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Autore: Nao Yoshikawa    24/09/2020    4 recensioni
Crowley inizia lentamente e inesorabilmente a perdere la memoria a causa di una maledizione lanciata dai demoni. Lui e Aziraphale riusciranno a spezzarla o dovranno semplicemente rassegnarsi ad un destino già scritto?
Quanto è importante la forza di un ricordo?
«Posso azzardarmi a dire che questi oramai non sono più vuoti di memoria, giusto? Da quanto vanno avanti?» domandò stringendogli un ginocchio con una mano. Era una situazione inquietante e piuttosto spiacevole, ma l’angelo stava cercando di non pensare al peggio.
«Non saprei… una settimana, forse? Non capisco. Perché sto iniziando a dimenticare delle cose? Anche quelle più recenti…mi sono dimenticato del giorno in cui ti ho chiesto di sposarmii», Crowley si portò una mano tra i capelli, scombinandoli, con gli occhi lucidi.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Belzebù, Crowley, Gabriele
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo dieci
 
 
Belzebù era tornata all’Inferno, ma non era stata una decisione facile la sua.
Era rimasta abbracciata a Gabriel per quelli che erano sembrati anni, secoli. E invece non erano stati altro che una manciata di minuti. Aveva dimenticato la sensazione delle sue braccia intorno al corpo e chissà cos’altro.
L’Inferno non le era mai sembrato ombroso e claustrofobico come quel giorno. Aveva bisogno di parlare con Dagon, anche se ce l’aveva ancora a morte con lei, era la sua unica amica lì. Per la prima volta non camminava a testa alta, bensì con gli occhi incollati al suolo. Sentiva di aver perso il suo potere e la sua autorità. Se gli altri demoni avessero saputo della sua storia con Gabriel, forse non l’avrebbero più riconosciuta come loro superiore, ma in quel momento non gliene importava molto.
Dopo tanto camminare finalmente trovò Dagon, intenta a imprecare contro altri demoni che forse avevano fatto qualcosa di sbagliato.
«Voi andate sulla terra per tentare, non per altro! O volete per caso finire come quel traditore di Crowley, eh?» domandò autoritaria come non mai. Belzebù sollevò lo sguardo.
«Dagon?»
Quest’ultima parve quasi spaventata.
«B-Belzebù. Scusa, non volevo certo prendere il tuo posto, ma tu non c’eri e allora io…»
Il Principe Infernale le passò davanti , facendole segno di seguirla. E Dagon obbedì senza troppi problemi, sperava solo che Belzebù non volesse incenerirla. Ma quelle non erano le sue intenzioni.
Quando si furono allontanate abbastanza dagli altri, Belzebù sospirò.
«Chiariamo subito una cosa: sono ancora in collera con te per quello che mi hai fatto.»
«Ah… non vuoi uccidermi, vero? Ti prego, risparmiami!» piagnucolò, facendole alzare gli occhi al cielo.
«Non ho intenzione di ucciderti, almeno per il momento. In mezzo a tutta questa marmaglia sei forse l’unica che posso definire un’amica… ma da amica avrei preferito sapere certe cose…»
Dagon fece una smorfia, per poi sospirare.
«Lo so, io… è stato difficile, ma non avevo altra scelta. Tu mi avevi detto di non tentare di farti ricordare e io ho semplicemente eseguito i tuoi ordini. Non è stato facile, per quello che vale…»
In effetti quella era una cosa proprio da Belzebù, ordinarle di non interferire. Ma adesso, quanto avrebbe voluto il contrario… 
«Io e l’Arcangelo ci siamo ritrovati, anche se i miei ricordi sono ancora persi. Non so cosa potrebbe succedere, ma non ho intenzione di rinunciare a lui. Di non avere il controllo, ancora una volta.»
Dagon, da che guardava il pavimento, sollevò finalmente gli occhi.
«Ma allora tu non hai mai smesso di amarlo. Lo sapevo, non poteva sparire, il vostro sentimento è sempre stato troppo forte.»
Belzebù non rispose, passandole davanti e facendosi comparire sul palmo di una mano la sfera con cui osservava il mondo degli umani. Lì erano comparse le immagini di Crowley e Aziraphale.
«Non posso credere di essere stata coinvolta in tutto ciò. In un modo o nell’altro, ma devo fare qualcosa.»
«Qualcosa? Come qualcosa?!» domandò Dagon in ansia.
 
Per Crowley non era stata una nottata facile, anche se con la presenza di Aziraphale gli incubi erano diminuiti. Il suo inconscio sembrava volergli comunicare qualcosa. Oltre ciò, l’idea di andarsene il prima possibile stava iniziando a scemare, forse perché si era reso conto che stare con Aziraphale era rassicurante.
Lui, un demone dell’Inferno, che trovava rassicurazione in un angelo…
Sembrava assurdo, eppure era così. E più il tempo passava, più Crowley stava bene, anche se la confusione aumentava. La fede che portava al dito aveva deciso di toglierla, non sapeva nemmeno perché ne avesse una. Ma la conservò accuratamente in uno dei cassetti, non se la sentiva proprio di gettarla via.
Quel giorno poi venne anche a trovarli Anathema. Quest’ultima era molto preoccupata per Aziraphale, inoltre trovava curioso il fatto che Crowley si ricordasse vagamente di lei, ma che avesse come cancellato Aziraphale. C’era uno spazio vuoto, un pezzo mancante.
Con occhi indagatori, Anathema fissava Crowley da dietro gli occhiali mentre beveva una tazza di tè. Aziraphale l’aveva pregata di non dirgli nulla, ma lei aveva bisogno di capire.
«Perché mi guardi così?» domandò ad un tratto il demone, seduto davanti a lei. «Ho forse qualcosa sulla faccia?»
Lei scosse il capo.
«No, trovo solo curioso il fatto che tu sia finito qui. Per caso ti ricordi come ci siamo conosciuti?»
Aziraphale sgranò gli occhi, guardandola, ma Anathema aveva ancora gli occhi fissi su Crowley, il quale fece spallucce.
«Ti ho investita mi pare… mentre eri in bicicletta…»
«E non ricordi se eri solo o con qualcuno?» domandò più specificatamente.
Aziraphale a quel punto si era agitato. Non avrebbe potuto essere lui a fare quelle domande a Crowley, sarebbe stato troppo sospetto. E poi aveva sempre la paura di sentire una risposta.
Crowley chiuse gli occhi, la testa attraversata da un dolore atroce.
«Ero solo, naturalmente… ma perché mi fai queste domande strane? Cos’è, un test di memoria?»
Anathema serrò le labbra, decisa ad andare più a fondo.
«Ricordi come hai fermato l’Apocalisse?»
«Diamine, certo che sì! Certo, lì non ero solo, c’eri anche tu, Newton e i ragazzini e… e… ah…» si massaggiò le tempie. «Che strano, i miei ricordi sono un po’ confusi, e pensare che è un fatto abbastanza decente. Beh, può capitare quando hai millenni sulle spalle.»
Solo a quel punto Anathema si decise a guardare Aziraphale, il quale scosse energicamente il capo, come a volerle comunicare di tacere.
«Non ti sembra tutto molto strano?  Voglio dire, ti risvegli qui, hai i ricordi confusi… strani incubi che poi non ricordi…»
«Come fai a sapere dei miei…? Tu! Gliel’hai detto tu?!» esclamò rosso in viso. Aziraphale avrebbe voluto scomparire.
«Beh, ho pensato che potesse darci una mano e…»
«Quello che sto cercando di spiegarti, Crowley, è che c’è un motivo se stai così. Tutto ciò non sta capitando a caso. C’è un motivo se hai una fede al dito, se ti ritrovi qui con dei ricordi confusi.»
Aziraphale provò a calciarla sotto il tavolo, mancandola. E in cambio ottenne anche gli sguardi sospettosi e confusi di Crowley.
«Va bene, ho capito, vi siete messi d’accordo per farmi uno scherzo. Beh, sappiate che non è per niente divertente!» si lamentò, alzandosi.
Aziraphale non disse una parola, piuttosto guardò Anathema, che fece spallucce.
«Mi dispiace. Volevo solo cercare di capire e… tu devi dirglielo, che cosa stai aspettando?»
«Niente, è che io… io gli avevo promesso che lo avrei fatto di nuovo innamorare di me. Non sono riuscito a trovare un modo per impedire tutto ciò, voglio almeno mantenere questa promessa. In un modo o nell’altro, io voglio far parte dei suoi ricordi»
Anathema non era poi così sorpresa dalla sua tanta determinazione: Aziraphale era sempre stato così, in fondo.
«D’accordo. Se è questo quello che vuoi, me ne starò in silenzio a fare il tifo per voi», concluse infine a Aziraphale gliene fu grato. Nel frattempo, Crowley se n’era andato in serra ad annaffiare le piante. Ne aveva avuto una simile nel suo appartamento a Londra, quindi aveva trovato conveniente il fatto che a casa di Aziraphale ce ne fosse una, almeno poteva dedicarsi ad uno dei suoi passatempi. Con quel  piccolo nebulizzatore  in mano, Crowley sembrava più nervoso che mai.
«Amh… Crowley…?» mormorò Aziraphale entrando. L’altro gli risponde con un grugnito.
«Senti, scusa Anathema, lo sai, lei dice sempre ciò che pensa. Ma cambiando un attimo discorso, volevo chiederti se tu… se tu voleviuscireconme!» esclamò tutta ad un fiato. Era assurdo che fosse nervoso, dopotutto era suo marito. Crowley capì molto bene ciò che  aveva detto e ne rimase sorpreso.
«Uscire con me tipo per un appuntamento?» domandò stranito. E lui che aveva in mente di andarsene presto, anche se in realtà iniziava a non prendere nemmeno tanto sul serio quella idea. Con Aziraphale ci stava bene. E cosa aveva in mente, vivere con lui forse? Questo era ridicolo, un angelo e un demone non potevano essere così vicini, senza contare che Aziraphale era perfino un vedovo… era diverso da tutto ciò che avesse mai conosciuto. Ma nonostante ciò, non gli avrebbe mai detto di no.
«S-sì… è quello che pensavo. »
Crowley si avvicinò, guardandolo con sospetto .
«Accetto volentieri.»
 
E così, Aziraphale poté tirare un sospiro di sollievo. Quello sarebbe stato il loro secondo primo appuntamento. Doveva riuscire a far innamorare Crowley di sé. Forse non era necessario che gli dicesse proprio tutto, avrebbe finito con lo spaventarlo, invece così avrebbero potuto ricominciare. Un bel progetto di certo, ma non era così facile. I loro ricordi non erano stati cancellati. Esistevano ancora, anche se solo nella memoria di uno dei due. Comunque quella sera non ci avrebbe pensato e si sarebbe goduto la sua serata. Si era vestito di tutto punto, con uno dei suoi abiti eleganti. Come aveva fatto la prima volta a farlo innamorare? In realtà non lo aveva nemmeno fatto di proposito, era successo e basta. Ma adesso?
Si guardò allo specchio, sistemandosi il colletto e sospirando.
Ricominciare, eh?
Era davvero così facile?
Andò fuori, nel vialetto, Crowley era già in auto che lo aspettava ed era anche piuttosto pensieroso. Che ne avrebbero pensato gli altri demoni? Ma in fondo, gliene importava davvero così tanto?
Ogni suo dubbio parve sparire con l’arrivo di Aziraphale, bellissimo e con quel sorriso timido sul viso.
«Però, angelo… sei… stai bene», si limitò a dire. Aziraphale gli piaceva, davvero tanto. E no, non come gli piaceva il vino o i Queen, era una cosa un po’ diversa, un trasporto particolare che non sapeva spiegarsi. Un po’ come se fossero nati per stare insieme, il che era assurdo.
Aziraphale aveva prenotato ad un posto, il Ritz, e Crowley si sorprese del fatto che non lo conoscesse. Quel posto era davvero incredibile, oltre ad avere un’aria familiare. I due entrarono e si sedettero ad un tavolo a loro riservato.
«Se stai cercando di conquistarmi, sappi che sei sulla buona strada!» esclamò Crowley sorseggiando il suo bicchiere di vino rosso. Beato lui che era così tranquillo, perché Aziraphale invece era agiato e sentiva stretto il colletto della camicia.
«Sono molto felice che tu abbia accettato quest’uscita con me… non era affatto scontato.»
«E perché no? Mi pare il minimo, guarda cosa stai facendo per me. Mi tratti come se…» e in quel momento parve dimenticarsi cosa voleva dirgli. «Ad ogni modo, stare con te mi piace. Fra tutti gli angeli, sei sicuramente quello che più mi ha conquistato.»
Aziraphale si irrigidì.
«Anche tu mi hai conquistato, Crowley. E… lo so che ci conosciamo da poco, però ecco… il fatto è che tu mi piaci, mi piaci davvero molto. E non intendo in maniera normale, mi piaci nel senso che con te ho quel particolare tipo di intenzioni.»
Era diventato così imbranato a dichiararsi! Crowley inarcò le sopracciglia.
«Nel senso che vuoi venire a letto con me?»
Aziraphale aveva fatto molto male a bere in quel preciso istante, perché aveva finito con il farsi andare i vino di traverso. Oh, se solo Crowley avesse saputo quanto voleva avevano fatto l’amore, quante volte si erano toccati e guardati, per ore intere. E purtroppo era un ricordo che solo lui poteva serbare. Si fece forza.
«I-in realtà non intendo solo quello, intendo… una vera e propria relazione… come fanno gli umani.»
Crowley spalancò gli occhi dietro le iridi scure.
«Ma… ma… ma tuo marito non è tipo morto da poco?» domandò sottovoce. «Insomma, io non so come funzionano certe cose, perché non è mai morto nessuno a cui tenevo però… e se fosse troppo presto?»
«Credimi, Crowley… non è troppo presto.. Era stato lui a dirmi di rifarmi una vita»
E quella non era nemmeno una bugia. Ci stava provando, semplicemente non aveva intenzione di cercarsi un’altra persona. Perché nessuno era Crowley.
«Ma… ma io sono un demone e tu un angelo… questo non ci creerà dei problemi?»
Oh, eccome. Aziraphale non sapeva cosa sarebbe potuto succedere. Li avrebbero puniti di nuovo, allontanandoli con un’altra perdita di memoria? Questo nessuno poteva saperlo, ma sarebbe stato sciocco non tentare.
Aziraphale allungò una mano, stringendo più forte la sua.
«Lo so che ti sembra tutto assurdo e senza senso. Ma giuro che un senso ce l’ha eccome, è solo che non posso spiegarti.»
Un altro tocco, un altro tremito. E più andavano avanti, meno Crowley ci capiva.
«Io non…»
Qualcosa si poggiò sul tavolo. Anzi, qualcuno aveva poggiato lì le mani per attirare l’attenzione. Quel qualcuno era Belzebù, vestita in modo diversa dal solito, con un abito nero e seducente. Forse era per mimetizzarsi meglio con l’ambiente?
«Giusto voi», sussurrò, assottigliando lo sguardo. I due non la riconobbero immediatamente, e quando Crowley si rese conto che era lei, sgranò gli occhi.
«Capo, sei tu? Stai… però, non male!»
«Ah, fa silenzio!» borbottò arrossendo. «Io e te dobbiamo parlare, subito.»
Aziraphale pareva già aver capito tutto. Per tal motivo allungò una mano, stringendo la manica di Crowley.
«N-no, lui non può, è occupato adesso»
«Giuro che non stiamo fraternizzando!» esclamò Crowley, sulla difensiva. «Noi stavamo soltanto…. Amh… cos’è che stavamo facendo?!»
Ma Belzebù non aveva tempo da perdere, era venuta lì per dire tutta la verità a Crowley, perché era giusto che fosse lei a dirglielo e perché voleva togliersi quel peso di dosso.
«Sentite, non ho tempi. Vieni!»
Mostrando una forza notevole, Belzebù riuscì a far alzare Crowley. Aziraphale ignorò il fatto che tutti gli occhi fossero puntati su di loro. Aveva intenzioni diverse e non avrebbe permesso a nessuno di rovinargliele. Riuscendo ad evitare per poco un cameriere, li seguì fino alla terrazza illuminata e allestita con qualche tavolo.
«Posso evitare la mia punizione?» domandò Crowley. «Insomma, stavamo solo parlando.»
Belzebù si fermò all’improvviso, voltandosi poi a guardarlo.
«Non sono venuta qui per rimproverarti o punirti, idiota. Anzi, forse dovrei chiederti perdono!»
«Ti prego, ferma!» esclamò un ansante Aziraphale. «Non adesso, non così!»
«Tu… chiedere scusa a me?» domandò Crowley ignorando Aziraphale. Sembrava una situazione assurda, il Principe Infernale che voleva chiedergli scusa… per cosa poi?
«Mi dispiace, Aziraphale. Errore mio, rimedi miei. Crowley tu hai…»
Ma Crowley non avrebbe saputo cosa avesse o meno, perché all’improvviso era arrivato anche un’altra persona, quasi così dal nulla: Gabriel, vestito di tutto punto, aveva poggiato una mano sulla spalla scoperta di Belzebù.
«Ah, ecco dov’eri finita. Sai quanto ti ho cercata?»
Belzebù arrossì, voltandosi a guardarlo. Che tempismo perfetto, doveva averlo fatto a posta. Aziraphale non era mai stato così felice di vedere Gabriel.
«Anche tu qui?!» fece Crowley, sempre più confuso. «E poi cos’è questa storia, voi siete amici?»
Gabriel sorrise nel modo più affabile possibile, mentre, circondava le spalle di Belzebù con un braccio.
«Ma certo che siamo amici, molto di più, anzi. Proprio per questo vi stavamo cercando. Belzebù era venuta qui per comunicarvi che stiamo cercando di porre fine alle inimicizie tra le due fazioni, capirete bene che il buon esempio deve partire da noi.»
Belzebù gli pestò un piede. Come osava arrivare lì e interromperla? Ma soprattutto, che cosa andava a blaterare? Davvero pensava che Crowley ci sarebbe cascato?
Quest’ultimo infatti li osservò confuso.
«Ma noi non ci odiamo tipo dall’alba dei tempi?»
«Un motivo in più per smettere, no? Quindi davvero, non preoccupatevi, avete la nostra autorizzazione!»
«Autorizzazione? Non siete certo voi le autorità massime e…»
«Insomma, ti sto dicendo che va bene, questo non ti basta?» sbottò Gabriel, per poi cambiare subito espressione in una più gentile. «Davvero.»
Crowley era sempre più confuso. Sembrava di trovarsi dentro un grande, grande scherzo. Prima Aziraphale che gli faceva quella strana proposta, poi quei due e arrivavano a dire robe strane.
«Voi non mi convincete, ma se non volete crearci problemi, allora tanto meglio», disse facendo spallucce. «Allora possiamo tornare alla nostra cena?»
Aziraphale finalmente tornò a respirare. Gabriel aveva appena mentito per dargli una mano. Avrebbe dovuto ringraziarlo.
«S-sì, certo. B-beh, grazie per essere venuti», disse con un filo di voce, mentre guardava Gabriel e quest’ultimo gli faceva un cenno con il capo.
Una volta spariti i due, Belzebù si imbronciò.
«Ma si può sapere perché mi hai fermata? Ero venuta qui a posta per dirglielo, ho indossato pure questo scomodo vestito per passare inosservata!»
«E infatti stai divinamente. Ma Bel, non possiamo intrometterci, è una cosa che riguarda loro.»
«Beh, è una cosa che riguarda anche me! Io sono colpevole della perdita di memoria di Crowley!»
«D’accordo, allora», lui le poggiò le mani sulle spalle. «Non ti sarebbe piaciuto che fosse qualcun altro a dirti la verità, no? Per Crowley è lo stesso. Aziraphale deve avere un piano e credo sia giusto rispettarlo.»
Belzebù era stupita. Anche se erano già stati insieme, era un po’ come imparare a conoscerlo per la seconda volta. Gabriel non era solo odioso, era tanto altro.
«Tu mi sorprendi, Gabriel. Sei molto più umano di quanto non sembri. E d’altronde lo sono anche  io», sospirò. Forse era stata impulsiva e in fondo Gabriel non aveva torto. Aveva già fatto abbastanza danno. «Ad ogni modo, visto che siamo qui, a questo punto prendiamo un tavolo. È da tanto che non provo il cibo degli umani!»
Gabriel avrebbe detto di no a chiunque, ma a lei avrebbe sempre detto sì.
«D’accordo, allora… va-»
«Vado io, tu rimani qui», decise Belzebù, un po’ rossa in viso.
Gabriel non ebbe niente da ribattere. Aspettò pazientemente, quando una voce che oramai gli era familiare, lo raggiunse.
«Hai fatto bene.»
Francis era lì, con un abito da sera e un bicchiere di vino in mano. Era piuttosto inquietante il fatto che se la ritrovasse ovunque,
«Ha assistito alla conversazione?» domandò Gabriel.
«Un pochino. Siete un quartetto interessante, voi», e dicendo ciò la donna mandò giù un sorso di vino.
«Io direi più che altro che siamo un quartetto che va contro le regole. Mio Dio, non so cosa potrebbe succedere questa volta», sospirò, passandosi una mano sul viso. «Non lo so, credo che Dio ce l’abbia con me. Altrimenti non me lo spiego…»
«Credimi, Dio non ti odia affatto.  Non odia nessuno.»
Gabriel incrociò le braccia al petto, facendo poi una smorfia.
«Per come ne parla, sembra conoscere Dio.  E anche molto bene. Ma la verità è che Lei è così misteriosa, non si capisce mai bene a cosa miri, e poi…»
«Suvvia, Gabriel. Davvero questa è l’idea che hai di me? Devo prenderlo come un complimento o come un'offesa?» domandò Francis con un sorriso. Gabriel sgranò gli occhi, osservandola.
«Come, scusi?»
«Mi spiace, avrei voluto dirtelo molto più avanti, ma non volevo che la tua fede vacillasse ancora. Quindi eccomi qua, ma ammetto che è stato divertente, spero tu vorrai perdonarmi.»
Gabriel sentì le gambe divenire gelatina. Quindi quella che aveva davanti era Dio? Creatore di ogni cosa esistente, l’Onnipotente Altissimo?  E lui gli si era rivolto con tale confidenza, dicendole… certe cose?
«Oh, mio Dio…» sussurrò, portandosi poi una mano davanti la bocca. «Voi siete… Oh no, non posso crederci, sono costernato, io… forse dovrei inginocchiarmi.»
«Te ne prego, Gabriel. Non è necessario. Anche per questo ho cercato di nascondere la mia identità. Scommetto che non sono come ti aspettavi, eh?»
«B-beh, io… no, in effetti no, è che voi… non vi eravate mai mostrata a nessuno e quindi…» tutta la sua sicurezza sembrava essere scomparsa. Stava parlando con Dio in persona. Francis posò il bicchiere su uno dei tavoli.
«Di solito non lo faccio, ma vista la situazione ho pensato di venire di persona. Brutta storia quella di Crowley, credo che Aziraphale abbia perso fiducia in me… e come dargli torto..?»
Aveva un modo di parlare enigmatico, esattamente come Gabriel aveva sempre immaginato. Certo averla lì era irreale. E se la loro situazione aveva perfino fatto scomodare Dio, allora doveva essere importante.
«Ehi!» esclamò Belzebù tornando. «Ho dovuto torturare un po’ il cameriere perché non c’erano più posti e… chi è questa?» domandò guardando Francis.
«Ah, no. Belzebù, ti prego…»
Se solo avesse saputo di star parlando niente meno che con Dio in persona. Francis però sorrise divertita.
«Nessuno. Vi lascio alla vostra cena…»
L’Arcangelo la osservò allontanarsi, ancora sconvolto. Sicuramente avrebbero avuto modo di incontrarsi ancora.
 
Nel frattempo la cena di Crowley e Aziraphale proseguiva tranquillamente, nonostante il demone fosse ancora fortemente sospettoso. Gabriel e Belzebù insieme? Sì, decisamente bizzarro. E avevano loro dato il permesso per frequentarsi. Cosa diamine stava accadendo?
Aziraphale parlava del più e del meno e a malapena lo ascoltava, troppo concentrato sul suo vuoto, quello che avvertiva, insieme allo stato confusionale.
«Credo che dovremmo farlo», disse all’improvviso.
«Cosa?» chiese l’angelo.
«Frequentarci. Una parte di me continua a pensare che sia una pessima idea, ma l’altra inevitabilmente vuole. E non capisco perché. Tu hai uno strano effetto su di me», ammise.
Un sorriso dipinse le labbra di Aziraphale.
«Oh… posso assicurarti che anche tu hai un effetto tutto particolare su di me.»
«Sì, ma Aziraphale… c’è una cosa che devo chiederti. E so che potrà suonare strano detto da me, sono un demone in fondo… ma quello che voglio è che… tu non mi menta mai.»
Quando lo guardò negli occhi, Aziraphel fu sul punto di vacillare. Gli stava già nascondendo tutto, omettendo molto di fondamentale.
Non sarebbe finita bene, gli disse una vocina. Lo sapeva, ma decise di ignorarla comunque.
 
 
 
 
   
 
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