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Autore: la luna nera    02/10/2020    3 recensioni
La Duke of Kent Music Academy è una delle più prestigiose scuole di musica dell'intero Regno Unito. Per Charlotte e Sophie, selezionate per un semestre di studi, è un'occasione unica e partono assieme all'insegnante per questa avventura. Ma l'Accademia non è solo musica e melodia, è anche un luogo in cui esistono storie inghiottite dallo scorrere del tempo.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il pubblico era entusiasta e le standing ovations si ripetevano sistematicamente alla fine di ogni brano. Mr Ascott aveva proposto una sua opera ispirata ad un viaggio in oriente, composta da cinque parti dedicate rispettivamente a Giappone, Corea, Cina, Tailandia e Vietnam. Da ogni poro della sua pelle sprizzava un amore smisurato per la musica, ci metteva l’anima e pareva essere tutt’uno con il pianoforte. Le sue mani si muovevano sicure e le dita parevano accarezzare i tasti, mentre le sue labbra erano sempre piegate nel sorriso di chi sa che sta facendo ciò che di più ama. Per l’esecuzione della Seasons Symphony aveva chiesto l’ausilio di Gary, lasciandogli il compito di accompagnarlo al pianoforte, mentre lui suonava l’assolo con l’oboe. Erano melodie frizzanti e piacevoli, non quelle musiche pesanti e noiose, ma nonostante tutto, a differenza degli altri insegnanti, ogni tanto sul volto della Stanford compariva uno sbadiglio che la donna tentava di mascherare in modo piuttosto maldestro, particolare che non era passato inosservato a chi conosceva la sua reale identità.
 


La prima parte del concerto si concluse con tre minuti di applausi meritatissimi. Molti studenti, fra cui Ethan e Oliver, uscirono nell’ampio corridoio per prendere una boccata d’aria in attesa del secondo tempo. Erano tutti compiaciuti del concerto e infatti la maggior parte dei presenti parlava di quanto ascoltato e commentava positivamente, esternando l’entusiasmo e l’impazienza di poter tornare dentro per assistere al seguito. La Stanford stava ritornando dalla caffetteria dopo aver consumato un caffè con la speranza che la bevanda le togliesse un po’ di sonnolenza; scorse Oliver ed Ethan che parlottavano in un angolo non troppo distante dall’ingresso dell’aula magna, assottigliò gli occhi e si avvicinò con indifferenza ai due.
“Buonasera professoressa.” Oliver la saluto con il sorriso. “Gran bel concerto, vero?”
“Salve ragazzi.” La donna si soffermò e prese a scrutarli. “Sì, il maestro Ascott ci sta regalando una serata di rara bellezza.”
“Posso chiederle cosa ne pensa del Crescendo eseguito con l’oboe sulla parte centrale del brano dedicato alla Primavera nella Seasons Symphony?”
“Oh…” La donna, che non era un’insegnante di musica, rimase silenziosa per qualche istante spiazzata dalla domanda. “E’ stata molto…molto…, come posso esprimermi…. Coinvolgente.”
“Naturalmente.” Oliver la stava volutamente mettendo in difficoltà. “Tuttavia credo che il maestro abbia fatto un gran lavoro nell’utilizzo di tutti e dodici i semitoni di un’unica ottava, ha creato armonie eccellenti e una musicalità davvero unica. Lei come trova tale utilizzo? Ha una sua idea, che so, ha mai composto musiche usandoli tutti come Mr Ascott?”
Si finse pensierosa, non sapeva cosa rispondere. Che cos’erano i semitoni di un’ottava?! Sapeva che le note musicali erano sette, forse intendeva i tasti neri del pianoforte? O quei segnetti simili ad un hashtag e ad una b sul pentagramma che ogni tanto i veri insegnanti tracciavano? “A dire il vero…no, non ho mai usato niente di ciò, magari potreste farlo voi come esercitazione nella composizione.” Incrociò le braccia sforzandosi di apparire sorridente e tranquilla. “Vogliamo tornare nell’aula per la seconda parte dello spettacolo?” Per sua fortuna il concerto stava per riprendere.
“Naturalmente. Prego, dopo di lei.”
La donna aprì la porta, visibilmente seccata, poi un attimo prima di entrare si voltò di nuovo verso i due studenti. “Entrate voi, prego.”
“Come vuole.” Oliver si finse tranquillo ed assecondò la richiesta della Stanford seguito da Ethan che la salutò con un sorriso.
Si misero seduti ai loro posti nell’ultima fila, mentre la sospettosa finta insegnante tornò più avanti a pochi metri dal palco accanto al direttore. Gli altri studenti stavano rientrando un poco alla volta, si spensero le luci in sala e proprio in quell’istante Ethan ed Oliver si alzarono con enorme circospezione e si infilarono nello spiraglio della porta giusto un attimo prima che si chiudesse alle spalle degli ultimi studenti rimasti nel corridoio.
“Bene, siamo fuori e nessuno se n’è accorto.” Oliver era ben soddisfatto. “Vieni, avviciniamoci alle scale.”
“Di’ un po’, prima ti ha dato di volta il cervello?”
“Perché?”
“Fare tutte quelle domande alla Stanford ti è sembrata un’idea geniale? Quella ci tiene d’occhio da settimane, probabilmente sospetta qualcosa e tu vai a romperle le scatole in quel modo?”
L’altro ridacchiò. “Mi sono solo voluto divertire a metterla in difficoltà. Non aveva la minima idea di cosa le stessi chiedendo, hai visto la sua faccia? Lei non sa che noi sappiamo chi è veramente e se anche sospetta di noi, se grazie alle sue facoltà medianiche ha capito cosa abbiamo intenzione di fare, deve stare zitta altrimenti rischia di uscire allo scoperto e poi voglio vedere cosa si inventa.”
“Bah, sei incredibile.” Ethan era rimasto a bocca aperta.
“Bando alle ciance, bro, andiamo.”
Un’ultima occhiata di controllo a destra e a sinistra e poi presero a salire su per le scale, muovendo i piedi con il passo felpato di un gatto. Complice la semioscurità, giunsero tranquillamente al piano superiore.
“Però….” Oliver si guardava attorno. “Si trattano bene i signori, che lusso!”
“Controlli dopo se il tappeto e le lampade sono di tuo gradimento, se vogliamo fare quello che vogliamo fare, mettiamoci al lavoro. “Ethan non era troppo tranquillo. “Se ci beccano, ci sbattono fuori a calci nel culo.”
“Ok-ok. Andiamo allora.”
“Ecco: dietro questa porta c’è l’ufficio del boss. Come ci entriamo?”
“Grazie a questo meraviglioso oggetto che si chiama maniglia. E’ utile, sai? Basta piegarla così e…..”
“E non si apre, genio!”
“Hanno chiuso a chiave: significa che lì dentro nascondono qualcosa. Qui nessuno può salire, che senso ha chiudere a chiave?”
“Tu credi che tutti quelli che stanno qui lasciano le loro stanze aperte alla mercé di tutti? Tira fuori il piano B piuttosto.”
“Eccolo.” Estrasse una forcina dalla tasca e la infilò nel buco della chiave tentando di aprire. Ma mentre era impegnato nell’operazione, una corrente di aria gelida fece rabbrividire entrambi.
“Che succede?” Ethan sobbalzò spaventato e sorpreso.
“Cosa vuoi che succeda? Sarà uno spiffero, forse hanno lasciato aperto il lucernario.”
“Siamo in primavera inoltrata, quell’aria era troppo fredda.” Ribatté l’altro per niente convinto. “E se ci fosse… qualcuno?”
“No, lo escludo. Sono tutti giù al concerto.”
“Non intendevo qualcuno in carne ed ossa.”
E infatti nel vento gelido che li accarezzò, percepirono nettamente
 
GO AWAY!
 
“Che cos’è stato?” Ethan si voltò nervosamente guardando in tutte le direzioni.
 
GO AWAY!
 
“Di nuovo.” Sussurrò l’altro. “Allora non ce lo siamo sognati.”
“Eppure il corridoio è deserto.”
“Sei troppo nervoso, bro, coraggio, camomillati e stai tranqui.” Infilò la forcina della serratura ma ritrasse immediatamente la mano perché avvertì una leggera scossa elettrica. “Ehi, ma ….che scherzo è questo?!”
 
GO AWAY!
 
“No, non mi piace questa situazione.” Ethan aveva di nuovo percepito la voce misteriosa.
“Senti” Si voltò l’altro. “In tutta onestà ti facevo meno fifone. Dov’è lo spirito di avventura che tanto ostentavi? Dov’è finita l’adrenalina? Nel cesso? Siamo qui per scoprire ciò che loro vogliono nascondere, pure i fantasmi stanno dalla nostra parte!”
“E allora come spieghi tutto questo? La voce che ci chiede di andarcene e tu che avverti dell’elettricità provando a forzare la serratura? Come spieghi tutto ciò?!”
“Arthur e Mathilde ci hanno aiutati in più di una occasione, è chiaro che fanno il tifo per noi, che senso avrebbe adesso starci contro ed ostacolare le nostre ricerche?”
“Ti ricordo che Arthur si manifesta in modo imprevedibile, potrebbe…. Attento!!”
Allontanò rapidamente l’amico dalla porta giusto un attimo prima che un vaso lo colpisse alla testa.
“E che c… Ma come…. Voglio dire… “Oliver balbettava spaventato. “Ma chi….chi ha lanciato quel vaso?”
“Indovina.” Ma i problemi non erano finiti. “Porca…. Qualcuno sta salendo su per le scale! Siamo fottuti!”
Oliver si affacciò furtivamente e scorse un’ombra. “Cavolo cavolo cavolo!! Perché il fantasma stavolta non ci aiuta?!”
“Non puoi sempre sperare che ci tolgano dai guai.” Ethan era nervoso, se li avessero scoperti, automaticamente sarebbe scattata l’espulsione e lui non aveva la minima intenzione di tornarsene a casa.

E invece anche quella volta gli spiriti si fecero sentire, seppur a modo loro. La persona che stava salendo le scale si fermò all’improvviso iniziando a tossire e respirare con un certo affanno. Contemporaneamente le luci presero ad accendersi e spegnersi come impazzite, tutte le finestre e le porte che davano sull’esterno si spalancarono all’unisono, interrompendo di fatto il concerto del maestro Ascott. Poi in tutto l’edificio saltò l’elettricità. L’aula magna era illuminata solo dalla flebile luce di emergenza posta sopra l’uscita e il panico si stava diffondendo fra il pubblico ignaro dell’accaduto. Qualcuno ebbe l’istinto di alzarsi e precipitarsi verso la porta, non curandosi degli altri e finendo per creare ulteriore panico fra urla e spintoni. Sophie ben sapeva che dietro tutto quel caos c’era l’incursione nell’ufficio del direttore da parte di Ethan ed Oliver, incursione che aveva tentato inutilmente di bloccare. Non conosceva l’esito, ma il suo istinto le suggeriva che qualcosa non era andato come avrebbe dovuto perché quegli eventi improvvisi erano stati sicuramente scatenati dagli spiriti. Il suo sguardo andò a cercare quello del suo amore segreto, lo vide, si era alzato dal suo posto come tutti gli altri insegnanti che si stavano preoccupando dell’incolumità degli studenti. Dopo il concerto le avrebbe raccontato tutto nel dettaglio, durante la loro breve telefonata aveva solo capito che il loro amore clandestino aveva risvegliato i due spiriti e che questi contavano su di loro per poter vivere il loro amore liberamente e senza costrizioni. Sophie sentì che qualcuno le aveva stretto la mano, capì che si trattava di Charlotte, la stava aiutando ad uscire dall’ambiente assieme a Gary ed Iris. Anche all’esterno dell’aula magna le luci erano spente e molte persone si stavano riversando all’esterno dell’edificio, dove invece l’elettricità era presente. Mr Ascott si trovava assieme agli insegnanti e al direttore, quest’ultimo visibilmente preoccupato sia per gli studenti che per l’ospite illustre; Charlotte, Gary, Sophie ed Iris si ricongiunsero ad Emily e Jason. Mancavano Ethan e Oliver. I primi tre sapevano, ma decisero con una tacita intesa di far finta di nulla ed affidarsi alla sorte, sperando che l’oscurità li coprisse e che gli insegnanti non facessero troppe domande, in particolare la Stanford.
 
 
 
 


 
 
“E ora che si fa?”
Oliver non sapeva cosa rispondere, aveva sentito le urla provenire dal piano terra, sicuramente molti di quelli che assistevano al concerto si erano spostati nell’androne: scendere dalle scale senza dare nell’occhio sarebbe stato impossibile. “Dobbiamo trovare un modo alternativo per tornare al piano di sotto.” Si guardava intorno sperando in qualche aiuto dell’ultimo minuto. “Andiamo laggiù!” Presero a correre dirigendosi furtivamente verso la fine del corridoio, fra l’altro la persona che aveva accusato il malore si era ripresa leggermente e stava di nuovo salendo le scale. Nella semioscurità, barcollando sotto lo sguardo poco raccomandabile dei musicisti del passato ritratti nei quadri appesi alle pareti, arrivarono in fondo, dove il corridoio proseguiva facendo angolo e terminando con una porta di legno scuro.
“Siamo fregati, porca puttana!” Ethan sbottò pieno di rabbia. “Se ci sbattono fuori io…”
“Shhh! Fa’ silenzio!” Lo zittì l’altro. “Guarda.”  Oliver aveva casualmente poggiato la mano sulla porta e aveva notato che a causa dell’usura del tempo, si apriva con facilità producendo solo un impercettibile cigolio. “Entriamo e vediamo cosa c’è qui dentro.”
“Ma sei impazzito?!”
“Va bene, tu torna pure indietro e fatti beccare dal direttore e dalla Stanford se hai così tanta paura. Ti credevo meno cagasotto, bro.”
Ethan non aveva gradito l’appellativo “cagasotto”. In effetti negli ultimi tempi si era reso conto di aver iniziato ad essere più riflessivo, a pensare con maggiore attenzione a ciò che stava per fare, a comportarsi in modo meno frivolo e superficiale, a giocare meno con le persone e a prendere le cose in mondo meno avventato. Una volta sarebbe stato lui il primo a spingere quella porta, sbirciare ed avere l’esclusiva della scoperta, vantarsi poi con tutti quanti del suo coraggio e del suo disprezzo del pericolo; eppure aveva titubato, lasciando il timone del comando all’amico. Aveva paura di essere espulso e di dover lasciare l’accademia sotto il peso della vergogna, sotto gli occhi degli amici che sicuramente non lo avrebbero considerato più uno di quelli superfighi, senza contare le prospettive per il suo futuro da musicista.
“Beh? Vuoi davvero piantarmi in asso?” Oliver si voltò notando l’amico pensieroso.
“D’accordo, andiamo.” Scosse la testa quasi con rassegnazione. “Nella peggiore delle ipotesi ci nascondiamo qui dentro e attendiamo momenti migliori.”
La porta si chiuse alle loro spalle con un tonfo secco, erano avvolti dalla totale oscurità. Sentivano ancora voci e rumori provenire dal piano di sotto, evidentemente la situazione non era ancora sotto controllo. Oliver accese la piccola torcia che portava con sé ed iniziò ad illuminare l’ambiente per rendersi almeno conto di dove si trovavano. Non c’erano finestre né aperture che davano sull’esterno, solo mucchi di ragnatele penzolanti dal soffitto e dalla balaustra di una ripida scala di legno.
“E questa?” Oliver si avvicinò illuminando con la torcia. “Dove porterà questa scala?”
“Sicuramente nessuno la usa più da tempo, guarda com’è ridotta!” Osservò Ethan. “Ho la sensazione che porti al sottotetto e alla torre, sono luoghi proibiti e sappiamo bene perché oramai.”
“E se andiamo su?” Propose l’altro. “La ricerca dei documenti nell’ufficio del direttore oramai è saltata, ma potremmo trovare qualcosa lassù. Rifletti, amico: Mathilde si è lanciata dalla torre, tutti noi abbiamo visto il suo spirito ed è molto probabile che nel sottotetto alloggiavano gli insegnanti a fine ottocento. Se così fosse, questi potrebbero essere i luoghi teatro della loro storia.”
“Tu speri di trovare qualcosa che….” Si interruppe all’improvviso. “Ascolta.” Sentiva una triste musica di pianoforte. “Sembra provenire da lassù.”
“Hai ragione. Andiamo a vedere?”
Come Oliver mosse i primi passi, la musica cessò e davanti ai loro occhi comparve dal nulla una figura bianca dai lunghi capelli e la testa china. Il display del telefono si illuminò senza un apparente motivo, mostrando assenza di segnale, la torcia si spense e udirono una voce roca che diceva
 
STOP, DON’T FOLLOW ME
 
E chi l’avrebbe seguita?! Nonostante la passione per i misteri e la continua ricerca dell’inspiegabile, trovarsi faccia a faccia con un fantasma ed interagire con esso li aveva letteralmente paralizzati. La figura evanescente attraversò la porta e i due udirono un paio di porte sbattere, urla, sedie cadute a terra e infine passi allontanarsi rapidamente. Dopo alcuni secondi la torcia di Oliver riprese a funzionare e la porta si aprì da sola. Il corridoio era deserto, era scomparso pure il fantasma, tuttavia esitavano ad uscire poiché ancora non si erano ripresi dallo spavento. All’improvviso però percepirono una corrente gelida alle loro spalle, si voltarono e scorsero un’altra figura evanescente, questa volta più alta, poco amichevole e con i capelli corti.
 
GO AWAY! NEVER COME BACK!
 
Come udirono queste parole e videro lo spirito avvicinarsi, se la diedero a gambe levate, senza preoccuparsi di niente e di nessuno.
 
 
 


 
Nel frattempo davanti all’ingresso dell’accademia la Stanford girava fra i presenti tentando di mascherare il nervosismo e la voglia di beccare e smascherare quei due ficcanaso che avevano scatenato tutta quella confusione. Sembrava una tigre rinchiusa e quando si presentò davanti a Gary e alle ragazze i suoi occhi apparivano di fuoco.
“Dove sono Ethan Foster ed Oliver Mitchell?” Sibilò questa domanda stringendo i pugni cercando di controllare la sua rabbia.
“Siamo qui, professoressa.”
La donna si voltò e vide i due studenti avvicinarsi. “Dove eravate?” La sua voce era sempre gelida e carica di rabbia.
“Assieme agli altri.” Rispose Oliver. “Sono caduto a causa di un paio di spintoni ed Ethan mi ha aiutato a rialzarmi e ad uscire dall’aula magna. Ci siamo soffermati un istante nell’androne perché accusavo qualche doloretto alla caviglia, ma non era niente di ché e poi siamo usciti all’esterno.”
Lei sapeva benissimo che mentiva, dovette ammettere a se stessa che il giovane studente era un attore eccellente, tuttavia si limitò ad un cenno di assenso con la testa evitando di ribattere poiché avrebbe rischiato di uscire allo scoperto.
Girò sui tacchi e si ricongiunse con il corpo docenti, mentre la corrente elettrica riprese ad illuminare l’accademia.
 
 
 
 
 
 



Buongiorno a tutti!

E ben ritrovati! Sinceramente avevo sperato di aggiornare prima, ma non mi è stato possibile fare diversamente. A costo di essere ripetitiva, permettetemi di ringraziare tutti i lettori che ancora mi seguono e dedicano una parte del loro tempo alla storia, in particolare i recensori, più i nuovi lettori che spero di non deludervi.
Ethan e Oliver hanno tentato di intrufolarsi nell’ufficio del direttore per cercare i documenti relativi a Mathilde ed Arthur, ma non ci sono riusciti. Sono invece riusciti ad avere un incontro ravvicinato con i fantasmi che, sembra, non vogliono che scoprano tutto ciò che li riguarda. Eppure continuano ad aiutarli: perché?
Spero il capitolo sia stato di vostro gradimento, non so se ho creato la giusta tensione, forse avrei dovuto attendere per l’aggiornamento ma non ho voluto far passare ulteriore tempo.

Attendo i vostri sempre graditi commenti! A presto e buon fine settimana!


 
Un abbraccio
 
La Luna Nera
 
 

 
  
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