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Autore: Marydb13    25/09/2020    1 recensioni
Quattro ragazze trovano, per caso, un passaggio che collega il loro mondo a quello di certi pirati di nostra conoscenza e, ben presto, si renderanno conto che, forse, la Disney non ha raccontato proprio tutto... Metto il rating arancione per sicurezza, ma nella maggior parte della storia è da considerarsi verde.
*****
Tratto dalla storia:
"Allora è tutto a posto? Posso tornare nella mia epoca?"
"Certamente"
"Oh, grazie infinite! L'ho sempre detto che lei è una persona ragionevole!"
"Ma ad una condizione: Mr. Mercer verrà con te"
"Cosa?!"
"Ti seguirà ovunque, sarà la tua ombra e i miei occhi." quelle parole, unite alla velata minaccia nel suo sguardo, furono l'ultima cosa che udì, prima di essere trascinata via dall'uomo che l'aveva pestata nelle tre settimane precedenti.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ian Mercer, Jack Sparrow, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 11- Ritrovarsi e doversi già dire addio
Parte prima- Il segreto di Lucia
 
 
Anno 1729, 18 maggio, h 16,30
Mar dei Caraibi (Olandese Volante)
 

Erano passati quasi due giorni dalla distruzione della Perla Nera e l’Olandese Volante era ancora ormeggiato a poca distanza dal luogo del disastro. Per quanto il capitano confidasse nella potenza dei suoi mezzi, sapeva bene che, quando si parlava di Sparrow, la prudenza non era mai troppa. Aveva, dunque inviato la ciurma a perlustrare ogni centimetro quadrato degli isolotti nelle vicinanze, mentre lui in persona setacciava da cima a fondo i resti della nave pirata. Se era riuscito salvarsi, lui l’avrebbe saputo.
Lucia osservava gli spostamenti del capitano e della ciurma da dietro una pila di casse. A che cosa servissero, era un mistero, dato che chi si trovava a bordo di quella nave non aveva bisogno né di mangiare, né di bere. Inoltre, dato che l’Olandese non poteva essere in alcun modo danneggiato, non potevano nemmeno contenere degli attrezzi utili per eventuali riparazioni o pezzi di ricambio. Ne dedusse, dunque, che fossero solo “attrezzi di scena”, un po’ come i camionisti che riempiono l’abitacolo con cianfrusaglie di ogni forma e colore. “Gli uomini, vivi o morti, moderni o antichi, sono sempre uguali” si trovò a riflettere, sconsolata.

Durante la battaglia contro la creatura di Jones, nonostante i continui richiami di Will, si era avvicinata troppo alla balaustra sul fianco sinistro della nave e, al primo scossone un po’ più forte, era stata sbalzata fuori. Della caduta ricordava poco e niente: l’acqua sollevata dal kraken che le entrava in occhi e polmoni, impedendole di respirare, e l’ansia di finire schiacciata o, comunque affogare per colpa della creatura. Il panico, sommato all’altezza della caduta e alla difficoltà di respirazione furono, probabilmente la causa della sua perdita dei sensi.
Al suo risveglio, si era ritrovata a bordo della nave fantasma e, più precisamente, ingarbugliata in una rete viscida, interamente ricoperta da alghe, conchiglie marine e pezzetti di corallo. (Greta Tumberg lo avrebbe scuoiato vivo: quando si pesca si sta attenti a non danneggiare il fondale marino e i suoi abitanti!) Dopo un attimo di smarrimento, passato a sputacchiare acqua salata e a rimettere insieme i pezzi, si rese finalmente conto di dove si trovava. Inutile dire che rischiò l’infarto. Ma come, non era un’estimatrice del black humor e di tutto ciò che è macabro ed inquietante, vi chiederete. Ebbene, non sempre chi continua a parlare di morte e tombe non teme il “trapasso”; anzi, spesso e volentieri è proprio il contrario.

Lucia tendeva a parlare frequentemente delle tematiche legate alla morte, giungendo perfino al punto di idealizzarla (es. Quante fanfiction/ libri/ film/ fumetti avete visto in cui Thanatos, o comunque la morte, è presentato come un bel manzo tenebroso, con due splendide ali? Innumerevoli. E lo stesso per quanto riguarda vampiri, ovvero cadaveri ambulanti, fantasmi, zombi, shinigami e altre divinità legate all’oltretomba), e tutto questo solo per cercare di diminuire la paura folle che provava nei confronti del “momento del passaggio”. Tempo che, nel suo caso, sarebbe giunto molto presto, secondo quanto attestavano i medici che l’avevano avuta in cura sin da quando aveva quattro anni.

La famiglia di suo padre aveva una particolarità: da almeno quattro generazioni, tutti i maschi nascevano con un cuore molto forte, capace di pompare quasi il 50% del sangue in più nei vasi, e che permetteva, dunque, di compiere sforzi fisici superiori a quelli dell’uomo medio. Troppo bello per essere vero, direte. Per ogni benedizione c’è sempre un tallone d’Achille: chi riceveva questo “dono” non campava oltre i trent’anni e la soglia non si alzava nemmeno se il proprietario si sforzava di condurre una vita tranquilla.
Quando si era scoperto che il padre di Lucia (figlio unico) non aveva ereditato tale fardello, la famiglia aveva dato una festa enorme, pensando che la “maledizione” fosse finita. L’illusione si era, però, infranta quando, il giorno della nascita di Lucia, avevano ricevuto i risultati dell’esame al cuore. “Questo non è un cuore, ma una Lamborghini” gli disse il medico, pensando di rendere felici i familiari con la bella notizia, ma ignaro di ciò che tale affermazione significava per i poveri genitori, che conoscevano l’entità dell’anomalia.

Quando si ricevono notizie di questo genere, solitamente le reazioni possibili sono due: il rifiuto, con conseguente ribellione o l’accettazione e relativa depressione. Lucia, nonostante avesse solo tre anni quando le fu rivelato, scelse la seconda strada. Mentre gli altri bambini giocavano correndo fino allo sfinimento, lei rimaneva seduta o semi sdraiata sul prato e sulle panchine, evitando qualunque attività comportasse anche solo il minimo sforzo. E così, mentre i genitori degli altri provavano a convincerla a condurre una vita normale per una bambina della sua età, i suoi le insegnavano a leggere, le regalavano videogiochi e facevano l’abbonamento a Sky. Qualunque cosa, pur di sapere loro figlia al sicuro da ogni possibile trauma e sforzo. Disposti perfino a barattare la sua felicità con un paio d’anni in più di vita passiva.

Lucia era rimasta per due giorni a bordo dell’Olandese, approfittando della distrazione del capitano e dell’assenza della ciurma. Il suo piano iniziale era attendere che tutti i marinai-pesce tornassero a bordo, per poi calarsi in acqua e raggiungere a nuoto l’arcipelago che si trovava a meno di un chilometro di distanza. Non aveva, però, considerato il fatto che un chilometro nell’oceano è una distanza decisamente troppo grande e faticosa da percorrere, specie per una ragazza che non aveva mai praticato sport in vita sua. Inoltre, non avendo mai imparato a nuotare, aveva pensato di rubare una scialuppa di salvataggio ma, dopo tre giri completi dei ponti, aveva dovuto convincersi del fatto che queste, in una nave che traghettava morti, non avevano motivo di esistere.

Non poteva lasciare la nave, a meno che qualche anima pia la venisse a recuperare e quel che era peggio era che, da quanto ricordava, l’Olandese non navigava quasi mai sulla superficie delle onde. L’equipaggio non aveva problemi, data la protezione che gli forniva Jones, ma Lucia non sarebbe mai sopravvissuta ad un’eventuale immersione della nave. Cosa che, se non ricordava male, sarebbe avvenuta da lì a poco, dato che Beckett avrebbe presto richiamato l’Olandese a Port Royal.
Come a voler esplicitare i suoi pensieri, Jones comparve sul ponte principale proprio in quell’istante, richiamando i suoi uomini ed annunciando: ‹‹Jack Sparrow è morto: il debito è stato pagato. Si ritorna nel profondo degli abissi!››
‹‹No, no, no!›› sussurrò Lucia, sbiancando visibilmente. Non voleva morire e, soprattutto, non voleva morire così, in una maniera assurda, lontana da tutti e senza essere ancora riuscita a combinare nulla di buono.

Nonostante il coro sonoro di “sì, signor capitano” che riecheggiò per tutta la nave, Jones tuonò: ‹‹Non ho sentito bene››
‹‹SI’ SIGNOR CAPITANO!›› la ciurma si affrettò ad alzare la voce, timorosa di dover affrontare l’ira dell’uomo-polpo.
“Ma che è, Spongbob?” si domandò Lucia, allibita. La sua morte su una nave fantasma governata da uomini pesce con il volto cosparso di molluschi di ogni genere e specie non era già abbastanza ridicola, forse? Ecco un’altra delle tante cose da domandare al creatore una volta giunta nell’aldilà (insieme a dogmi della fede del calibro di “Perché Severus Piton nel primo libro ha 31 anni e nei film 55?”, “Perché il ragazzo più figo ne “Winx”, Valtor, deve morire? (In realtà nelle ultime stagioni ritornava, ma Lucia, amante delle prime stagioni, lo disconosceva in quanto completamente diverso dall’originale)” e “Perché Itachi Uchiha non esiste?”)).
La ragazza tutto si aspettava, fuor che quello che l’uomo-polpo disse dopo: ‹‹Chi sta pensando?››
“Se avesse detto OH! mi sarei seriamente preoccupata” pensò Lucia, vagamente perplessa “Ma cos’è un dittatore? Comunque mi piace che sia lui stesso ad ammettere che sulla sua nave la gente deve pensare esattamente quello che desidera lui… Onesto il ragazzo”.
‹‹Di nuovo›› ringhiò lui tra i denti, per poi affermare, mentre si preparava a fondersi con la nave, per poi ricomparire nel luogo in cui avvertiva il flusso di pensieri indesiderati (i privilegi del capitano dell’Olandese): ‹‹E non fa parte della ciurma››

Ora, immaginatevi lo sgomento di Lucia nel momento in cui si vide comparire davanti un Jones furibondo che agitava i tentacoli senza controllo, scuotendo la testa e ringhiando cose del tipo: ‹‹DONNA! Non può stare sulla mia nave. Né viva, né morta››. Tutto questo mentre avanzava verso di lei ad una velocità innaturale e senza nemmeno muovere le gambe per spostarsi.
Le voci cavernose dei marinai, che intonavano il solito “Parte della ciurma, parte della nave”, non fecero altro che aumentare l’atmosfera da film horror che si respirava in quel momento. La ragazza, però, forse complice l’attacco di panico in stadio iniziale, non se ne rese conto appieno. Se avesse fatto caso anche a tutti quegli occhi dai colori innaturali che la fissavano, incavati in quei volti completamente sfigurati, forse non sarebbe sopravvissuta abbastanza a lungo per udire Jones ringhiare e ordinare ai suoi uomini: ‹‹Ritirate l’ancora e preparatevi all’immersssione. C’è un povero ssstolto che si intromette in questioni che non riguardano il suo esssere mortale››

Solo quando i tentacoli di Davy Jones si furono ritratti, Lucia si rese conto di aver trattenuto il fiato e che, qualora l’uomo-pesce non fosse stato richiamato da Beckett (se ricordava bene), avrebbe fatto la fine di Mr. Mercer nel terzo film. La sola idea dei suoi viscidi tentacoli che le si inserivano nella bocca e nel naso, perforandole i polmoni e uscendole dai bulbi oculari, le rese impossibile reprimere i conati di vomito.
*****
 
 Anno 1729, 18 maggio, h 19,00
Port Royal, Giamaica (Insenatura nascosta)
 

‹‹Miss. Innocenti, non vi facevo così resistente›› commentò Lord Beckett, seriamente colpito dalla grinta con cui stava affrontando la camminata. Quando tre ore prima aveva deciso di accontentarla e di richiamare Davy Jones all’istante, aveva dato per scontato che la fanciulla li avrebbe seguiti spiritualmente, ovvero che si sarebbe fermata alla fine della strada battuta, in cima al promontorio. Da lì avrebbe avuto un’ottima visuale delle trattative e si sarebbe anche risparmiata una lunga e pericolosa camminata (e a tratti arrampicata) sui pendii scoscesi a picco sul mare. Lui stesso avrebbe inviato solo Mr. Mercer e pochi altri fidati, se ciò non avesse potuto sminuire l’immagine che voleva dare di sé al capitano dell’Olandese Volante.
Contro ogni previsione, aveva educatamente chiesto il permesso per accompagnarli e, non solo durante il tragitto non si era lasciata sfuggire un singolo lamento, ma non aveva mostrato nemmeno un segno di affaticamento. Nei tratti più impervi, inoltre, aveva suggerito a bassa voce ad un paio di soldati in evidente difficoltà qualche trucco per effettuare una ferrata (senza corda, né cavi, purtroppo), nella maniera più sicura possibile.

‹‹A quanto pare trascorrere le giornate a spostare libri enormi e dizionari ha i suoi vantaggi. Chi l’avrebbe mai detto, eh?›› ridacchiò lei, seppure la voce fioca ed il tremito delle mani lasciasse trapelare quanto, in realtà, fosse seriamente provata dalla discesa.
‹‹Soffri di vertigini, mocciosa?›› Mai una volta che quell’uomo la incoraggiasse un minimo, mai.
‹‹Anche, ma ormai ho una paura viscerale di così tante cose che non ci faccio quasi più caso… E poi, se Davy Jones risultasse misogino anche solo la metà di quanto non trapeli dai racconti che ho udito, Lucia ha i minuti contati. Dobbiamo fare in fretta›› confermò lei, con una nonchalance che sorprese non poco l’ex Commodoro. Gli altri si erano ormai abituati ai commenti taglienti di Mr. Mercer e alle stravaganti risposte della ragazza.
‹‹Comunque, non che io lo domandi con un secondo fine, eh, ma non è che per caso potrei tornare al molo a nuoto? Non lo dico solo per evitare la salita, nooo, è solo che farsi tre chilometri di zig zag tra gli scogli, evitando gli squali e barracuda, è un vero toccasana dopo una scalata di tre ore. Lo dicono tutti, davvero›› il debole tentativo di rimanere seria, mentre proponeva il suo geniale piano di fuga, andò in frantumi a causa delle risate sguaiate del reggimento. A quel punto, non poté far altro che unirsi a loro, o almeno finché Mr. Mercer non decise di proporle: ‹‹Anche io, in effetti, avrei proprio voglia di farmi una nuotata. Immagino che capirai se, però, vorrò seguirti, impugnando una sciabola. Non vorrei mai che perdessi tempo a contemplare il panorama e non arrivassi alla magione in tempo per cena››

A tale affermazione seguirono altre risate sguaiate a cui, tuttavia, non si unì la fanciulla. La sua diffidenza era dovuta, in parte al fatto che, ormai, aveva imparato a conoscerlo e sapeva di cosa fosse capace, e in parte alla sciabola che vedeva luccicare al fianco della sua cintura. Da quando in qua portava con sé tale arma, senza alcuna guaina, tra l’altro? Che avesse già previsto tutto e avesse sostituito la sua spada usuale con una che potesse rovinare a contatto con l’acqua salata?
‹‹Ma la cena era programmata per le 20,30. Non arriveremmo per tempo nemmeno se rifacessimo la scalata›› obbiettò lei, cauta.
‹‹Io se fossi in te inizierei a correre: tic toc, tic toc, tic toc!›› l’uomo si mise a battere il tempo, sull’elsa della sciabola. In volto, la sua solita espressione seria.
‹‹Nuuu, per farore!›› implorò lei, mentre cercava di camminare più velocemente, nonostante la stanchezza ed il costante tremore che ora si era trasmesso anche alle gambe.
A parte questi piccoli inconvenienti e qualche caduta fantozziana da parte della nostra sventurata protagonista (che fece quasi venire un infarto a Norrington), la discesa proseguì senza particolari problemi. In trenta minuti scarsi riuscirono a raggiungere la tanto agognata meta. Sui visi di ciascuno di loro (Mr. Mercer a parte) si poteva leggere una commistione di emozioni positive: gioia, sollievo, curiosità ed anche un pizzico di soddisfazione.

A Maria Vittoria, tuttavia, bastò una singola occhiata alla nave per perdere tutta la sua titubanza: il capitano, scorgendola tra la folla, aveva subito iniziato a ringhiare con cattiveria. Ma perché i traghettatori di anime dovevano sempre essere così inquietanti? (Caron dimonio dagli occhi di bragia, accompagnato da un segugio infernale con tre teste, Anubi, dio sciacallo, con la collaborazione speciale di un mostro chiamato “il divoratore di anime”, i mostruosi shinigami in Giappone, solo per fare qualche esempio) “Signore, ti prego, aiutami tu. Da sola non ce la posso proprio fare” sospirò lei, per poi raggiungere Lord Beckett che le stava facendo segno di avvicinarsi. Non prima di aver fatto un enorme segno di croce, però, cosa che suscitò l’immediato biasimo da parte del signor Mercer. Che pensasse pure che era un’esagerata esibizionista, ma in quel momento aveva un assoluto bisogno di quello o di una camomilla e, dato che di quest’ultima non vi era traccia all’orizzonte, non le rimaneva una grande scelta.

Le trattative tra Lord Beckett e Davy Jones furono piuttosto veloci, a dire il vero. Del resto, il secondo si era strappato il cuore dal petto per un motivo e non aveva nessuna intenzione di essere costretto a starvi vicino. Anche se lo scrigno si trovava a più di 100 metri di distanza dalla nave, iniziava già ad avvertire i preamboli di quello sconvolgimento interiore da cui cercava, ormai, di scappare da anni. Un dannato non aveva bisogno di un cuore per provare sentimenti: quelli li lasciava volentieri ai mortali. Trovava divertente vedere come si affannavano, nella sciocca illusione di poter ottenere la piena felicità, uno stato che all’essere umano non era permesso raggiungere. Provare sentimenti significava alternarne positivi e negativi, in un circolo vizioso che portava sempre e comunque ad una perenne insoddisfazione o ad un dolore senza limiti. E, se il prezzo per un attimo fugace di felicità erano anni di sofferenze, allora preferiva non provarne affatto.
In tutto questo, Mary si mantenne a debita distanza, cercando di fare tutto il possibile per non attirare l’attenzione dell’uomo-pesce. Per quanto detestasse molti tratti caratteriali di quel personaggio, capiva bene che cosa significasse avere il cuore spezzato ed essere condannato ad amare una persona di un livello irraggiungibile. Nel suo caso, un ragazzo con un QI superiore a 200 (più di Einstein), mentre in quello di Jones, una divinità marina. Voleva assolutamente evitare di turbarlo con la sua presenza, a meno che, chiaramente, non fosse stato proprio indispensabile. Occasione che, purtroppo, si manifestò proprio due minuti dopo.

‹‹Che ne è stato della ciurma di Sparrow?›› Beckett non perse tempo ad introdurre l’argomento, comportandosi da vero Lord inglese, se proprio Mary poteva dire la sua. Mr. Mercer, al contrario, la riteneva un’assurda perdita di tempo, ma non osò contraddire il suo superiore. Si limitò ad affiancarlo in silenzio, non prima, però, di aver lanciato un’occhiata significativa alla ragazza.
Vedendo che, però, Jones non pareva incline a parlare, decise di entrare più nello specifico, in modo da testare la sua reazione. Cutler Beckett era praticamente certo che l’uomo-polpo non si sarebbe mai aspettato da parte sua delle domande su una persona in particolare, specie una donna sconosciuta. Se ne avesse saputo qualcosa, non sarebbe riuscito a rimanere impassibile, anche qualora avesse mentito. Parlò ancora, facendole segno di avvicinarsi: ‹‹Stiamo cercando una giovane donna con i capelli castani molto corti (per l’epoca il caschetto era considerato uno scandalo o un abominio. Nell’alta società, le nobildonne che dovevano tagliarsi i capelli perché rovinati o per qualunque altro motivo, si munivano di parrucca). E’ caduta in mare durante l’attacco della tua creature ed il corpo non è stato ritrovato›› Quell’uomo era dannatamente bravo a bleffare, qualità che doveva essergli stata particolarmente utile nei suoi traffici commerciali. E, a quanto pare, sapeva sfruttare anche gli elementi di stress della controparte, dato che, vedendola avvicinare, Davy Jones iniziò subito ad innervosirsi: ‹‹T-tenete lontano quell’abominio dalla mia nave!››

L’urlo improvviso fece bloccare di scatto la poveretta, che rischiò seriamente di sbilanciarsi e cadere dalla lunga e stretta passarella che era magicamente apparsa per collegare gli scogli alla nave. A quanto pare possedere il cuore di Jones dava diritto a dei privilegi. Cosa di cui Mary si sentiva troppo onorata e avrebbe volentieri fatto a meno, dato che soffriva di vertigini, aveva paura delle cose pericolanti, dell’acqua, delle onde alte, degli scogli, delle cose viscide, dei mostri, delle piovre, di dare fastidio alle persone, di essere presa in giro, di essere fissata e, soprattutto di Mr. Mercer.

Per riassumere la scena, la poverina, ovviamente, stava camminando su una passerella viscida e scivolosa larga non più di quaranta centimetri, lunga un centinaio di metri, ma con uno spessore irrilevante (e con lei la favoletta del “reggerà qualunque peso perché è magica” non attaccava), ad una quindicina di metri dall’acqua, agitatissima in quel punto, a giudicare dall’altezza assurda delle onde che si infrangevano nell’insenatura disseminata di suri scogli aguzzi. Il suo tentativo di tirarsi un po’ su di morale con il pensiero “Almeno in questo punto pericoloso non possono esserci gli squali” sfumò nel momento esatto in cui si accorse che ad attenderla dall’altra parte c’erano almeno una dozzina di uomini pesce con la testa di squalo. E allora!

Come se non fosse già abbastanza sottopressione, aveva addosso gli sguardi di metà reggimento, una ciurma di dannati dalle sembianze mostruose, di cui uno con la testa da polpo (Ma che trauma ha avuto! Nd: tutti. Non chiedete, fidatevi. Nd: me) che non vedeva l’ora di vederla evaporare, che ridacchiavano ogni volta che la vedevano perdere l’equilibrio. Ma erano seri? Si erano accorti che se fosse caduta sarebbe morta non appena toccata l’acqua? E poi perché loro non avevano avuto nessun problema? Non dovevano essere i maschi quelli con problemi di equilibrio?
Dopo due minuti di traumi, Maria Vittoria si decise a percorrere la parte restante, 98 metri (Non giudicate! Nd: Mary), strisciando, con le braccia che abbracciavano la tavola. Il tenente Groves l’avvisò, preoccupato, che così era anche peggio, ma a quel punto non era più in grado di alzarsi, senza rischiare di perdere l’equilibrio e cadere. “Se gli fosse importato veramente mi avrebbero aspettato, invece di correre e lasciarmi indietro” pensò lei, deprimendosi ancora di più.

Dopo quelle che le parvero ore, riuscì finalmente a raggiungere il ponte della nave, anche se rischiò di cadere proprio all’ultimo, nel vano tentativo di sfuggire alle grinfie di Mr. Mercer. Quest’ultimo, infatti, l’aveva aspettata con le braccia aperte per tutta la durata del suo calvario, sfoggiando un’espressione che chiunque avrebbe scambiato per preoccupazione paterna, ma che lei aveva subito riconosciuto come una tacita minaccia, molto in stile “Sono il fantasma formaggino! Vieni che ti spalmo sul panino!”.
Giunta, finalmente a destinazione, accettò estrema gratitudine il fazzoletto offertole da Mr. Davis, che ormai era l’addetto, per asciugare le lacrime che, senza che lei se ne accorgesse, avevano iniziato a sgorgarle per l’eccessiva paura. Vedendola in questo stato, i marinai smisero di ridere e, persino il cinico Davy Jones fu tentato di estinguere la sua insulsa vita porgerle un bicchiere d’acqua. Poi, tuttavia, si rese conto che non rientrava nel copione e si costrinse, dunque, a continuare a guardarla in cagnesco.
‹‹Non avete risposto alla mia domanda›› gli fece notare Lord Beckett.

Davy Jones, finalmente parlò, ma nel farlo non si rivolse a lui, ma a Maria Vittoria, alla quale si gelò il sangue nelle vene: ‹‹E’ morta. L’ho uccisa appena dopo aver ricevuto la chiamata››
‹‹N-no, non…›› tentennò lei, che ancora tentava di trovare una spiegazione plausibile.
‹‹Di solito non uccido le donne, non le ritengo degne di incontrare la mia lama. Se non fossi stato così arrabbiato per il cuore, l’avrei lasciata andare›› fece una pausa, in modo da potersi beare dello sguardo scioccato della ragazza ‹‹Ammetto che quando il caro Cutler mi ha chiesto di lei, inizialmente ho pensato che fosse una sua spia, ma poi ho visto te, Maria Vittoria Francesca Lorena De’ Medici… Immagino che avrai insistito affinché il nostro piccolo Lord mi richiamasse immediatamente, perché magari Lucia Parodi poteva essere ancora viva. Chi l’avrebbe detto che la tua impazienza avrebbe causato un altro lutto?››

Lord Beckett strinse leggermente la presa sulla sua spalla, come per volerla ammonire di non lasciarsi spaventare dai poteri di quell’essere. Lui stesso aveva sentito una stretta al cuore, quando aveva sentito pronunciare il suo nome proprio con una tale disinvoltura. Del resto, che giocare con forze sconosciute non fosse una buona idea era risaputo e, se il suo desiderio di vendetta non fosse stato così avvolgente, non ci avrebbe mai provato.
‹‹Pensate davvero che conoscere i nostri nomi vi garantisca un controllo completo delle nostre vite?›› rispose lei, cercando di ostentare una sicurezza che non possedeva affatto. Maria Vittoria conosceva il potere che conoscere un nome dava e, se Davy Jones lo sapeva, significava che i suoi poteri andavano ben oltre la sua immaginazione. I film della Disney lasciavano intendere che l’uomo-polpo adorasse giocare con la psiche dei più deboli, proprio come nel caso di Weatherby Swann, ma non parlavano, certo, della sua capacità di analizzare così bene l’animo di una persona. Del resto, non ci voleva un genio per capire che un padre avrebbe seguito un tiranno (e sì, sto parlando proprio di te, Cutler Beckett! Nd: Mary) solo se minacciato per mezzo della sua unica figlia che, casualmente, era l’unica donna presente sulla Perla Nera. Sembrava un uomo estremamente intelligente, ma nulla di più.

‹‹Zitto, abominio! Cosa ti fa pensare che io abbia intenzione di parlare con te?›› l’uomo scattò in avanti, sperando di riuscire a sfruttare un attimo di disattenzione da parte delle giubbe rosse, per poter eliminare quell’essere spregevole che, a causa della troppa vicinanza del cuore, gli stava facendo tornare alla mente dei ricordi che avrebbe voluto cancellare.
‹‹La grammatica, ahhh!›› l’urletto finale fu causato da un improvviso, ma provvidenziale, strattone di Beckett, che la trasse a sé (ergo finirono entrambi a terra come due cretini, dato che avevano all’incirca la stessa altezza e lo stesso peso, ma per fini narrativi, fingeremo tutti che sia riuscito a proteggerla con fare galante). Meno di un secondo dopo, la spada si Jones fendette l’aria nel punto in cui prima si trovava la ragazzina, per poi essere bloccata da quella di Mr. Mercer. A quanto pare, la sciabola non serviva solo per minacciare Maria Vittoria, ma anche per poter contrastare la chela-braccio di Davy Jones, grazie al maggior spessore. Da quando quell’uomo era così previdente? Mary si convinse ancora di più dell’idea che farlo arrabbiare fosse una pessima idea.
La prova di forza dei due “maschi alfa” fu, fortunatamente interrotta da Lord Beckett, che ricordò cortesemente al loro ospite che, se al prossimo colpo ti testa, avrebbe dato l’ordine di sparare al suo prezioso cuore.
‹‹Avrei fatto un favore a tutti: ma vi rendete conto di che assurdità quelle della sua specie vanno blaterando? Che razza di risposta è la grammatica?›› sbottò lui, sconcertato, dopo aver dovuto rinfoderare la spada.

‹‹Da un punto di vista scientifico, uomini e donne appartengono alla stessa specie, ovvero quella degli homines sapientes, quindi la frase che ha appena pronunciato non ha molto senso, a dire il vero. Ma la classificazione di Linnaeus giungerà solo nel 1758, quindi posso capire la confusione›› tentò coraggiosamente (nascosta dietro Lord Beckett) di mettere i puntini sulle i, per poi spiegare: ‹‹Ad ogni modo, il “te, Maria Vittoria eccetera, eccetera”, oltre a dare sfoggio delle vostre conoscenze impressionanti, è anche un complemento di vocazione, il che presuppone che vi steste rivolgendo al soggetto sopracitato. Non so se mi sono spiegata bene…›› alla vista del suo sorriso furbo, l’uomo-polpo ripensò seriamente all’eliminazione fisica, ma non ebbe il tempo di progettare nulla, perché quella prese coraggio e gli si avvicinò velocemente. Poi, mani sui fianchi e occhi puntati nei suoi, gli domandò, decisa: ‹‹Lucia Parodi è viva?››
‹‹Oltre a parlare a vanvera sei anche dura di Comprendonio: mi sembrava di averti già detto che è morta per colpa tua›› se l’uomo si limitò a ringhiarle fu, probabilmente solo per lo stupore della sua azione repentina. Chi poteva essere così idiota da avvicinarsi ad una creatura mostruosa, dotata di poteri sovrannaturali, senza cuore (letteralmente), nemico del genere femminile e, soprattutto, che aveva appena tentato di trafiggerla con una lama?

‹‹Si trova su questa nave, in questo momento?›› continuò lei, imperterrita, senza distogliere lo sguardo nemmeno per un istante.
‹‹No: non voglio donne sulla mia nave››
‹‹E’ nelle segrete’››
‹‹No!››
‹‹O magari nella vostra cabina…››
‹‹NO!››
‹‹Perfetto, è nella vostra cabina. Sono in grado di liberarla, o servono dei poteri particolari per farlo?››
‹‹COSA DI E’ MORTA NON FRIUSCITE A COMPRENDERE?!?!?›› perse, definitivamente, la pazienza.
‹‹La logica è contro di voi, ed inoltre ho una discreta abilità nel capire quando una persona mente›› ribatté lei, mentre tornava nella “zona sicura”, per poi domandare a Lord Beckett il permesso per poter perlustrare la cabina del capitano. Una volta accordatole, si incamminò a passo spedito lungo il ponte, sotto lo sguardo rabbioso dell’uomo-polpo, ma una volta giunta al centro del ponte si bloccò di colpo.

‹‹Hem, scusate, dove posso trovarla, all’incirca? Scusate, ma non sono molto pratica delle navi, hehehe›› domandò, portandosi una mano dietro la nuca con fare imbarazzato, e facendo cadere le braccia a tutti i presenti.
‹‹Donne…›› mormorarono tutti in coro e, se Mary non commentò, fu solo perché le premeva l’urgenza di trovare l’amica.
‹‹Mr. Mercer…›› chiamò Lord Beckett. Ormai non si sorprendeva nemmeno più per queste sue “uscite”.
‹‹L’accompagno io, My Lord›› lo precedette lui, che ormai era abituato a farle da bambinaia 24 ore su 24 ‹‹Se vede un ragno un po’ più grande del normale o si spaventa con il buio, poi stanotte tocca a me non chiudere occhio perché la mocciosa ha gli incubi››
‹‹Basta anche un ragno più piccolo del normale›› ammise lei, imbarazzata.
‹‹Appunto›› sospirò lui, esasperato, per poi precederla verso quella che doveva essere la cabina di comando e che, tra parentesi era anche ben visibile dal ponte.

‹‹Hem, lo sapevo che era quella, volevo solo esserne sicu… Ahio!››
‹‹Cammina›› l’ammonì lui, per poi afferrarla per un braccio e trascinarla nelle tenebre.
‹‹Site sicuro che mandarla da sola con quell’uomo sia stata una buona idea?›› domandò James Norrington, reso inquieto dalle grida femminili che si udivano di tanto in tanto in lontananza.
‹‹State tranquillo, Commodoro: vi posso assicurare che è tutto nella norma›› se le parole di Beckett dovevano confortarlo, non ci riuscirono per niente. “Speriamo solo che la sua intuizione fosse giusta e che abbia fortuna” si limitò a pensare, mentre attendeva il ritorno dei due.
 
*IN THE MEAN TIME*
‹‹Immagino di non doverti neanche dire che potrebbero esserci trappole nascoste ovunque, pronte a scattare non appena tocchi qualco…›› l’ammonimento di Mr. Mercer fu interrotto dal suono di un organetto da camera. Immediatamente, l’afferrò per la parte posteriore del colletto della maglia e la sollevò, in una scena che assomigliava molto a mamma gatta che afferra il cucciolo per la collottola.
‹‹Scusatemi tanto, non ho resistito, hehehe›› si scusò lei, mentre cercava di convincere l’uomo a riposarla a terra.
‹‹Tu non vai da nessuna parte: non ho nessuna intenzione di controllare ogni due secondi che tu non ti metta nei pasticci. E se non stai ferma, mi costringi a legarti e caricarti in spalla come un sacco di patate›› la minacciò lui. Se le fosse successo qualcosa, avrebbe dovuto risponderne a Lord Beckett e non aveva nessuna intenzione di fallire una missione per colpa di una mocciosa che non voleva saperne di crescere.
Fece per avviarsi verso il letto, unico punto che pareva abbastanza grande per poter nascondere un corpo, quando fu bloccato dalla mocciosa: ‹‹Aspettate: attimo… L’organetto prima ha suonato, giusto?››

‹‹Pensavo che vi importasse leggermente di più della vostra amica. Perché perdere tempo con uno stupido strumento?››
‹‹Intanto non è uno stupido strumento, ma un autentico organo di epoca medievale. Per una persona della mia epoca è praticamente impossibile vederne uno, figuriamoci suonarlo, ma non è questo il punto›› lo corresse lei, scocciata.
‹‹E quale sarebbe, allora, sentiamo››
‹‹Gli organi antichi hanno una particolarità: devono essere suonati in due. O meglio, dato che per funzionare necessita di una grande quantità d’aria, occorreva che una seconda persona azionasse un meccanismo che assomigliava tantissimo al soffietto per attizzare il camino››
‹‹Voi, però ci siete riuscita da sola›› le fece notare l’uomo, che ancora non riusciva a comprendere l’utilità della discussione.
‹‹Immagino che il capitano dell’Olandese Volante possa anche godere di alcuni vantaggi che trascendano le tecnologie contemporanee, ma ciò non toglie che un organo necessiti di un qualche meccanismo che gli permetta di ottenere aria da riversare dalle canne, manuale o automatico che sia. Quando ero alle medie aiutavo con l’organo della mia parrocchia, dato che l’organista era venuto a mancare, quindi so come funziona. E sono abbastanza certa che, la presa d’aria vada chiusa dopo l’utilizzo dello strumento››

‹‹Non potrebbe averlo lasciato così per la fretta di rispondere alla chiamata?›› le fece notare lui, anche se la vena scettica nella voce stava, via, via lasciando il posto ad una interessata.
‹‹Una persona che ama la musica tratta il proprio strumento come un prolungamento della propria persona: non rischierebbe mai di fargli del male. E poi per chiudere la presa d’aria ci vuole veramente una frazione di secondo e Davy Jones è dotato di una velocità sovraumana››
‹‹Quindi, perché lasciare il passaggio per l’aria aperto, se non serve allo strumento in sé?›› domandò retoricamente l’uomo, mentre posava delicatamente la fanciulla a terra (talmente delicatamente che la sentirono urlare fin a Port Royal) e si avvicinava all’organo.
La struttura non pareva aver subito modifiche tali da presupporre una nicchia nascosta e via dicendo, ma conoscendo Davy Jones, mai dire mai.
‹‹Se stessimo parlando di un libro, probabilmente, lo strumento si aprirebbe una volta suonata una canzone particolare che funge da chiave. Peccato che io sappia suonare solo con gli accordi o poco più e che non abbiamo idea di quale possa essere il brano segreto›› sospirò lei, appoggiando le mani sui tasti, con fare esasperato. L’unica soluzione sembrava essere supplicare Jones di eseguire la sequenza e liberare la sua amica, ma dubitava fortemente che avrebbe assecondato la sua richiesta. Ed era praticamente certa che Lord Beckett non avrebbe minacciato nuovamente il capitano dell’Olandese, solo per lei.

Proprio quando stava per perdere definitivamente le speranze, l’aiuto giunse proprio dalla persona da cui meno se lo sarebbe aspettato.
‹‹C’è un motivo per cui alcuni tasti non hanno suonato?›› le domandò Mr. Mercer.
‹‹Non saprei… forse dovevo premerli con maggior forza›› ipotizzò lei, anche se iniziava ad avere qualche dubbio, anch’ella. Quando fece scorrere le dita su tutti i tasti e si rese conto che solo due suonavano e che anche questi, una volta premuti non suonavano più, capì che non poteva essere una coincidenza.
‹‹Mr. Mercer, siete consapevole di essere un genio, vero?›› domandò lei, mentre si preparava a tentare tutte le combinazioni possibili.
‹‹Siete la prima a dirmelo, Miss›› nonostante la voce impassibile, non riuscì a nascondere un sorrisetto divertito.
“E siamo passati dal tu al voi” pensò lei, trionfante, mentre si accingeva a provare delle nuove combinazioni. Nell’arco di cinque minuti, ritenne di poter escludere tutti i tasti, escluse le tre scale centrali. Che il Signore fosse stato così generoso da lasciarle un pezzo semplice da individuare? Magari!

‹‹Queste note ti ricordano qualcosa?›› domandò lui, che iniziava ad avvertire un certo mal di testa, a fuia di sentire suonare le stesse note.
‹‹Dubito di essere all’altezza di un maestro come Davy Jones. Sicuramente il suo pezzo è troppo difficile per le mie limitate abilità, e poi, potrebbe anche trattarsi di un qualche brano andato perduto nella mia epoca o di una sua creazione… Chissà›› commentò lei, pensierosa, mentre ripercorreva mentalmente l’ultima sequenza individuata ‹‹Comunque, sta andando stranamente bene: io di solito ho la memoria di un pesce rosso, non so se si era notato…››
‹‹Sì››
‹‹Grazie tante, mai una volta che riusciate a sollevarmi un minimo la mia autostima›› borbottò lei, fingendosi offesa. Ora che ci pensava, era incredibile come si fosse sciolta nel parlare con l’uomo. Fino a non troppo tempo prima aveva il terrore anche solo di respirare in sua presenza, ed ora riusciva a scherzare (senza mai prendersi troppa confidenza, sia chiaro) con lui.

‹‹Ma tu non hai un’autostima›› le fece notare lui, ovvio.
‹‹Detesto quando avete ragione›› sospirò lei, facendo ridacchiare l’altro ‹‹Comunque, seriamente, non è normale che io stia riuscendo a suonare con così tanta facilità… è come se mi ricordasse un qualche pezzo suonato tanto tempo fa, se solo capissi che cosa…››
‹‹Tanto tempo fa? Voglio proprio vedere quando avrai la mia età!›› la prese in giro lui, per poi riacquisire la sua solita serietà ed aiutarla con delle domande: ‹‹A che età hai iniziato a suonare?››
‹‹A undici ed ho smesso il secondo anno di liceo, a causa del troppo studio… ma sono comunque cinque anni›› ammise lei, mesta.
‹‹In base alla difficoltà, in che periodo pensi di averlo imparato?››
‹‹E’ piuttosto semplice a dire il vero, quindi potrei escludere gli ultimi tre anni›› rifletté, seppur continuasse a pensare che, con ogni probabilità, ricordare il nome e le note del pezzo sarebbe stato a dir poco impossibile.

‹‹Quanti dei brani imparati nei primi due anni hai ripetuto più volte o, comunque, avevano un significato o delle parole particolari che ti possono aver colpito in qualche modo?››
‹‹Non saprei, davvero non ricordo un gran che di quel periodo… potrebbe essere uno dei brani che ho imparato a scuola per il professore di musica, ma davvero non… Aspettate un attimo! Forse mi è tornata in mente una cosa che potrebbe conoscere anche Davy Jones, ma devo provare a ripetere queste note più velocemente, per assicurarmene›› Maria Vittoria fu improvvisamente colta da un’illuminazione.
‹‹Immagino che non mi resti altro da fare che tapparmi le orecchie››
‹‹Ha, ha, ha, molto divertente… Comunque ve lo consiglio anch’io, date le mie innate abilità canore… e quando dico innate, intendo proprio non nate›› ridacchiò lei, per poi tentare quanto prefissato.

‹‹EUREKA! EUREKA! E’ In taberna quando sumus… è un brano stupido di età medievale: quindi anche Davy Jones può averlo sentito da qualche parte. Deve averlo utilizzato come password, ipotizzando che degli Inglesi ben educati non potessero conoscerlo››
‹‹Ne sei sicura?›› domandò lui, scettico.
‹‹Non resta che provare per saperlo… Posso consigliarvi di tapparvi le orecchie? Temo che nel canto io sia addirittura peggio che nel suono…›› ammise lei, imbarazzata.
‹‹Non avevo dubbi›› scosse la testa, per poi rubare un guanciale dal letto di Jones e prepararsi ad affrontare la tempesta.
Mary prese un bel respiro e poi iniziò la sua performance:

In taberna quando sumus,
non curamus quid sit humus,
sed ad ludum properamus,
cui semper insudamus.
 
Quid agatur in taberna,
ubi nummus est pincerna,
hoc est opus ut quaeratur,
si quid loquar, audiatur.
 
Quidam ludunt, quidam bibunt,
quidam indiscrete vivunt.
Sed in ludo qui morantur,
ex his quidam denudantur;
quidam ibi vestiuntur,
quidam saccis induuntur…
 
Come la canzone fu terminata, si udì un suono agghiacciante provenire dallo strumento, che fece balzare la poveretta giù dallo sgabello. Se Mr. Mercer non l’avesse trascinata via in tempo, sarebbe rimasta schiacciata sotto il peso della struttura che crollava, sollevando un polverone immenso. Da quant’è che Jones non faceva manutenzione?
Quando la visibilità tornò ad essere quanto meno decente, i due poterono scorgere una figura distesa in quella che doveva essere la base dell’organetto.
‹‹Lucia!›› Mary corse verso di lei come una furia, apprestandosi a prenderle un polso per assicurarsi che fosse ancora viva. Come lo fece, tuttavia, questa si mosse, o meglio, si stiracchiò come un gatto dopo il pisolino pomeridiano. Si era seriamente addormentata in una situazione del genere?

‹‹Mary››
‹‹Lu!››
‹‹MARY!››
‹‹Lu?››
‹‹MARYYY!!!››
‹‹AHHH! AIUTOOO! Non di nuovo, per favore!›› La scena avvenuta con Francesca, si ripeté un’altra volta, tra le risa di Mr. Mercer e le suppliche di Mary.
 
*IN THE MEAN TIME*
Lord Beckett stava discutendo animatamente con Davy Jones, cercando di tenerlo buono fin tanto che quei due scansafatiche perlustravano le sue stanze. Possibile che ci mettessero così tanto? Poteva aspettarsi una tale incompetenza da Maria Vittoria, ma non certo dal suo braccio destro che, da quando era stato assunto, non aveva mai tardato un solo secondo nell’esecuzione di un compito. Che quella strana ragazzina lo stesse influenzando?
‹‹Vi posso garantire che Maria Vittoria è una ragazza estremamente educata e riservata. Non so che esperienze abbiate avuto in passato, ma vi posso garantire che durante il suo soggiorno a Port Royal non ha mai creato scompiglio nemmeno tra i ranghi del reggimento, cosa che sfido la maggior parte delle donne a fare (Non sono i soldati a rincorrere le fanciulle, no, no… Maschilista depravato! Nd: donne) …›› il Lord non fece in tempo a terminare la frase, che la fanciulla in questione fu vista correre a tutta velocità verso la passarella (gridando come una cretina, tra l’altro), inseguita da quella che doveva essere l’amica scomparsa.

‹‹Estremamente educata e riservata…›› ripeté Mr. Davis, facendo l’occhiolino all’uomo-polpo che, sempre più perplesso osservava la scena. Per un attimo, scordò anche la rabbia che aveva provato nel momento in cui aveva udito il suono del suo amato organo. Per il suo bene, sperava sinceramente che non avesse osato mettere le sue manacce sulle sue cose, anche se dubitava fortemente che l’individuo che l’accompagnava sapesse strimpellare un qualunque strumento.
‹‹Ma non doveva uscire dalla porta sull’altro lato della nave?›› domandò un altro marinaio. Il poveretto non era ancora abituato agli strani comportamenti della ragazza, in cui rientrava il senso d’orientamento di un pachiderma col raffreddore.
‹‹Ma c’è un motivo per cui le sue amiche la trattano tutte così, non appena la vedono? Non sta rischiando la sua vita per salvarle?›› domandò, ancora, James Norrington, sempre più perplesso dallo svolgersi degli avvenimenti.
‹‹Ma soprattutto, prima non aveva paura della passerella?›› domandò ingenuamente Groves. Ancora non aveva udito il detto “la paura fa novanta”.
Ignorando completamente i pettegolezzi di quel branco di suocere, Cutler Beckett domandò il resoconto del salvataggio al suo braccio destro, che era appena uscito con estrema calma dalla cabina del capitano.

‹‹Tutto regolare, signore: Lucia Parodi era tenuta prigioniera all’interno di un organetto da camera. L’unico modo per aprire il meccanismo era suonare un’assurda canzone in una lingua strana››
‹‹In taberna quando sumus››
‹‹Avete udito tutto?››
‹‹Purtroppo sì, anche se mi chiedo come una ragazza così tranquilla possa averla sentita››
‹‹Quando si tratta di Innocenti, ho imparato che è meglio non chiedere… Ha blaterato qualcosa sui tormentoni delle Medie, ma non ho la benché più pallida idea di che cosa possa significare››
Cutler Beckett stava per dire qualcosa, ma fu interrotto da un grido di Groves: ‹‹Lord Beckett, si mette male… La furia bionda è tornata!››
‹‹La furia bionda?›› domandò lui, confuso, per poi far cadere l’occhio sulla passarella e fare due più due. Francesca era riuscita a raggiungerli chissà come ed ora correva in contro a Maria Vittoria dall’altro lato della tavola. Quest’ultima, ritrovandosi dunque in trappola, non vide altra soluzione se non abbassarsi, evitando la collisione, cosa che, però, non riuscirono ad evitare le amiche.

Le due, scontrandosi a grande velocità, persero l’equilibrio e sarebbero anche precipitate in mare, se non fosse stato per un’azione repentina di Maria Vittoria, che le afferrò per un braccio ciascuna e rimase ancorata all’asse con le gambe. Come se lo sforzo ed il terrore non fossero sufficienti, doveva reggere il proprio peso, sommato a quello delle amiche, da una posizione non proprio ottimale, dato che si trovava a testa in giù.
Udendo le grida delle due (Maria Vittoria era troppo terrorizzata per respirare, figuriamoci per parlare), Lord Beckett si affidò ancora una volta al suo uomo più fidato: ‹‹Mr. Mercer…››
‹‹Subito, My Lord›› rispose lui, con tono freddo e distaccato, anche se in realtà dentro di se si domandava per l’ennesima volta: “Ma chi me l’ha fatto fare?”.
*****
Anno 1729, 18 maggio, h 22,30
Port Royal, Giamaica (Ufficio di Lord Beckett)
 

Per immensa gioia di Mary, il ritorno era stato decisamente più semplice dell’andata. L’Olandese si era diretto verso il molo, permettendo ai passeggeri di risparmiarsi quasi quattro ore di cammino e scalata al buio. Del resto le giubbe rosse non erano particolarmente allenate e lo stesso Lord Beckett era un esemplare di topo da biblioteca: il suo sforzo massimo era portare una pila di libri dalla libreria alla scrivania (e da quando Maria Vittoria era “entrata nella sua vita”, il pesante compito era stato affidato a lei). Poteva anche aspettarselo.
Dopo una mezz’oretta di tragitto percorso in religioso silenzio, la comitiva raggiunse finalmente la magione Swann, riconvertita in covo diabolico di Cutler Beckett e rivendicato dai suoi uomini come “caserma di lusso”. Se con il suo studiato arrivo a Port Royal (a cavallo su una barca… alla faccia del trash!) aveva gettato le basi per una dittatura in cui avrebbe comandato con il pugno di ferro, l’arrivo di Mary vanificò tutto. O meglio, non lei in quanto persona, ma in quanto rappresentante della tradizione culinaria italiana.

Avete presente il detto “dategli un dito e loro si prenderanno tutto il braccio”? Ecco: questo è proprio quello che accadde quando Maria Vittoria ebbe la malaugurata idea di offrire a Cutler Beckett e Mr. Mercer qualche pasticcino che aveva preparato per fare una pausa dopo un lungo pomeriggio di studio. Il Lord era rimasto estasiato e li aveva fatti assaggiare anche al tenente Groves che, troppo gentile come al suo solito, aveva lodato le sue abilità con i camerati, manco impiattasse dolci fatti di oro zecchino. Poi, avendo questi ultimi fatto pressione perché potesse prepararne anche a loro, Mary aveva avuto la malaugurata idea di accontentarli… e da allora non se n’era più liberata. E nemmeno Cutler Beckett, se era per questo.
Una volta avuto un assaggio di quella che era, alla fine dei conti, solo un esempio della cucina casalinga italiana, non erano più riusciti a farne a meno. Guardavano il cibo tradizionale inglese, che avevano sempre apprezzato fino a quel momento, con occhi diversi. Non potevano più tollerare una vita senza quel ben di Dio e, soprattutto, non riuscivano a sopportare l’idea che solo pochi eletti potessero approfittarne 24 ore su 24. Avevano indetto il primo sciopero della storia, rifiutandosi di indossare la divisa e svolgere i compiti di routine.

A dire il vero, data la loro ben nota incompetenza, era già come se Mr. Mercer lavorasse da solo, in un certo senso, ma Lord Beckett non se la sentì di farglielo notare (e poi cosa ne avrebbe pensato l’opinione pubblica?). Aveva così optato per il piano B: passare da tiranno malefico a magnate di corte. Permise a ufficiali e sotto ufficiali di soggiornare nella villa principale e suddivise i soldati semplici nelle numerose dependance che costellavano i giardini circostanti. Forse la prospettiva di essere temuto e obbedito era leggermente troppo estrema. Anche se non era ancora molto certo della decisione di viziare così tanto i propri soldati. Cosa ne avrebbero pensato il re e l’opinione pubblica?
Per la prima volta ringraziò di aver deciso di cominciare il suo piano per il dominio del globo (però, ambizioso il piccoletto! Nd: Marta) da un’isola sperduta nei caraibi. Per la sua rete di spie sarebbe stato uno scherzetto far credere a Londra che la presenza dei suoi uomini all’interno della villa fosse dovuta al solo scopo difensivo. Cosa che avrebbe anche contribuito ad ampliare l’idea che la pirateria avesse ormai raggiunto livelli di pericolosità tali da rendere insicure perfino le zone più povere e dimenticate.

Tornando a noi, i nostri baldi avventurieri decisero di recuperare le energie perdute durante la lunga camminata, abbuffandosi come tanti bei maialini e costringendo, di conseguenza, la povera Mary a trascorrere ore in cucina. Ed oltre al danno la beffa, perché come la poverina provò ad assaggiare un cucchiaio di zuppa, Lucia le saltò addosso, urlandole frasi motivazionali sull’importanza di una dieta equilibrata di svolgere un’adeguata attività fisica. Maria Vittoria provò a convincerla che il digiuno non era propriamente una dieta equilibrata, ma quella non volle saperne niente e chiuse la dispensa a chiave.

Poi, affamata e stanca, dovette litigare per quasi un’ora con Mr. Davis, che non voleva permetterle di vedere Lord Beckett per parlargli della situazione delle amiche. L’uomo, infatti, una volta tornati dall’escursione fuori programma, era filato nello studio, senza parlare con nessuno e lasciando ai suoi ufficiali il compito di interrogare le ragazze. Non che non si fidasse della parola del Lord, ma era consapevole dei “metodi” che all’epoca erano considerati all’ordine del giorno e, anche se dubitava che sarebbero state sottoposte al suo trattamento con Mr. Mercer, preferiva di gran lunga che non fossero interrogate affatto. In più conosceva bene Cutler Beckett e il suo odio per i pirati ed i loro simpatizzanti.

A porre fine alla discussione, Mr. Mercer che se la caricò in spalla come un sacco di patate (alla faccia del “a mo’ di sposa delle fanfiction! Nd: Mary), come se niente fosse, e la portò fino al letto di Beckett. Una volta giunti dall’altra parte, Maria Vittoria bofonchiò un “buona notte” e fece per entrare nella propria stanza, quando fu sbattuta violentemente contro la parete. Sentendo il corpo dell’uomo così vicino, si portò istintivamente le mani alla gola, temendo che potesse strangolarla da un momento all’altro.
L’uomo inarcò leggermente un sopracciglio, che nella sua lingua, significava che era alquanto turbato, ma Mary era troppo preoccupata per accorgersene. Quando l’uomo rafforzò la presa sulle sue spalle e la risbatté contro il muro, poco mancò che le venisse una crisi di panico. Iniziò a tremare visibilmente e sottili scie di lacrime iniziarono a formarsi intorno al suo pallido volto (no, questa volta non è il cerone).

‹‹Smettila di fare sceneggiate: non ti ho nemmeno sfiorata!›› gridò lui, per poi scrollarla di nuovo violentemente per le spalle. E meno male che non l’aveva nemmeno sfiorata.
‹‹S-Scu… mi dispiace, non lo faccio più›› anche solo pronunciare quelle poche parole le costò uno sforzo enorme, in quel momento, ma all’uomo non pareva importare: ‹‹Mi dispiace? Sai dire solo questo? Quando la finirai di fare la vittima e commiserarti? Continui a dire che nella tua epoca anche le donne contano qualcosa e hanno il diritto di dire la loro e poi ti comporti esattamente come una di quelle nobildonne spocchiose che non sanno far altro che svenire per ogni piccola cosa!››
L’ultima frase ebbe l’effetto di far spalancare ancora di più gli occhi della poveretta, azione che non passò inosservata agli occhi dell’uomo: ‹‹Pensi che io sia uno stupido? Che solo perché provengo da un’epoca arretrata non possa capire le dinamiche della vostra assurda società? Che non mi sarei accorto che è strano che una figlia di contadini possa permettersi di mantenere una casa in cui vive da sola, una macchina e tutto quanto? Che non è possibile che una plebea sappia stare a tavola in maniera ancora più impeccabile di Lord Beckett e appaia educata, pur provenendo da un’epoca in cui i canoni dell’educazione sono totalmente mutati?››
‹‹M-ma io, io…››

‹‹Chi diavolo è Maria Vittoria Francesca Lorena De’Medici? Che fine hanno fatto i tuoi fratelli e i tuoi genitori? Perché muori dalla voglia di parlare con due marinai vecchi e strambi? Perché c’è un c***o di becchino che continua a telefonarti ad ogni ora del giorno e della notte? Voglio la verità e la voglio adesso… Altrimenti ti riporto immediatamente indietro da Lord Beckett, gli racconto tutto e faccio impiccare le tue amiche ingrate nella prima esecuzione pubblica disponibile! SONO STATO ABBASTANZA CHIARO?!?!?›› le urlò lui, con tutto il fiato che aveva in gola. Era stufo di fare da babysitter ad una donna che si rifiutava di crescere, di assecondare le follie di una rampolla viziata e, soprattutto, di dover discutere con quella che si era dimostrata essere l’ennesima ameba. Quando la prima notte l’aveva vista impugnare una semplice scopa per difendere le sue amiche, aveva avuto la sensazione di aver trovato un soggetto interessante da testare, e la stessa sensazione era rimasta nei giorni in cui l’aveva tenuta rinchiusa in quella piccola cella e pestata a sangue, senza che lei si lamentasse una sola volta. Ma questo suo atteggiamento capriccioso era l’ennesima priva di quanto si fosse sbagliato. Le donne non valevano nulla e l’unica cosa che erano in grado di fare era circuire quegli incapaci che glielo lasciavano fare. E quella mocciosa non faceva, certo, eccezione.

“Se avesse voluto farlo, avrebbe già avuto mille occasioni” si rese conto lei, in un attimo di lucidità. Era arrabbiato, questo era chiaro, ma per i suoi canoni quelle non erano altro che velate minacce. Se avesse realmente avuto intenzione di farle del male non avrebbe perso tempo ad avvisarla e, soprattutto, avrebbe dovuto chiedere il permesso a Cutler Beckett. E quest’ultimo, come dimostrato dalla faccenda del salvataggio di Lucia, al momento non sembrava particolarmente intenzionato a concederglielo.
Forte di questa nuova consapevolezza, la ragazza si prese un attimo, riflettendo su cosa fosse meglio fare, ma poi convenne che fosse meglio rispondere, sebbene intendesse rivelare il meno possibile: ‹‹A-avete capito tutto quanto. Innocenti è solo una copertura per evitare di creare problemi alla mia famiglia, o averne, dipende dai punti di vista. E’ una storia interessante, a dire il vero, ma visto che è un po’ lunga ho preferito non rompervi le scatole con i dettagli… Però mi rendo conto che a questo punto è necessario che vi renda parteci…››
‹‹No grazie›› la freddò subito lui. Come Mary aveva ipotizzato, la sola cosa che spaventava Mr. Mercer più di deludere Lord Beckett erano i pettegolezzi delle donne. Però, geniale come trovata. Avrebbe fatto bene a tenerla a mente, nel caso in futuro ne avesse avuto bisogno di nuovo.

‹‹Delle vostre storielle da nobildonna viziata ne faccio volentieri a meno›› l’uomo scosse la testa e fece per alzarsi. Ma chi glielo faceva fare di perdere tempo con quel caso disperato?
‹‹E poi, che cosa c’entra il becchino?›› gli domandò lei, fingendosi confusa. La domanda era stata effettivamente pensata per cercare di dissolvere un minimo la tensione creatasi, ma Mary mai si sarebbe aspettata che Mr. Mercer scoppiasse a ridere.
‹‹Questa te la concedo›› riuscì, infine a pronunciare, asciugandosi una lacrima formatasi per il troppo riso. Come diavolo faceva quella a sparare sempre la cavolata giusta al momento giusto? Se falliva con la carriera da archeologa, poteva benissimo diventare giullare di corte. Il loro re ne sarebbe stato entusiasta, specie per le sue insospettabili abilità culinarie. E a tal proposito…
‹‹Mocciosa! Ho voglia di torta di mele: muoviti a prepararmene una!›› tale richiesta non fece altro che aumentare lo shock della poverina. Ma era diventato lunatico, per caso? Un attimo prima la minacciava e quello dopo le chiedeva di preparargli una torta? All’una di notte?

‹‹Ma è tardi, e poi avete appena cenato e…›› si bloccò in tempo, prima di lasciarsi scappare commenti che non era certa che l’uomo avrebbe apprezzato.
‹‹Ho una fame atroce e se c’è una cosa che odio è dormire a stomaco vuoto›› proseguì lui, battagliero. Ma non aveva appena mangiato un pasto che avrebbe tranquillamente potuto saziare tre uomini adulti? L’ipotesi che Mr. Mercer appartenesse alla razza Sayan si fece, ancora una volta, strada nella sua mente.
‹‹Ma mi mancano il lievito e latte: oggi pomeriggio dovevo fare la spesa, ma…›› cercò di persuaderlo lei, ma lui non volle sentir ragioni: ‹‹Vorrà dire che la faremo adesso››
‹‹All’una di notte? A Genova? Ma è pericoloso a quest’ora…›› tentò ancora di dissuaderlo lei, ma lo sguardo di fuoco che le lanciò lui fu sufficiente a convincerla: ‹‹Hem, volevo dire che fare una passeggiata nei carugi di Genova a quest’ora dev’essere un’esperienza meravigliosa… Ho seeempre sognato di scappare dai borseggiatori e scansare le prostitute… Per rivivere le emozioni della gita ad Amsterdam dell’anno scorso. E poi che cos’ho da temere con un guerriero del vostro calibro al mio fianco?››

L’uomo non si degnò nemmeno di rispondere e Mary sospettò che non avesse udito nemmeno una parola, concentrato com’era sul pensiero della torta. Meglio così.
Con un sospiro, cercò di ricomporsi un minimo: non poteva certo presentarsi al supermarket all’una e mezza del mattino in quello stato, specie se con lei ci sarebbe stato Mr. Mercer (individuo leggermente sospetto). Riacquisita una parvenza di normalità, si affrettò a raggiungere l’uomo che già l’attendeva in macchina. Alla faccia dello spirito d’adattamento: ma era umano quello?
*****
Anno 2019, 19 gennaio, h 02,20
Genova, Italy (caruggi di Genova)
 

Maria Vittoria e il suo inquietante accompagnatore stavano tornando dall’automobile, che Mary aveva dovuto lasciare a venti minuti circa dal Supermarket. Viva i parcheggi liguri! Se Mary fosse stata da sola non si sarebbe mai nemmeno sognata di girare a quell’ora in dei quartieri così mal frequentati nemmeno in macchina, figurarsi a piedi. Per la prima volta si ritrovò a ringraziare il cielo di avere quel bruto accanto. Mr. Mercer, infatti, oltre ad essere di grandissimo aiuto con il trasporto borse della spesa (era pur sempre un gentleman del ‘700), aveva l’abilità di terrorizzare chiunque incontrasse il suo sguardo. E, sempre per la prima volta, Mary ringraziò che nella sua epoca non ci fossero più gli uomini di una volta. Se così non fosse stato, i due se la sarebbero cavata con molto di più che le sole occhiatacce da parte dei malviventi locali.

Contro ogni più rosea previsione, i due riuscirono a raggiungere il posteggio, incolumi ed a caricare tutto il “bottino” nel baule dell’auto. Mary, però, non fece in tempo a tirare un sospiro di sollievo che le sue orecchie captarono una serie di gemiti sommessi provenire da fuori dalla struttura. Trascorsero una decina di secondi e, non udendo più nulla, pensò di esserselo sognato. Doveva piantarla di lasciarsi suggestionare anche dal fruscio delle foglie spostate dal vento. Se c’era una cosa su cui il suo compagno di disavventure aveva ragione era che doveva piantarla di abbattersi e mettersi a frignare per ogni singola cosa. Poi, se fosse stata sola, allora un po’ d’ansia era comprensibile, ma sapendo di essere accompagnata da un mercenario che era una sorta di macchina da guerra, la cosa era a dir poco ridicola.
‹‹Pensavo che non ti piacesse l’idea di rimanere fuori casa di notte››

Le parole sarcastiche di Mr. Mercer ebbero l’effetto di farla scendere dalle nuvole: ‹‹Scusate, mi era solo parso di sentire delle grida femminili, ma devo essermi sbagliata››
‹‹Muoviti che ci sono due torte che mi aspettano!›› ordinò lui, mentre prendeva posto nei sedili posteriori (a quanto pare gli piaceva l’idea di scrutarla dall’ombra e vedere la sua reazione terrorizzata) e batteva la mano guantata sul sedile del guidatore, come a volerla incitare a fare in fretta.
‹‹Ma non era una?›› gli domandò lei, anche se già conosceva la risposta.
‹‹Il movimento mi mette sempre appetito›› annuì lui, serio.
“E’ proprio un bambino” commentò lei, nei suoi pensieri, ma evitò abilmente di renderne partecipe anche il diretto interessato. Quest’ultimo, tuttavia, parve interpretare la sua espressione divertita e non ci pensò due volte prima di afferrarla per le spalle e tirarla violentemente contro il sedile (tutto questo mentre stava guidando, mannaggia a lui: Nd: Mary).
‹‹Hey, ma io non ho detto niente!›› provò a discolparsi lei, mentre premeva sul freno e tentava disperatamente di tenere fermo il volante. Meno male che erano appena partiti e che la velocità era piuttosto contenuta, sennò un paio di tamponamenti non glieli toglieva nessuno.
‹‹Però l’hai pensato››

‹‹Ma che cosa vuol dire? Da quando in qua esistono i crimini di pensiero? Non siamo mica sotto regime!›› ribatté lei, alquanto scocciata. Vada per la violenza gratuita (e giusto perché voleva impartirle un insegnamento e perché proveniva da un contesto sociale in cui tale comportamento era presso che normale)), vada per le minacce, il caratteraccio e le voglie da donna incinta, ma se c’era una cosa che non riusciva proprio a tollerare era la mancanza di prudenza. Non poteva aspettare che scendessero dall’auto per farle uno scherzetto del genere?
‹‹Io faccio quello che mi pare›› annunciò lui, fiero, aumentando la presa, tra l’altro.
‹‹Sentite, voi… Aspettate un attimo, lo sentite anche voi?›› Il brusco cambiamento di argomento era dovuto al rimanifestarsi delle voci che aveva udito poco prima. Non poteva essere una coincidenza.

‹‹Sarà una prostituta o una donna accerchiata da dei malviventi›› rispose lui con nonchalance e sfoggiando un’espressione del tipo “Where’s the probelm?” ‹‹Hey, che diavolo stai facendo?››
‹‹Non è evidente? Vado ad aiutarla›› gli rispose lei, con altrettanta nonchalance, mentre parcheggiava a lato del marciapiede e spegneva l’auto.
‹‹Tu? HAHAHA… Non sai nemmeno farti rispettare da due mocciose in croce e pensi di dare una lezione di vita a dei delinquenti! Ma ti senti?›› riuscì a pronunciare lui, tra una risata e l’altra. Ciò che, però, l’uomo non si aspettava era che la ragazza scendesse effettivamente dall’auto ed iniziasse ad incamminarsi verso il luogo da cui provenivano le grida: ‹‹Hey, tu, dove stai andando?››
Mary si bloccò sui suoi passi e pronunciò, senza neppure voltarsi per parlare con il suo interlocutore: ‹‹So che potrà sembrarvi assurdo, ma esiste una sorta di profonda empatia che connette noi donne. Se vediamo che una di noi sta male o è nei guai, sentiamo il bisogno di aiutarla. C’è, poi, chi lo ignora e chi non ci riesce, fatto sta che nessuna di noi riesce a non pensare a che cosa accadrebbe se si trovasse al suo posto. Io vi invidio Mr. Mercer, vi invidio perché avete la forza necessaria per fare davvero del bene ed intervenire in queste situazioni. Ma io non sono voi e mi sa tanto che questa poveretta dovrà accontentarsi delle mie esigue capacità…›› anche se l’ultima frase era chiaramente volta a fare ironia, all’uomo non sfuggì la ferrea stretta dei pugni che teneva lungo i fianchi e lo sguardo velato di chi è consapevole di stare per piangere, ma sa di non poterlo fare.

“Se voleva proprio fare la dura, poteva almeno accertarsi che non ci fosse uno specchio dall’altro lato della strada” ridacchiò mentalmente lui, mentre la vedeva correre tra i vicoli. Era proprio una mocciosa.
 
*FIVE MINUTES LATER*
Nonostante le urla di “aiuto” fossero piuttosto nitide, Mary impiegò quasi cinque minuti per riuscire ad individuare il luogo esatto. Maledetti vicoli! Possibile che li avessero costruiti per far perdere i delinquenti, ma funzionassero solo con chi doveva prestare soccorso? Bah, li avranno costruiti a caso per risparmiare, come loro solito, e poi avranno inventato la leggenda del “è per contrastare i pirati” per fare scena, come loro solito.
Una volta giunta sul posto, fece un passo indietro e si nascose dietro una fila di palazzi, il cuore che le batteva a mille. “Alla faccia dei vandali, questi sono quanto meno armati!” si ritrovò a pensare, terrorizzata. Quando aveva avuto quel colpo di testa, aveva automaticamente pensato a dei ragazzi ubriachi all’incirca della sua età, non si aspettava certo dei criminali efferati. Se Mr. Mercer fosse stato lì, non avrebbe avuto problemi, ma lei? Che cosa poteva fare lei per aiutare quella donna, anzi, ragazza, dato che ad occhio e croce doveva avere almeno un paio d’anni in meno di lei?

L’ennesimo urlo, tuttavia, le fece prendere la decisione più folle della sua vita: fece un respiro profondo e poi avviò il piano “sorella maggiore in versione padre siciliano con canottiera bianca e  fucile in mano per scacciare i mosconi della figlia”. Era un nome un po’ lungo, ma, se avesse funzionato, avrebbe pensato a qualcosa di più interessante.
‹‹Eccoti qua!›› l’urlo fece voltare tutti i presenti, che osservarono piuttosto perplessi la strana ragazza con un grembiule a fiori (era così stanca che non l’aveva tolto prima di uscire di casa) che fulminava la loro vittima con lo sguardo. Non fecero in tempo a domandare che cosa diavolo volesse a quell’ora, che Mary si avvicinò e riprese ad urlare come una matta: ‹‹Dove pensavi di andare, eh, CRETINA! Papà è fuori di sé e la mamma continua a piangere da ore… E tu dov’eri? Fuori a fare la cretina nei vicoli come le ragazze dai capelli sciolti! Brutta figlia degenere!››

La commediola improvvisata dovette fare colpo perché un paio di quelli tentò di fare qualche domanda, ma lei fu svelta a sovrastarli col proprio tono di voce (essere stonati ha i suoi vantaggi, muhahaha Nd: Mary): ‹‹Ah, ma adesso vedi che ti succede: tu ora vieni IMMEDIATAMENTE con me e se non hai intenzione di seguirmi con le buone, TI CI PORTO A CALCI NEL SEDERE!››
Detto questo, la prese per un orecchio e la costrinse a seguirla per i vicoli. Fortunatamente, la poveretta aveva intuito il suo piano e si era prodigata per aiutarla a far sembrare tutto più realistico. Finse addirittura di piangere, opporre resistenza e ad implorare di non dirlo a “Zia Cunegonda”. Se fossero riuscite a sopravvivere, dovevano assolutamente vedersi per un caffè.
‹‹Sei di qui? Sei in grado di ritornare sulla strada principale da sola?›› le domandò Mary, mentre la invitava a correre.

‹‹No, ma dovrei riuscire a ricordarmi la strada›› rispose lei, con il respiro affannato, per poi riscuotersi nel momento in cui sentì un qualcosa di caldo avvolgersi intorno alle sue spalle: ‹‹Hey, ma che stai facendo?››
‹‹Ti conviene accettare quella giacca: siamo a meno quattro stanotte e il vento di Genova non perdona›› la bloccò, prima che potesse restituirgliela. I vestiti della poverina erano praticamente a brandelli e non voleva nemmeno immaginare che cosa avrebbero potuto farle, se avesse incontrato altri malintenzionati lungo il suo cammino.
‹‹M-ma tu come farai?›› balbettò lei, ancora troppo scossa dagli avvenimenti precedenti per riuscire a comprendere appieno la gravità della situazione.
‹‹Tranquilla, io ho sempre caldo, e poi non riesco a muovermi bene con anche la giacca, comunque, piacere, Maria Vittoria›› le sorrise lei, senza smettere di correre nemmeno per un secondo. Dietro di loro, già si udivano le voci e l’eco dei passi dei loro inseguitori. Evidentemente avevano intuito che qualcosa non andava. Oppure non l’avevano ben guardata in faccia e avevano passato che fosse sufficientemente passabile per i loro scopi, cosa molto più probabile.
‹‹E-emanuela, g-grazie per avermi salvata››

‹‹E’ ancora presto per cantare vittoria… ora è meglio se ci dividiamo. Tu prendi la strada a destra e io quella a sinistra… cerchiamo di fregarli›› spiegò lei, decisa.
‹‹Ma la via di sinistra non porta alla principale…›› le fece notare lei, rallentando per un istante, ma fu subito spronata da Mary: ‹‹Corri più veloce che puoi, io aspetto qualche secondo e lascio che mi vedano. Prima o poi ci raggiungerebbero comunque: sono molto più veloci di noi e, soprattutto, sono drogati: non sentono la fatica. Io conosco bene la città: posso nascondermi in un luogo sicuro ed aspettare che mi superino. Tu rimani nascosta vicino alla via principale e aspetta che arrivino i soccorsi: la polizia dovrebbe arrivare a momenti››
‹‹Hey, aspetta un attimo…›› Emanuela, non vedendola più al suo fianco si girò e la vide cinquanta metri più indietro, davanti al famoso bivio. “Fa che ce la faccia” pregò, per poi sussurrare un semplice, ma non per questo meno intenso “grazie” a quella sconosciuta che stava rischiando la vita per un’oca buona a nulla come lei. Se fosse riuscita a salvarsi, sarebbe tornata a casa, avrebbe chiesto scusa ai suoi genitori e si sarebbe impegnata al massimo per diventare una persona migliore.

Persa nei suoi pensieri, scontrò un uomo piuttosto alto che stava venendo nella sua direzione e finì a terra. Dolorante, fece per rialzarsi, ma rimase pietrificata nell’osservare il numero incredibile di cicatrici che gli deturpavano il volto. “Un altro maniaco senza scrupoli” realizzò, terrorizzata, per poi rannicchiarsi su sé stessa e chiudere gli occhi, tremando. Le parole che pronunciò, tuttavia, la lasciarono completamente senza parole: ‹‹Dove hai preso quella giacca?››
Non seppe mai nemmeno lei la ragione, ma, in qualche modo, sentì di potersi fidare di quell’uomo dal volto inquietante e gli indicò la strada presa dalla sua salvatrice.
  
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