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Autore: Shadow writer    26/09/2020    5 recensioni
In una metropoli urbana dominata da corruzione e giochi di potere, una giovane donna cerca di farsi spazio attraverso strade poco lecite.
Dopo gli ultimi eventi, la duchessa si trova alle strette e la posta in gioco si fa sempre più alta: il potere e le persone che ama.
Quello che non sa, è che qualcuno le sta alle calcagna, impaziente di vederla crollare. Ma come può combattere un nemico invisibile?
Dalla storia:
“Sentì un fermento nel suo stomaco e una sensazione di ebbrezza che le andò alla testa.
«Sei fortunata» replicò e si passò la lingua sulle labbra, come assaporando quel momento. «Si dà il caso che concedere favori sia la mia specialità».”
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La duchessa '
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Incontri inaspettati


 
 
Alexander si assicurò che Noah si fosse addormentato e rimase a guardarlo qualche istante più a lungo, con il cuore che gli batteva in modo incontrollabile nel petto. Non voleva andarsene, non voleva smettere di stare al suo fianco e assicurarsi che fosse al sicuro, che dormisse bene, che nulla potesse turbarlo, ma sapeva che prima o poi sarebbe dovuto uscire dalla stanza.
Noah era stato molto più pacifico di quanto avesse potuto immaginare.
«Mi dispiace averti fatto aspettare» gli aveva detto Alexander sedendosi sul tappeto al suo fianco. Il bambino aveva sollevato gli occhi dai suoi giocattoli e gli aveva rivolto un’espressione per nulla turbata. C’era un che di serioso nel suo portamento che contrastava con la sua età.
«La mamma mi aveva detto che eri impegnato e che non vedevi l’ora di potermi conoscere».
Sentirgli chiamare Emily “mamma”, aveva provocato in Alexander una sensazione strana. Era come se ancora non avesse realizzato del tutto che quello era suo figlio. Suo e di Emily. Il carcere non è esattamente il luogo ideale in cui pianificare come crescere tuo figlio che non ti conosce insieme alla tua ex che dirige un impero criminale.
«Che cosa stai facendo?» gli aveva chiesto e Noah aveva spiegato i dettagli della costruzione che aveva avviato con i giocattoli. Alexander aveva ascoltato con interesse e lo aveva aiutato a completare la sua opera. Quando gli sbadigli del bambino si erano fatti incontrollabili, lo aveva convinto a mettersi a letto.
«Di solito la mamma rimane fino a che non mi addormento» erano state le parole biascicate di Noah, già in preda al sonno.
«Certo» lo aveva rassicurato Alexander e aveva atteso seduto sulla poltrona accanto al letto.
Quando Noah dormiva già da qualche minuto, gli lanciò un ultimo sguardo e si diresse in corridoio, dove trovò la stessa giovane donna che Emily aveva congedato al loro arrivo. La donna lo salutò con un timido cenno del capo e, quando lui si fu allontanato, rientrò nella stanza. Alexander pensò che Emily doveva essere almeno paranoica quanto lui nei confronti del bambino e la cosa lo confortò.
Ripercorse a ritroso il corridoio, ma dovette sbagliare a svoltare perché si trovò in una zona che non aveva visto prima. Cercò di orientarsi, ma la festa era troppo lontana perché il suo rumore potesse fargli da bussola.
Decise di muoversi ad istinto nella speranza di trovare la giusta direzione. Quel palazzo era un labirinto. Tutti i corridoi gli parevano uguali, con il pavimento di parquet scuro e numerosi quadri appesi alle pareti alternati a lampade a forma di candelabri. La luce era debole e più di una volta dovette strizzare gli occhi per cercare di scorgere la fine del corridoio.
Stava cominciando a perdere la pazienza, quando sentì un rumore di passi leggeri avvicinarsi di fronte a lui. Accelerò per andare incontro al suo possibile salvatore e quando fu abbastanza vicino per vedere di chi si trattasse, notò sul volto dell’altra persona la stessa sorpresa che doveva apparire sul suo.
Si trattava di una donna non troppo alta, di origine latina a giudicare dai tratti del suo viso e dalla pelle color bronzo nell’oscurità del corridoio. Indossava un normale completo di pantaloni eleganti a palazzo e giacca che l’avrebbero fatta apparire anonima in qualsiasi contesto.
Lei lo avevo riconosciuto, constatò Alexander a giudicare da come i suoi occhi si erano sgranati, ma lui non aveva idea di chi fosse.
«Mi sono perso» le disse. Aveva deciso di giocare la carta della nonchalance. «Come si ritorna alla festa?»
La donna strinse le labbra e indicò alle spalle di Alexander.
Lui ringraziò con un cenno del capo e si avviò rapidamente distanziandosi da lei. Cominciò a sentire l’allegro vociferare poco distante e si lasciò guidare da quei rumori, così presto si trovò di nuovo nell’ala della casa dedicata all’evento. Nel frattempo, nuovi ospiti erano arrivati e le sale si erano riempite in fretta.
Alexander riconobbe qualche volto familiare, ma piuttosto che fermarsi ad elemosinare simpatie decise di mettersi a cercare Camille. Mentre sondava lo spazio con gli occhi, notò Roman, che non aveva ancora visto dall’inizio della serata. Non ci aveva fatto caso prima, ma realizzò che era strano non vederlo al fianco di Emily.
Per un attimo gli sembrò che Roman lo guardasse, ma si accorse che i suoi occhi puntavano ben più lontano. Lesse un’imprecazione sulle sue labbra e si voltò per vedere cosa avesse suscitato quella reazione. Gli occhi di Roman erano fissi sulla donna che Alexander aveva incrociato nel corridoio.
Si rivoltò nuovamente verso di lui in tempo per vederlo avvicinarsi ad alcuni degli uomini in nero che avevano la funzione di guardie. Disse loro qualcosa, indicando la donna, e due di essi subito si diressero verso di lei e la scortarono verso l’uscita, nonostante le sue proteste.
Il tutto avvenne in modo così veloce e discreto che nessuno se ne accorse. Alexander cercò nuovamente Roman per tentare di scoprire di più, dato che ormai la donna era troppo lontana, ma Roman intercettò il suo sguardo e gli rivolse un’espressione dura. Pareva così irritato da essere pronto a scacciare anche lui dal palazzo.
«Adoro l’effetto che le feste fanno alle persone».
Una voce vicina al suo orecchio costrinse Alexander a distogliere lo sguardo e spostarlo sul suo interlocutore. Era un giovane alto, ben vestito nel suo completo color carta da zucchero che faceva risaltare gli occhi della stessa tonalità. C’era un che di sbarazzino nel suo aspetto e lo faceva apparire fuori luogo in quell’ambiente in cui tutti si davano arie. Forse erano quei capelli non del tutto pettinati, o la spruzzata di lentiggini sul suo volto, oppure l’atteggiamento spigliato.
«Sembra che durante una festa tutti dimentichino le buone convenzioni che tanto ostentano» continuò il giovane, guardando Alexander come per chiarire che stava parlando proprio con lui. Non c’era nessun altro abbastanza vicino a loro perché ci fosse equivoco.
«Con la stessa leggerezza di un bambino, la gente assume atteggiamenti che normalmente sarebbero degni del più veemente biasimo» aggiunse ancora e Alexander era sul punto di interrompere bruscamente la conversazione, quando si accorse di conoscere il giovane. Non aveva mai fatto particolarmente caso a lui, anche se era stato il figlio del suo avversario politico, ma il suo nome era diventato importante dopo l’annuncio del fidanzamento con la duchessa.
Gabriel Leroy piegò le labbra in un sorriso beffardo. «Per esempio, durante una festa la padrona di casa potrebbe allontanarsi nell’oscurità delle stanze private insieme ad un uomo sposato e dalla fedina penale non pulita.»
Alexander non si lasciò scalfire e lo derise a sua volta: «Forse la gelosia ti fa immaginare cose che non succedono.»
Gabriel fece una risata secca. «Non insultiamo le nostre intelligenze, Henderson. Essere gelosi della duchessa è come sentire la mancanza di qualcosa che non è mai stato tuo in primo luogo.»
L’altro gli diede un’amichevole pacca sulla spalla: «Mi dispiace che la tua relazione sia così triste.»
Non gli concesse tempo di aggiungere altro e si allontanò rapidamente. Vide Emily dall’altro della sala e tirò dritto verso di lei. La ragazza stava parlando con un paio di persone che lui non conosceva, ma non se ne preoccupò. Le si avvicinò, così vicino che solo lei riuscì a sentirlo sussurrare: «Dovresti stringere il guinzaglio al tuo fidanzato.»
Non le lasciò il tempo di replicare e subito se ne andò. Quasi riuscì a immaginare l’espressione scocciata sul volto di lei.
Troppe cose erano successe quella sera e lui era ancora troppo sobrio. Afferrò un bicchiere da un cameriere che passava e, mentre ne prendeva un lungo sorso, pensò che doveva decisamente trovare Camille.
 
 
 
 
***
 
 
 
Gabriel si portò una mano al mento, con fare pensieroso, e sfoderò il suo sguardo più sornione mentre sbatteva lentamente le palpebre sugli occhi cerulei. 
La donna di fronte a lui, una giovane dal volto rotondo incorniciato da un caschetto con frangetta, non la smetteva di parlare della sua passione per i romanzi d’amore dell’Ottocento e Gabriel stava per aver addormentarsi a forza di fare cenni di assenso a cose di cui non capiva nulla, interrompendola ogni tanto solo per sottolineare quanto condividesse le sue opinioni.
Tracy Kindell era una giovane insicura e romantica, che scriveva storie d’amore inverosimili di cui era la protagonista in un piccolo quadernino rosa che portava anche al lavoro. Generalmente si trattava di incontri casuali nel piccolo supermercato dove faceva la spesa ogni venerdì sera, oppure straordinarie comparse di file di pretendenti che distruggevano la sua monotona routine di impiegata d’ufficio. 
Gabriel la studiava da più di una settimana e solo quando era riuscito a mettere le mani sul fantomatico quadernino rosa aveva potuto pianificare una linea di azione. D’altronde, partiva avvantaggiato. Chi meglio di lui poteva incarnare il principe azzurro bello, ricco e affascinante che salvava Tracy da una vita di periferia?
Si erano incontrati per caso in quel piccolo supermercato, un venerdì sera, e Gabriel aveva accidentalmente fatto cadere la borsa della spesa della povera Tracy. Alcune confezioni si erano rotte, rovesciando il contenuto sul cemento del parcheggio. Mentre l’aveva aiutata a portare gli alimenti superstiti verso l’auto, Gabriel aveva preteso di ripagarla offrendole il pranzo il giorno successivo e Tracy aveva accettato, cercando di nascondere le gote infiammate nel bavero della giacca.
«Non ho mai conosciuto nessuna come te» sospirò Gabriel, allungando la mano per sfiorare quella di lei sul tavolo. La donna avvampò e lui si scusò, dicendo che non sapeva cosa lo avesse preso.
«Nel mio ambiente le donne sono così fredde e senza carattere. Tu sei così diversa, Tracy» si giustificò e le rivolse uno sguardo intenso.
Lei cercò di nascondere il grande sorriso imbarazzato dietro al bicchiere da cui prese un sorso.
«Non mi hai ancora detto di cosa ti occupi» gli disse poi, cercando di sviare la conversazione.
Gabriel sospirò e si guardò attorno, con aria circospetta.
«Di solito cerco di non dirlo ad un primo appuntamento – lanciò un lungo sguardo alla donna godendosi il modo in cui il rossore si diffondeva sul suo volto – ma sono un investigatore privato».
Tracy sgranò gli occhi e le sue labbra si aprirono a formare un cerchio perfetto.
«E stai lavorando a qualche caso ora?» gli chiese, poi si affrettò ad aggiungere: «Non devi dirmelo, se è segreto.»
Gabriel non riuscì a trattenere un sorriso spontaneo. Dio, quella ragazza era così stupida.
Si prese il suo tempo per rispondere, osservando con piacere come il desiderio cresceva sul volto di lei.
«Ho ricevuto un incarico questa mattina» ammise infine. Lesse negli occhi di lei un’implorazione a continuare. La accontentò: «Riguarda un bambino dato in adozione e una faccenda del genere.»
«Oh» disse solo Tracy e lui aggiunse: «Sono solo all’inizio, sarà un lungo lavoro che mi terrà molto impegnato».
Le rivolse uno sguardo greve e nessuno parlò per qualche istante. Arrivò il cameriere con i dolci e rapidamente la conversazione riprese in toni più leggeri. Gabriel ammise che anche lui era un amante dell’earl grey e lo beveva tutti i pomeriggi alle cinque.
«Meglio ancora se con un buon romanzo britannico a farmi compagnia» aggiunse e Tracy si illuminò. La donna tornò a guidare – o monopolizzare – la conversazione e Gabriel si dedicò a fingersi interessato fino a che non fu ora di andarsene.
Pagò lui per entrambi e usò i contanti che gli aveva dato l’uomo del pub, suscitando non poca ammirazione in Tracy per lo spessore del portafoglio. Poi la accompagnò verso la sua auto, dato che si erano trovati direttamente al ristorante.
La donna frugò nella borsa per un minuto buono alla ricerca delle chiavi. Era così impacciata che Gabriel ebbe l’impulso di strapparle la borsa dalle mani e rovesciarne il contenuto a terra per fare più in fretta.
«È stato un bellissimo pranzo, Tracy» le disse, avanzando leggermente.
La vide trattenere il respiro, schiacciata contro la portiera della sua auto e con gli occhi sgranati puntati su di lui.
«Anche per me lo è stato, Patrick»
Lui si trattenne dallo storcere il naso a quel nome.
«Sarebbe bello se noi…ecco…» cominciò la donna cercando il suo sguardo ma allo stesso tempo evitandolo.
«Mi piacerebbe molto rivederti presto» tagliò corto lui e rimediò alla bruschezza con un grande sorriso. «Ma come ho detto, questo nuovo incarico mi occuperà a lungo e Dio solo sa quando potrò nuovamente avere un minuto libero per vederti, per quanto lo desideri.»
La donna parve sciogliersi a quelle parole e Gabriel gongolò. Finalmente qualcuno che cadeva per i suoi melodrammi.
Si chinò in avanti e le lasciò un bacio leggero sulla guancia. Tracy profumava di sapone e violette.
«Non voglio trattenerti più a lungo» le disse e fece per allontanarsi ma lei allungò una mano e lo fermò per il braccio.
«Aspetta».
Gabriel si voltò, sorpreso per quel gesto così deciso. Quando guardò Tracy si accorse che aveva il fiato corto e i suoi occhi brillavano di una sicurezza che non aveva visto fino ad ora.
«Forse posso aiutarti a risolvere il caso dell’adozione.»
Gabriel dovette usare tutta la sua forza di volontà per assumere un’aria sorpresa e sopprimere il sorriso di trionfo che minacciava di rovinare tutta la sua messinscena.
 
   
 
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