To be with you
No time to pay
What's right in my life
No time for mercy
Nobody can tell me what I should think
Everybody can die for love
I have never felt something so strong
Life is is a lie that I only use
To be with you!
(“To be with you” – Temperance)
Hvitserk era
sinceramente convinto di aver assistito alla scena più assurda della sua vita
quando il fratello Ivar, convinto dalla sua sposa altrettanto psicopatica
Freydis, si era autoproclamato nuovo dio e aveva allestito un sacrificio umano
per festeggiare… Questa ulteriore follia, dopo il crudele e immotivato
assassinio della povera Margrethe, l’aveva indotto a prendere finalmente la
saggia decisione di allontanarsi da quel fratello omicida e squilibrato e a
imbarcarsi per il Wessex, dove avrebbe ritrovato il resto della famiglia.
Eppure, quando si era
ritrovato davanti Bjorn e gli altri ed era venuto a sapere cosa avevano fatto,
cosa stavano facendo e cosa si accingevano a fare, era giunto alla triste
conclusione che tutti i suoi familiari avevano perduto il senno e che lui era
rimasto l’unico a tentare di ragionare lucidamente!
Tanto per cominciare,
Lagertha non aveva trovato di meglio da fare che diventare l’amante di Heahmund… ma sul serio? Uno dei
cristiani e, ancora peggio, un vescovo guerriero.
Bjorn pareva aver
accettato una sorta di alleanza con il Re del Wessex, Alfred (aveva forse
dimenticato che quello era il nipote di Re Ecbert, l’uomo che aveva fatto
uccidere il loro padre Ragnar?).
Per non parlare di
Ubbe e Torvi che si erano talmente affratellati
con il già nominato Re Alfred da pensare seriamente di farsi battezzare e
diventare cristiani…
Infine, come se tutto
ciò non fosse sufficiente, Bjorn e gli altri avevano rapito il Principe
Aethelred e adesso lo tenevano in ostaggio nella loro abitazione!
Il Principe non
sembrava nemmeno preoccupato più di tanto: era seduto su una sedia della stanza
e aveva le mani legate dietro la schiena, ma pareva che fosse più per far scena
che per altro, visto che lui non si dibatteva, non cercava di scappare o di
ribellarsi, insomma non faceva niente di tutto quello che normalmente fanno le
persone rapite. Si limitava a guardare con una certa qual curiosità il gruppo
di uomini (e donne) del Nord che sembravano avere le idee molto meno chiare di
quanto volessero dare a intendere.
“Sono scappato da
Kattegat per non avere più a che fare con quel folle di Ivar, vengo qui e
scopro che voi avete fatto cosa?
Avete rapito il Principe dei Sassoni, il fratello del Re! La pazzia di Ivar è
forse contagiosa?” protestò dunque Hvitserk.
“Il vescovo Heahmund
ha detto…” cominciò a spiegare Ubbe, ma il fratello lo interruppe, ancora più
allibito.
“Ah, perché adesso
noi prendiamo ordini dal vescovo Heahmund? La situazione è peggiore di quanto
temessi…”
“No, non prendiamo
affatto ordini da lui” intervenne Lagertha in tono deciso. “Se ci lasciassi
finire di parlare, Hvitserk, forse riusciremmo a spiegarti. Heahmund, qualche
sera fa, ha detto che i nobili e buona parte della chiesa sassone stanno
cospirando per uccidere Re Alfred e mettere Aethelred al suo posto, ma non
sapeva ancora se anche il Principe fosse d’accordo con loro. Bjorn e Ubbe lo
hanno spiato e, ieri sera, lo hanno visto uscire avvolto in un mantello per
recarsi a un incontro con questi nobili. Appena è uscito da lì, lo hanno
catturato e portato qui.”
“Per proteggere il
vostro nuovo amico Re Alfred, certo. Che ci importa delle lotte di potere tra i
sassoni? Che si ammazzino pure tra loro, almeno si indeboliranno e sarà tanto
meglio per noi. No?” obiettò Hvitserk, sempre più convinto di essere l’unico a
mantenere ancora un po’ di sanità mentale in tutta quella famiglia.
“Non mi sembra che
uno che ha seguito Ivar e che ha combattuto contro suo fratello dovrebbe fare
tanto il difficile” commentò Bjorn, caustico. “Comunque no, non vogliamo
proteggere il Re e non siamo suoi amici. Abbiamo rapito il Principe Aethelred
per salvargli la vita.”
Hvitserk trasecolò.
“Allora siamo amici
del Principe? Continuo a non capire… perché ci schieriamo in questa lotta di
successione? Sono i nostri nemici, è meglio che siano divisi al loro interno, è
tanto semplice!”
“Aethelred potrebbe
aiutarci a riconquistare Kattegat” dichiarò Lagertha.
“E perché dovrebbe
farlo?”
“Perché, appunto, gli
abbiamo salvato la vita” concluse Ubbe, con l’aria di chi spiega cose ovvie a
un deficiente.
“Questo è ciò che
dite voi” intervenne il Principe, aprendo bocca per la prima volta da quando
era stato catturato e legato. “Io so soltanto che ero stato convocato ad un
incontro con alcuni nobili che, in effetti, volevano veramente deporre mio
fratello Alfred e incoronare me al suo posto. Mi hanno chiesto di partecipare
alla loro cospirazione e io ho rifiutato, poi sono uscito dal luogo
dell’incontro e qualcuno mi ha messo un sacco in testa, mi ha legato e mi ha condotto
qui di peso. Perché mai dovrei pensare che voi vogliate salvarmi la vita? A me
pare che, al contrario, mi abbiate fatto prigioniero e potreste essere voi a
uccidermi. In fondo siamo avversari, ho combattuto contro di voi, che motivo
avreste di volermi in vita?”
“Te l’abbiamo già
detto” Bjorn iniziava ad essere un tantino spazientito… “Ci serve il tuo
esercito per riconquistare Kattegat!”
“Perché l’esercito
sassone dovrebbe unirsi agli invasori?” obiettò Aethelred.
“Questa sarebbe la
soluzione migliore per tutti, vichinghi e sassoni” disse Lagertha. “E’ stato
proprio il vostro vescovo Heahmund ad aiutarci a venire in Inghilterra per
sfuggire a Ivar che voleva ucciderci. Se tu ci aiutassi a sconfiggerlo, noi
potremmo tornare alle nostre case e qui resterebbero soltanto coloro che
desiderano vivere in pace, coltivando le terre che tuo fratello ha concesso.
Non ci sarebbero più guerre.”
Aethelred ascoltava
attento, poi scosse il capo.
“Non sarebbe una
soluzione. A questo punto, non siete voi il problema” replicò. “Il Re mio
fratello vi ha concesso le terre dell’Anglia Orientale in cambio della vostra
protezione contro gli altri razziatori che vengono dalla Danimarca, dalla
Norvegia o da chissà dove. Avete un accordo con lui e siete tenuti a rispettarlo.”
“Non siamo affatto
contenti di questo accordo!” reagì Bjorn. “Noi non siamo contadini, non ci
interessa la terra e non ci piace dover sottostare ad un Re cristiano!”
“Se è per questo, la
maggior parte dei nobili del Wessex non è affatto contenta di avervi qui ed è
proprio questa la ragione per cui vogliono detronizzare mio fratello” ribatté
Aethelred, per nulla intimidito. “Loro vogliono un Re guerriero che combatta
contro gli invasori, ma non hanno capito… non basta sconfiggere un esercito,
questo lo aveva già fatto mio padre quando vi aveva battuti. Ma per una
battaglia che vinciamo, per un esercito che sconfiggiamo, sbarcano altri tre,
quattro eserciti a razziare le nostre terre. Quando voi siete arrivati in
Inghilterra, io stavo combattendo contro i Danesi. Poi ci sono i Norvegesi, e
magari prima o poi arriveranno anche i Franchi… Non c’è fine e non ci sarà mai
la pace.”
Hvitserk rimase
colpito dal tono rassegnato del Principe e, per la prima volta, cominciò a
pensare che, forse, Bjorn e gli altri non avevano avuto una così pessima idea a
rapirlo per ottenere il suo aiuto. Tuttavia, se volevano veramente che
Aethelred li aiutasse, dovevano trovare un modo più efficace per convincerlo.
Non doveva essere una costrizione quanto piuttosto un accordo tra pari,
un’alleanza vera e propria.
“Potremmo rimanere a
discutere così per ore senza risolvere niente” disse. “Il vero problema è che
il Principe Aethelred non si fida di noi. Dobbiamo dirgli la verità. Tutta la verità.”
“Ma gli abbiamo detto
la verità” contestò Ubbe. “Se lui non ci crede che possiamo fare?”
“Non abbiamo mentito
e non abbiamo secondi fini” ribadì Lagertha. “Vogliamo che il Principe guidi il
suo esercito al nostro fianco per aiutarci a sconfiggere Ivar e riconquistare
Kattegat, è lì che vogliamo regnare. Chi deciderà di restare nelle terre
dell’Anglia Orientale, invece, rispetterà l’accordo con Re Alfred e proteggerà
l’Inghilterra dalle razzie di altri invasori.”
“Non era a questo che
mi riferivo” riprese Hvitserk. “Io parlavo della verità sul Principe stesso,
sulla sua famiglia e su quello che potrà accadergli se decide di non aiutarci e
di tornare alla reggia.”
Un silenzio totale
calò nella stanza e tutti gli occhi si puntarono sul giovane vichingo.
“Di che parli?”
domandò infine Ubbe.
“Quando sono partito
da Kattegat, dopo le ultime stravaganze di Ivar, non sono venuto subito qui,
volevo prima vedere con i miei occhi come stavano le cose. Ultimamente ho
preso… beh, alcune decisioni sbagliate e questa volta volevo essere certo di
fare la cosa giusta” spiegò Hvitserk. “Perciò ho aspettato qualche giorno prima
di presentarmi a voi e, nel frattempo, mi sono guardato un po’ intorno.”
“Insomma ci hai
spiato” tagliò corto Bjorn.
“Se è così che lo
vuoi definire” ribatté Hvitserk, senza scomporsi. “Ma non ho seguito solo voi,
anzi, mi sono concentrato soprattutto sulle mosse di Heahmund. Lui ha detto a
Lagertha di essere venuto a conoscenza di un piano dei nobili sassoni per
detronizzare Re Alfred, ma non ha raccontato tutto: la verità è che lui sa
benissimo chi sono questi nobili e anche che Aethelred è stato coinvolto.”
“Io non sono affatto
stato coinvolto!” protestò il giovane Principe. “E’ vero, ho parlato con quei
nobili e sono venuto a conoscenza dei loro piani, ma ho rifiutato di
parteciparvi!”
“Non è questo che
Heahmund dirà a tua madre” replicò Hvitserk, avvicinandosi al Principe. Sapeva
che stava per dargli un grande dolore e, nonostante fossero stati sempre
nemici, in fondo al cuore sentiva qualcosa che somigliava vagamente al
dispiacere. “Il vescovo ha una spia tra quei nobili e io li ho sentiti parlare:
Heahmund ha detto che rivelerà alla Regina i nomi dei cospiratori e le dirà che
tu ne fai parte. Ovviamente, userà tutto il suo ascendente su di lei per convincerla
a eliminarti.”
Aethelred sbarrò gli
occhi, mentre emozioni contrastanti gli si agitavano dentro.
“Tu menti! Mia madre
non lo farebbe mai!” esclamò.
“Davvero? Sei così
sicuro di lei da mettere la tua vita nelle sue mani?” lo incalzò Hvitserk. Era
calmo, gli parlava in tono tranquillizzante e quasi dispiaciuto e forse era
proprio quello a spaventare di più il Principe. Gli parlava come se gli stesse
dicendo… la verità. “Eppure è stata lei a convincerti a rinunciare al trono che
ti spettava di diritto per far incoronare tuo fratello Alfred. Tu sai che lei
ha sempre preferito tuo fratello a te. Pensi che non sarebbe capace di
ucciderti se fosse certa che tu sei un pericolo per il suo amato figlio? E’
questo ciò che le farà credere Heahmund.”
“Mia madre non è una
sciocca, non si lascerà ingannare dalle menzogne di quel falso vescovo!”
protestò di nuovo Aethelred. Ma la sua furia disperata si scontrava con la
pacatezza di Hvitserk, che aveva dalla sua la forza della verità.
“Forse no, tuttavia
sa benissimo che, finché sarai in vita, sarai un pericolo per tuo fratello, che
tu lo voglia o no. I nobili del Wessex vogliono te come sovrano e cospireranno
per uccidere Alfred anche se tu non li appoggi” disse. “Tua madre sarà messa di
fronte alla scelta più terribile: uccidere un figlio per salvarne un altro. Tu
chi pensi che sceglierà?”
“Io… io non ti
credo!” insisté Aethelred, ma sembrava che lo ripetesse per convincere se
stesso e i suoi occhi si erano riempiti di lacrime.
Bjorn, Lagertha e gli
altri, intanto, rimanevano in silenzio a guardare. Non si aspettavano quella
mossa da parte di Hvitserk, ma dovevano ammettere che stava funzionando. Anche
loro sapevano bene quanto fosse viscido e doppiogiochista il vescovo Heahmund
(predicava tanto contro i pagani, però andava a letto con Lagertha, l’ipocrita…
evidentemente si considerava al di sopra delle regole), e sapevano altrettanto
bene che la Regina Judith non considerava i suoi figli allo stesso modo e che
avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di proteggere Alfred, se lo avesse ritenuto in
pericolo. Questo Lagertha lo capiva meglio di chiunque altro…
Si era fatta sera,
ormai. Aethelred era loro prigioniero dalla notte precedente, eppure sembrava che,
in poco tempo, Hvitserk avesse fatto molti più progressi con lui.
“Sentite, si è fatto
tardi e credo che siamo tutti stanchi. Che ne dite di cenare e riposare?”
propose Torvi.
La proposta fu
accolta favorevolmente da tutti.
“Liberiamo le mani a Aethelred,
in modo che possa mangiare con noi. Sono sicuro che non farà sciocchezze. Non è
vero?” fece Hvitserk, rivolgendosi al giovane con un sorriso amichevole.
Sembrava che se lo fosse adottato o
qualcosa del genere.
“Non gli converrebbe”
commentò Bjorn, in tono un po’ meno
amichevole.
Comunque, la cena si
svolse senza incidenti e, in qualche momento, sembrava perfino che Aethelred
facesse parte del gruppo da sempre. Lo stesso Principe, dentro di sé, si
stupiva di come i vichinghi fossero molto meno selvaggi di quanto si
aspettasse: lo avevano rapito, sì, ma non lo avevano picchiato né torturato,
avevano parlato con lui e volevano il suo aiuto. Adesso, addirittura, lo facevano
mangiare alla loro tavola come se fossero già alleati.
Aethelred era
confuso: c’erano dei momenti in cui si sentiva più a suo agio lì con loro che
alla reggia. I vichinghi volevano il suo aiuto, volevano che si alleasse con
loro e che, con il suo esercito, li appoggiasse in un attacco contro chi aveva
occupato la loro città. Parevano considerarlo un loro pari, un guerriero alla
loro altezza. Dimostravano di apprezzare proprio quelle sue doti di combattente
e condottiero che, al contrario, sua madre non aveva mai considerato.
E se quel giovane
vichingo avesse avuto ragione? Se veramente sua madre… ma no, non era
possibile.
Eppure lei non lo
aveva mai amato quanto amava Alfred, lo sapeva bene. Era suo padre, Aethelwulf,
che lo amava e lo faceva sentire apprezzato. Da quando era morto, Aethelred si
era sentito così solo…
Paradossalmente, si
sentiva molto più solo e incompreso alla reggia di quanto si sentisse quella
sera, lì, in mezzo a coloro che aveva sempre considerato nemici, ma che
parevano più cordiali e amichevoli di quelli che sarebbero dovuti essere i suoi
familiari.
E se avesse accettato
di aiutarli? In fondo anche suo fratello Alfred sembrava fidarsi di loro e
aveva stipulato un accordo… forse era questa la strada giusta per mettere fine
a quelle interminabili guerre?
Sempre più confuso e
turbato, Aethelred lasciò che, dopo la cena, Hvitserk lo conducesse in una
stanzetta sul retro dell’abitazione in cui avrebbe passato quella sua prima
notte da prigioniero.
“Mi occuperò io di
lui” aveva detto il giovane al fratello Ubbe e agli altri. “Lo controllerò, ma
sono sicuro che non cercherà di scappare.”
Nella stanzetta c’era
un giaciglio sul quale il Principe cercò di accomodarsi alla meno peggio,
mentre Hvitserk si sedeva su uno sgabello poco distante, preparandosi a fare il
cane da guardia.
“Dovrò tenerti
d’occhio per tutta la notte o farai il bravo?” gli chiese scherzosamente.
“Non cercherò di
scappare” rispose Aethelred. Sarebbe stato inutile, lo sapeva e, comunque, chissà,
magari non ne aveva nemmeno tanta voglia.
“Senti, mi dispiace
per quello che ti ho detto” riprese il giovane. “Su tua madre, intendo.
Purtroppo, però, è la verità. Forse non sarebbe capace di ucciderti, va bene,
ma lascerebbe che fosse qualcun altro a farlo, magari lo stesso Heahmund… e lui
lo farebbe senza batter ciglio.”
Aethelred non
rispose, ma il suo silenzio addolorato parlava per lui.
“Posso capire cosa
provi, sai? Quando Ubbe ed io eravamo bambini, dopo la nascita di nostro
fratello Ivar, nostra madre diventò sempre più fredda con noi, era tutta per
lui, si occupava soltanto di lui. Un giorno rischiammo perfino di annegare
perché lei ci aveva lasciati soli e noi ci eravamo allontanati” raccontò
Hvitserk. “So che fa male, ma lo devi accettare.”
Il Principe continuò
a rimanere in silenzio ma, stranamente, il dolore che aveva provato all’inizio
sembrava diminuire a poco a poco. Era assurdo, eppure quella gente lo aveva
fatto sentire… beh, importante. I
vichinghi che lui aveva sempre disprezzato lo volevano dalla loro parte,
avevano bisogno del suo esercito, apprezzavano il suo coraggio e la sua abilità
nel combattere.
E poi quel giovane
vichingo che gli parlava era così gentile…
“Perché mi racconti
queste cose? Non mi conosci neanche e siamo sempre stati avversari. Chissà,
magari ci siamo anche affrontati in combattimento” disse il Principe.
“No, altrimenti non
saresti qui” scherzò Hvitserk. “Però io ti ho visto combattere, la prima volta
che tuo padre ti ha portato con sé in battaglia, a York. Comunque, se accetti
di aiutarci a riconquistare Kattegat non saremo più avversari, no? E’ giusto che
impariamo a conoscerci. A proposito, io mi chiamo Hvitserk.”
Sì, era veramente
gentile quel giovane vichingo. Sempre più assurdamente, Aethelred sembrò
convincersi che il suo posto era davvero in mezzo a loro, con qualcuno che
sapeva apprezzare ciò che lui era e che non lo rimproverava per doti e capacità che non possedeva. Se
avesse accettato l’accordo con i vichinghi nessuno lo avrebbe fatto più sentire
sbagliato, nessuno gli avrebbe detto cosa doveva pensare o come doveva essere.
“Forse farei meglio a
scrivermelo…” si lasciò scappare il Principe, stupito lui per primo dalla
battuta.
Hvitserk rise.
“Sei pure spiritoso,
eh? Allora credo che ti farebbe bene rimanere con noi e aiutarci così come ti
abbiamo chiesto!” disse, divertito.
E, per qualche inspiegabile
ragione, Aethelred iniziava a essere d’accordo con lui.
FINE