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Autore: time_wings    01/10/2020    2 recensioni
Questa storia partecipa al #Writober di Fanwriter.it
Analisi notturne di un'anima in subbuglio.
Dal testo:
È mezzanotte e Dazai crede che non ci sia una sola ragione al mondo per cui, alla vista della sua anima, dovrebbe soffrire o impietosirsi, nè tantomeno cercare di ferirla, combatterla o addirittura - e gli viene da ridere - tentare di cambiarla.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Osamu Dazai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it.
Prompt: Riflesso, lista pumpNIGHT
N° parole: 1096





TELE DI VETRO

 




Cinquanta secondi a mezzanotte.
Non si può morire se non si vive prima, sono le condizioni, il patto suggellato con la Morte e la sua tetra scia un attimo prima di venire al mondo. Ogni essere umano gli pare mutante quando si ferma a guardarsi, poi ci pensa sempre un secondo di troppo e capisce che a mutare è lui e lui soltanto, nella sua incessante staticità.
 
Quaranta secondi a mezzanotte e l’orologio ticchetta alla parete, gli attimi ripidi che si staccano dal tempo come nastro adesivo, mentre si chiede lui lì come ci sia arrivato. Sa benissimo come se ne andrà, però, cioè senza batter ciglio.
 
Trenta secondi a mezzanotte e qualcuno, quel giorno, ha fatto irruzione in casa sua, per cercare notizie, forse prove contro la mafia, forse modi per incastrarli, forse per spodestarli dalla posizione privilegiata di gestori assoluti di Yokohama. Una città che non gli è mai piaciuta. Il fuoco la brucia come pagine di un libro ma lascia intatta la copertina. Forse è magica, forse è maledetta.
Erano spie di un’organizzazione piccola, quelle che si abbassavano a entrare nelle tane dei sicari, forse pedine spaventate che speravano di non dover essere tanto sfortunate da incappare in uno scontro.
Dazai le ha stanate e uccise, era suo compito, così semplice da risultare un po’ offensivo.
 
Venti secondi a mezzanotte e il risultato di quell’irruzione non gli piace, gli fa forse venire la nausea, ma non ne è sicuro. Le spie hanno fatto cadere lo specchio appeso alla parete. Si trovava appena dietro un mobile, doveva essere caduto mentre furtivi rovistavano nei suoi cassetti come se ci avesse davvero tenuto dentro una cartella intitolata ‘tutti i segreti della Port Mafia’. Erano stupidi e anche un bel po’.
Lo specchio non era di valore, un riquadro a dir poco soddisfacente, in realtà, cinquanta centimetri per cinquanta, fatto apposta per non guardarsi. Ora, in casa, non c’è neanche uno specchio.
Dopo aver raccolto le schegge con uno sbuffo, è stato costretto a stanarlo da dietro il mobile e a guardarsi nella geometria distorta di quello che è rimasto attaccato alla parete.
 
Dieci secondi a mezzanotte e Dazai guarda la sua figura riflessa nei confini curiosi dello specchio. Se la Morte avesse degli occhi, sarebbero i suoi: dannati nel nulla più profondo, costretti al purgatorio, inferno in terra. Quello che vede non è lui, ma il ritratto di un mostro. Una figura contorta, sembra attorcigliarsi su se stessa, spostare i connotati e piazzarli alla rinfusa, fino a sfumare i lineamenti. Dalle labbra scorre sangue misto a saliva, entrambi vecchi, sospesi lì da giorni come se non si fosse mai preoccupato di lavarli via. Forse non è possibile liberarsene. Non c’è un solo capello che non vada a fuoco e non c’è una sola porzione di pelle che non sia macchiata da questa fuliggine infetta e dal retrogusto di notte. È patetico e grottesco anche solo se si riflette nei frammenti di uno specchio. Il resto dei suoi cocci ce li ha ancora nella mano sinistra e non c’è niente al mondo che lo spingerebbe a stringere e lasciare che gli incidano il palmo a sporcare il pavimento.
Non prova niente, mentre il suo occhio incontra pigro e forse un po’ annoiato quelli arzilli del mostro.
Lui è suo. Il sigillo che la Morte ha imposto quando è nato.
 
È mezzanotte e Dazai crede che non ci sia una sola ragione al mondo per cui, alla vista della sua anima, dovrebbe soffrire o impietosirsi, nè tantomeno cercare di ferirla, combatterla o addirittura - e gli viene da ridere - tentare di cambiarla.
Di viandanti dell'oscurità ce ne sono pochi, alla gente generalmente piace grattarla, ma ha troppa paura della Morte per immergervisi.
Lui, invece, la Morte cerca disperatamente. Sarebbe facile, eccezionalmente facile, togliersi la vita. È in un proiettile, sulla lama di un’accetta, in bilico sullo spessore irrisorio di un coltello, appesa ai fili di una corda che dondola. In ognuno di questi c’è la morte, ma in nessuno c’è un mandante.
Per il sacrificio servono l’amore e la morte, per l’eroismo il senso di giustizia e la morte.
La morte, da sola, non basta a morire.
E Dazai lo sa e, senza nient’altro a sorreggerlo se non il suo desiderio, semplicemente non può concedersela. Perché chi non trova un motivo per vivere, non può trovarlo nemmeno per morire.
È che la vita pesa impossibilmente. Sulle spalle chili di storia universale, di un mondo scoppiettante che va alla deriva per diagramma naturale, mentre tutti s’affannano come pazzi a schivare attacchi di cui sono bersagli. E a vederla dall’alto la Terra non è che un’enorme lapide, la riesce praticamente a disegnare sul contorno del mostro in cui si riflette, di cui forse è lui, il riflesso, e non al contrario. Morti e morti in sala d’attesa, tutti sullo stesso pianeta, mentre si aspetta di scoppiare.
 
Un minuto dopo la mezzanotte, col respiro pesante e una luce negli occhi che gli brilla solo quando si affaccia all’orlo del suo baratro, Dazai abbassa lo sguardo e soppesa le sue scelte. Non quelle fatte fino a quel momento, ma quelle future. La speranza di essere capito affidata a una superficie che sa solo riflettere strane creature. Il giorno in cui morirà lo farà da umano o da pazzo. Batte una mano contro il mobile e lo costringe con violenza al suo solito posto. Il resto dello specchio si frantuma ai suoi piedi, ma nessun mostro muore.
 
A ore e ore di distanza da quella mezzanotte, alla fine una lama glielo ferì eccome, quel palmo. Non era il frammento di uno specchio, però, non era neanche concreta. Sulla mano sinistra, gocce di sangue scuro scorrevano placide a infilarsi tra le bende, a imprimersi per sempre nella pelle.
“Le persone vivono per salvarsi, eh? In effetti è proprio vero.”
Odasaku aveva sempre avuto ragione, sin dal primo momento, su ogni argomento di conversazione futile su cui aveva un’opinione assolutamente fuori le righe. Era vero che avrebbe vagato per sempre nell’oscurità, che una volta fatto amicizia col vuoto non c’era nulla al mondo che potesse salvarlo dal suo vento, che non bastava una nuova prospettiva a rivoluzionare i suoi contratti, ma Odasaku lo aveva letto, aveva sciolto le bende. Forse, con un po’ di fantasia, la tridimensionalità avrebbe fatto notare a Dazai che dietro il suo mostruoso riflesso, alle spalle della sua oscurità, c’era una strada che solo chi aveva il coraggio di affrontare uno specchio poteva intraprendere.
Guardare oltre, per una volta, non nella speranza, ma nella sua potenzialità, non gli sembrava impossibile.






 

 


Note di El: Ciaaaaaao. Allora, innanzitutto ben ritrovati, è una vita che questo fandom lo davo per abbandonato e invece questo prompt del writober è stato un fulmine a ciel sereno e la storia si è scritta praticamente da sola. Ed è stata tutta una grandissima, enorme accozzaglia di nuovi tentativi. Per la prima volta sperimento non solo il tempo presente, ma la coesistenza di due tempi verbali, per me è follia, spero infatti di non aver fatto un casino. In realtà questa storia viene da tre cose: mezz'ora di delirio, una recensione di una persona in questo fandom, che ha colto qualcosa che non avevo neanche realizzato di voler approfondire e il famosissimo (modo particolare di dire "per niente famoso") "gg2", che è un vecchio testo che scrissi tanto tempo fa che non ha nulla, proprio NULLA a che fare con le fanfiction. Se non ho mai avuto il coraggio o la forza di pubblicare originali, posso almeno dire che questa storia ha dei pezzi praticamente copia-incollati e in realtà riadattati di un'originale. E niente, ai miei occhi è una gran cosa, ma a voi non cambia niente, obv quindi non so perché mi stia trattenendo qui a straparlare. Quindi niente, grazie di aver letto e (forse) a presto!
   
 
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