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Autore: Little Firestar84    23/09/2020    0 recensioni
“Una volta ho fatto un giro su pista con una Dodge Hellcat. 707 cavalli di potenza grazie ad un compressore volumetrico, capace di passare da zero a cento in poco più di due secondi. Il motore rombava che era un piacere. Anche se il risultato non è male nemmeno modificando una RT del 1973. La loro linea aerodinamica si presta all’alta velocità, e comunque 425 cavalli non sono male.”
Eliot la guardò, curioso. Se non fosse stato che dava l’aria davvero troppo giovane per lui, e che aveva ben poco di femminile, sarebbe stata perfetta.
Donne e motori erano un connubio a dir poco meraviglioso, per quel che lo riguardava.
Storia partecipante alla "Just Stop For A Minute And Smile" Challenge.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Hitter & Chemist'
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Storia partecipante al challenge "Just stop for a minute and smile" di Soul_Shine, col pormpt #12: Stavamo giusto parlando di te!

C’era una sola cosa che Eliot amasse, e quella era la sua macchina. La sua Dodge era il suo tesoro, e nessuno poteva permettersi di toccarla, specie senza il suo consenso - e questo valeva anche per le belle donne.

“Ti spiace?” Chiese, alzando un sopracciglio, schiarendosi la gola e facendo sobbalzare la ragazza che stava sfiorando la carrozzeria rosso-aranciato del suo gioiellino, che si voltò di scatto, sbiancando. “Tranquilla, bambina, non mordo.”

Gli era venuta istintivo chiamarla “bambina”, perché dava l’aria di essere sì e no una teenager, con le scarpe da ginnastica, i jeans neri strappati e una vecchia maglietta dell’Hard Rock Caffè, che aveva visto tempi migliori.  E a “bambina” aveva ancora una mano sulla sua macchina.

“Cos’è, una SRT-8 del 2008?” Chiese lei, mordendosi le labbra, e cercando di guardare all’interno del veicolo, oltre i vetri oscurati.  “un… 381 cavalli, direi. Non male. Non ce ne sono parecchie in giro.”

“Sì…” Eliot, lievemente seccato, prese il fazzoletto che teneva in tasca, e pulì la carrozzeria dalle impronte digitali, dopo aver fatto sciò alla “bambina”, che però non sembrava voler andarsene. “Ho fatto un grosso favore ad un amico.”

“Beh, sei fortunato, allora… poteva andarti peggio. Io quando faccio favori agli amici è già tanto se si ricordano di bagnarmi le piante quando sono in viaggio. Dì un po’, hai mai provato una Hellcat?” Gli chiese, a braccia conserte, appoggiata alla macchina, senza mai togliergli gli occhi di dosso, neanche non sapesse se mangiarsi la macchina o lui. “Una volta ho fatto un giro su pista. 707 cavalli di potenza grazie ad un compressore volumetrico, capace di passare da zero a cento in poco più di due secondi. Il motore rombava che era un piacere. Anche se il risultato non è male nemmeno modificando una RT del 1973. La loro linea aerodinamica si presta all’alta velocità, e comunque 425 cavalli non sono male.”

Eliot la guardò, curioso. Se non fosse stato che dava l’aria davvero troppo giovane per lui, e che aveva ben poco di femminile, sarebbe stata, beh, perfetta per lui. Donne e motori erano un connubio a dir poco perfetto, per quel che lo riguardava.

“Non se ne vedono tante di ragazze che se ne intendono di motori….” Le disse, facendole un mezzo sorriso, e lei scoppiò a ridere di gusto. “Ho detto qualcosa di divertente?”

“Mi fa strano quando la gente mi chiama ragazza,” ammise, facendogli l’occhiolino. “Ho quasi trent’anni.”

“Non si direbbe. Sembri una ragazzina.” Lei non seppe il perché, ma lo disse quasi come fosse un insulto.  La fece… bollire di rabbia. Sembrava essere accondiscendente. Averle detto che era una bimbetta che non aveva attrattive.

Uomini. Alzò gli occhi al cielo, sbuffando, arrossendo lievemente, seccata dal fatto che lui fosse così dannatamente sexy, con quell’aria ruvida, la voce profonda, gli occhi blu e quella criniera di capelli castani lunghi fino alle spalle che teneva raccolti in una coda.  

Lui, intanto, aveva aperto il cofano della macchina, e si era messo a lavorare al motore, attento, e lei si fermò alle sue spalle, e non poté fare a meno di notare una cosa: aveva delle belle mani- ruvide, forti, muscolose, callose. Di chi lavorava usandole. Eppure, ogni suo movimento appariva studiato, e sembrava come ricolmo di grazia ed eleganza.

Sorrise. Quel tizio era una contraddizione vivente (con un discreto fondoschiena).

“Hai finito di fissarmi?” Le chiese, senza smettere di smanettare sul motore. “Insomma, avrai una vita, no? Casa, lavoro, famiglia…”

“In realtà, la mia famiglia si trasferisce di continuo per lavoro, quindi non ho una vera e propria casa.” Si appoggiò alla macchina, tamburellando con le dita sulla lucida carrozzeria tirata a nuovo. “E tecnicamente, io lavoro qui.”

Eliot alzò un sopracciglio. “Una nuova cameriera?” La rossa non gliene aveva parlato. Di certo, non aveva ancora iniziato, o lui se ne sarebbe ricordato- lui conosceva molto intimamente tutte le ragazze che avevano lavorato nel locale.

“Oh, Eliot, eccoti qui!” Eliot vide Nathan uscire dal bar, con passo scattante, eccitato all’idea del nuovo piano che avrebbero messo in atto, e dal fatto che avrebbe conosciuto uno dei suoi miti, Albert, un grande ladro che in quanto a bravura faceva a gara col padre di Parker, e il fantomatico “chimico”, un genio che era stato in grado di realizzare un falso Van Gogh usando un pigmento giallo ad alta instabilità molecolare perché apparisse autentico. Riuscendo pure a convincere un esperto a prima vista. Non che ad Eliot importasse molto. Un altro cervellone in squadra voleva dire un altro tipo a cui fare da baby-sitter.

 “Ah, vedo che vi siete giù conosciuti! Bene, avevo giusto appena parlato di te ad Eliot… non perdiamo tempo e andiamo, abbiamo un mucchio di cose a cui pensare!”

Mentre entrava nel palazzo dietro a Nathan, Eliot richiuse con delicatezza il cofano della sua macchina, e guardò la ragazzina, che si voltò a guardarlo, col sorriso sulle labbra.

“Tu non sei una cameriera, vero?” Le gridò dietro, e lei si voltò, continuando a camminare verso la porta.  

“Rebecca,” gli disse, “Chiamami Becks!”

“Becks,” fischiettò, una volta che lei fu dentro, lontana da occhi e orecchi indiscreti. “Non so perché, ma mi sa che rimarrai nei paraggi molto a lungo…”

   
 
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