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Autore: Dragonfly92    28/09/2020    1 recensioni
Tobia è un uomo che ha trovato, nella solitudine, la sua felicità.
Yuri è un bambino che, invece, non l'ha mai conosciuta.
Un passato ingombrante, un ricatto, la forzata convivenza e la scoperta di un'infanzia mai esistita: pelle livida, cuore cianotico.
Piccoli, faticosi passi per arrivare a capire, scoprire, disinfettare le emozioni.
E difenderle, quando il passato torna a reclamarne la potestà.
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(La storia è legalmente protetta da copyright)
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Dieci Orizzontale - Azione per cui uno stimolo provoca una reazione di esagerata intensità
 
 
“Prima che accettino la tua richiesta, passerà tempo. Inizia a muovere il culo, Tobia! E nel modo giusto stavolta!”
 
Tobia afferra le carte che Andrea ha preparato.
Firma soltanto.
Gli spazi bianchi sono già stati accuratamente riempiti.
In blu.
Ma l'uomo evita saggiamente di esternare il proprio disappunto.
 
“E se ti avessero colto sul fatto?”
“Quale fatto?”
Colui che finge furbesca indifferenza: Gnorri.
Lo sguardo di Andrea è risentito.
Alterato
“Tobia, quella non è una soluzione!”
“Lo so.”
La discussione, è conclusa.
Entrambi ne sono consapevoli.
I Giunta hanno avuto un assaggio.
Tobia, il modo di canalizzare la sua frustrazione.
La conversazione è giunta al termine, lo stesso non si può dire della giornata.
Ci sono ancora questioni da sistemare, domande prive di risposta.
Perché anche se Tobia evita di dare voce al suo sgomento, è rimasto scosso dalla crisi del bambino.
 
Il fatto che Yuri sia divenuto più silenzioso, non è un buon segno.
Né lo è stato il suo “Il bambino può andare in bagno, Signore?” domandato con le lacrime agli occhi e le mani strette sulla vescica.
 
“Devi stare più attento e osservare meglio.”
Finalmente Andrea ha ripreso a parlare.
Ha abbandonato o forse accantonato, la sua irritazione.
Ed ha addirittura speso qualche parola per lodare la reazione che ha messo in pratica fuori dalla gelateria.
Ogni tanto, Tobia riscopre le sfumature che ha amato di quell'uomo; l'essere in grado di mettere da parte la rabbia di fronte a questioni più importanti, ad esempio.
Riesce a farlo così bene da riuscire a complimentarsi sinceramente con la persona che qualche minuto prima ha definito infantile.
Non che l’abbia apertamente detto, però lo ha pensato, scuotendo la testa ed incrociando le braccia al petto.
Scrutandolo dai capelli, fino alle scarpe, come fa con i suoi piccoli pazienti.
Solo con un cipiglio di disappunto.
 
“Senti…”
Un sospiro, l'espressione si ammorbidisce.
“Davvero, so che hai fatto del tuo meglio…”
 
MA...
 
“Ma devi imparare a parlare con lui costantemente. A leggere i suoi gesti, il modo in cui tiene le mani, in cui si muove. Soltanto così puoi cercare di prevenire altri episodi del genere.
Che ci saranno comunque, considerando le statistiche…”
 
Incoraggiante, continua pure.
 
“E non è da escludere nemmeno un crollo nervoso, se si pensa allo stato di perenne ansia in cui…”
“Andrea! Non mi occorre una lista di tutto ciò che potrebbe andare storto!”
Non era lui quello che odiava chi addolciva la pillola?
Andrea vorrebbe puntualizzare la questione, ma demorde.
Tobia è un uomo intelligente, a prescindere dalle azioni stupide che può commettere.
Si limita quindi ad annuire ed appuntare una serie di azioni da compiere.
Strategie da attuare.
Che Tobia scorre scettico, finché il suo sopracciglio non si inarca vertiginosamente.
“Cosa diavolo vorrebbe dire questo?”
Il dito minaccia la quarta voce e stavolta, è Andrea a reinventarsi colui che finge furbesca indifferenza.
 
“Ti ho portato anche queste…”
Due casse bianche e gialle vengono frettolosamente spinte fra le sue mani, distogliendo l'attenzione dal punto quattro.
Attività Ricreative: Gioco, Letture di storie.
“Cosa…”
“Delle radioline. Ti permetteranno di vegliare sul sonno del bambino.”
Può andare.
Quello, può andare.
“Non gli leggerò delle storie.”
“Allora fallo fare a lui! Dovete CONDIVIDERE, Tobia! Non puoi sommergerlo di compiti e pretendere di instaurare un rapporto umano con lui. Fallo giocare, provaci!”
 
“I Siniori può andare in piscina!”
Tobia si schiaffa una mano sulla faccia mentre Adele sventola la sua per invitarlo a scansarsi.
“Ecco, Tè!”
Annuncia la donna, trillando contenta al sorriso grato del pediatra.
“La piscina è una buona idea!”
“Voi state delirando.”
Il ringhio di Tobia viene bellamente ignorato e soppiantato dal tintinnio di due tazze che cozzano insieme.
“Cin cin!”
Ridacchia Adele, sorridendo complice ad Andrea.
Quell’odiosa, stupida abitudine.
Miseria, quanto gli era mancata quell'odiosa, stupida abitudine.
“Avete finito voi due?”
 
La scena è buona.
Il déjà-vu completo.
C'è lo sguardo sfrontato di Adele.
Il suo muto Siniore Tobia si pierde in ricordi!
Dannata donna.
C'è quello nostalgico di Andrea.
Il suo “Andiamo avanti…” poliedrico.
C'è Tobia che schiarisce la voce.
Un rullo di tamburi, le maschere tornano in scena.
 
“Appurato che non gli leggerò una storia e che non lo porterò in piscina…”
“Gli fai bere la tisana?”
Occhi al cielo.
“Certo che sì!”, risponde piccato.
“Io piensa che è meglio se biambino beve in camera! Su letto! Per relax! Ma Siniore Tobia…”
“Ottima proposta Adele!” esclama Andrea.
“Non avevo dubbi.” sentenzia Tobia acido, squadrandola.
“Senti, devi costruire una routine e la sera è un momento importante. Tutti questi fattori… Sono fondamentali.”
 
Lo sa.
Madre Natura o chi per lei, lo ha dotato di un quoziente intellettivo discreto.
Non ha bisogno che sia uno specialista a spiegargli l'importanza di una routine.
Lui è un sostenitore, della routine.
Un fan accanito, della routine.
E la sua sta vacillando pericolosamente.
 
“Bene. Ma non gli leggerò nessuna storia.”
“VEDREMO!”
Un coro!
Quei due lo hanno appena detto in coro.
 
Irritazione: Azione per cui uno stimolo provoca una reazione di esagerata intensità.
L'omicidio è da considerarsi esagerato?
Forse.
 
“Gli hai detto che non sarà punito per quel che è successo?”
“Gli ho chiaramente detto che non sarebbe mai stato…”
“Si, si.
Ma lo hai fatto dopo quel che è successo?”
“Saranno passati tre giorni da quando gli ho spiegato…”
“Intendo DOPO. DOPO la crisi!  DOPO, devo farti lo spelling? È importante, porca miseria!”
Tobia si domanda per un attimo da dove esca fuori, quell'irascibilità
Forse, anche lui ha rivisto quei piccoli spicchi di passato.
Forse, in lui hanno toccato la leva sbagliata.
“Ha BISOGNO che tu lo rassicuri! Se non parli, come pretendi che lui capisca o…”
Andrea si gratta la nuca, cercando le parole adatte.
“È come quando, ad esempio…”
“Stai parlando di te o del bambino?”
 
La provocazione gela la stanza.
Forse quei déjà-vu hanno toccato più di una leva sbagliata.
“Fottiti!”
Andrea si muove a passo di carica verso la porta.
“Dopo di te…” ghigna Tobia, incapace di trattenersi.
Andrea fa per ribattere.
Ma i suoi occhi inquadrano qualcosa che rasenta la vittoria.
Il passo flemmatico, il sorrisetto compiaciuto.
“Ah, Tobia…”
Il voltarsi teatrale, un piede già fuori dall'uscio.
“Ottima scelta.”
Il mento alzato ad indicare la pila di libri acquistati durante la tragica uscita.
I colori delle emozioni recita la copertina.
 
Oh, dannazione!



Dieci Verticale - Far proprio, dopo un processo di elaborazione
 
 
Metabolizzare.
Entrando in camera tua, mi resi conto di non averlo ancora fatto.
Le tue gambe sbucavano da sotto il letto.
Stavi evidentemente cercando qualcosa.
O nascondendo, qualcosa.
Fu istintivo, il mio “Ma che stai facendo?”
Istintivo e stupido.
 
Avevo parlato senza consultare il cervello e quando la tua nuca cozzò contro il letto, sentii male anche io.
 
“Tutto bene?”
 
Non rispondesti.
Ma iniziasti a graffiarti le braccia.
Più forte.
Sempre più forte.
 
“Yuri…”
 
Un mio passo, il tuo arretrare.
 
Mi hai detto che non lo avresti fatto più.
Che ti dispiaceva.
 
Ed io, bambino, mi resi conto di una cosa.
Anzi, di due:
Non sopportavo l'idea che tu fossi spaventato da me.
Ma, soprattutto.
Avevo accettato quella consapevolezza.
 
 
“Hai paura, Yuri?”
 
I denti incidono il labbro, scavando nei solchi di un nervosismo frequente.
Gli occhi bassi, poi alzati, poi abbassati.
L'inadeguatezza che striscia, l'ansia che preme.
 
“Hai paura, Yuri?”
 
La voce non obbedisce.
Lo fa sempre, quando Yuri sente lo stomaco stretto ed il petto compresso.
Allora deve annuire, perché non è che non voglia rispondere, è che proprio non può.
I grandi dicono che lo fa apposta.
Lo dicono sempre, quindi dev'essere vero, ma Yuri non sa come non farlo apposta.
Sa solo che il Signore sta facendo delle domande.
E lui non riesce a rispondere.
Qualche lettera fugge a fatica dalla gabbia che è la sua gola.
Niente di più.
La frustrazione piega la bocca, fa stringere le labbra.
 
Tobia guarda l'ansia dimenarsi nel corpo del bambino.
Più la doma con l’immobilità, più lei reagisce frustandogli i nervi, bloccandogli la mascella.
Tappandogli la bocca, strizzandogli i polmoni.
Lo sta incatenando e Tobia deve salvarlo.
Distrazione.
Gli serve una distrazione.
 
“Esercizi! Hai, hai fatto tanti esercizi oggi… Mi fai vedere?”
 
Di nuovo un annuire dalla testa abbassata, dalle labbra sigillate.
Yuri prende i suoi fogli, li stringe.
Un po' troppo forte.
Tuttavia si è avvicinato di due passi nel ritornare di fronte a Tobia, che fa delle sei pagine un ventaglio e dice: “Accidenti, ne hai fatti davvero tanti.”
Tanti sono troppi?
Yuri non ha tempo d'indagare, perché il suo Tutore ha iniziato a parlare.
Commenta, indica, mostra e spiega.
Ed è, stupefacente, ogni volta, davvero.
Talmente incredibile da far accantonare la tensione.
Perché Yuri capisce quando il Signore gli dice che “Gatto si scrive con due T, altrimenti si leggerebbe Gato”.
E quando allora il Signor Tobia gli chiede di correggere l'altra parola, quella indicata, il bambino lo sa.
 
“C-Ci v-v…
V…
V-v-v…”
 
È mortificato, Yuri.
Lo è mentre riprende fiato e deglutisce inghiottendo un nodo di lettere.
Si scuserebbe, se potesse farlo, invece non può farlo, perché è talmente stupido, lento e…
 
“Non c'è fretta. Fai un bel respiro e riprova, d'accordo?”
 
D'accordo, d'accordo.
Ecco, un bel respiro.
È bello?
È un bel respiro?
 
Yuri obbedisce subito, apre anche la bocca per mangiare l'ossigeno.
Ma quello non scende, non arriva, non va giù.
E si incastra, fra il Quando arriva la lezione? ed il Mi dispiace, Signore.
Si blocca, lì dove tiene le mani stringendo la maglia, dove le dita si attorcigliano fra la stoffa.
Sulla bocca dello stomaco.
 
Forse c'è una possibilità: Yuri prova a dar voce alla risposta che il Tutore vuole, che lui può dare e che forse renderebbe meno dolorosa la lezione futura.
“C-C…
C-Ci v-v…”
La V si allunga, fa inciampare la lingua e uscire un suono disgustoso.
Le scarpe cigolano, ridono spostandosi agitate sul pavimento.
 
È frustrante guardarlo, è frustrante ritrovarsi a fare il tifo per una voce.
E Tobia può soltanto immaginare, quanto possa essere frustrante per il bambino.
“Che dici se facciamo una pausa e riprendiamo dopo? Avrai fame, immagino…”
 
Ed ecco un'altra cosa che Tobia ignora essere così frustrante: la sua gentilezza.
Il bambino non riesce a ricambiarla, se non evitando di lasciar andare le lacrime che sente accumularsi.
“Vieni…”
Il Tutore apre la porta e lo invita ad uscire.
Yuri lo guarda, senza farsi vedere.
Com'è alto, il Signor Tutore.
E com'è buono.
E le sue mani sono così grandi…
Chissà che male, faranno.
Yuri pensava che lo avrebbe scoperto presto, però ancora non è successo.
Le ha viste vicine, le ha viste muoversi piano.
Le ha viste indicare parole, insegnargli delle cose.
Che belle mani, che mani buone, ha il suo Tutore…
 
Quando Tobia si volta per controllare d'esser seguito, vede il bambino perso in contemplazione.
E un po' gli dispiace d’essersi fatto scoprire nel guardarlo, perché, per un momento, ha visto l'ombra della serenità passare sul viso del piccino.
 
“Siedi, arrivo subito.”
 
Adele ha il sorriso di chi la sa lunga e non prova nemmeno a nasconderlo.
Una curva soddisfatta ha illuminato il viso tondo, nell’udire il suono della notifica.
Due bip brevi: il suono di Andrea.
Ne è consapevole, l’impicciona.
Tobia la ignora, passeggiando verso la privacy.
La mente sorride nel leggere l'incipit del messaggio.
 
-Undici Verticale:
Liberare da timore, dubbio, incertezza.
 
Un cliccare rapido.
 
-Rassicurare.
 
Compiacimento per gli otto secondi occorsi nel rispondere.
Bip Bip.
 
-Esatto. E togliti quel ghigno dalla faccia, era semplice da dire.
L'esempio che avevo in mente di farti non sarebbe stato in grado di entrare in quella testa di cazzo che ti ritrovi. Quindi te l’ho sintetizzato.-
 
Tobia nasconde l'embrione di un sorriso dietro la mano.
Andrea non è cambiato di una virgola.
Un visualizzato basterebbe a sottolineare il suo aver fatto altrettanto.
Un selfie al suo sorriso compiaciuto ribadirebbe quanto sopra.
Quel grazie dirà invece molto di più.
E il ps. Altrettanto servirà alla sua autostima.
Gli ha appena dato della testa di cazzo; e pur essendo perfettamente in grado di domare le proprie emozioni, non è abbastanza rammollito da ignorare una provocazione.
 
Tobia non ha mai sentito la necessità di essere rassicurato, perciò, riflettendo sul messaggio, si ritrova a fare i conti la perplessità e con un pizzico di scetticismo.
 
Secondo Andrea, dunque, sarebbe bastato un suo “Guarda che sono felice insieme a te!” per salvare il loro rapporto?
Per estirpare i dubbi e scongiurare il suo essersene andato?
Non lo saprai mai, suggerisce una voce sgradita. La sua.
 
Il suo arrivo a tavola, dà il via al pasto.
Al suo, almeno.
Perché dopo il terzo boccone il bambino è ancora fermo, immobile.
 
“Yuri…”
 
Seppur meno marcatamente, il suo respiro è ancora alterato.
 
“Puoi mangiare, lo sai vero?”
 
L'interpellato non sa cosa rispondere, però sfila le mani da sotto le cosce e le posa piano sul tavolo.
Sarebbe pronto, se il Signore gli dicesse che stava scherzando.
 
“Puoi mangiare”
 
“G-G-G… G-Gra-gra-zie Signore.”
 
Tobia conta cinque scatti nervosi, durante il pasto.
Ha egregiamente tenuto il suo sguardo indirizzato al piatto, ma non ha potuto non percepire quello ansioso del bambino.
Che ad ogni rumore involontariamente provocato, sembrava scongiurarlo.
 
“Yuri.”
“Sì, Signore.”
 
La forchetta riposta.
Le mani aggrovigliate.
 
“Non sarai… Non ti verrà data nessuna lezione, per quel che è successo.”
 
Respiro.
Respiro.
Sollievo.
Un tono serio, una verità.
 
Un abbassare la testa, gli occhi.
L’abbozzare di un inchino, sinceramente dedicato.
Sinceramente commosso.
 
“Ma se avessi dei dubbi, delle domande… Voglio che tu me le faccia. È permesso.
Voglio che tu mi dica quando hai paura, così che possa cercare d'aiutarti. Hai capito, bambino?”
 
Oh, si che ha capito!
Per questo adesso i suoi occhi luccicano.
L'ultima volta che ha avuto paura, davvero tanta paura, il Signore ha fatto una magia con le sue mani buone.
E adesso ha detto che se succede di nuovo, lui cercherà di aiutarlo.
Farà di nuovo la magia, Signore?
La farà davvero?
Perché?
Vorrebbe chiedere.
Perché tanta fortuna?
 
Eppure Yuri non può parlare senza farsi scappare delle lacrime sciocche allora tace, annuendo ed afferrando la forchetta.
 
Lo stomaco un pochino si scioglie.
Quel poco che gli permette, lunghissimi minuti dopo, di prender un bel respiro profondo.
Proprio bello.
Come quello che aveva chiesto il suo Tutore.
 
“P-P…”
 
Tobia lo guarda, curioso.
Yuri strizza gli occhi e inghiotte una mollica di sillabe.
 
“P-P.
C-Ci v-voleva un…
Un'altra P-P.
S-Sennò…
S-Sennò è è…
T-Tappo.
N-No, t-tappo…
C-Cioè…”
 
Uno sguardo breve, molto breve.
 
È difficile dire quella cosa.
Pronunciare la parola sbagliata.
Yuri sa dirla, nella sua testa, ma la voce fa raddoppiare le sue lettere.
 
“T-Tapp…”
Le preme così a lungo che sembrano due o forse tre.
 
“S-Sennò è…  S-Sbagliato.”
 
Un sigillo di labbra, a nascondere un sorriso che potrebbe esser mal interpretato.
Ma che non è altro che orgoglio.
 
Ce l'ha fatta, Yuri.
Strigliando le sue difficoltà.
Spiegando.
 
E sono in due, adesso, ad aver gli occhi che brillano.
Perché il bambino ha capito.
Perché il bambino, si sta fidando.
 
Ed ha aggirato le sue difficoltà, per far felice il suo Tutore.
Che sorride appena, ma sorride davvero.
 
“Bravo bambino.”
 
Ingenuamente Tobia non si aspetta quello sguardo.
In realtà, non si aspetta alcuno sguardo.
 
Ma Yuri, invece, ha alzato gli occhi e lo ha fissato.
Dimenticando i colori diversi, la paura, la vergogna.
 
Bravo bambino.
 
Continua, a fissarlo.
 
Bravo bambino.
 
E c'è talmente tanta commozione.
In quella bocca schiusa.
Nel fiato sospeso fra le labbra, incapaci di liberare parole o respiri.
 
E c'è talmente tanta commozione.
In quelle iridi liquide.
Talmente tanta, che nella singola, composta lacrima che rotola sulla guancia, sotto il mento di Yuri…
Tobia affoga il suo lato astioso e i suoi rammarichi.
Mentre le maschere, si sciolgono.
   
 
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