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Autore: arashinosora5927    24/09/2020    1 recensioni
Di lui, di lei e di ciò che rimane di chi hanno amato.
Ritrovarsi, a volte avviene nel modo più impensato, nell'ultima persona in cui avresti pensato e nella situazione più disperata.
G, io ti giuro che nessuno aveva bisogno di tutto questo, ma proprio nessuno.
Evidentemente la me del 2018 sì.. quindi se volete qualcuno con cui prendervela è con lei che dovete parlare, io non c'entro niente.
Un tempo mi è stato affibbiato un soprannome "imperatrice suprema dell'angst", mi domando proprio perché…
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Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: G, Hayato Gokudera, Kyoko Sasagawa, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci sono fiori, fiori ovunque, lungo tutto il perimetro spiccano nella loro inutilità a ricordare la fine. Altri fiori, tenuti tra le mani, maldestramente, con estrema attenzione, fiori che sarebbero appassiti, fiori come lui, appassito come loro.

Accade in un istante, quando i passi di uno continuano anche se l'altro è fermo, pestano un ramoscello e lo spezzano. Allora lo vedono, allora si vedono, ai lati della bara inginocchiati, ognuno con il proprio mazzo di fiori ben stretto tra le mani, ognuno con il cuore spezzato e la ragione nella stessa bara che accoglie una vita distrutta.

Lei ha gli occhi pieni di lacrime, i capelli martoriati, stringe tra le mani un mazzo di fiori colorati, lui le fa da specchio, nella stessa posizione, con gli stessi occhi, gli stessi capelli, tra le mani un mazzo di rose bianche stavolta senza sangue.

È un attimo, il loro sguardo si incontra e lo sanno, sanno che stanno soffrendo che il loro dolore è lo stesso e si odiano perché non dovrebbero mostrarsi in questo modo, non dovrebbero trascinarsi a fondo a vicenda, ma hanno perso tutto e non c'è più ragione per rimanere in piedi.

È lui a rompere il silenzio, ad avvicinarsi, ad abbracciarla. Lei sussulta perché è strano, sa che lui non concede tenerezza facilmente, sa che il loro rapporto è sempre stato piuttosto formale, sa che tutto ciò non ha più alcuna importanza quando lo sente singhiozzare e si abbandona a sua volta.

Lei lo stringe, lo stringe forte, illudendosi di poter trovare e dare conforto, ma è solo dolore finché il suo profumo non le penetra le narici e allora sorride.
 
"Hai il suo stesso profumo, Gokudera-kun" commenta lei, le lacrime ancora scorrono, ma il suo tono è calmo.

Lui non sa che fare, che dire: che senso avrebbe rivelare proprio adesso che quell'essenza è sempre stata sua? Che senso avrebbe dire che era sempre stata loro? Non c'è freno alle parole, non davanti a tutto questo.

"Al Decimo piaceva molto la mia colonia" dice finalmente, il cuore gli si stringe in petto a sentirsi parlare usando un tempo passato perché per lui non c'è più presente.

"Lo so. Tsuna...lui ti amava, Gokudera-kun".

Lui sussulta, è sorpreso, confuso, preoccupato. Perché adesso? Che senso ha scoprire gli altarini proprio ora? Ora che non c'è più nulla.

"Te lo ha detto lui?".

"No, ma l'ho sempre saputo. Quando era nervoso chiedeva sempre di te, sembrava fossi l'unico a poterlo calmare. Il modo in cui gli si illuminavano gli occhi quando ti nominava, quando mi diceva che ti preoccupi per le cose più irrilevanti, che non sapeva come avrebbe fatto senza di te e tanti piccoli altri fattori mi hanno fatto capire che era amore".

Fa male, fa male sentire qualcosa che lo rendeva così felice da chi non avrebbe mai voluto sapesse. Fa male ammettere che non sarà mai più perché quella immensa felicità ora gli lacera il cuore.

"Mi dispiace" è tutto ciò che riesce a dire, mentre ancora stringe lei tra le sue braccia come mai aveva fatto con nessuna. Vorrebbe sottrarsi, parlare sinceramente, ma non può mentire perciò resta fermo.

È lei a sottrarsi, scuote la testa e sorride. Lo guarda dolcemente mentre gli asciuga una lacrima, una delle lacrime che non asciuga a se stessa.

"Non devi essere dispiaciuto, né scusarti. Credo che Tsuna non me ne abbia mai parlato perché temesse che non potessi capire, ma a me è stato sempre così chiaro".

Lui annuisce piano, si sforza di sorridere a sua volta, ma proprio non è il tipo, non è così forte da mostrare un sorriso quando si sente in quella bara senza mai esserci entrato.

"Ti amava, Sasagawa-san. Ogni suo gesto era volto a renderti felice, a proteggerti da un mondo troppo sporco per il tuo dolce animo. Ti voleva al suo fianco per l'eternità, per questo ti ha chiesto di sposarlo, per questo ti ha legata a sé".

Lei annuisce, sorride ancora: lo sa, sa tutto ciò che lui si sforza di dire. Lo dice.

"Lo so. So quanto Tsuna mi amasse, so quanto il nostro amore fosse forte. So che il nostro rapporto era speciale, sincero. Chi lo ha detto che si possa amare una sola persona? Tsuna non ha mai saputo scegliere, non ha voluto scegliere e davvero non poteva. Nessuno gli ha mai imposto una scelta, semplicemente perché per quanto difficile poteva sembrare a noi è sempre stato chiaro".

Lui non sa cosa dire, si trova a concordare e a sua volta riesce a sorridere. È così, per quanto la gelosia a volte abbia giocato il suo nessuno avrebbe mai potuto negare una parte o l'altra, Tsuna apparteneva a loro e loro a Tsuna, che ora gli era rimasto addosso, nei ricordi, nell'anima e li aveva lasciati così che stare insieme era l'unico modo per riviverlo, per rivederlo.

Si guardano, per la prima volta si riconoscono l'uno nell'altra, si abbracciano di nuovo, stavolta senza piangere. Si stringono come se da questo dipendesse la loro vita e in effetti è così. Avevano limitato il loro contatto per tutta la vita, si erano anche evitati inconsciamente da quando tutto era diventato chiaro, ognuno col desiderio proibito di chiedergli di scegliere perché no, non lo volevano condividere, ma avevano capito che Tsuna non sarebbe mai stato felice se avesse rinunciato perché era loro che voleva.

Sono così simili, anzi sono uguali, anime distrutte, il loro stesso riflesso, separate dall'amore, unite dalla morte.

Lui le accarezza i capelli, si perde tra le lunghezze diverse e le parti mancanti. È inevitabile chiedere.

"Cosa hai fatto ai tuoi capelli?".

Lei si tocca le punte più lunghe e si sforza di mantenere il suo tono calmo.

"Quando mio fratello me lo ha detto ho perso il senno. A dire la verità mi sono trovata con delle forbici in mano e prima di rendermene conto..."

Non servono altre parole, lui lo sa, sa cosa è successo, perché gli è successa la stessa cosa: il pensiero che non li avrebbe più toccati, che non avrebbe più giocato fargli delle treccine. Li aveva fatti crescere solo per Tsuna, non aveva più ragione di tenerli.

"Eppure non avrei mai dovuto. Tsuna non faceva che ripetere quanto gli piacessero i miei capelli lunghi".

Il tono di lei è incerto, lui sente una fitta al cuore, anche lui ha fatto un torto a Tsuna, anche lui ha fatto a pezzi qualcosa che Tsuna amava.

"È vero, lo diceva anche a me in continuazione, ma i capelli ricrescono...".

I morti non risorgono si ferma prima che parole simili lo tradiscono.

Lei lo sa, lo nota, lui come lei, anche lui era troppo vicino a un paio di forbici.

Parlare del passato non ha senso, eppure lui vuole parlarne, perché nel passato c'è Tsuna e Tsuna è l'unica vita che abbia conosciuto.

"Avrei dovuto...".

E lei lo interrompe, scuote la testa e gli da un bacio sulla guancia, perché lei lo sa, suo fratello glielo ha detto, lei lo ha solo saputo, lui lo ha visto, si è visto strappare davanti ai suoi occhi quanto di più prezioso avesse.

"Il fratellone me lo ha detto, mi ha detto che nessuno di voi ha potuto fare niente, mi ha detto che appena ti sei svegliato hai tentato di addormentarti per sempre".

Lei è così delicata, persino per il suicidio ha un termine alternativo che sembra quasi innocente.

"Volevo solo seguirlo, lo avrei seguito in capo al mondo...invece è andato nell'unico posto dove non posso raggiungerlo..."

Lui annuisce, non può negare di sentirsi ancora in colpa, ma non prova vergogna ad ammettere il suo dolore.

"Anche io ci ho provato appena sono rimasta da sola, ma poi dentro di me ho sentito qualcosa che mi ha spinta ad andare avanti".

Lui sgrana gli occhi si domanda dove un'anima spezzata trovi la forza di rialzarsi, in quale miracolo e perché lui stesso proprio non abbia visto niente del genere, come lui stesso sia stato salvato da possenti braccia che gli hanno impedito il gesto più estremo.

"Cosa?" domanda semplicemente.

Lei abbassa lo sguardo e si sfiora il ventre.
"Sono incinta".

Lui non crede alle sue orecchie, un tempo avrebbe odiato una simile notizia, l'avrebbe vista come la fine di quello strano equilibrio, ma ora ora non riesce a fare altro che sorridere.

"Non l'ho ancora detto a nessuno perché volevo fosse una sorpresa. Non l'ho detto neanche a Tsuna perché volevo dirglielo al suo rientro. Ora so che un pezzo di lui sta crescendo dentro di me, è vivo ed è tutto ciò che di lui mi resta, ma non voglio che non abbia un padre".

Lui si interisce, gli occhi si riempiono di lacrime, ma stavolta è solo per la commozione. Coglie quella implicita richiesta e annuisce, sa che farà del suo meglio per preservare l'ultima scintilla vitale del suo amore perduto, sa che è l'unico modo per sentirlo vicino, come se non se ne fosse mai andato.

"Tsuna diceva sempre di voler dare a un suo potenziale figlio o figlia un nome significativo" dice lui. In un attimo parole gli attraversano la mente vorticosamente.

"Yakusoku".

"Che cosa?".

"Il nome. Una promessa, come ciò che è stato Tsuna per noi, come ciò che vogliamo essere noi per lui".

Lei sorride, lo abbraccia, lo stringe forte e annuisce.

"Sì, sarà così che si chiamerà. Una promessa come quella che ci siamo fatti oggi: non scivoleremo nell'abisso, ma risorgeremo insieme dalle ceneri".

Sorridono e lo sanno che Tsuna non potrà mai vederli, ma in qualche modo amandoli entrambi ha fatto loro un regalo.

Questo pensano mentre si allontanano, mentre ognuno nel proprio letto stringe al petto una sua foto: Tsuna non è capace di abbandonarli. Non poteva benedirli con un dono migliore.
   
 
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