Anime & Manga > Cyborg 009
Ricorda la storia  |       
Autore: Pessima_Idea_Amico    29/09/2020    0 recensioni
002, 003 e 005 sono in missione a Londra per indagare su alcune strane sparizioni. Tutti e tre conosceranno delle persone che accetteranno la loro natura di cyborg e mostreranno loro un nuovo modo di vedere la loro condizione. 002 conoscerà Jiuly, un'impulsiva ex-studentessa universitaria, costretta a lasciare gli studi dopo la morte del padre. 003 conoscerà Dylan Dog, un giovane ed attraente ispettore di Scotland Yard, che indaga come lei sul dott. Erenfest. 005 conoscerà Elrond il capo di un campo Rom, che crede che "cyborg" sia il nome della tribù di Geronimo. Abituati al rifiuto ed all'emarginazione, le attenzioni di quelle persone li destabilizzeranno fino a commettere degli errori.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Françoise Arnoul, Geronimo Jr, Jet Link
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il dott. Gilmore aveva inviato 002,003 e 005 a Londra per indagare su delle strane sparizioni che erano avvenute nella capitale Britannica. In un primo momento c’era con loro anche 007, ma Bretagna s’era lasciato andare ai suoi ricordi e aveva lasciato tutto il lavoro ai suoi amici, che però avevano capito ciò che provava e si occuparono loro di tutto.
Avevano dei sospetti sul dott. Erenfest, noto neurochirurgo dalle idee un po’ bizzarre: ad una conferenza di qualche anno prima aveva dichiarato di aver scoperto il luogo del cervello umano in cui risiedeva la volontà. 003 era riuscita a farsi assumere come segretaria del dott. Erenfest nella sua clinica privata alla periferia di Londra mentre gli altri due seguivano piste secondarie mettendosi sulle tracce di alcuni degli scomparsi. Tuttavia i risultati delle ricerche non davano buoni esiti e i tre erano alquanto scoraggiati.
 
 
 
La metro di Londra era poco affollata, era pomeriggio tardo, quasi sera ormai. Un piccolo Rom suonava la sua piccola fisarmonica a cui era appeso un berretto con un gancio. Alcune persone ci lasciavano scivolare qualche monetina prima di scendere alla loro fermata. Un gruppo di ragazzi dall’aspetto trasandato si avvicinò al piccolo mendicante.
-Bello questo berretto!- disse uno di loro prendendo il berretto del bambino e mettendoselo in testa, facendo così cadere tutte le monetine.
-Da’ qua, a me sta meglio di sicuro!- lo prese un altro.
-La prego, signore, mi ridia il cappello…- lo pregò il piccolo, ma i ragazzi cominciarono a passarsi il berretto facendo correre il bambino avanti e indietro.
Jet era seduto scomposto proprio in quel vagone e vide la scena. Un mezzo sorriso gli percorse il viso: quante volte aveva partecipato a scherzetti del genere nel suo passato da teppista, ma ora le cose erano cambiate, decisamente cambiate. Pensava a queste cose quando si alzò dal suo posto pronto ad intervenire, ma qualcun altro lo precedette. Una ragazza aveva strappato il cappello dalle mani di uno di quei delinquenti proprio quando non se lo aspettava.
-Tieni piccolo…- lo porse al bambino che prese il cappello e scappò via immediatamente.
-Ehi tu! Cerchi rogne?- le disse minaccioso uno di loro.
La ragazza girò semplicemente i tacchi senza degnarli di uno sguardo. Uno di loro l’afferrò allora per un braccio costringendola a fermarsi e a girarsi.
Lo guardò freddissima: -Toglimi le tue zampe puzzolenti di dosso, microcefalo in putrefazione!-
I ragazzi si misero a ridere, poi il ragazzo che l’aveva afferrata disse: -Ehi, ragazzi, qui abbiamo una “paladina della giustizia”! Oh che paura che mi hai fatto! Penso proprio che ora ci si diverte per davvero, bellezza!-
-Non pensare, non ne hai l’equipaggiamento!- gli disse sprezzante la ragazza.
I suoi compari sghignazzarono della battuta.
-Non credere di potermi prendere in giro davanti ai miei amici e passarla liscia- disse allora il ragazzo spazientito cominciando a stringerle più forte il braccio.
-Lasciami!-
-La signorina ha detto di lasciarla stare…- disse Jet afferrando il polso di quel ragazzo e stritolandolo al punto che dovette mollare la presa. -Non è da gentiluomini prendersela con le ragazze, non ve l’ha insegnato la mamma?-
-E tu da dove sbuchi? Fatti gli affari tuoi, ti conviene!-
I ragazzi sfoderarono i loro coltelli a scatto. Jet sorrise vedendo quel gesto, gli era familiare… La metro intanto era giunta in una stazione, facendo una frenata un po’ brusca. La ragazza ne approfittò per dare uno spintone a uno di quei ragazzi facendolo cadere sui suoi compari a gambe all’aria, poi prese Jet per il polso.
-Via!-
Uscirono dalla metro mezzo secondo prima che le porte si chiudessero. Finirono entrambi per fare un ruzzolone in terra. Si voltarono verso la metro e videro quei ragazzi dietro le porte, ancora nel treno. La ragazza fece loro un gestaccio lasciando Jet allibito.
-Ma tu sei una pazza scatenata!- le disse -…potevamo farci male sul serio uscendo così di corsa dal treno!-
-E che altro potevamo fare? Quei ragazzi ci avrebbero fatto a pezzi! Eravamo in due contro cinque!- rispose lei alzandosi e porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi.
Jet fu sorpreso: -Due?!-
-Pensavi forse che t’avrei lasciato da solo contro quelli dopo che mi avevi aiutata?!-
Jet si rialzò e la guardò come avrebbe guardato un alieno che fosse sbarcato sulla Terra da Marte davanti i suoi occhi.
-Ma allora sei davvero una “paladina della giustizia”!-
Si misero a ridere.
-Il mio nome è Jiuly e sono felice di conoscerti…-
 -Jet! Il mio nome è Jet Link.-
  -Grazie per l’aiuto, Jet! Sai, anche noi “paladine della giustizia” abbiamo bisogno dei nostri eroi ogni tanto-
Jet fu imbarazzato dal sentirsi chiamare eroe da quella ragazza. Era davvero carina, niente di particolare, pensò tra sé Jet, ma gli piaceva il suo sorriso marcato da due fossette ai lati della bocca.
-Bhè non potevo certo restare lì a guardare… e poi … mi hai preceduto, sai?... volevo anch’io dare una mano a quel bambino…-
 -Ah ma allora anche tu te le vai a cercare! Comunque permettimi di offrirti qualcosa per ringraziarti: io lavoro in un pub poco distante da qui-
 -…va bene… ti ringrazio…-
 
Quando Jiuly e Jet entrarono nel pub, la cassiera notò che avevano i pantaloni sporchi, come chi si fosse rotolato per terra e Jiuly aveva un livido sul braccio.
 -Jiuly, santo cielo, non ti sarai azzuffata di nuovo con qualche ragazzaccio!-
-Mi conosci, May, non posso vedere certe cose e restare impassibile, fortuna che questa volta ho trovato qualcuno che mi appoggiasse! Ti presento Jet, mi ha aiutato a tenere a bada dei ragazzi che se la prendevano con un bambino-
 -È un piacere, Jet, io sono May, proprietaria di questo pub e quello che vedi al banco del bar è mio marito Charles-
-Molto lieto, May. Charles…-
Charles accennò un saluto con la testa.
-È una fortuna che Jiuly ti abbia incontrato stasera! Quella ragazza è una testa calda! Mi farà morire di crepacuore una di queste volte! Come mai sei a Londra, Jet? Non sei Inglese, vero? Dall’accento sembri americano. Sei in vacanza?-
-Si, sono di New York ... sono qui per degli … studi.-
-Ah sei uno studente universitario! Anche la nostra Jiuly lo era… è una ragazza molto intelligente… peccato non abbia potuto continuare i suoi studi…-
Jiuly aveva indossato un grembiule e portò a Jet una pinta su un vassoio: -May, non annoiare il mio amico! Tieni, Jet, questa è la migliore birra della casa, ma se vuoi altro non hai che da chiederlo!-
-No, grazie, va bene così!-.
In quel momento entrarono quattro ragazzi con i loro strumenti. -Salve, May. Buona sera, Charles. Scusate il ritardo-
-Non vi preoccupate, ragazzi, non è ancora arrivato nessuno, ma appena comincerete a suonare ci sarà un bel daffare per noi!-
Era una Jazz band molto brava, Jet si fermò lì per ascoltarli e vide la gente cominciare a popolare quel pub. Gli piaceva quel posto, ci stava davvero bene.
- Jiuly, mi porteresti un panino con hamburger e formaggio? Questo lo pagò però!-
-Non se ne parla neanche, questa sera sei mio ospite, ti farò pagare quando ritornerai…-
-Contaci!-
 
 
 
Un uomo sulla trentina si avvicinò alla scrivania di Françoise: -Scusi, signorina. Dovrei parlare con il dott. Erenfest.-
-Ha un appuntamento?-
-Si, sono il sig. Blade-
Françoise controllò l’agenda degli appuntamenti: -Prego, il dott. Erenfest la sta aspettando- disse gentilmente.
-Grazie!-
Françoise l’accompagnò alla porta, si sentì scrutare dalla testa ai piedi da quel giovane che le sorrise facendola sentire in imbarazzo.
 
Il dott. Erenfest visitò accuratamente il sig. Blade e poi disse: -Lei è sano come un pesce, sig. Blade! Come mai si è rivolto a me?-
-Vede dottor Erenfest, io sono un’atleta ma ultimamente sto perdendo colpi, sa la nostra è una carriera breve e a trent’anni sei già una stella al tramonto… Sarò franco con lei, dottore. Ho saputo di alcuni suoi esperimenti per “migliorare” le capacità fisiche… vorrei dare un mio contributo a questa sua ricerca…-
-Non so chi le ha dato queste informazioni, ma le assicuro che l’ha presa in giro… quello di cui lei mi parla è fantascienza… noi qui ci occupiamo di semplice neurochirurgia…-
-…naturalmente posso pagare…-
Il dott. Erenfest divenne visibilmente nervoso: -…la prego di andare, sig. Blade!-
-Come vuole dott. Erenfest, se dovesse cambiare idea ho lasciato il mio numero di telefono e il mio indirizzo alla sua segretaria…-
-Vada, la prego…-
 
Il dott. Erenfest accompagnò Blade alla porta: -Signorina, accompagni il sig. Blade all’uscita-
-Certo, dottore. La prego di seguirmi, sig. Blade-
Françoise aveva sentito tutta la conversazione e ne era rimasta sconvolta: come poteva quell’uomo voler trasformarsi in cyborg volontariamente? Lo guardò meglio e si accorse che nella tasca interna della sua giacca aveva un distintivo di Scotland Yard: detective Dylan Dog.
Dog interruppe i suoi pensieri: -È molto che lavora qui, signorina Arnould? …ho letto il suo nome sulla targa sulla sua scrivania… Françoise Arnould… è francese?-
-Si… sono francese, sono stata assunta da poco…-
-Deve lavorare ancora per molto? La posso invitare a prendere qualcosa, dopo il lavoro?-
Françoise capì che il detective Dog era in cerca d’informazioni… e anche a lei poteva far comoda qualche informazione in più: -Oggi non posso, ma potremmo vederci domani sera, finirò alle sette…-
 -Perfetto, allora a domani.-
 
Françoise tornò alla sua scrivania. Il Dott. Erenfest si era tolto il camice ed era ancora fuori il suo studio: -Era l’ultimo, vero, signorina?-
-Si, dottore. Per stasera abbiamo finito…-
-Ah signorina, potrebbe darmi l’indirizzo e il numero di telefono del sig. Blade. L’ha lasciato, vero?-
-Si, dottore.- lo ricopiò su un pezzo di carta e lo memorizzò: 7, Craven road.
-Grazie, può andare-
 
Françoise sbrigò qualche pratica, raccolse le sue cose e fece finta di andarsene, in realtà si diresse verso i sotterranei della clinica dove sapeva che c’erano i vecchi libri contabili della clinica o per lo meno così le avevano detto. Trovò la porta del piano seminterrato bloccata da una sbarra di ferro dall’interno: c’era qualcuno dentro, qualcuno che non voleva essere “disturbato”. Una piccola sbarra di ferro non era un problema per un cyborg come lei, la piegò con facilità senza fare rumore ed entrò. Si diresse verso la stanza dello schedario e sentì con i suoi supersensi che c’era qualcuno dentro: un uomo con una torcia stava rovistando tra i documenti della clinica. Era Dylan Dog.
Un gatto si intrufolò attraverso la porta che aveva lasciato aperta. Si avvicinò a Françoise e si strusciò vicino le sue caviglie cominciando a farle le fusa. Dylan sentì quelle fusa e si avvicinò rapidamente alla porta ma quando l’aprì vide solo un gatto con i suoi occhi evanescenti nel buio. Uscì fuori e sentì la guardia all’ingresso salutare Françoise.
 
 
 
Il piccolo bambino Rom corse fuori dalla stazione della metropolitana in fretta e furia, senza badare alle persone che urtava. L’impatto con 005 lo fece però cadere a terra fermando la sua corsa.
-Ti sei fatto male, piccolo?-
Il piccolo fu intimorito da Geronimo: -La prego, signore, non mi faccia del male!-
Geronimo rispose con la sua voce profonda e rassicurante:- Non voglio farti del male, non preoccuparti.-
Il piccolo si rialzò e guardò con fiducia l’enorme figura che aveva davanti: -Tu sei un gigante? Mio papà dice che i giganti sono buoni e aiutano i bambini-
Geronimo gli sorrise: -Si, sono un gigante buono, cosa posso fare per te, piccolo?-
-Ho paura di tornare a casa da solo, mi accompagneresti, gigante?-
-Certo-
Geronimo gli diede la mano, ma il piccolo potette stringergli soltanto un dito per via delle proporzioni tra i due.
-Dove abiti?-
-In periferia nell’East-side-
Camminarono a lungo mano nella mano, anzi dito nella mano, la periferia era lontana. Misha, questo era il nome del bimbo, cominciò a stropicciarsi gli occhi. Geronimo lo vide e decise di prenderlo sulle sue forti spalle.
 
Quando arrivarono nell’East-side, Geronimo si trovò di fronte una baraccopoli, quella che Misha chiamava casa altro non era che una vecchia roulotte fatiscente. Un uomo dall’età indecifrabile gli venne incontro, aveva una folta barba brizzolata, uno strano cappello nero e degli abiti sporchi e consunti.
-Misha! Ti ho già detto che non devi fare tardi! Stavolta le prendi!-.
Quell’uomo si avvicinò minaccioso a loro e Misha si nascose dietro le gambe del gigantesco Geronimo. L’uomo non si fece intimidire: afferrò Misha per un braccio e con l’altra mano lo sculacciò.
Geronimo intervenne: -Ehi!-
L’uomo lo guardò per un istante poi si rivolse a Misha parlando nella sua lingua: -L’hai portato tu questo?-
-Si mi ha aiutato e mi ha accompagnato a casa-.
L’uomo lo guardò con un altro volto, il volto della cordialità.
-Benvenuto tra noi, io sono Elrond, responsabile di questa comunità e padre di Misha… questa piccola peste! Gli avevo ordinato di non allontanarsi dal campo la sera… non è prudente: sono spariti in troppi…- disse tristissimo, con l’aria di chi ha un forte coinvolgimento emotivo.
-Il mio nome è Geronimo, è stato un piacere badare a Misha.-
 
Elrond lo invitò a restare con loro per la cena e Geronimo accettò. Si riunì pressappoco tutto il capo intorno al fuoco, condividendo la cena e danzando al suono delle loro fisarmoniche e delle loro chitarre. Quella strana gente era davvero ospitale con Geronimo.
-Mi stava dicendo che ci sono state delle sparizioni…-
-Già la polizia non si occupa di noi, ma sono spariti alcuni ragazzi di questo campo… anche Juri, mio figlio maggiore, è sparito da più di una settimana…-
-Non avete contattato Scotland Yard?-
-E a che scopo? Non ci avrebbero neanche ascoltati! La gente non si fida di noi, se uno di noi sparisce, tanto meglio, un parassita in meno! Vedi Geronimo, noi viviamo diversamente dalla gente comune. Noi non pensiamo ad accumulare qualcosa che “un domani” ci può essere utile, noi viviamo oggi perché domani forse saremo già morti! Il lavoro non ci interessa, a noi interessa la libertà! La nostra è una cultura differente, e quindi siamo guardati con sospetto.-
-Non condivido il vostro modo di vivere, ma vi rispetto. Credo di capire ciò che dici…-
 
La serata era una vera festa di colori e musica, ma fu interrotta bruscamente. Una banda di motociclisti irruppe nel campo scorazzando con le loro potenti moto e seminando il panico tra la gente. A Geronimo bastò alzarsi in piedi per far capire loro che avevano a che fare con uno che gli avrebbe dato filo da torcere. Il solo suo sguardo era una sfida per loro. Un motociclista lo puntò, prese la rincorsa e tirò dritto verso di lui aspettandosi che si scansasse. Geronimo invece restò al suo posto e quando la moto si scontrò contro di lui, fu il centauro ad avere la peggio.
 -Non è possibile- disse rialzandosi da terra.
Scesero tutti dalle loro moto e lo circondarono minacciandolo con coltelli, bastoni, catene e nunchaku. Gli saltarono addosso in due, ma a Geronimo non fecero neanche il solletico. Afferrò la mazza da baseball che aveva uno dei due e la lanciò contro tre di loro stendendoli tutti. Provarono ancora ad attaccarlo ma fu come battere una roccia…
-Non è possibile: tu sei sicuramente un cyborg!!! - disse uno di loro - Ma non finisce qui! Torneremo! Ride bene chi ride ultimo!-
Saltarono sulle loro moto e scapparono via.
Geronimo fu circondato dalla gente del capo acclamandolo come un eroe, ne fu un po’ sorpreso. -È vero… io sono un … cyborg!-
Elrond parlò a nome di tutti: -A noi non interessa a quale tribù appartieni… Ci hai aiutati e te ne siamo riconoscenti!- 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Cyborg 009 / Vai alla pagina dell'autore: Pessima_Idea_Amico