Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Yuphie_96    24/09/2020    2 recensioni
Tratto dal Primo Capitolo:
L’ultima cosa che aveva colpito il biondo Kaiser era il nome.
Il nome del ristorante era Vienna.
Come la capitale austriaca… e servivano piatti bavaresi… non dovevano avere tanto le idee chiare, ma Karl ci aveva mangiato bene e quindi aveva continuato ad andarci, soprattutto quando il suo frigo era desolatamente vuoto, come quel mezzogiorno.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Angolino della Robh: Buona sera! ♥
Eccomi tornata ad aggiornare la mia adorata Saph in questo nuovo giovedì, vi sono mancata? Sospetto di no, ma faccio finta di sì u.u'''.
Dunque dunque dunque... anche questo è un capitolo abbastanza tranquillo, non succedono cose particolari se non che... entrano in scena (o meglio, uno entra in scena mentre l'altro viene solo menzionato alla fine) due personaggi che alla fine si riveleranno molto importanti, ma non vi dico chi, perchè sennò non leggereste eh u.u, dico solo che s'inizia ad aprire uno spiraglio sulla vita della rossa al di fuori del ristorante ♥.
... Sì, lo so che vi avevo appena scritto che non vi dicevo niente, ma se non vi lascio qualche indizio io non sono contenta, quindi abbiate pietà, ormai sapete come sono fatta >.>'''.
Finito con gli avvertimenti che alla fine avvertimenti non sono, vi auguro una buona lettura ♥.


Ps: ci sono due accenni a due tra i miei anime preferiti, chi li scopre vince una stellina nella risposta alla recensione u.u .





 

Il sole aveva iniziato a sorgere da poco, illuminando pian piano le vie della città ancora dormiente di Monaco, presto si sarebbe alzato del tutto e la gente sarebbe uscita di casa, chi spinta dalla bella giornata, chi dal lavoro e chi dalla scuola, ma per quell’ora il Kaiser sarebbe già tornato dentro le sue mura domestiche.
Aveva da sempre – Karl – l’abitudine di andare a correre molto presto, ad un orario più consono sarebbe stato difficile non essere fermato dalla gente, o non essere beccato a tradimento da qualche paparazzo, e lui che voleva fare la sua corsa tranquillo si era quindi adattato ad uscire prima del sorgere del sole per evitare questi due problemi.
Correre lo aiutava a scaricare la tensione, a schiarirsi i pensieri e a riflettere con calma su situazioni che voleva analizzare, era per questo che era uscito a fare una corsa anche quella mattina di riposo, il giorno prima la sua squadra aveva avuto una partita contro lo Stoccarda di Muller, nonostante la strenua difesa del portiere fantasma, alla fine l’aveva spuntata il Bayern di Karl, ma c’erano stati dei tentennamenti che non era riuscito a togliersi dalla testa neanche durante la notte.
Si appoggiò alle ginocchia con il fiatone, inspirando profondamente per calmare il battito cardiaco, aveva pensato a delle soluzioni, ne avrebbe parlato il giorno dopo con il padre – sempre che non lo chiamasse prima – e con il capitano prima degli allenamenti, non erano dei tentennamenti tali da richiedere cambiamenti drastici, ma se volevano mantenere la prima posizione in classifica allora avrebbero dovuto eliminarli.
Prendendo un ultimo grosso respiro, tornò in posizione eretta e si mise ad osservare il cielo che stava diventando  man mano  sempre più chiaro, prospettava di diventare una bella giornata di sole, quella.
Abbassò lo sguardo con un sospiro, decidendo che avrebbe fatto ancora qualche giro prima di tornare a casa sua, ma all’improvviso si rese conto di dov’era arrivato correndo, grazie anche a dei capelli rossi che attirarono subito l’attenzione dei suoi occhi azzurri.
Sorrise, vedendo Saphira seduta davanti alle porte chiuse del Vienna – stava con le gambe tirate al petto -, chissà cosa ci faceva lì a quell’ora, sicuramente qualunque cosa stesse facendo o dovesse fare riguardava il ristorante, per quel motivo decise solo di salutarla da lontano – si sarebbero comunque visti meglio a pranzo, visto che Karl aveva preso a frequentare il locale ogni giorno da quando avevano deciso di conoscersi -… ma cambiò idea, non appena notò l’espressione mogia che indossava la rossa, che stava nel frattempo parlando al cellulare.
Doveva esserci qualcosa che non andava.
Si avvicinò, per capire cosa fosse.

“Axel sta male?”
Le domandò sorpreso, accucciato davanti a lei.
“Già…”
Bisbigliò Saph tormentandosi delle ciocche rosse, non sapendo bene cosa fare.
Quella mattina doveva andare al mercato per prendere le scorte del ristorante, ci andava sempre un giorno sì e un giorno no per avere degli alimenti freschi da servire ai suoi clienti, e ci andava sempre accompagnata dal suo aiuto cuoco, che possedeva un furgoncino abbastanza grande da poter contenere tutti gli acquisti delle loro liste.
A quanto pare – quel giorno – avrebbe dovuto farne a meno.
Il castano quella notte era stato male, e l’idea di farlo uscire di casa non era neanche proponibile.
“Come farai per il servizio?”
Le chiese Karl, preoccupato.
Non avendo l’aiuto in cucina, la rossa avrebbe tenuto chiuso quel giorno? Non avrebbero potuto passare del tempo insieme, come ormai erano soliti fare?
Era quella la sua preoccupazione più importante, con buona pace della salute del povero Axel.
“Per quello non c’è problema, in questo giorno della settimana non viene mai molta gente e quindi posso arrangiarmi anche da sola, caso contrario mi ammazzerò dietro ai fornelli”
Scherzò Saphira, facendo sorridere il biondo – ora sicuro che non avrebbero perso quel giorno -.
“Il problema sta nell’andare al mercato senza di lui, quando siamo in due possiamo dividerci i compiti e facciamo anche abbastanza in fretta, da sola ci metterei il doppio del tempo, senza contare il fatto che non so se la mia macchina è abbastanza grande da poterci mettere dentro tutti gli ingredienti che devo prendere, di solito usiamo il suo furgoncino”
Spiegò – poi – lei, alzandosi in piedi e togliendosi la polvere dal retro dei jeans.
“Mah… in qualche modo mi arrangerò, sempre se Cordula non mi uccide per averla svegliata a quest’ora”
“Vuoi chiedere a lei di accompagnarti?”
Le chiese Schneider, alzandosi anche lui.
Saph s’imbronciò un poco, quando erano seduti erano allo stesso livello, ma quando si alzavano si notava tutta la differenza che stava nelle loro altezza, gli arrivava a malapena alle spalle, centimetro più, centimetro meno… forse avrebbe dovuto iniziare a mettere i tacchi come faceva la rosa, abbandonando finalmente le sue comode ballerine, come gli suggeriva di fare da tempo l’amica – una volta, Cordula, era arrivata a minacciare di entrare in casa sua di nascosto per bruciargliele -.
“Non vedo chi al-“
“Posso venire io”
La interruppe Karl, sorridendo.
Mentre la rossa era impegnata a maledire la sua altezza – a suo dire ingiusta ed esagerata -, gli ingranaggi del cervello del Kaiser avevano iniziato a girare freneticamente, andare con lei ed aiutarla significava passare più tempo insieme, perché non approfittarne?
Sicuramente anche Krüger – lui e Cordula avevano preso a chiamarsi scherzosamente per cognome – non avrebbe avuto niente da ridere, anzi magari lo avrebbe pure ringraziato per averle risparmiato la levataccia.
“… Ripeti un po’”
Mormorò Saph, sbattendo gli occhi sorpresa e presa in contropiede.
“Posso venire io al posto suo, tanto questo è il mio giorno di riposo… o non ti fidi?”
Le chiese scherzosamente, alzando un sopracciglio biondo.
“No, no, mi fido ma… ne sei sicuro? Insomma… non credo che tu sia mai stato ad un mercato alimentare, o mi sbaglio?”
Le aveva raccontato – una delle volte che era andato al ristorante dopo la chiusura – delle rare e fallimentari occasioni in cui aveva provato a mettersi ai fornelli da solo, Saphira si era fatta promettere che - prima di prendere anche solo una pentola - l’avrebbe chiamata, se mai gli fosse saltato in mente di provarci un’altra volta.
“Ammetto che non ti sbagli ma… puoi sempre scrivermi delle direttive, mi basta seguire quelle per andare sul sicuro, no?”
“Non è proprio così semplice…”
“Andiamo, quanto può essere difficile?”

Come si suol dire, quella pronunciate da Karl furono le ultime parole famose.

Non sapeva a cosa stava andando in contro - quello era vero -, aveva proposto l’idea solo per scopi personali - impossibile da negare -, ma era stato fiducioso quando erano partiti con la macchina di Saph alla volta del mercato, dopo essersi fermati un attimo a casa sua per farlo cambiare – alla battuta ‘in stile SGGK’ quando si era messo un cappellino, la rossa l’aveva guardato come se le avesse appena parlato in arabo antico -, e lo era rimasto fino a quando non parcheggiarono.
Lì, la sua sicurezza iniziò a vacillare, davanti a tutte quelle persone che urlavano dalle bancarelle, e la rossa lo notò.
“Senti, sei stato davvero gentile a proporti di aiutarmi ma non sei costretto a farlo, faccio ancora in tempo a passare da Cordula”
Karl la guardò, poi gettò un’occhiata veloce a quello che li stava aspettando e ghignò un poco, togliendosi gli occhiali da sole – messi per nascondere parte del volto -.
“Non mi sono mai tirato indietro davanti a una partita ostica”
“… Per curiosità, io chi dovrei essere in questa partita?”
“La mia allenatrice, ovviamente”
La cuoca lo guardò poco convinta, poteva anche andarle peggio… forse… non lo sapeva… gli avrebbe detto di smetterla con quei paragoni calcistici, se fosse sopravvissuto all’impresa in cui si era voluto mettere.
“Aspetto le mie direttive, mister”
Le sorrise Schneider, facendole l’occhiolino.
… O magari l’avrebbe lasciato continuare, pensò arrossendo un poco, intanto che tirava fuori i foglietti con sopra le indicazioni – scritti di fretta e furia mentre Karl si stava cambiando – dalla borsa.
“Allora, devi andare alle bancarelle delle verdure, mi raccomando non lasciarti fermare da chiunque, vai direttamente a quelle che ti ho segnato, sono quelle che hanno il prezzo e qualità migliore, ma non lasciar scegliere loro cosa darti, devi essere tu a farlo”
Gli disse, seria, lasciandogli in mano i foglietti.
“Osserva attentamente il colore, inspira profondamente il profumo, se possibile chiedi anche di assaggiare, potrebbero fare delle storie ma tu digli che ti mando io, te lo dovrebbero lasciar fare, analizza il sapore, somma le sensazioni che ti da a quelle che hai provato mentre l’osservavi e odoravi, se sono positive allora prendilo, se ne rimani confuso allora passa all’ingrediente dopo e aspetta il mio arrivo, va bene? Cercherò di fare il prima possibile”
“V-Va bene”
Mormorò Karl.
Stavolta toccò a lui arrossire, ma riuscì a nasconderlo grazie al cappellino che calò meglio sul viso – adesso capiva perché Genzo ne indossava uno praticamente sempre -, con la scusa di doversi coprire per non farsi riconoscere.
Era la prima volta che Saphira mostrava quel lato del suo carattere così serio ed autoritario, lui era abituato a vederla imbarazzata quando la beccava a cantare quando puliva, tranquilla e sorridente mentre gli spiegava il piatto che gli aveva preparato, e concentrata le rare volte che faceva incursione in cucina durante il servizio per nascondersi da fan invadenti, sembrava proprio un’allenatrice prima di una partita importante.
Era… interessante.
“Ah, stai attento quando pesano, qualche volta cercano di fare i furbi”
Si raccomandò Saph, prima di separarsi da lui e correre per le bancarelle.
Il Kaiser le annuì e poi si diresse alle sue dove cercò di fare il suo meglio, mise in pratica come meglio poté quello che gli aveva detto la rossa, osservò, odorò e assaggiò quello che doveva prendere, per alcune cose si fidò del suo istinto che gli suggeriva che andavano bene, ma per la maggior parte delle altre preferì aspettare l’arrivo della cuoca per evitare di farle spendere soldi per qualcosa che alla fine non sarebbe andato bene.
Saphira arrivò abbastanza in fretta – per fortuna -, come aveva promesso di fare, e Karl le lasciò volentieri il posto davanti al proprietario della bancarella.
“Non è andata poi tanto male per essere la prima volta, dai”
Gli sorrise incoraggiante la ragazza, quando andarono a sistemare le prime casse in macchina.
“Neanche mia madre mi ha costretto ad assaggiare così tante verdure in una volta sola”
Borbottò il biondo – aveva ancora in bocca il sapore amaragnolo di un certo tipo d’insalata, di cui alla fine non aveva neanche capito il nome -, facendola ridere.
“Pronto per il secondo round?”
Gli chiese lei, non appena finì di richiudere la macchina.
“Sono ai tuoi ordini”
Rise lui, mettendosi scherzosamente sull’attenti.
Tornarono di nuovo tra le bancarelle, stavolta insieme perché la rossa non poteva lasciarlo andare da solo a scegliere i pezzi di carne che le servivano, anche con tutto il buon impegno del mondo, Karl non avrebbe saputo dove sbattere la testa tra schiena, lombata e altro – e stava parlando solo della carne bovina -, il biondo concordò silenziosamente con lei e si limitò a farle da facchino ed ad osservarla mentre sceglieva e parlava.
Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso… aveva scoperto un suo nuovo lato, aveva fatto un passo in più nel conoscerla, se non si fosse proposto non sarebbe successo.
Sorrise soddisfatto, aveva avuto proprio un’ottima idea.
“Mi fa quasi strano vederti così”
Le confessò, quando tornarono alla macchina con le nuove casse.
“Così come? Aspetta, questo lo mettiamo qui”
Chiese Saph, iniziando a sistemare per far entrare tutto in macchina.
Forse Karl avrebbe dovuto tenere qualcosa in braccio, ma ci sarebbe stato tutto per un pelo.
“Così… seria, sapevi quello che lo volevi e lo chiedevi senza farti problemi”
“Bisogna fare così al mercato, devi avere tu il comando, se lo lasci a loro puoi uscire con le tasche vuote e con un prodotto non di qualità, me lo ha insegnato il precedente proprietario del Vienna”
“E’ stato gentile ad istruirti per bene, prima di vederti il locale”
“…In verità non me l’ha venduto… possiamo quasi dire che è sempre stato mio”
Confessò Saph, chiudendo il bagagliaio con un tonfo.
All’occhiata interrogativa di Schneider, la cuoca sorrise.
“Il precedente proprietario era mio nonno”


“Sul serio non sai cucinare i dolci?”
 Chiese Karl, scoppiando a ridere subito dopo, prendendo dalla macchina l’ultima cassa.
Ecco perché non l’aveva vista prendere gli ingredienti per quelli.
“Non voglio essere giudicata da chi ha fatto esplodere un microonde!”
Borbottò Saph arrossendo furiosamente, per nasconderlo corse dentro il ristorante.
“Ehi, io sono ancora ancora giustificabile-“
Iniziò il biondo, seguendola.
“Ma fammi il favore!”
“Tu no, visto che sei una cuoca!”
“Ma perché ti ho raccontato dei miei disastri con i dolci?”
Domandò – più a se stessa – la rossa, aprendogli la porta della cucina e tenendogliela aperta per farlo passare.
“Per ripagarmi del fatto che mi fai sudare anche quando sono a riposo”
Glielo disse sorridendogli furbo, e il rossore sul volto di lei aumentò ancora.
“Ti sei offerto tu, dannato… dannato…”
“Kaiser”
“Quel che è!”
Urlò lei, incrociando le braccia al petto, il viso ormai aveva raggiunto la tonalità dei capelli.
Karl scoppiò nuovamente a ridere -non era da lui ridere così tanto ma da quando aveva iniziato a frequentare Saphira e i suoi amici gli capitava spesso di farlo -, attirando l’attenzione della cuoca che si perse qualche istante ad osservarlo con i suoi occhi azzurri, incantandosi.
“A-a proposito…”
Mormorò riprendendosi, quando il biondo smise di ridere.
“Cordula, ieri, mi ha detto che avevi una partita, com’è andata?”
Non aveva iniziato a seguire il calcio, da quando avevano preso a conoscersi, ma aveva provato a seguire qualche partita insieme all’amica, quello sì, per provare a vedere come si trasformava il ragazzo quando era in campo, ma il risultato era sempre stato lo stesso, tutte le volte… lei e Cordula addormentate sul divano… così si era arresa, con buona pace dei suoi buoni propositi di fare dei passi verso il mondo di Karl.
Il Kaiser era a conoscenza di quei sforzi – la cameriera si divertiva a lasciargli informazioni qui e lì, mentre prendeva le sue ordinazioni – e li apprezzava, come apprezzava il fatto che nonostante non seguisse le partite, gli chiedesse comunque il risultato di esse.
“Bene, abbiamo vinto”
“Congratulazioni”
“Grazie”
Si sorrisero, incrociando per poco gli sguardi limpido e tempesta, ma quello di Saphira fu quasi subito attratto dall’orologio appeso al muro.
“Sono in ritardo!”
Urlò, sbiancando.
“Uhm?”
L’attaccante gettò un’occhiata all’orologio anche lui e notò che, al contrario, mancava ancora un pezzo all’orario di pranzo e glielo fece presente.
“Lo so, ma ho un altro appuntamento prima di aprire, sono in ritardo per quello”
Spiegò la cuoca, chiudendo di fretta e furia la dispensa.
“Oh…”
Bisbigliò il biondo, rimanendo sorpreso e… spiazzato?
Sì, spiazzato, lui aveva pensato – ingenuamente – che la vita di Saphira girasse interamente intorno al Vienna – complice anche il fatto che s’incontravano sempre lì -, adesso che la rossa gli aveva fatto presente che no, non era così, aveva una vita anche lei fuori dal piccolo ristorante, gli veniva da chiedersi com’era la ragazza una volta che si toglieva i panni di cuoca e proprietaria.
“Vuoi un passaggio in macchina?”
Chiese Saph, una volta che furono fuori entrambi dal locale chiuso.
“Posso venire con te?”
Domandò Karl di contro, facendole quasi cadere le chiavi di mano.
“Prego?”
“E’ il mio giorno di riposo, te l’ho detto, non ho molto fare se non andare a trovare i miei… sempre se non ti do fastidio…”
“Non è che mi dai fastidio ma-… che cosa stai facendo?”
Quando la rossa aveva iniziato la frase tentennando, il Kaiser aveva deciso immediatamente di approfittarne come faceva contro gli avversari in campo… certo a loro rubava la palla, non faceva mica gli occhioni dolci.
“Fai compagnia a un povero attaccante abbandonato a se stesso”
Mormorò con la stessa vocina che faceva ridere a crepapelle Marie, ottenendo lo stesso identico risultato con Saphira.
“E’ così che distrai gli avversari, durante le partite?”
“Mi avvalgo della facoltà di non rispondere”

“E’ musica classica?”
Chiese Karl, quando furono in macchina.
Alla fine, dopo averle fatto ancora un paio di volte quella vocina, l’aveva spuntata lui, avrebbe accompagnato la ragazza – che aveva rischiato il soffocamento per via delle risate, chi se lo immaginava che Karl, il serio, posato e tranquillo Karl era in grado di fare una vocina del genere?! – al suo appuntamento.
Saph annuì, restando concentrata sulla strada, per lei era un abitudine ascoltare della musica in ogni momento libero che aveva, ma quella classica la lasciava sempre per quel tragitto che stava facendo.
“Sono violini”
Osservò Schneider, e lei annuì ancora.
“E’ la primavera di Vivaldi”
Gli spiegò, distogliendo un secondo lo sguardo da davanti a lei per sorridergli.
“Ti piace?”
“Non rientra nella categoria che ascolto spesso ma è carina, suppongo che invece a te piaccia molto”
“Beccata, è uno dei miei brani preferiti”
L’attaccante l’osservò attento, appoggiando un gomito contro il finestrino e posando la guancia contro il pugno chiuso.
“Sai suonare il violino?”
Glielo chiese per curiosità come faceva sempre, per sapere un’altra cosa di lei, era per questo che si scambiavano spesso domande a vicenda, per conoscersi un po’ di più per volta.
Non si aspettava di vederla irrigidirsi d’un botto.
“… Sì… so suonarlo…”
Dal tono gelido che Saphira usò, il Kaiser capì che era meglio cambiare argomento.

“Mia nipote che viene a trovarmi accompagnata da un calciatore famoso, vuoi per caso far piovere sangue domani, Saphira cara?”
“Molto spiritosa, nonna…”
Sospirò la rossa e l’attaccante ridacchiò.
L’appuntamento della cuoca stava davanti a lui, in piedi in una delle tante stanze della casa di riposo - situata poco fuori il centro di Monaco - che avevano raggiunto, e si trattava di una donna anziana vestita con una vestaglia di seta rosso scuro, con i capelli raccolti in un rigido chignon e dal portamento serio ed elegante.
Con esso, si avvicinò a Karl ed allungò la mano, il dorso rivolto verso l’alto.
“Nonna!”
La riprese Saph, ma il biondo fece comunque il baciamano alla donna, come lei gli aveva silenziosamente richiesto.
“Il baciamano è il giusto saluto per le signore Saphira, te l’ho sempre detto, piacere comunque, io sono Aimée Lemaire, la nonna paterna di questa ragazza che ama riprendermi”
La ragazza in questione roteò gli occhi, facendo ridacchiare nuovamente il suo accompagnatore.
“Piacere, io sono Ka-“
“Karl Heinz Schneider, al contrario di mia nipote io il calcio lo seguo ogni tanto, congratulazioni per la partita di ieri, molto spettacolare l’ultimo tiro”
“Grazie”
Karl ci provò con tutto se stesso a non ridere, ma l’espressione della rossa – al nuovo rimprovero della parente – minò seriamente il suo autocontrollo.
“Che ci fate ancora in piedi? Sedetevi forza, Karl caro, perdona questo ambiente spoglio, ma ahimè non posso proporre di meglio ai miei rari ospiti”
“Ringrazia piuttosto che le infermiere non abbiano obiettato quando hai voluto per forza portarti dietro il tuo grammofono”
“Ci mancava solo che obiettassero, con tutti i soldi e il sangue che gli do ogni giorno”
“Nonna…”
“Niente nonna Saphira, mi hai voluto togliere la possibilità di morire nel letto di casa mia”
“Ancora con questo discorso?!”
“E’ mio diritto rinfacciartelo fino a quando non sarò nella tomba”
Schneider osservò quello scambio di battute con un sorriso in volto, lui non aveva mai conosciuto i suoi nonni, non aveva fatto in tempo visto che erano morti poco dopo che sua madre era rimasta incinta di lui, sembrava divertente litigarci così ‘amorevolmente’… almeno, a lui lo sembrava… la cuoca, forse, la pensava in tutt’altro modo.
Quello scambio, comunque, finì grazie al richiamo di un’infermiera che si affacciò sulla porta della camera, informando che la dottoressa che seguiva Aimée voleva parlare con Saph degli ultimi esami fatti fare all’anziana.
“Ci metterò poco”
Promise la rossa ad entrambi, alzandosi dalla sedia dove si era seduta a malapena qualche secondo prima.
“Non c’è problema”
Le sorrise Karl, facendole l’occhiolino.
La ragazza scappò via dalla stanza per non far vedere quanto fosse effettivamente arrossita e il biondo continuò ad osservarla fino a quando non l’ebbe più nel campo visivo, quando si rigirò, scoprì di essere tenuto anche lui ben sott’occhio ma dall’anziana signora che non smise di guardarlo quando fu scoperta a farlo, tutt’altro, continuò come se niente fosse.
Il Kaiser tossicchiò, agitandosi un poco sulla sedia, improvvisamente a disagio – cosa rara per lui - sotto lo sguardo ametista della donna.
“Dunque… l-lei non è tedesca, vero?”
Domandò per togliersi un po’ d’impiccio.
“Vero, sono nata in Francia… ho girovagato un po’, e alla fine mi sono fermata qua in Germania”
“Saph mi ha-“
“Saphira”
“Eh?”
“Il nome che le ha dato mio figlio è Saphira, si chiama così, non mi piace quando glielo diminuiscono”
“… Va bene”
Mormorò Schneider, sentendosi come se fosse stato appena ripreso per una qualche marachella…
D’improvviso, Aimée gli sorrise.
“Mia nipote mi ha accennato il vostro primo incontro qualche tempo fa, dimmi, la cucina di Saphira è buona?”
L’attaccante annuì, sorpreso di quella domanda – non aveva mai assaggiato la cucina della nipote? -, e il sorriso sul volto dell’anziana si allargò.
“E’ la stessa cucina di mio marito, Saphira-“
“Saphira l’ha imparata grazie al ricettario che gli ha lasciato suo marito, sì, me lo ha accennato circa un’oretta fa”
Fu il suo turno di sorridere, calcando per bene il nome esteso della cuoca.
Saph gli aveva parlato di Derek Heinrich, precedente proprietario del Vienna, mentre tornavano al ristorante dal mercato.
Gli aveva raccontato di come fosse andato in gioventù ad imparare il mestiere in Austria, a Vienna, dove ne aveva approfittato anche per imparare a cucinare la famosa torta Sacher – che la rossa tentava disperatamente di replicare - direttamente dal cuoco dell’hotel con cui aveva fatto amicizia, di come avesse aperto il locale  tra prestiti e sudore, e gli avesse dato il nome della città che lo aveva accolto con tanto calore, svelandogli infine il segreto del vecchio ricettario  su cui le aveva scritto tutte le sue ricette e consigli e che le aveva lasciato non appena era venuto a mancare.
Se l’intenzione di Aimée era quella di coglierlo di sorpresa, allora non ci sarebbe riuscita, non aveva mica sfacchinato tutta la mattina al mercato per non scoprire niente.
Al contrario di quello che si aspettava Karl, però, l’anziana continuò a sorridere.

Quando Saph tornò in stanza, ormai a fine orario delle visite, li trovò a conversare tranquillamente.
“Vedo che avete fatto amicizia”
Mormorò con tono cauto, sorridendo piano.
“Anche se sono anziana mi ricordo ancora come si tiene compagnia ad un ospite, Saphira cara”
“Non lo metto in dubbio, anzi è una delle cose che sai fare meglio”
Le disse, avvicinandosi a lei.
Prese dal letto il suo scialle e glielo avvolse intorno alle spalle, abbracciandola mentre le lasciava un bacio sulla fronte.
“Detesto quando usi questi metodi per nascondermi qualcosa”
Bisbigliò Aimée tra le braccia della nipote, mostrandole un sorriso identico al suo.
“Li ho imparati da te”
“Lo so, per questo li odio”
Le parenti continuarono a sorridersi, scambiandosi un’occhiata significativa, poi Saph si allontanò e andò vicino a Karl che nel frattempo si era alzato dalla sedia, capendo che era giunto il momento di ritornare al Vienna.
“Se hai bisogno di qualcosa, fammi chiamare”
“Come se mi ascoltassero, quelle arpie vestite da infermiere”
“Nonna…”
Aimée sbuffò sistemandosi meglio lo scialle, facendo alzare gli occhi al cielo alla nipote e ridere l’attaccante.
“Posso provare a parlarci io, con le arpie intendo, magari si addolciscono un po’”
Propose il Kaiser.
Saphira sgranò gli occhi azzurri, mentre quelli ametista dell’anziana s’illuminarono.
“Oh, mi faresti proprio un favore Karl caro, mi raccomando eh, torna a trovarmi anche senza questa brontolona, non vedo l’ora di cantarti nuovamente qualcosa”
“Ah, vedo che hai fatto sentire anche a lui il tuo vecchio repertorio da cantante lirica”
“Qualcuno dovrà pur ascoltarmi, Saphira cara, e osa ancora darmi della vecchia e ti tolgo dal testamento”

“Tua nonna è molto simpatica”
Le disse Karl, mentre uscivano dalla struttura e s’incamminavano verso il parcheggio.
“Lo so… è un suo talento naturale, attirare la gente a lei…”
Mormorò Saph, guardando per terra.
“I suoi esami non sono andati bene, vero?”
Le domandò il biondo, accigliandosi intanto che la guardava.
Da quando era tornata nella camera il suo atteggiamento era cambiato, e poche potevano esserne le cause.
Saphira non rispose e continuò a mantenere il silenzio fino a quando non furono di nuovo tra le pareti famigliari del suo ristorante.



 

*
Sappiate che per le indicazioni di Saph al mercato mi sono ispirata a Gordon Ramsay e Antonino Cannavacciuolo in 'Cucine da Incubo'... sperando di non aver scritto solo boiate visto che è uno dei miei programmi preferiti >.>''''.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Yuphie_96