerla di continuo, era qualcosa che lei non voleva nemmeno.
 
«--Da Autobot quali siamo--» ripeté Bumblebee.
 
La luce di un Ponte Terrestre si aprì dietro di loro, e subito dopo riuscirono a sentire Bulkhead parlare nei loro comm-link.
 
 
-crrr- …trate nel Ponte, Optimus ha dato l’ordine, presto!
 
 
“Se Bulk ora riesce a contattarci vuol dire solo una cosa, ossia che il sincrotrone è stato portato via mentre noi scappavamo” pensò Arcee, entrando nel Ponte con Bumblebee senza farselo ripetere due volte “Abbiamo fallito!”
 
Il Ponte si chiuse dietro di loro appena prima che Vos, il più piccolo e dunque più veloce tra i tre della DJD presenti nel centro di ricerca, svoltasse l’angolo.
 
«Come? Sono spariti?! Aaah» sbuffò Tesarus «Io volevo festeggiare il mio ritorno in squadra tritando qualcuno».
 
Vos fece notare che il fatto che gli Autobot fossero riusciti a comunicare per farsi aprire un Ponte significava che l’essere inutile -alias Starscream- e i vehicons rimasti erano riusciti a portare via il sincrotrone, che invece prima disturbava le loro comunicazioni, e che dunque la loro presenza aveva permesso il completamento della missione.
 
«Non hai tutti i torti» ammise Helex con un sospiro.
 
«Mi auguro che a Tarn sia andata meglio. Non mi ha permesso di affrontare Specter perché anche secondo lui sono ancora convalescente-»
 
«Non è “secondo lui”, Tesarus, tu sei ancora convalescente» lo interruppe Helex.
 
«Dunque il minimo che possono fare è riuscire a prenderlo» concluse l’altro Decepticon «Anzi, ora lo informo subito del fatto che gli Autobot se ne sono andati da qui dentro, così domando. Tarn» disse Tesarus nel comm-link «Gli Autobot che c’erano qui dentro sono fuggiti ma Starscream e i vehicons sono riusciti a portare via il sincrotrone. Da voi come va?»
 
 
Siamo a poca distanza dal centro di ricerca e fuori non c’è nessuno, dunque immagino che anche Optimus Prime sia scappato. Per il resto sapevo del sincrotrone, Lord Megatron mi ha informato. Mi ha anche informato del fatto che il medico degli Autobot sarà ospite nella Nemesis per qualche tempo e che dunque nessuno di voi deve ucciderlo nel caso se lo trovi davanti.
 
 
«Feccia Autobot nella Nemesis?!» poiché Tarn non era lì a contestare le sue cattive maniere, Helex sputò per terra «Puah. Per quale ragione?»
 
 
Sempre per l’Omega Lock, pare che Shockwave e Knockout da soli non riescano a stabilizzare l’energon sintetico e che quel che si conosce della formula sia dovuto a quel medico. Portate pazienza, una volta che avrà fatto quel che deve fare credo che Lord Megatron non avrà problemi a lasciarlo alle nostre cure.
 
 
«Almeno questa è una buona notizia. E… Specter?»
 
 
Sarò completamente onesto nel dirvi che siamo stati costretti a ritirarci – rispose Tarn, tutt’altro che felice.
 
 
«Ma come?» protestò Tesarus, piuttosto indignato e temporaneamente dimentico del fatto che quella non fosse una grande idea «Perché vi sie-»
 
 
Potrei concludere il discorso dicendoti che l’ho trovato opportuno, e tu dovresti ritenerlo sufficiente – lo interruppe Tarn – Ma credo non sia un male rendere tu e Helex consapevoli del fatto che qui, relativamente a poca distanza dalla nostra posizione, sono presenti delle montagne troppo alte che abbiamo visto poco tempo fa in una certa parte di una certa costellazione, mentre cercavamo una certa campana.
 
E quindi no, grazie – concluse Nickel.
 
 
«Aspettate, intendete le montagne che abbiamo visto dalla strega? Qui?!» si stupì Helex, che all’improvviso non si sentì più tanto sicuro di quel che aveva attorno «Com’è possibile?! Tarn, non è che siamo ancora dentro-»
 
 
No, non ci siamo!... A breve si aprirà un Ponte e torneremo alla Nemesis, confido che i disturbi di frequenza in quel posto impediscano eventuali dirottamenti.
 
 
«Se Specter è andato in mezzo a quelle montagne c’è la possibilità che ci siamo liberati di lui e del suo compare, magari» sperò Helex.
 
 
Non ci contare troppo, Helex: la mala erba non muore mai… a meno che riesca a falciarla io. Torniamo nella nostra astronave, signori, qui abbiamo finito.
 
 
 
 
 
 
.:: nel frattempo, Hangar E ::.
 
 
 
 
 
 
«… e quando mi sono risvegliato Fowler era a terra, Soundwave se n’era andato e Ratchet non c’era più» concluse Bulkhead «Ma per quale motivo avrebbero dovuto rapirlo? Vogliono scambiarlo con qualcosa? Vogliono-»
 
«In considerazione di quel che stanno cercando di costruire in questo momento io credo che Megatron possa averlo fatto rapire per qualcosa di inerente all’Omega Lock» disse Optimus con tono grave «Forse c’è di mezzo l’energon sintetico… Ratchet è stato quello che ha sintetizzato la formula incompleta».
 
«Dobbiamo tirarlo fuori da lì il prima possibile, e spero che nel mentre riesca a prendere tempo» disse Fowler «Non possiamo permettere che la Terra venga cyberformata, su questo siamo tutti d’accordo!»
 
«Assolutamente» confermò Optimus «Dobbiamo trovare un modo di rintracciare la Nemesis. Ad aver avuto l’accesso che ha Spectrus alle loro informazioni, saremmo già lassù».
 
«Se avessimo trovato noi per primi il prioniano che lo accompagna è quel che sarebbe successo» disse Ultra Magnus, a riposo dopo essere stato colpito dalla valanga «Forse. O forse ci avrebbe mandati a morire di proposito».
 
«Temo che la seconda sia più plausibile» sospirò Optimus, ricordando quel che Bustin gli aveva detto.
 
«Qui le cose vanno sempre peggio su tutti i fronti» commentò Arcee con aria cupa «Vedo tutto molto incerto».
 
Optimus Prime rimase in silenzio. Sapeva che la sua compagna aveva ragione e sapeva anche che quella frase non era stata detta per dargli la colpa di qualcosa, però lui si sentiva responsabile ugualmente, e il peggio era che pur sapendo cosa voleva fare non aveva idea di come. Si sentiva perso più di quanto fosse disposto ad ammettere con chiunque, in primis con se stesso: troppe variabili, troppe persone pericolose mentre loro erano sempre meno. Arcee non era la sola a vedere tutto incerto.

«Forse per la Nemesis potrei domandare a Rafael, che è più competente di informatica di quanto sia io» ammise Optimus senza alcun problema.

Bulkhead si fece avanti. «E per il ragazzo? Per Smokescreen?»

«Per lui... temo che non ci resti altro da fare se non aspettare».

 
Gli sguardi sconfortati che vide non erano altro che un riflesso del suo.
 
 
 
 
 
 
.:: Qualche ora dopo, altrove ::.
 
 
 
 
 
 
Quello che ospitava Dreadwing e Spectra, ormai in movimento costante, sembrava uno di quei boschi fatati che tanto avevano fatto sognare la ragazza fino a relativamente poco tempo prima, uno di quelli in cui non sarebbe parso troppo strano incrociare una creatura mitologica o un principe a cavallo e in cui lei si sarebbe divertita a vagare senza farsi problema alcuno lasciando che fosse la mano del destino a guidarla.
 
«Forse è meglio andare verso sinistra. Che dici?»
 
Ora invece a guidarla -sebbene si curasse di essere d’accordo sulla direzione da prendere- era la mano di Dreadwing, saldamente allacciata alla sua.
In un altro frangente, e magari senza un matrimonio con un altro mech di mezzo, quell’atmosfera avrebbe potuto quasi essere adatta a una passeggiata romantica al chiaro di luna con dichiarazione d’amore annessa; tutte cose che comunque per una ragione o l’altra non attraversavano il processore di nessuno dei due, almeno non a livello cosciente.
 
«Immagino che vada bene. Sai meglio di me dove trovarli, credo che nonostante tutto da quando sei arrivato sulla Terra tu sia andato in giro più di me!»
 
«Io però senza farfalle di mezzo» replicò con un sorriso l’ex secondo in comando «Nonostante tutto non posso fare a meno di ricordare l’espressione di Lord… di Megatron quando è tornato nella Nemesis dopo la tua sparizione, ma anche quando sei tornata qualche tempo dopo. Con me si lasciò sfuggire qualcosa di simile a “Quella femme scompare e appare dal nulla come uno spettro”».
 
«Quando mi sono allontanata non pensavo di finire a perdermi o che di questo si sarebbe dispiaciuto qualcuno» disse Spectra «Venire a sapere il contrario o che qualcuno si ricorda di me mi stupisce sempre, non saprei dire come mai… anzi no, non è vero, in realtà lo so: è che non capisco perché qualcuno dovrebbe fare una o l’altra cosa. Anche nelle mie precedenti missioni credo che la gente vicina a quelli che Spectrus… da cui lui mi faceva trovare e che poi ha…» “Terminato, perché era così che andava, loro venivano con me senza sentire ragioni e lui li ha terminati tutti, tutti-”«Si sia dimenticata in fretta di me, almeno che io sappia».
 
«Credo che il punto della questione sia proprio in quel “che io sappia”. Secondo me ti ricordano molte più persone di quanto tu cre-»
 
Un colpo di cannone laser decisamente potente colpì Dreadwing in pieno su un fianco, facendolo crollare a terra con una ferita non da poco. Spectra gridò, si chinò sul Decepticon ferito, e quando volse lo sguardo a sinistra incontrò quello gelido dell’ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere lì e che allo stesso tempo aveva sempre immaginato di poter incontrare da un momento all’altro: Spectrus Specter, suo fratello.
 
«Ci hai fatto caso, sorellina? Rovini la vita di tutti quelli ai quali ti attacchi come la parassita che sei».
 
Era vero.
Era una parassita che rovinava la vita a chiunque incontrasse, a chiunque facesse il grave errore di voler avere a che fare con lei. Quante volte lo aveva pensato in quel periodo?
Quella era la conferma. Spectrus, con le sue parole e le sue azioni, aveva dato voce ai suoi pensieri in modo perfetto.
Soundwave era stato ferito dal suo comportamento -per quanti buoni motivi lei potesse avere- e non solo, Dreadwing era in ginocchio e perdeva energon, e Starscream… iniziava a darsi in parte la colpa perfino di quel che lui aveva cercato di farle. Forse era stata lei col suo atteggiamento a portarlo al punto di fare quel che aveva fatto, tentare di forzarla alla connessione due volte ed essere punito per questo in entrambi i casi, nel secondo da lei stessa.
Lei era un essere inutile, anzi, era utile solo se si trattava di fare del male alle persone: era senz’altro quello che le riusciva meglio, c’era qualcosa di orrendo in lei, di malvagio, come Spectrus.
Non era ancora come lui ma rischiava di diventarlo, aveva avuto ragione a pensare anche quello.
 
«S-Spectra… scappa, Spectra, scappa!» esclamò Dreadwing, digrignando i denti nel cercare di rialzarsi.
 
Curiosamente la giovane femme si trasformò e fece proprio come Dreadwing le aveva detto, allontanandosi più velocemente che poteva; non perché contasse di più salvarsi la pelle che il pensiero di Dreadwing ferito, non per paura, ma per una speranza.
Le parve di sentire un “Da te tornerò più tardi” precedere il rumore sordo di un pugno, e capì che la speranza in questione si era realizzata.
 
“È me che vuole” pensò, sentendo i passi di Spectrus avvicinarsi rapidamente “Se mi insegue e mi uccide magari nel frattempo Dreadwing riuscirà a salvarsi”.
 
Poco tempo prima si era posta una domanda che riassunta era “Se Spectrus mi trovasse e mi terminasse, ma Dreadwing si salvasse, sarebbe una cosa così brutta?”.
Quando avuto quel pensiero non era stata in grado di darsi una risposta, o forse si era rifiutata di ascoltarla, ma in quel momento non aveva dubbi: la risposta era “No, anzi, sarebbe la cosa giusta”. Come si era detta quella sera, Dreadwing e gli altri erano guerrieri Decepticon, erano abituati a vedere la gente morire per mano loro e non, dunque se ne sarebbero fatti una ragione e si sarebbero accorti rapidamente che un mondo senza di lei era molto, molto migliore. Una parassita in meno, una preoccupazione inutile in meno.
Spectra sentiva di aver già fatto abbastanza del male e aver contribuito a farne in un modo o nell’altro, sentiva di poter diventare come Spectrus e non intendeva lasciare che succedesse. Doveva mettere fine a quella storia, dunque doveva “mettere fine” anche a se stessa.
 
Giunta al centro di una piccola radura si fermò e si trasformò. C’era la luna, c’era dell’erba morbida e c’erano perfino quegli animaletti minuscoli e luminosi che in teoria si chiamavano “lucciole”. Era un bel posto per morire, anche meglio di quanto avrebbe meritato.
 
«Hai già smesso di correre?»
 
Sentendo la voce di Spectrus, Spectra si voltò a guardarlo. «Sì».
 
«Ripaghi così la volontà di tenerti in vita che aveva quel povero idiota? Che dire, se non altro non sei ingrata solo con me».
 
«Come ci hai trovati, Spectrus?» domandò Spectra, con una certa stanchezza nella sua giovane voce.
 
«Il tuo datapad personale» rispose semplicemente l’altro.
 
«Capisco».
 
Spectra non si scompose nemmeno vedendolo tirare fuori la spada, né oppose resistenza quando lui utilizzò la punta per sollevarle il mento.
 
«Questa tua poca voglia di vivere mi sorprende quasi quanto mi ha sorpreso sapere che sei fuggita con un mech il giorno dopo averne sposato un altro. Qualcosa da me hai imparato, dopotutto».
 
«Io non voglio diventare come te» disse Spectra «Non volevo che tu morissi e volevo che avessi una possibilità di andare via a fare la tua vita da un’altra parte, almeno una te la dovevo, anche perché sono così stupida da volerti ancora bene, ma oltre al passato e al CNA non voglio avere niente in comune con te».
 
«Invece abbiamo in comune proprio quest’ultimo desiderio» la contraddisse Spectrus «Ed è proprio per questo che mi secca abbastanza dire quel che sto per dire: “hai compiuto un’azione meschina quasi degna del sottoscritto! Molto brava, Spectra. Molto brava”».
 
«Smettila» mormorò la femme, con le ottiche lucide e le mani che tremavano.
 
«Spectra, solo Spectra esiste, solo Spectra e i suoi sogni di “ammmore”: dopo tutto quello che ho fatto per te, tu mi hai voltato le spalle per sposare un Decepticon, uno di quelli che hanno fatto saltare la testa di nostra madre…»
 
«Quello fu Starscream, non S-»
 
«È un Decepticon anche Soundwave, dunque fa differenza?» ribatté Spectrus «Prima che tu muoia voglio che tu sappia questo: per quanto non ti volessi bene, quando siamo arrivati qui non pensavo di terminarti. Avevi fatto quel che ti avevo chiesto nel corso del tempo, quindi avevo pensato di sbolognarti a un qualche Autobot che ti prendesse come compagna e basta. Tu avresti avuto il compagno che volevi, io mi sarei liberato della zavorra e sarebbe stata una vittoria per tutti, ma tu no! Tu hai deciso di tradirmi, tu hai deciso di mandare a puttane i nostri rapporti per sposare un mech che conoscevi da un mese e con cui, oltretutto, ora nemmeno stai! Non vuoi diventare come me? Di sicuro sei già altrettanto egoista. La sola differenza è che io lo ammetto».
 
Era difficile per Spectra capire quello che stava provando. Era un miscuglio di tutto e di nulla, tra un incubo e il risveglio, tutto molto ovattato. Sentiva sprazzi di emozioni agitarsi al di sotto di quella sottospecie di “calma”, cose che cercavano di portare le sue gambe a scattare per fuggire, ma quel che invece la stava tenendo ancorata lì era più forte. Non trovare alcunché da ribattere alle accuse di Spectrus riguardo il suo egoismo e la sua ingratitudine era un altro buon motivo per cui quella faccenda doveva finire, perché lui portava già abbastanza distruzione in giro e non c’era proprio bisogno di un’altra Specter ad aiutarlo.
 
«Mandami offline. Almeno uno di noi due non farà più male a nessuno» disse Spectra, guardando il fratello dritto in faccia «Se devo davvero diventare come te preferisco finire così, perché non posso accettarlo».
 
«Farsi terminare pur di non accettare l’idea di essere in grado di fare del male non è coraggioso, è un atto di codardia proprio degno di te, sorellina».
 
Spectra abbassò la spada del fratello in modo che fosse in corrispondenza della Scintilla. «Lo so».
 
Sentì un dolore acuto al petto, le gambe cedere e qualcosa di caldo scivolare giù lungo il suo addome insieme alle lacrime lungo le sue guance.
 
“Mi dispiace per tutto quello che ho causato. Mi dispiace”.
 
Mentre cadeva all’indietro le parve di sentire del caos, dei colpi di cannone laser e qualcuno che la chiamava, una voce femminile conosciuta ma non fu in grado di capire chi fosse, e riuscì solo a chiedersi se fosse reale o meno.
 
Poi, più nulla.
 
 
 
 
 
 
 
 
“Uccidi”
 
Nel processore di Tarn, generalmente affetto da una quantità di pensieri più grande di quella che sarebbe stato sano avere, c’era posto per quella sola parola.
 
“Uccidi”
 
L’immagine che aveva ancora davanti alle ottiche era quella dei brevi istanti in cui aveva visto Spectra abbassare la lama della spada fino alla Scintilla, le sue lacrime quando questa era penetrata e il volto inespressivo di Spectrus Specter, Spectrus Specter-
 
UCCIDI!”
 
Come in un sogno molto lucido annegato in un oceano di furia omicida affondò le dita nel braccio di quel mostro che Spectra aveva chiamato fratello, strinse, lo sentì sfrigolare tra le due mani e lo strappò via.
All’inizio gli aveva sparato col doppio cannone a fusione e non l’aveva colpito, ma forse era meglio così. Sparargli non gli bastava, voleva farlo a pezzi con le proprie mani.

Il suo nemico non rimase fermo a farsi smembrare, lo sentì sparargli più volte col laser del braccio che gli era rimasto. Erano colpi forti ed erano stati assestati in alcune delle parti più vulnerabili della sua armatura, Tarn se ne rendeva conto e si rendeva conto di essere stato ferito, ma non gli importava niente: aveva usato l’ultima briciola di vero raziocinio per ordinare a Nickel di occuparsi di Spectra -non che ce ne fosse stato bisogno perché, come Vos che avrebbe dovuto occuparsi di sollevarla, il suo medico di bordo si era mosso un nano click prima di ricevere il permesso- e non ne aveva più per qualsiasi altra cosa.
 
Riuscì ad afferrare l’altro braccio di Spectrus, quello con cui gli stava sparando, e strinse di nuovo. Quella bestia stava urlando qualcosa ma lui non capiva né gli importava capire, e diede uno strattone che portò via l’arto quasi del tutto.
 
«… uccisa! Se ti avesse detto “no” l’avresti fatta fuori tu stesso, ipocrita del cazzo!»
 
Un ricordo.
 
 
 
“Le ho detto di staccare i recettori audio. Le parlerò una volta che l’avrò portata nel vostro alloggio, spero con buoni risultati”. 
“E se non dovessero essercene?”
La sua alla domanda di Nickel fu qualche secondo di completo silenzio. 
 
«Spectra, ora io devo chiederti una cosa» disse, percependo chiaramente attraverso i pollici le pulsazioni della Scintilla della giovane «Allo stato attuale, ora che abbiamo parlato, pensi di riuscire a capire e accettare il tutto?»
Se avesse risposto di no il suo sarebbe stato un atto di pietà, si ripeteva: un atto di pietà.
 
 
 
Un colpo potentissimo dritto sul suo volto gli annebbiò la vista, tutto quel che sentì per qualche istante fu un fischio acuto. A quel colpo ne seguì un altro, poi un altro ancora, e quando una delle sue ginocchia toccò terra riuscì a ritrovare un po’ di controllo.
 
Aveva l’altro braccio di Spectrus in mano ma la sua iconica maschera era andata, la ferita causatagli da Grimlock vorn e vorn or sono si era riaperta diventando anche più profonda, non vedeva ancora in modo chiaro e il dolore alla testa non era da poco, ma cercò comunque di rialzarsi e sollevò il cannone a fusione per sparare a uno Spectrus mutilato, col volto in parte devastato -o così parve a Tarn- a rivelare che l’aveva colpito con la testa e che nonostante le condizioni in cui si trovava stava correndo via tenuto in piedi dalla forza della disperazione, o forse dalla cattiveria.
 
Non riuscì a colpirlo, tutto quel che ottenne fu buttare giù un paio di alberi e vedere Specter sparire nel folto della vegetazione. Lui però non intendeva lasciarselo sfuggire, non un’altra volta. Le tracce di energon non gli avrebbero permesso di perderlo di vista, poteva permettersi di inseguirlo sapendo che c’era già chi si stava prendendo cura di Spectra: aveva visto Vos e Nickel scomparire all’interno di un Ponte. Era una scelta che i possibili dirottamenti rendevano rischiosa, infatti avevano raggiunto il bosco con un’astronave della Nemesis, ma se Nickel aveva preso quella decisione poteva essere solo perché aveva capito che in caso contrario Spectra non ce l’avrebbe fatta.
 
«Tesarus!» esclamò nel comm-link «Com’è la situazione?»
 
 
Vos e Nickel sono arrivati, Nickel è in infermeria con Specter femmina. Ho l’impressione che sia conciata peggio di quanto fossi io – commentò il grosso Decepticon, delicatissimo come suo solito – Specter maschio?
 
 
«Non è ancora offline ma intanto ha detto addio alle braccia» disse Tarn rialzandosi «E la caccia non è finita».
 
 
Bene! E Dreadwing?
 
 
«L’ho lasciato a Helex e Kaon» rispose Tarn.
 
Non erano capitati in quel bosco per caso: se erano giunti lì era stato proprio perché era stato Dreadwing a contattare Kaon, che nel loro gruppo si occupava delle comunicazioni, direttamente nel comm-link. Era stato il secondo in comando dei Decepticon, di conseguenza aveva anche quel contatto privato.
Kaon aveva subito riferito il tutto a Tarn ipotizzando che forse potesse essere l’ennesima trappola ma lui, appena il suo tecnico aveva finito di parlare, aveva disposto tutto per la partenza immediata -decidendo di lasciare Tesarus nella Peaceful Tiranny causa convalescenza- senza neanche avvertire chiunque altro oltre alla sua squadra. Non era una trappola, l’aveva sentito in ogni fibra del suo corpo tecnorganico: Spectrus era in quel bosco, aveva attaccato Dreadwing a sorpresa e dunque Spectra era in gravissimo pericolo.
Quando erano arrivati avevano trovato Dreadwing in piedi e barcollante, ma Tarn aveva visto le tracce dei due Specter, quindi non se n’era curato se non per dare a Helex e Kaon l’ordine di occuparsene. Lord Megatron l’aveva messo nella Lista tra i bersagli prioritari, e oltretutto non era stato in grado di proteggere Spectra, quindi era indubbio che meritasse la terminazione.
 
Aveva seguito quelle tracce correndo come se Unicron in persona l’avesse inseguito, con Vos in modalità fucile in mano e Nickel a volargli accanto, era arrivato sul posto, aveva attaccato, eppure c’era la possibilità che non fosse abbastanza. Da tempo non credeva più in alcun dio, ma se l’avesse fatto avrebbe pregato con tutta l’anima perché lei si salvasse. Era quel che desiderava di più in assoluto, al pari della morte di Spectrus o anche di più.
 
«Tarn!» esclamò Helex, arrivando di corsa sul posto insieme a Kaon «Stai bene?! Dreadwing ci è sfuggito e-»
 
«Non pensate a lui! Specter è danneggiato» disse il Decepticon, lasciando cadere a terra il grosso braccio nero e blu del suo nemico «È l’occasione buona».
 
«Lilleth-» avviò a chiedere Kaon, venendo bruscamente interrotto.
 
«Se ne sta occupando Nickel. Noi dobbiamo seguire Spectrus Specter e terminarlo una volta per tutte» disse Tarn, mettendosi in marcia «La vita di quell’essere immondo finirà oggi!»
 
 
 
 
 
 
 
 
Correndo mentre farfugliava la sequela di bestemmie più lunga di tutta la sua esistenza e trovandosi a maledire la propria grande stazza per la primissima volta nella sua vita -se fosse stato più piccolo sarebbe stato più semplice trovare dei nascondigli in caso di bisogno- Spectrus Specter riuscì comunque a trovare sufficiente lucidità per chinarsi e raccogliere della terra morbida e umida con quel poco e niente che restava delle sue braccia. Quella avrebbe tamponato le ferite almeno in parte e avrebbe reso più difficile la caccia a Tarnlandia. Sapeva che Tarn non era da solo, aveva sentito le voci di almeno altri due del gruppo, il che non migliorava la sua situazione.
 
Corse ancora. I passi dei suoi inseguitori dietro di lui erano abbastanza distanti ma il solo fatto di riuscire a sentirli era pericoloso, specie pensando che il suo obiettivo era arrivare alla Jackhammer e riuscire a decollare prima che loro gli posassero nuovamente le ottiche addosso. Pensare alle ottiche altrui fece sì che per un attimo si focalizzasse sulla sua ottica sinistra, o meglio, quel che ne restava: era quasi del tutto cieca, e non poteva essere altrimenti visto che adeso quella parte della sua faccia era massacrata proprio come quella di Tarn. Almeno a quel problema contava di ovviare presto… se fosse sopravvissuto.
 
«Posso sopravvivere a questo e ad altro» ricordò a se stesso in un sibilo.
 
Era stato costretto a dirsi che sarebbe sopravvissuto. Da quanto era che non gli capitava? Quando era stata l’ultima volta in cui si era trovato veramente a essere cacciato e veramente in pericolo, se poi gli era mai successo?
Fino a neanche cinque minuti prima aveva creduto di aver raggiunto uno dei suoi obiettivi primari, oltretutto con la complicità di una “cara” sorella che i sensi di colpa avevano reso così malmessa da rendere il suo tentato omicidio qualcosa di più simile a un suicidio assistito, e adesso invece era mutilato, ferito e doveva assolutamente farsi venire in mente qualcosa. Avrebbe anche voluto capire come avesse fatto la DJD ad arrivare lì di botto, ma a quello avrebbe pensato in seguito.
 
“Un momento. Io ho in mente qualcosa” pensò, dopo aver ricordato che un diversivo, o qualcosa che poteva essere usato come tale, lo aveva già.
 
«Nano malefico» disse nel comm-link «Riesci a localizzare il mio segnale?»
 
 
Forte e chiaro, anche troppo. L’amico di tua sorella ti ha ferito?
 
 
«No, ma ho parte di Tarnlandia dietro di me e ho bisogno di una mano, o anche due. Sì, in effetti....» fu costretto a reprimere il principio di una risata isterica decisamente non da lui, segno che l’accaduto non lo stesse lasciando indifferente «Avrei davvero bisogno di due braccia in più» represse la seconda risata isterica e fece un breve sospiro nervoso «Libera Bernie e spingilo verso la mia attuale posizione».
 
 
Mi mancherà, era il mio spettatore preferito nonché l’unico di voi due che si prestasse a provare gli oggetti da recensire che mi mandano – sospirò Bustin – Ma anche le cose belle hanno una fine, giusto?
 
 
La comunicazione tra loro terminò così. I tamponi improvvisati di terra sembravano anche reggere discretamente, dunque c’era anche molto meno energon a gocciolare in giro, e Spectrus, dopo una leggera deviazione dal percorso, tornò a dirigersi verso la Jackhammer con rinnovato vigore.
 
 
 
 
 
 
 
 
«“Now let's skip the tears and start on the whole, y'know/ Being dead thing!”»
 
Smokescreen non capiva molto di quello che stava succedendo, per non dire che non capiva affatto. Tutto quel che sapeva era che uno dei suoi carcerieri, precisamente Bustin, lo aveva liberato, gli aveva tolto la vernice dai sensori ottici e aveva aperto il portello della Jackhammer.
 
«“ You're doomed, enjoy the singing/The sword of Damocles is swinging”…»
 
La giovane ex guardia d’élite, meno imbottita di sedativi rispetto al solito ma non del tutto lucida, aveva fatto... quel che c’era da aspettarsi da qualcuno non proprio lucido, per l’appunto: aveva visto la via verso la libertà e l’aveva imboccata senza riflettere.
Non capiva neppure perché Bustin dopo averlo liberato gli stesse sparando -a lui o, piuttosto, vicino a lui per farlo muovere?- o perché in quell’occasione stesse cantando con particolare “passione” quella stramaledetta canzone che lui, dopo averla sentita troppe volte nel corso della prigionia, aveva imparato a odiare con tutto se stesso.
 
«“You're/You're gonna be fine/On the other side”…»
 
Corse, inciampò varie volte e ne cadde altrettante, ma trovò sempre la forza di rialzarsi e continuare. Si sentiva così pesante, voleva così disperatamente riuscire a contattare gli altri e tornare alla base! Non desiderava nient’altro al mondo se non rivedere qualcuno dei suoi compagni, chiunque. Il suo comm-link però era distrutto, la sua scatola vocale danneggiata, quindi anche volendo gridare “Aiuto” non avrebbe potuto. Ma poi, c’era davvero qualcuno che potesse sentirlo?
 
A un certo punto i colpi laser di Bustin smisero di arrivare. Gli sembrò di distinguere un “DIE! YOU'RE ALL GONNA DIE! YOU'RE ALL GONNA DIE!” che faceva sempre parte della canzone, ma era piuttosto distante e in seguito non sentì più nessuno cantare.
 
Osò sperare di averlo semplicemente seminato.
Le speranze da sedativi erano così ingenue.
 
Continuò ad avanzare per un altro po’ prima di iniziare a sentire una voce.
 
«… sentito un rumore, viene da là! Scommetto che Specter è andato da quella parte, quel bastardo».
 
“È uno dei miei compagni?” pensò Smokescreen, caracollando verso quello che il suo desiderio di tornare a casa e la poca lucidità rendevano una potenziale fonte di aiuto invece che un probabile pericolo mortale.
 
Capì di aver fatto un errore quando, sbucando da dietro due alberi, trovò davanti a sé un mech rossastro con due antenne Tesla sulle spalle che lui non riconobbe nemmeno, ma col simbolo dei Decepticon ben visibile sull’armatura.
 
«Cos-?! Un Autobot?... dev’essere la giornata del due al prezzo di uno!»
 
 
 
 
 
 
 
 
Il datapad era a terra e attivo. Da esso Spectrus riusciva a vedere distintamente le immagini trasmesse dalla microcamera che tempo addietro lui e Bustin avevano installato addosso a Smokescreen; era stato un lavoretto pulito e più semplice di quello che invece aveva portato a compimento da solo e riguardava sempre quel giovane Autobot. Se non ricordava male era stato il giorno in cui il nano era andato a prendere quelle camicie orrende e aveva rincontrato l’altra nana per la prima volta.
 
Spectrus aprì uno scomparto e da esso lasciò cadere un telecomando che raddrizzò con un leggero colpo di un piede. Sul datapad vide Kaon avvicinarsi a Smokescreen e mettergli le mani addosso. Sarebbe stato meglio che quel ragazzo fosse morto circondato dai suoi compagni, nel calore della nuova base, scioccamente convinto di essere in salvo. Inizialmente l’idea di Spectrus era stata quella, ma poi si erano messi in mezzo la DJD, la sfortuna, il destino. 
smokescreen non avrebbe fatto una bella fine, e in fondo non meritava una morte così brutta e dolorosa per mano della DJD, giusto?
 
«Spectrus il misericordioso» commentò, conscio del fatto che nelle sue azioni c'era tutto tranne misericordia, e premette col piede l’unico pulsante presente sul telecomando. Avrebbe potuto farlo fare a Bustin, ma farlo personalmente, anche e soprattutto perché senza braccia, era tutt’altra cosa.
 
Una sola carica esplosiva del compianto Wheeljack poteva far crollare una miniera, e Spectrus dentro Smokescreen ne aveva messe ben cinque: quattro negli arti e una all’altezza del petto.
L’esplosione che seguì fu tremenda, e pur essendo abbastanza lontano fu raggiunto da vari detriti, dal boato che lo assordò per più di qualche attimo e dalla luce delle fiamme che si stavano propagando in tutta l’area; se il clima in quei giorni fosse stato più secco, quel bosco sarebbe diventato una succursale dell’Inferno.
 
 
Ora Bernie è diventato veramente un Bernie, e forse anche il tecnico di Tarnlandia nonché miglior cliente di PornHub – sentì dire Bustin nel suo comm-link – I motori sono accesi. Ti direi di cercare di darti una mossa ma non c’è bisogno, giusto?
 
 
«Decisamente no» replicò Spectrus.
 
 
 
 
 
 
 
 
«KAON!» urlò Helex, lanciandosi in mezzo alle fiamme e agli alberi che cadevano per recuperare il compagno di squadra orrendamente ferito «Tarn!...»
 
Quando avrebbe avuto fine quella giornata da incubo, quando?, si chiedeva Tarn, il cui modulo cerebrale non aveva ancora assorbito del tutto quel che era appena successo. Un attimo prima le cose sembravano essersi messe decentemente, aveva creduto veramente di poter finalmente mettere un punto alla questione Spectrus, e adesso il bosco era il fiamme, uno dei suoi uomini era messo malissimo e gli era parso di sentire Kaon chiamare “Autobot” il tizio che era esploso. Non ci voleva molto per unire i puntini e comprendere che non era stato casuale veder spuntare un Autobot imbottito di esplosivi in un momento in cui Spectrus era stato messo alle strette.
Nonostante tutto non si sarebbe aspettato una cosa simile, aveva creduto di aver capito con chi - no: con cosa - aveva a che fare e invece era stato sorpreso ancora una volta, com’era abitudine degli Specter.
 
«Occupati di lui!» ordinò Tarn a Helex «Cerca di tornare nella nostra nave o nella Nemesis, chiama qualcuno, io…»
 
“Devo continuare la caccia”.
 
Helex comprese perfettamente. «Fallo secco. Prendilo e fallo secco».
 
Tarn per tutta risposta annuì e, guidato dai recettori uditivi che avevano avvertito in lontananza il vago rumore del motore acceso di un’astronave, partì in quarta. Un albero infuocato gli cadde addosso, ma il bruciore che sentì quando riuscì a bloccarlo con le mani era una delle tante cose che quella sera non gli importavano proprio, insieme alle ferite subite in precedenza che si facevano sentire, e lo spinse via. Non intendeva arrendersi, non quella sera.
 
 
 
 
 
 
 
 
«Guarda nano: senza mani!»
 
«Ah… ma allora quando dicevi di avere bisogno di due braccia in più intendevi in senso letterale» osservò Bustin.
 
Non erano molte le volte in cui a Bustin era capitato di vedere un transformer conciato così male reggersi ancora in piedi. Da quel che restava delle braccia doveva essere fuoriuscito parecchio energon, la testa di Spectrus e la faccia sfrigolavano ogni tanto, l’ottica sinistra era del tutto andata o poco meno, aveva l’aria di chi cercava di contenere un momento d’isteria e barcollava il giusto, eppure eccolo lì, senza mollare e senza essersi trattenuto dall’assestare alla DJD un colpo di coda.
 
“Come direbbe Ryuuk il dio della morte, questo Specter è proprio… uno spasso!” pensò il minicon, guardandolo attraversare il portello della nave. Avrebbe giurato che sarebbe crollato a terra ma non fu così, anzi, si mise a sedere con la schiena dritta e fece un lungo sospiro.
 
«Nano, dopo avrò bisogno-»
 
«Di una mano» completò Bustin mentre chiudeva il portello e dava il via alle procedure di decollo. La Jackhammer si sollevò in aria.
 
«Grazie al fatto che il buon Wheeljack viaggiasse da solo abbiamo gli attrezzi per le riparazioni e anche il suo braccio destro. Sei capace di riattaccarmelo?»
 
«Di mio non sono un medico, però so seguire le indicazioni e ho la mano ferma. Tu sei capace di darmi le indicazioni per farlo?»
 
«Sì» rispose Spectrus, poggiando la schiena contro la parete metallica. Il tampone improvvisato di terra aveva ceduto quasi del tutto, dunque il pavimento si stava riempiendo di fango azzurro luminescente «Cerchiamo un luogo riparato e-»
 
«Frollo!» esclamò Bustin, avvistando Tarn che usciva dagli alberi e riuscendo a eseguire una brusca virata a destra appena in tempo per evitare che la nave fosse colpita dal cannone del Decepticon.
 
«Speravo che l’esplosione avesse coinvolto anche lui ma sarebbe stata troppa grazia! Dobbiamo andare via da qui!»
 
Salirono ulteriormente di quota ma Bustin vide Tarn alzare entrambe le mani, e capì subito che non era un gesto casuale.
 
“Allora è così che hai spento la tua nave quando l’ho dirottata, vero Glitch?” pensò il minicon, che decise di cambiare strategia e scendere giù in una violenta e improvvisa picchiata.
 
«Cosa CAZZO
 
«Salvo la pelle a entrambi!» esclamò Bustin.
 
La manovra che eseguì subito dopo impedì lo schianto contro il terreno, ma lo schianto contro Tarn fu quasi altrettanto terrificante: era stato come aver colpito una piccola montagna molto dura. Dopo l’urto però riuscirono a far risollevare la Jackhammer e, finalmente, a volare via.
 
«Non credo che dovremo affrontare altro per oggi» disse il minicon.
 
«Non potevi sparargli invece di andargli addosso?» domandò Spectrus, cercando di rialzarsi dal pavimento.
 
«Io penso che l’effetto sorpresa abbia evitato che la Jackhammer si spegnesse sotto i nostri piedi. La voce non è il solo modo che ha per disattivare qualcosa a distanza, credo di aver avuto la conferma questa sera e… ah» commentò Bustin, notando una spia rossa sul display del computer di bordo «Mi spiace dirtelo ma non possiamo lasciare la Terra con questa nave. Il modulo per l’iperspazio è andato».
 
«È un problema minore» rispose Spectrus «Perché io non intendo assolutamente lasciare questo posto prima di aver fatto dell'altro. Se pensano che quel che è successo possa fermarmi si sbagliano di grosso» affermò con forza il mech, cercando di contrastare l’inizio di un mancamento «Anzi! Porterò loro via tutto quel che hanno di più caro o farò sì che succeda, non importa quanto tempo o quali mezzi dovrò impiegare. Sono ancora vivo, ho ancora la mia spada, il mio cervello e te, quindi non è finita. Non è finita».
 
Bustin non replicò. «Già, com’è che hai ancora la spada? Non hai nemmeno provato a infilzare Frollo?»
 
«La stavo usando per uccidere mia sorella e forse ci sono riuscito, ma Frollo mi ha sparato, quindi l’ho rimessa a posto per sparargli a mia volta più agevolmente. Non che sia servito, quella bestia non sentiva dolore, pareva quasi in trance… ma sbattergli in faccia le conclusioni che ho tratto ascoltando quel che Spectra mi ha raccontato vari vorn orsono gli ha fatto abbassare la guardia per un attimo» fece una breve pausa «Mi è andata bene. Mi secca ammetterlo ma è così, anche se continuo a considerare un fallimento buona parte di quel che è successo. Sai, quello che non capisco è come siano arrivati qui».
 
«Dopo averci riflettuto un po’ho concluso che possa essere stato l’amico di tua sorella, Dreadwing se non sbaglio. Non ci sono state comunicazioni in entrata nel computer della Peaceful Tiranny ma da quel che so lui è stato secondo in comando: può darsi che avesse il contatto privato del comm-link di uno di loro» ipotizzò Bustin «Non mi viene in mente altro. In questo caso sarebbero arrivati qui per colpa di un nostro errore di valutazione».
 
«Meglio che sia andata così per demerito nostro che per merito… altrui…» borbottò Spectrus «Nano-»
 
«Mi occupo delle ferite, sì. “You’re welcome!”».
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nel buio e nel fumo che oscurava il cielo e la visuale, Tarn iniziò lentamente a rialzarsi.
 
“Ho fallito”.
 
Non riusciva a vederla in altro modo. Aveva assestato al suo nemico un colpo non da poco e gli era stato restituito, non avevano terminato Dreadwing, e quanto a Spectra…
 
 
 
“Per primo venne il fuoco, il sangue per secondo, terza la tempesta che al quattro annega il mondo…”
 
 
 
La scena che si era trovato davanti e l’aveva fatto scattare, la spada di Spectrus conficcata nel petto di Spectra dopo che lei l’aveva abbassata: lui l’aveva già vista.
Era una delle tante cose che aveva visto quel maledetto giorno in cui lui e il resto della sua squadra avevano affrontato i famigerati tredici passi alla fine del gioco della strega. Se l’era trovata davanti adulta, lei l’aveva pregato di non lasciarla lì da sola, ma lui -con la morte nella Scintilla e volendo disperatamente credere che fosse un’illusione- era andato avanti lo stesso… e l’aveva vista morire senza poter fare niente, neppure tornare indietro.
Quando l’aveva rivista sulla Terra aveva capito di non averla lasciata a morire, era viva, era lì, era fisicamente a posto, quindi si era illuso di poter dire “scampato pericolo”, ma si era sbagliato. Come per le montagne troppo alte in Antartide, quel che gli era stato mostrato dalla strega non si era trattato di un’illusione e basta: era stato un frammento del futuro.
 
Lì Spectra era morta, poteva davvero sperare di essere riuscito a cambiare il corso degli eventi?
 
«Tesarus… apri un Ponte».
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Avere cento braccia: riuscire a fare tutto;
Ryyuk, che Bustin ha citato, è un personaggio di Death Note.


E anche oggi Smokescreen lo liberiamo doma- ah, no. Perdono, Prime.
CHE DIRE
!
Spero che a Kunoichi_BeastKnightress sia piaciuta la parte in cui Spectrus le ha prese, gliel’avevo… beh, non dico promessa, ma quasi xD
Mi auguro che il capitolo sia risultato comprensibile, nel caso abbiate bisogno di chiarimenti su questo o quello potete tranquillamente scrivermi.
 
Grazie a chi legge, chi recensisce, chi apprezza e anche a chi vorrebbe picchiarmi come se fosse un Tarn qualunque col suo Spectrus di fiducia. Alla prossima,
 
 
_Cthylla_
   
 
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