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Autore: SkyDream    24/09/2020    1 recensioni
La squadra di pallavolo della Karasuno è in ritiro estivo sul Monte Nagi, a Tottori.
Un'occasione per allenarsi e diventare più forti, se non fosse per la presenza della squadra femminile del Nekota, anch'essa in ritiro.
Shoyo è stato adocchiato da una ragazza, Mel, durante uno dei vecchi raduni e ora tocca proprio a Kageyama fare da Cupido.
Ma ci riuscirà davvero, o si intrometteranno dei fastidiosi sentimenti di mezzo?
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Dal testo:"Quest’ultimo, notando il suo amico che continuava ad accoccolarsi fino a sparire nella felpa, allungò un braccio per poggiarlo sopra le sue spalle.
Sho si ritrovò con la guancia sul petto di Tobio, da sotto il pigiama si sentivano i rapidi battiti del suo cuore, quel suono gli piacque.
Gli piacque tantissimo".
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Karasuno Volleyball Club, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~ Caratteri d'inchiostro ~


«Dormitori in corridoi separati, campi d’allenamento separati, sala da pranzo in comune ma tavoli separati. Parlare con uno dei ragazzi della Karasuno è praticamente una missione impossibile.» Mel alzò il pallone portando con grazia le mani verso l’alto, al contrario della squadra maschile - che sembrava costantemente su un campo di guerra - loro somigliavano a delle danzatrici provette.
Mel, seppur giovane, era ormai una veterana della pallavolo ed era considerata uno dei membri più facoltosi della squadra. Da qualche anno, già alle medie, aveva stretto amicizia con Yui trascinandola con sé dentro il campo di pallavolo, ormai era diventata un ottimo libero, riuscendo a sollevare la ricezione della squadra.
Yui provò a schiacciare il pallone, poi a riceverlo e rimandarlo indietro, andavano avanti da quasi un’ora ma la loro sensei continuava a far cenno di non smettere.
«Potresti provare ad intrufolarti nella loro stanza stanotte, magari con il favore del buio…» Yui per tutta risposta si beccò una pallonata in piena  faccia, cadde a terra con un tonfo e non riuscì a trattenere una risata. Mel era diventata tutta rossa e si era voltata dall’altro lato stringendo il prossimo pallone tra le braccia.
Gli occhi le caddero per l’ennesima volta su Sho e sui suoi sbarazzini capelli rossi, sorrideva spontaneo e solare, come sempre, illuminando l’intero campo con la sua presenza.
«Finirai per consumarti la vista se continui così, scema!» Il tono di Yui era buono, come quello di un’amica vera. Tirò uno dei codini di Mel verso di se, costringendola a voltarsi e a ritornare anche con la mente sul suo campo.
 
-
 
«Prendo una boccata d’aria e arrivo, vedi di farmi trovare la doccia libera quando torno!» Mel le fece una linguaccia prima di prendere la borraccia e l’asciugamano e dirigersi verso la sala pranzo. Da quella stanza si apriva una porta che dava sul giardino interno, dove poteva rimanere un po’ da sola e in silenzio. Era esattamente al centro tra i due dormitori, il suo era a sinistra e quello della Karasuno a destra.
Guardò rapidamente l’orologio, poi si accasciò sugli scalini cercando di riposarsi un po’, non si sentiva più le braccia.
«Il segreto è nello stretching durante le pause, anche durante i time out, e anche alla fine così il sangue non ristagna e il muscolo non si indolenzisce. Per noi alzatori è fondamentale.» Kageyama richiuse la porta alle sue spalle e, anziché sedersi accanto a lei sugli scalini, preferì poggiarsi al muro.
Forse per sentirsi più alto, almeno avrebbe avuto la sensazione di avere tutto sotto controllo.
«Grazie, Kageyama-san, farò tesoro del tuo consiglio.» Mel gli sorrise senza nascondere un accenno di sorpresa.
Che fosse stato il destino a mandarle proprio Kageyama?
«Come ti chiami?» Tobio arrossì, perdendo lievemente quell’aria autoritaria che lo contraddistingueva.
«Melody Miyoko, ma puoi chiamarmi Mel.» La ragazza sollevò gli occhi azzurri su di lui, cercando di scrutare le sue intenzioni. Calò un silenzio imbarazzante che fu interrotto solo dopo qualche infinito secondo proprio da Tobio, che prese a schiarirsi la gola.
«Ecco, Mel, non vorrei sembrarti indiscreto, ma ho visto che in questi giorni hai osservato attentamente gli allenamenti della Karasuno. Hai per caso intenzione di cambiare scuola?».
Kageyama si vergognò di sé stesso, disapprovando in pieno l’inverosimile giro di parole che stava attuando per scoprire se – come sospettava – Mel fosse realmente interessata ad Hinata.
Nella sua mente avrebbe dovuto aprire la porta e urlare qualcosa come “Smettila di fissare Hinata in modo così insistente, mi distrai!”, ma nella realtà dei fatti quella faccia tosta gli mancava.
Almeno per queste cose.
«Oh, mamma! Sì è notato così tanto che osservavo te e Hinata-san?» Mel aveva portato le mani al volto tentando di coprirsi le guance e sprofondando nell’imbarazzo più totale.
Kageyama si sentì ancor di più a disagio, quella ragazzina bionda seduta ai suoi piedi aveva il tipico atteggiamento da innamorata.
«Sì, per me che sono il setter e sono abituato a tenere tutto d’occhio è stato molto evidente. Ma non c’è nulla di male a studiare una scuola in cui vorresti entrare, no?» Kageyama si schiarì nuovamente la gola, distogliendo lo sguardo.
«Non voglio cambiare scuola, anzi, il Nekoma mi piace parecchio e ci sto bene. Solo che vorrei passare più tempo con lui, conoscerlo meglio… » Mel prese a giocare con uno dei codini biondi, senza staccare gli occhi da terra.
«A chi ti riferisci?» Il tono utilizzato era solo vagamente curioso, anzi, quasi alla ricerca di conferma.
«So che ormai lo hai capito, Kageyama-san!» Mel sospirò pesantemente senza abbandonare il rossore che le colorava le guance.
«Parli di Shoyo, non è vero?».
Mel, per tutta risposta, annuì con la testa.
Kageyama sentì qualcosa che gli sfarfallava nello stomaco, si disse che doveva essere colpa della stanchezza, del sangue che cominciava a raffreddarsi. Si poggiò al muro e scivolò fino a sedersi sul parquet a terra. Al pensiero di Mel insieme al suo amico, provò un vago senso di nausea.
«Posso sapere come vi siete conosciuti?».
 
“C’è qualcuno?” Pensò Shoyo mentre scendeva lentamente giù dalle scale con uno zainetto tra le braccia. Finì nella sala comune dell’hotel dove le sue compagne di classe e qualche professore parlavano tra di loro davanti delle tazze fumanti di cioccolata. Il suo stomaco brontolò.
“Stupido! Non è il momento di pensare a mangiare!” Si disse mentre continuava a scendere gli scalini, quando arrivò in fondo decise di nascondersi dietro una pianta ornamentale, per poi scivolare sotto il pianoforte e raggiungere la porta dello sgabuzzino che, per fortuna, si trovava dietro un angolo poco illuminato.
Entrò dentro facendosi luce con la torcia dell’orologio da polso, impilò un paio di scatole e, prima di salire, si assicurò di avere il cappuccio ben ancorato in testa.
Aprì la piccola finestrella dello sgabuzzino e si infilò dentro cercando di far passare per primi i piedi. Spiccò un salto.
L’atterraggio tra i sacchi della spazzatura fu più puzzolente del previsto ma – si disse – poteva decisamente andargli peggio.
Era riuscito a scappare dall’hotel dove stavano organizzando un ritiro per tutti i ragazzi dei club di pallavolo delle varie scuole medie. Non era male come risultato considerando l’enorme numero di docenti addetti alla sorveglianza.
Uscì dalla pattumiera e affondò le scarpe nella neve, sentendo dei piccoli brividi alle caviglie, diede un colpetto all’orologio da polso che riprese ad illuminargli la strada.
Era una distesa di bianco infinita, interrotta a tratti solo da arbusti spinosi e tronchi di pino, aveva qualcosa di inquietante e affascinante allo stesso tempo.
Shoyo deglutì. Non aveva pensato ai lupi, sicuramente lì nel bosco dovevano esserci.
Battè il piede tre volte a terra, cercando di darsi coraggio, e cominciò a camminare.
Tra gli alberi bisognava stare attenti alle radici che si sollevavano e alle zone ghiacciate dove si scivolava, i rami colmi di neve si piegavano su di lui quasi a volerlo afferrare. Rabbrividì.
«Eccolo!» Esclamò d’un tratto recuperando il suo solito entusiasmo, riprese a correre affondando ancora nella neve e, quando finalmente arrivò al traguardo, si accorse di aver preso un abbaglio.
Quella che credeva essere una rientranza di un albero, era solamente una ragazzina seduta e poggiata ad un tronco.
Shoyo le illuminò il viso, scoprendolo rigato di lacrime. La ragazza fu accecata dalla luce e portò le mani davanti gli occhi per proteggersi.
«Chi sei?!» Esclamarono contemporaneamente. Shoyo abbassò il polso permettendo alla ragazza di guardarlo meglio.
Non gli sembrava di averla mai vista, aveva delle trecce bionde e un paio di occhi così azzurri da risultare insoliti.
«Mi chiamo Miyoko Melody, e tu?» disse lei strofinando le ultime lacrime che le correvano ancora sulle guance.
«Io sono Hinata Shoyo, che cosa ci fai qui?».
«Volevo cercare un posto bello dove fare  delle foto ma mi sono persa e si è fatto buio.»
Hinata ne rimase un po’ sorpreso, poi si offrì di riaccompagnarla in albergo, ma solo dopo aver ultimato la missione. La ragazzina si ritrovò una mano guantata davanti al viso, la afferrò e cominciò a camminare al suo fianco, come se lo conoscesse da una vita.
Melody sentì le guance diventarle sempre più rosse a causa di quel contatto, ma non disse nulla. Non riuscì nemmeno a chiedere ad Hinata dove stessero andando.
All’improvviso, proprio di fronte a sé, scoprì un albero enorme con una rientranza. Il ragazzo le lasciò la mano per poter afferrare lo zaino e uscirne due sciarpe morbide che posizionò proprio dentro la rientranza.
«Sono dei cuccioli di volpe, questo freddo deve rendere la vita difficile anche a loro, non credi?» Mentre spiegava alla sua nuova amica, uscì un fazzoletto con degli avanzi di cibo e lo lasciò lì dentro, i piccoli cuccioli lo cercarono appena con gli occhi prima di mettersi a mangiare con grande voracità.
«Perché li hai aiutati?» Chiese Melody incuriosita e affascinata da quel comportamento.
«Un piccolo gesto potrebbe farli sopravvivere, forse la madre non può più occuparsi di loro. Li ho visti per caso questa mattina, ma i professori non avrebbero di certo capito le mie intenzioni».
Hinata si voltò con un sorriso così grande e luminoso che, per anni, sarebbe rimasto impresso nella memoria della ragazza.
 
Kageyama prese a giocare con un ciuffo di capelli durante il racconto. Lo faceva spesso quando qualcosa lo tormentava.
Ricordava quel ritiro delle medie, non era durato più di due giorni e aveva nevicato talmente forte da rendere inagibili i campi da pallavolo, così i vari club avevano finito per passare due giorni a chiacchierare in compagnia e giocare con la neve.
Si era annoiato a morte.
Ma, riflettendoci, nei suoi ricordi era rimasto impresso un ragazzino dai capelli rossi e dal cappuccio verde che era tornato mano nella mano con una bambina dopo essere scappato. I professori si erano allarmati e perfino i docenti delle altre scuole si stavano per mobilitare nelle ricerche, non era stata avvertita anche la Polizia solamente perché quei due erano tornati in tempo.
Kageyama sentì qualcosa di viscido salirgli allo stomaco, quella piccola avventura non era solo l’ennesimo segno di quanto Shoyo fosse buono come il pane, ma aveva anche indissolubilmente legato quei due, anche se per poche ore.
Melody raccontava di quell’esperienza con così tanta intensità da poter vedere, attimo per attimo, ogni suo ricordo.
Tobio chiuse gli occhi e deglutì.
L’invidia era amara. Amarissima.
«Kageyama, sei qui? Ehi!» La voce di Suga risuonò prima nella sala da pranzo e poi fuori, fino agli scalini dove erano seduti loro.
Il diretto interessato scattò in piedi, pronto a rientrare e raggiungere i suoi compagni. Una mano, però, gli afferrò il lembo della felpa, costringendolo a voltarsi.
«Kageyama-san, pensi che riuscirò a rimanere altrettanto impressa nel cuore di Hinata-san?» Le parole le uscirono di bocca così cariche di sentimento e speranza che Tobio non se la sentì di contraddirla.
Il pensiero che realmente avrebbe voluto esprimere mal si accordava con il suo carattere, così preferì mordersi un labbro e rientrare senza dire nulla.
“No, non puoi!” Avrebbe voluto urlarle, “Shoyo non ha mica tutto questo tempo da perdere dietro delle ragazze, è troppo impegnato ad allenarsi!”.
Quel pensiero prese forma in modo incompleto.
Il cuore avrebbe voluto aggiungere un “Ad allenarsi con me, per inciso!”.
Suga lo incrociò a metà strada, sorprendendosi di come le sue guance avessero assunto una tonalità di rosso insolita, anche il suo labbro inferiore - malamente tormentato dai denti - era stranamente arrossato e gonfio.
«Ehi, Kageyama, tutto bene?» Gli chiese portando la testa leggermente di lato, con fare preoccupato.
L’altro annuì, raggiungendo la sua stanza senza dire nient’altro.
 
Melody fece scorrere l’acqua calda su di sé strofinandosi i capelli energicamente e facendo scivolare via il sudore dal suo viso.
Aveva impresso davanti gli occhi il movimento della bocca di Kageyama nel pronunciare quel nome.
Lei non ci era mai riuscita, non aveva mai trovato il coraggio di dirlo a voce alta.
Inspirò e per la prima volta assaggiò quelle lettere sulla sua bocca bagnata.
«Shoyo…».
   
 
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