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Autore: fra_eater    25/09/2020    1 recensioni
Dudley Dursley è un adulto che vive da solo e lavora come barista nel centro di Londra. Il ricordo del suo incontro con i Dissennatori è un incubo lontano che ancora gli fa raggelare il sangue nelle vene e temere il mondo della magia. Cosa mai potrà fargli cambiare idea? O meglio chi?
[Questa storia partecipa al contest fiume "Tre incantesimi" indetto da Juriaka sul forum di EFP.]
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Cho Chang, Dudley Dursley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Una pesante verità
 
Essere attratti da una persona è facile, ma capire di esserne innamorati è difficile, molto difficile.
Dudley Dursley non era il tipo che credeva all’amore a prima vista, anzi, eppure era rimasto affascinato la prima volta che aveva visto la ragazza che in quel momento vagava per il suo appartamento, osservando incantata tutto ciò che la circondava.
Dudley era il tipo di persona che la vita aveva costretto a subire dei bruschi cambiamenti: poco dopo i suoi 15 anni aveva vissuto una di quelle esperienze che avrebbero traumatizzato chiunque e che a lui, oltre che una visita al pronto soccorso e numerose altre da psicanalisti che non gli avevano mai creduto, aveva insegnato una lezione importante: l’umiltà.
Ed era proprio grazie a quell’episodio che aveva smesso di fare il bullo con i ragazzi più piccoli e che aveva imparato ad apprezzare le piccole cose, piccole cose che il suo lavoro di barista gli regalava quotidianamente. Uno di questi piccoli grandi regali era entrato due mesi fa nel suo bar e ora osservava incuriosita i quadri di cattivo gusto del proprietario di casa appesi alla parete con la carta da parati gialla a fiori verdi.
Era entrata in un giorno di pioggia, con il vestito azzurro macchiato a gocce e il trench completamente zuppo così come le scarpe con il tacco alto. Si era rivolta a lui, di turno quella mattina, per chiedere di un bagno per potersi asciugare. Dudley era rimasto incantato dai suoi lineamenti delicati, eleganti, dai suoi occhi a mandorla e dai suoi capelli corvini. In uno slancio di galanteria si era offerto di procurarle dei vestiti asciutti, ma la ragazza aveva subito declinato l’offerta con ferma gentilezza e riproponendo la sua richiesta di una toilette.
Una volta uscita, Dudley le aveva offerto un caffè, cercando invano di fare conversazione.
Ricordava ancora gli sguardi sornioni dei suoi colleghi, increduli e divertiti nel vederlo così determinato con una sconosciuta.
“Da dove vieni?” Le aveva chiesto dopo che lei ebbe ordinato un muffin “Non ti ho mai visto da queste parti”.
La ragazza aveva sorriso “Sono scozzese” aveva risposto con una risatina cristallina “Anche se i miei lineamenti dicono il contrario”.
Dudley era rimasto incantato da quella risata, per poi ricordarsi una cosa importante “Come hai detto che volevi il muffin?”
“Alla zucca” aveva detto lei sovrappensiero, per poi scrollare il capo, sconcertata “Scusami, volevo dire mirtilli”.
Quando andò via, Dudley notò che il suo trench era perfettamente asciutto e che aveva pagato con delle strane monete dorate, oltre che alle sterline.
Quello era stato il primo episodio di una serie di visite, in cui la ragazza scozzese, in seguito presentatasi come Cho Chang, era diventata un’assidua frequentatrice del piccolo bar in Piccadilly Circus, dove passava la maggior parte della sua permanenza seduta a un tavolo con un blocchetto di appunti su cui scriveva frettolosa.
Giorno dopo giorno, le visite della ragazza erano sempre più frequenti, così come i primi caffè offerti gratis e insistentemente ripagati con sterline stirate, sempre come appena uscite dal bancomat, accompagnate da strane monete d’argento o di rame.  
Un giorno, all’ennesimo caffè offerto, con ormai una confidenza tale da potersi chiamare per nome, Dudley chiese a Cho Chang di uscire. Dopo la sorpresa iniziale e un breve pensarci su, la ragazza dai tratti orientali accettò di buon grado la prima di una serie di uscite.
Ogni volta che si vedevano fuori da quel caffè Dudley conosceva un lato nuovo della ragazza: una volta che amava i cigni, un’altra che aveva una particolare fobia per i gattini con i fiocchi rosa, poi che la emozionavano tantissimo i fuochi d’artificio e che durante gli anni scolastici aveva praticato uno sport di squadra che si rifiutava di rivelare. Il mistero aleggiava sempre intorno a lei.
Gli aveva detto che era una giornalista e che doveva scrivere un articolo sugli avventori dei bar londinesi e che aveva deciso di partire proprio dal quello dove lavorava lui. Dudley pensava che fosse molto bello vederla scrivere e sollevare i suoi occhi allungati sulle persone, prendere appunti e ogni tanto scarabocchiare qualche ritratto frettoloso. Aveva notato che la ragazza non usava penne stilografiche, ma solo matite e, quando le aveva fatto notare questa curiosità, lei aveva riso dicendo che le perdeva sempre. Il giorno successivo, tuttavia, si presentò con una serie di penne a sfera che puntualmente erano finite nel cestino, come se le trovasse scomode.
Dudley aveva provato a chiedere il nome della testata per cui scriveva, oppure in che scuola avesse studiato, ma non era mai riuscito a scucirle una parola, nemmeno il posto dove viveva attualmente; ogni volta che si vedevano si davano appuntamento di fronte al bar dopo l’orario di chiusura.
Intorno a lei aleggiava sempre un alone di mistero, quasi che non volesse far scoprire qualcosa di più sulla sua vita; come Dudley vedeva uno spiraglio nel suo muro lei lo chiudeva e questo rendeva la sfida della sua conquista ancora più interessante. E se lei non voleva fargli vedere dove abitava, toccava a lui portarla nel suo mondo per cercare di farla aprire un po’.
Ed ecco perché ora, Cho Chang, con le sue sneakers bianch, i suoi blue jeans e la camicetta in raso nera, camminava tranquilla e curiosa, calpestando le mattonelle scure dell’appartamento anni ’80 dove il ragazzo viveva in affitto.
“Questo posto…” mormorò mentre guardava tutto intorno, estasiata “è bellissimo!”
Dudley rise, genuino.
“Perché ridi?”
“Perché questo posto fa schifo, in realtà”.
In effetti era così. Poco luminoso, con gli infissi vecchi e un proprietario più vecchio di loro che non gli aveva permesso nemmeno di appendere un quadro in più al muro dove troneggiavano tronfie nature morte mal riposte su quella vecchia e logora carta da parati gialla. Ancora ricordava lo sguardo perplesso dei suoi quando entrarono la prima volta in quell’appartamento e la fatica che aveva messo per eliminare l’odore stantio di cane bagnato che aleggiava quando aveva firmato il contratto, ma era l’unica casa che poteva permettersi con il suo stipendio dato che non voleva più vivere a spese dei suoi.
La madre di Dudley, seppur contrariata dal fatto che il figlio vivesse da solo, aveva cercato di abbellire un po' quella casa portando delle tendine chiarissime, dei centritavola con frutta di cera, vasi pieni di coloratissimi fiori di plastica e tante fotografie da lasciare sulla mensola del caminetto ed era proprio su una di queste che il volto di Cho si fermò curioso per poi impallidire di colpo.
“Qualcosa non va, tesoro?”
Aveva preso a chiamarla così dopo il primo bacio che si erano scambiati a Saint James’s Park e lei non si era mai ribellata a tale dicitura, anzi, di recente aveva iniziato anche lei a chiamarlo così.
Cho lo guardava ma senza vederlo. I tratti del suo viso si alternavano velocemente da un’espressione seria a una agitata.
“Cho” la chiamò “Mi stai facendo preoccupare”.
Non l’aveva mai vista così. Per lui Cho era sempre allegra, raramente si rabbuiava nei suoi pensieri e a volte gli era parsa un po' capricciosa, ma mai prima di quel momento aveva visto quell’espressione inquieta sul suo volto.
Lei scosse il capo, come per ridestarsi da un sonno e respirò profondamente, afferrando una fotografia dal caminetto.
“Chi è questo ragazzo?”
Dudley osservò la foto dove in primo piano vi era lui, all’età di 13 anni, fiero nella sua divisa dell’Accademia di Snobkin, con accanto i suoi genitori, tutti e tre sorridenti e perfettamente ordinati nei loro vestiti colorati nel soggiorno luminoso della loro casa al numero 4 di Privet Drive.
“Sono io” rispose “con la mia famiglia”.
Lei scosse il capo “Ti ho riconosciuto” disse “Ma chi è questo ragazzo?”
Dudley dovette concentrarsi nuovamente sulla foto e impiegò un po' a scorgere la figura mingherlina e triste di Harry in fondo all’inquadratura, stipato in un angolo come un pezzo d’arredamento.
Harry Potter era suo cugino ed era un mago. Dudley si vergognava tantissimo del rapporto che aveva avuto con lui negli anni che andavano dall’infanzia all’adolescenza, ma erano riusciti ad appianare le loro divergente causate dal malato pregiudizio dei suoi genitori. Era stato felicissimo quando il cugino l’aveva invitato al suo matrimonio con una bellissima strega dai capelli rossi, ma aveva dovuto declinare l’invito per non litigare ulteriormente con il padre che si rifiutava testardo di riconoscere il nipote. Tuttavia, Vernon non sapeva che Dudley e la moglie Petunia avevano in seguito incontrato gli sposi e che, sorprendentemente, la donna era scoppiata in lacrime alla loro vista, dichiarando di essere profondamente pentita di essersi persa nuovamente il matrimonio della sorella. Harry e Dudley non sapevano cosa dire, ma Ginny, la moglie di Harry, era stata molto carina nel cercare di consolare la donna che, dopo poco, aveva tirato su col naso e aveva girato i tacchi, lasciando il figlio da solo con la giovane coppia. Da quel giorno, Dudley e Harry si scrivevano spesso e di recente era passato a trovarlo con il suo primogenito, uno scricciolo di due anni dallo sguardo furbo e i capelli mogano scuro.
“Quel ragazzo è mio cugino” rispose “Vivevamo insieme quando eravamo piccoli. Era orfano di entrambi i genitori e i miei erano i suoi parenti più prossimi”.
“Come si chiama?” lo sguardo di lei era ansioso, preoccupato.
“Harry” Dudley rispose tranquillo “Harry Potter”.
Cho strinse la mano intorno alla fotografia e respirò profondamente.
“Posso sedermi?” chiese avvicinandosi al tavolo e Dudley le fece segno di accomodarsi con una mano, preoccupato dalla reazione della ragazza.
“Cho mi stai spaventando”.
Lei sospirò, grave “Dudley, siediti. Ora ti dirò tutta la verità”.
 Dudley le obbedì, prendendole le mani con dolcezza “Cosa sta succedendo? Mi devo preoccupare?”
“Dudley” il tono di lei era grave “Io sono una strega”.
 
Dudley girò per la stanza, agitato.
Erano troppe le informazioni che la ragazza seduta al tavolo gli aveva dato e vederla destreggiare la sua bacchetta magica per preparare il thè non aiutava per niente.
“Non sai che peso che mi sono tolta a dirti tutto”.
Dudley respirò a fondo. Lei si era tolto un peso, un peso che lui ora doveva digerire.
Gli aveva rivelato che era una giornalista della Gazzetta del Profeta, un giornale per la gente come lei, per i maghi! Gli aveva detto degli anni di Hogwarts, che era stata la Cercatrice dei Corvi-qualcosa e che era stata la fidanzata di suo cugino dopo che il suo primo ragazzo era stato assassinato. Non era proprio una bella cosa.
“Ti ho sconvolto?”
Dudley la guardò per un attimo “Non vi era vietato fare magie di fronte a quelli come me?”
Lei fece spallucce, agitando la bacchetta per mettere lo zucchero nelle tazze di ceramica a fiorellini blu di Petunia “Sei il cugino di Harry. Il nostro mondo non deve essere un segreto per te”.
Nella mente di Dudley si ripresentò la sensazione di felicità che gli veniva succhiata via come gli era successo da ragazzino e un brivido gli scivolò giù per la schiena.
“Che succede, tesoro?”
Cho si era alzata, prendendogli il volto tra le mani “Hai paura di me?”
Dudley osservò il viso di lei che lo scrutava preoccupato. Era bella, tanto bella. Ma aveva il terrore che quello che aveva vissuto quel giorno potesse ripresentassi. E poi, che avrebbe detto ai suoi? Papà, mamma, la mia ragazza è una strega e per di più è la ex di Harry?
No, era troppo tutto in una volta.
Dudley le prese le mani con dolcezza e baciò il palmo di una di esse.
“Tu sei bellissima” esclamò “La cosa più bella che mi sia mai successa” lei sorrise “Ma io e la magia non abbiamo un buon rapporto”.
Il viso di lei si raggelò, spaventato.
Vedendo la sua espressione il ragazzo si accigliò.
“Ma potrei darle un’altra possibilità”.
Dudley baciò sulle labbra la ragazza che ricambiò il bacio, felice.
 
Cosa avrebbe detto Petunia e Vernon? Beh, se aveste fatto questa domanda a Dudley in quel momento sicuramente vi avrebbe risposto con una famosa citazione “Francamente, me ne infischio”.
 
 
N.d.A. Mai avrei creduto di scrivere di una coppia come Cho e Dudley che sono così agli antipodi e così marginali nella storia principale, ma spero di essere riuscita a caratterizzarli come meriterebbero. Spesso sono stati disegnati come personaggi negativi, ma tutto sommato entrambi sono personaggi in balia degli eventi che hanno imparato dai loro errori e dalla vita e questo è il loro riscatto finale.
Il finale l’ho preso un po' per gioco da “Via col Vento”, non c’è un motivo in particolare, mi piaceva 
  
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