Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: Earth    02/10/2020    10 recensioni
Gli abitanti di Man adorano spaventare i visitatori con le terrificanti storie della Strega.
Le sussurrano davanti ai camini, quando già sono un po' brilli.
E non c'è da stupirsi che da sobri giurino che sono solo chiacchiere da marinai.
Perché, nel profondo, tremano tutti all'idea che lei possa sentirli.
Questa volta un fatto curioso è venuto fino a Man.
Perché, da quando il peschereccio ha attraccato nel porto, uno degli uomini di Robès non ha più parlato.
Dicono che la Strega gli abbia mangiato la lingua.
Ma Ellen non crede a nessuna delle cose che ha sentito su questa storia.
Eppure.
~ gatti, un'isola, il mare, una vecchia leggenda
~ sciabordio, bisbigli, fruscio, crepitio, sussurri, cigolio, brusio
[Questa storia ha vinto i premi di "miglior film" e "miglior fotografia" agli Oscar della Penna 2022 indetti sul forum Ferisce più la penna]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Doveva essere una raccolta di drabble, ma ho fallito miseramente.
Grazie per aver scelto questa storia!
Buona lettura :-*

 

La Strega del Mare

 

Spesso ci sono più cose
naufragate in fondo a un’anima
che in fondo al mare

(Victor Hugo)

 

{Sciabordio}

 

 

A Man i gatti non hanno la coda.
E ad Ellen ha sempre fatto sorridere come la prima cosa che notano tutti quelli che arrivano dalla terra non è mai l'odore pungente di pesce avariato e salsedine che infesta il porto, non è la scogliera a strapiombo che corre lungo tutta la costa est, non è nemmeno la gigantesca fontana a forma di granchio nella piazza difronte alla chiesa, né i colori variopinti dei tetti delle case.
No, la prima cosa che salta sempre all'occhio a coloro che arrivano dalla terra è che ai piccoli felini di Man – accoccolati sui davanzali delle finestre, nascosti sotto i banchi del mercato, sonnecchianti all'ombra dei cespugli – manca la coda.
E se lo si chiede agli isolani probabilmente risponderanno che i gatti, la coda, l'hanno persa nel salvarsi dal grande diluvio; che gliel'ha mangiata il cane infernale invidioso; o che sono stati i pixie delle colline a rubarla per farne berretti.
Ma la storia che gli piace di più raccontare è quella che narra di come i gatti, la coda, l'abbiano data in pegno alla Strega del Mare.
Gli abitanti di Man adorano spaventare i visitatori con le terrificanti storie della Strega.
Le sussurrano davanti ai camini, quando già sono un po' brilli; le bisbigliano tra i bagliori fiochi delle candele, mentre i bambini stanno andando a dormire; le mormorano per le strade buie, quando anche la luna è scomparsa.
E non c'è da stupirsi che da sobri, di giorno, mentre la vita scorre frenetica, giurino che sono solo chiacchiere da marinai.
Perché, nel profondo, tremano tutti all'idea che lei possa sentirli.

 

Narrano che lei abiti le profondità più buie dell'oceano, lì dove la luce non arrivava.
Se una nave si spinge troppo oltre lei chiama i venti, il cielo si oscura e il mare si increspa.
Appare come una macchia tra le onde: occhi di sangue e denti aguzzi come spilli.
È attratta dai canti dei ponti e dalle risate degli uomini.
Ha la pelle squamosa e alghe velenose per capelli.
Dicono che inizi in un brusio, poi un grido acuto spezza la quiete e una maledizione si scaglia sui malcapitati: le travi marciscono e le vele si strappano.
Sventurati i marinai che cadono in acqua: giù tra i flutti inclementi e le sue fauci.

 

{Bisbigli}

 

Ed è una pallida mattina di fine luglio quando il capitano Robès torna a casa senza neanche un pesce.
Una tempesta li ha colti di sorpresa.
A Man l'oceano ha aggredito gli scogli e le barche del porto sono state tirate a secco in tutta fretta.
Chissà lì nel mare.
Il peschereccio ha attraccato all'alba: l'albero maestro spezzato e quattro anime in meno tra l'equipaggio.

 

Due settimane dopo, alla Taverna del Corvo Vecchio, tra un boccale di birra e un piatto di minestra, Robès e i suoi uomini masticano ancora terrore, imprecazioni e sale.
La Taverna è un posto sicuro. La sua insegna chiara, che cigola quando il vento è troppo forte, si vede già dal mare: un corvo dal becco grigio e le penne blu che decora un legno bianco e lucido. Dalla porta, che si apre svelta e si richiude dietro i passi dei clienti, scappano profumi di stufato allo zenzero e pasticci di frutta. E c’è sempre un chiacchiericcio di sottofondo che fa sentire tutti accolti e protetti.
Al tavolo all’angolo ora stanno Ellen, Bree e Pòl – nipoti, e unici eredi, della signorina Kable, la proprietaria del Corvo.
Ascoltano storie di mare e i pettegolezzi che non tardano mai ad arrivare.
Ed anche questa volta un fatto curioso è venuto fino a Man.
Le voci si sono sparpagliate in fretta, sono scese dalla nave insieme al primo piede che ha toccato l’isola. Perché, da quando il peschereccio ha attraccato nel porto, uno degli uomini di Robès non ha più parlato. È il giovane Finnian, figlio degli ormai defunti signori Tallite.
Finn ha vissuto a Man quando era piccolo, frequentando la scuola della parrocchia con tutti gli altri bambini. Poi, in una giornata grigia di novembre, è salpato insieme a suo zio su di una barchetta traballante con due vele storte.
E il mare se l’è rubato.
I piedi a terra li rimette di rado. Arriva, passa quattro giorni nella vecchia casa di famiglia e poi riscompare su di un'altra nave per settimane – a volte anche per mesi.
Ora però è tornato da quindici giorni. E, da quando è sceso dal peschereccio ferito di Robès, Finn non ha detto neanche una parola. A nessuno.

 

«Dicono che la Strega gli abbia mangiato la lingua» afferma Pól prendendo un dolcetto avanzato dal vassoio.
«No!?» Bree è sbalordita.
«Oh, sì» continua il ragazzo leccandosi lo zucchero dalle dita «Durante l'ultima traversata. È per questo che nessuno lo ha mai sentito parlare da quando sono tornati.»
Ellen trattiene a stento una risata: «Ma che sciocchezze.»
«Non ci credi?» e il tono di Pól ha qualcosa della sfida dentro.
Ellen prende un sorso di tè alla vaniglia scettica: «Perché, c'è qualcuno che ci crede?»
«Io sì» risponde Bree convinta.
«Davvero?»
Bree fa spallucce come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Poi Pól s'illumina: «Facciamo una scommessa.»
«Che idea splendida!» gli da corda Bree.
Lui si schiarisce la voce: «Se riesci a farlo parlare prima dell’autunno» e sta guardando Ellen un po' troppo seriamente: «ti diamo diciassette monete d'argento.»
Ellen sta per strozzarsi: «Quante?»
«Io non ho tutti questi soldi» bisbiglia Bree ad un noncurante Pól – «Nemmeno io» fa lui.
Ellen comincia a credere che il tè sia stato corretto – mette giù la tazza.
«Non ha il minimo senso» ci tiene a precisare lei, ma Pól è convintissimo: «Se non ci riesci significa che ho ragione io.»
Ellen è davvero sconcertata – Pól e Bree: quelli giudiziosi e responsabili.
Li osserva discutere di streghe e malefici.
E pensa che diciassette argenti sono proprio tanti.
«Va bene.»

 

{Fruscio}

 

Sono passati altri dieci giorni – Pòl le tiene il conto – e lei con Finnian non ha ancora scambiato nemmeno un saluto.
Adesso sono tutti radunati al confine della brughiera: i fratelli Kirc hanno organizzato uno spettacolo pirotecnico. Degno della regina hanno detto. E così la gente è accorsa, colorata, chiassosa e brulicante.
E c’è anche Finnian. È seduto su di un tronco rovesciato in fondo alla collina; e Bree non può fare a meno di continuare a cinguettare all'orecchio di Ellen che Questo è il momento perfetto per andare a parlarci.

 

«E’ una serata bellissima, vero?» dice Ellen sedendosi anche lei su quel'albero caduto, all'estremità opposta di dove sta Finn, «Con i fuochi d’artificio non avranno problemi» commenta «si vedranno fino alla scogliera.»
Finn si volta a guardarla spostandosi un ciuffo di capelli chiari dagli occhi.
Lei lo scruta: indossa una camicia leggera e dei pantaloni stropicciati; ha la pelle abbronzata e le lentiggini sulle guance.
«Dicono che era da un pezzo che non tornavi a casa: devi aver visto un sacco di posti» prova a dirgli.
Lui la osserva – con un sopracciglio alzato e uno cipiglio vagamente incuriosito.
Ellen aspetta.
Qualcuno dalla strada lancia un grido divertito e poi si sente un applauso.
Ellen sa che da qualche parte alle sue spalle Bree la sta tenendo d’occhio.
Ma Finnian non dice niente.
«Com’è stare su di una barca per tanto tempo?» Tenta ancora «ci si abitua presto al continuo rollio delle onde?»
Non le risponde.
Finn la guarda serio per un po’ – e sul viso gli passa un ombra strana, Ellen non sa dire se sia di sorpresa o divertimento: forse è nostalgia.
E lei insiste: «Tutti quelli che tornano dal mare adorano raccontare storie.» Ne hanno a bizzeffe anche su di te, sai? Pensa. E non sono per niente lusinghiere. «Curioso, non trovi?»
Il sole è sempre più basso alle loro spalle – e le loro ombre sono sempre più lunghe e più scure.
«Ho sempre trovato stranissimo come, in realtà, nessuno smette mai davvero di crederci» gli fa ancora.
Forse quei bisbigli – quelle favole su maledizioni e mostri marini che corrono alla taverna – hanno raggiunto anche lui. Oh, sicuramente lo hanno raggiunto. «E anche da vecchi qui sono tutti dei creduloni» gli dice sistemandosi un po' meglio il cappello sull'acconciatura.
Poi Ellen sospira: «Io no, sai?»
Dimmi qualcosa... E sinceramente non sa se è un pensiero o una preghiera.
Pòl non può avere ragione. Loro non devono averla.
Eppure.
Finn sposta lo sguardo da lei ad un gruppo di ragazzini che si rincorrono scalzi sull'erba facendo volare un aquilone. Sta sorridendo. Ed Ellen pensa che è un bel sorriso – che fa sorridere anche lei.
Così per un po' il silenzio è un frusciare di foglie e schiamazzi.
«Però la mia preferita è quella delle lucciole» gli dice ad un certo punto «piccoli insetti caparbi che si sono mangiati le stelle» mentre osserva il profilo disordinato di Finn – e pensa che lui di storie deve conoscerne tantissime.
E che della scommessa non le importa più niente.
Che quella sera Finn non dirà nemmeno una sillaba.

 

 

{Crepitio}

 

Nel camino i ciocchi di legno sono frammenti neri e rossi. Anche se è ancora estate. Mr Golli ha tenuto il fuoco acceso tutta la notte. Mi serve per pensare! ha spiegato a Ser Nicolas quando è entrato nel suo studio con le carte della costa e i resoconti degli avvistamenti degli ultimi tre anni.
A Mr Golli le storie non piacciono, ed è per questo che se ne sta sempre chiuso nella sua magione. Lì il chiacchiericcio non arriva.
Ma le navi del concordato sono state un investimento importante. Lui e altri due signori in panciotto mettono il capitale e i sette capitani del porto ci mettono il lavoro. Ma la nave di Robès è finita in pezzi. E non è stata la prima. E questa storia deve finire.
Ora è mattino presto e dalle finestre della magione, se si guarda verso est, si può vedere l’alba tingere cielo e mare di rosa.
Ma Mr Golli sta guardando le sue carte.
«Mi assicura che lei è l’uomo giusto?»
«Si può fidare, conosco queste acque come le mie tasche. Niente e nessuno può sfuggirmi.»
«Non credo affatto alle vostre storielle. Spero che questo lei lo sappia bene.»
«Se lei fosse stato lì-»
«Non mi interessa. Io le finanzio questa spedizione fantastica e lei mi giura che quando tornerà nessuna delle mie navi verrà più fatta a pezzi. Qualunque cosa sia responsabile di questo disastro: deve sparire.»
«Sarà fatto.»

 

Ser Nicolas esce dall’alta porta della casa del Signor Golli in tutta fretta. In tasca gli tintinnano monete di un oro così lucido che per un attimo ha pensato fossero false.
Il suo equipaggio sarà entusiasta – forse non tanto per la spedizione che ha appena concordato, ma sicuramente, vista la paga, saranno tutti pronti a partire il prima possibile. Forse potrebbe raccattare qualcuno anche tra gli uomini di Robès, di certo qualche braccia in più non farebbero male.

 

È l’ora di pranzo quando Ellen entra al Corvo Vecchio. Pòl dietro al bancone sta servendo aringhe affumicate e focaccine a due marinai dalle barbe incolte.
«Cos’è tutta questa agitazione?» chiede lei sistemando il cesto di uova nella dispensa. «Al porto c’è tutto un correre avanti e indietro di garzoni carichi di cianfrusaglie.»
Pòl le passa una ciotola vuota e alza gli occhi al cielo «Possibile che sei sempre l’ultima a sapere ogni cosa?»
Ellen gli lancia uno sguardo acido. «Sai com'è: non sto mica ad ascoltare pettegolezzi tutto il giorno.»
Ridendo, Pòl la stuzzica: «E, di grazia, cos'è che fai, a parte impastare tortini?» Poi continua: «Comunque, Ser Nicolas si è fatto pagare una nave nuova da Golli e sta mettendo su una squadra,» spiega indicando con il mento un gruppo di giovani al tavolo sotto la finestra, «una ciurma ammazza-mostri».
Ed Ellen pensa che forse quello che riempiva le braccia dei garzoni non erano proprio cianfrusaglie – forse non erano solo funi e reti.
«Inoltre Nicolas è d’accordo con me – e con tutti. Perché non ammetti che hai perso e la finiamo qui? Ti faccio uno sconto» precisa il ragazzo con un sorriso sornione.
«Perché io non credo affatto alle storie sui mostri» ribatte lei.
Pòl sparisce per un attimo nella cucina borbottando.
Ed Ellen sente una strana sensazione correrle sotto i polpastrelli – ma forse è solo la grana ruvida del cucchiaio di legno che sta usando per riempire le ciotole di porridge dei marinai con le barbe incolte.
Poi Pòl torna con una caraffa di caffè bollente che diffonde un aroma caldo e corposo per tutta la stanza. «Nicolas è stato qui tutta la mattina a prendere firme per il suo nuovo equipaggio» riprende ad informarla «è andato via mezz’ora fa e Bree è certa di averlo visto insieme a Finn svoltare nel vicolo dietro il mugnaio.»
Bree adesso sta brindando insieme ai ragazzi vicino la finestra distribuendo boccali di birra e sorrisi.
Ed Ellen ripensa al sorriso che le ha fatto Finn quando lei gli ha raccontato delle lucciole – e ancora si chiede come abbia potuto dar voce a così tante chiacchiere. Ma lui non l’ha fermata
Lui non le ha riposto.
Una ciurma ammazza-mostri.
La Strega del Mare gli ha mangiato la lingua.
Ellen non crede a nessuna delle cose che ha sentito su questa storia.
Eppure.
Eppure ne sono tutti così tanto convinti.
Sbuffa voltandosi e sfilandosi svelta il grembiule.
«Adesso dove stai andando?»
«È finita la farina.»

 

{Sussurri}

 

Il negozio del mugnaio è a un isolato dalla Taverna. Ellen ci arriva in pochi minuti e prende il vicolo alla sua sinistra: è una stradina storta, lastricata di pietre scure, che finisce in una piazzetta quadrata con una piccola fontana al centro e una siepe che le corre tutt’intorno.

 

La risata di Ser Nicolas è grossa e tonante – ed Ellen la sente ancor prima di vederlo.
Si affaccia nella piazza mentre l’uomo ride con una mano sulla spalla di Finnian.
Ma Finn non ride. È in piedi davanti a Ser Nicolas e lo guarda ad occhi sgranati.
«Ser» Ellen si schiarisce la voce avvicinandosi «Mi perdoni, ma alla Taverna la stanno cercando.»
Ser Nicolas e Finnian si sono voltati verso di lei e l’uomo ora si sta passando una mano sotto gli occhi.
«Pare abbiano avuto qualche problema con alcuni documenti» inventa la ragazza oltrepassando la fontana e fermandosi a qualche passo dai due. Ser Nicolas la squadra – lei sorride – poi, imprecando, si incammina svelto su per la strada.
Finnian è immobile e pallido quando rimangono da soli. E ad un tratto cade sulle ginocchia.
«Oh cielo!» Ellen gli si avvicina allarmata.
Finnian si tiene una mano alla gola e l'altra premuta sulle labbra.
«Ti senti male!? Vado a chiamare il dottor Smith!?» La ragazza fa per voltarsi, ma lui le afferra la gonna, per un attimo, fermandola.
Ellen torna a guardarlo e quello che trova è terrore. C'è della paura negli occhi di Finnian, mescolata ad una supplica muta.
E lei si sente gelare – in lontananza il cielo tuona e bagliori irrompono tra le nubi, le onde si infrangono arrabbiate sugli scogli e un vento nuovo le scompiglia i capelli.
Poi Ellen gli si inginocchia accanto. Lui si sposta appena sedendosi sul selciato con la schiena appoggiata alla siepe e il capo poco poco reclinato all'indietro – i capelli che sfiorano le foglie verdi e i rametti spezzati.
Lei continua ad osservarlo incerta: Finnian ha chiuso gli occhi, forte forte, e ha la mano destra ancora intorno alla gola. Il respiro del ragazzo è irregolare: quasi un singhiozzo.
«Ser Nicolas ha portato brutte notizie?» prova lei e Finnian accenna un sorriso, vago e triste.
Poi apre gli occhi piano, tornado a guardarla.
«Lui...» Ellen deglutisce, si sente la bocca impasta «Lui sa tutto, non è vero?»
Tutto quello che lei non sa, tutto quello che nessuno lì sa.
Finn non si muove, né un assenso, né un diniego, il suo viso è immobile e lo sguardo fisso in quello della ragazza.
«Che posso fare?» Ed Ellen sta quasi sussurrando.
Poi sente qualcosa sfiorarle la mano. Abbassa lo sguardo: il ragazzo le ha preso il polso in una stretta lieve – le sue dita sono fredde.
E basta, Finn non fa più nulla.

 

{Cigolio}

 

Sono tre giorni che ormai la nave di Golli è tornata al porto di Man.
Tre gironi che l'oceano è immobile.
Tre giorni che alla Taverna del Corvo Vecchio non si fa altro che brindare.
Le tempeste sono state sconfitte, la fortuna è tornata a riempire le reti di pesci e la spensieratezza sta animando i cuori.
Tre giorni in cui, che tu lo voglia o no, sei dentro una festa.
Ed è tra la musica del piano e il profumo dell'arrosto che cuoce lento nel camino che Pól le fa un baciamano impacciato e lei ride, sorpresa e divertita.
«Voltati così posso acconciarti i capelli» le consiglia Bree, e lei si muove in un mezzo volteggio che le fa fare quasi la ruota al vestito.
Sono davanti la finestra dalla quale Ellen può scorgere la banchina.
Sente le dita di Bree intrecciarle due campanule gialle dietro la nuca. «Non fare come l'ultima volta» la rimprovera bonariamente facendo scorrere lo sguardo sulle imbarcazioni colorate ferme nel porto «ci ho messo delle ore a scioglierli.» Sente Pól sussurrare qualcosa all'orecchio di Bree e poi entrambi ridacchiano.
Ed Ellen sta per ribattere che questa volta si sarebbe vendicata davvero, quando lo sguardo le va sul pontile: in fondo, nel punto più lontano dalla terra, c'è qualcuno che guarda il mare – c’è qualcuno che non sta festeggiando.
Ellen si sente una strana sensazione nello stomaco e per un istante – meno di un secondo solo, il tempo di un battito di ciglia – è come se il trambusto della taverna sparisse, come se nessuno stesse più suonando il piano, né ridendo, né cantando – come se nemmeno lei fosse più dentro quella festa.
Poi le dita di Bree che le sfiorano il collo la fanno tonare alla realtà
«Ecco qui» esclama la ragazza «Non ti preoccupare questa volta mi sono impegnata.»

 

 

Ellen ha lasciato il Corvo Vecchio, e degli Bree e Pól decisamente imbronciati, per muoversi verso il porto.
Finnian è appoggiato con gli avambracci alla staccionata del pontile e le dà le spalle. Ellen si è fermata a qualche passo dalla fine della passerella.
Lui la ignora – perché non è possibile che non si sia accorto del suo arrivo, le travi di legno hanno cigolato ad ogni suo passo, annunciandola.
L'oceano è blu e spaventosamente quieto. Il sole è ancora a qualche ora dall'orizzonte e un gabbiano plana veloce sull'acqua.
Ellen sente il silenzio del mare riempire l'aria salmastra tra loro.
«C'era un vecchio una volta» inizia lei «ero piccola e lo ricordo seduto su di una panchina davanti ai banchi del pesce» racconta «aveva un occhio di vetro e quattro dita alla mano destra.» Il gabbiano ora si sta lisciando le penne su di uno scoglio che spunta irto tra le acque «Diceva che, quando era giovane, lui la Strega del Mare l'aveva incontrata davvero.»
Ellen osserva Finnian continuare ad ignorarla.
«Raccontava che le onde erano diventate alte come il campanile e la sua barca si era rovesciata» Il gabbiano spicca un altro volo e scompare, svelto, verso il sole «Giurava che quello era stato il giorno peggiore della sua vita, che aveva visto la morte in faccia.»
Finnian a quel punto si muove di scatto e senza neanche degnarla di uno sguardo – ha la fronte corrucciata e le labbra tirate in una smorfia – fa per andarsene svelto.
Ed Ellen è sorpresa e spaventata da quella reazione: lui deve ascoltarla, non ha finito, non è questo quello gli è venuta a dire.
«Diceva che lei gli ha salvato la vita!» e quasi urla nell'impellente bisogno che lui non se ne vada.
E pare funzionare, perché Finnian si ferma.
Ellen rilassa le spalle e sospira: «Diceva che era bella. Che aveva i capelli rossi come il tramonto, che la sua pelle era chiara come la luna e che il suo sguardo era profondo più di tutti gli oceani. Diceva che era buona.»
Finnian si volta verso di lei e la osserva serio.
«Ci raccontava sempre che era grazie a lei che era tornato a casa sano e salvo. Diceva che lei era un mistero, ma un mistero gentile.»
Gli occhi di Finn sono tristi. La sta guardando eppure Ellen non è certa che la stia vedendo.
Poi lui fa due passi verso il parapetto e si ferma di nuovo lì a scrutare il mare. E ha le spalle un po’ curve e l'aria di qualcuno che si è perso.
Ellen si porta una mano ai capelli e si sfila una campanula dall'intreccio che le ha fatto Bree. Se la osserva un attimo tra le dita: i petali sono lisci con delle venature più scure verso la parte centrale, ancora profuma di campo.
Fa due passi e anche lei si trova davanti al parapetto – davanti al mare – accanto a Finnian.
«Qui a Man quando qualcuno muore portiamo delle corone di fiori,» Ellen sospira e con un dito segue il bordo di un petalo «ma siamo pescatori e navigatori e spesso non ci sono tombe su cui lasciarle, così le affidiamo alle onde perché possano portare a coloro che non ci sono più il nostro ultimo addio.»
Ellen allunga la mano oltre la ringhiera: il fiore giallo è tra le sue dita, sopra il mare immobile.

 

{Brusio}

 

Poi, quando i festeggiamenti sono finiti, passati e dimenticati, la vita a Man ha ripreso a scorrere veloce e placida come era sempre stata. I pescatori sono alle loro navi e reti, gli artigiani stringono i propri attrezzi sbeccati e le chiacchiere riempono le strade mescolandosi e confondendosi tra pettegolezzi e fatti di cronaca.
È giovedì e il mercato brulica di gente.
«Ellen?» qualcuno la sta chiamando. È una voce vicina, ma confusa dal rumorio della piazza. Non ci fa molto caso.
Ma Pól, sul tavolo di fronte a lei, quasi sbianca.
«Era una cosa ridicola-» sta continuando Bree quando però sposta lo sguardo alle spalle di Ellen e sgrana gli occhi anche lei, mentre le parole le finiscono.
Ed è allora che Ellen si volta: Finnian è in piedi dietro di lei – il cappello in tesa e bavero della giacca che svolazza appena accarezzato al vento leggero.
«Ellen Kable. È il tuo nome, giusto?» Le sorride.
«Per tutte le maree!» esclama Bree.
Ellen si alza dallo sgabello instabile a cui è appoggiata.
«Ciao» risponde cordiale «sì, è il mio nome.» L'occhio le cade sulla sacca sbiadita che il ragazzo stringe in mano.
«Volevo ringraziarti» La voce di Finnian è calma. È una voce semplice – qualcuno direbbe banale, deludente, forse, per tutte quelle aspettative che si è tirata dietro – non è particolarmente profonda, nè soave, nè avvolgente, nè… è una voce che si perde tra tutte quelle che risuonano lì nel mercato.
Poi lui le fa un cenno del capo e si allontana.
«E adesso dove li prendiamo tutti quei soldi!?»
Passa un istante che Finnian è già sparito in mezzo alla folla variopinta e gli odori pungenti.
E mentre Bree inizia a litigare con Pól – perché l’idea è stata sua e lei non ha intenzione di tirar fuori nemmeno una moneta per quel gioco bislacco – Ellen sente fremerle le mani e, mentre ancora sta decidendo, si ritrova a rincorrere il marinaio tra i banchi della piazza.
«Finn, aspetta!» gli grida. E lui si ferma e si volta.
Ellen lo raggiunge. «Dove stai andando? La tua nave non… Robès salpa tra due settimane.»
«La pesca non mi è mai piaciuta particolarmente.» Le sorride di nuovo, un sorriso impacciato e sfuggente. «Mi faccio dare un passaggio fino al continente dal signor Moore.»
La nave di Moore è grande, una passeggeri per persone che vogliono scappare o semplicemente farsi una vacanza all’asciutto. Ellen sente come un brivido percorrerle la pelle.
«Ci rivedremo?» chiede lei, anche se teme di sapere già la risposta
Finn la guarda – sente il suo sguardo sfiorarle il viso, i capelli, il vestito – ed Ellen ha l’impressione che stia cercando qualcosa.
«Sarebbe bello» le risponde.
Ma lui non tornerà mai più qui. Ellen se lo sente nelle ossa: gli occhi degli adii ha imparato a riconoscerli; è tutta la vita che vede la gente fare avanti e indietro dall’isola – e di tanto in tanto qualcuno non torna più.

 

(Se ti imbatti nel tuo destino allora devi ricorrerlo, anche se gli altri te lo distruggono. Lo diceva sempre il vecchio con un occhio di vetro e quattro dita alla mano destra.
Ed Ellen si era sempre chiesta come si faccia a rincorrere una cosa che è stata distrutta, o come qualcuno possa distruggere il destino.
Ma Ellen adesso non se lo chiede più).

 

 

 

{Extra:

un frammento di tutto quello che nessuno lì sa}

 

«Sta' lontana.»
«Da te?»
«Dalle coste. Dalle navi.»
«E perché mai?»
«Loro sono spaventati. Loro non capiscono.»
«Siete voi a venire sempre da me, non sono io a cercarvi.»
«È pericoloso.»
«Il mare è pericoloso.»
«Ti prego.»
«Ma a me piace così tanto ascoltare le tue storie.»
«Non sto giocando.»
«Lo so.»
E le labbra della Strega si erano posate su quelle del marinaio.
Poi c'era stato un boato e un’onda quasi li aveva colpiti. Finn aveva perso l'equilibrio e si era aggrappato al parapetto della nave.
I bagliori del sole che si preparava a sorgere erano ancora lontani, e la tempesta era parsa infuriarsi sempre di più.
E lei se ne era andata.

 

 


Earth’s notes: L’isola di Man esiste davvero, googlatela, anche se è un posto molto grande e invece nella mia storia l’avevo pensata come un isoletta piccola e sperduta. E i Gatti senza coda esistono davvero anche loro. Il resto no, è mia invenzione. Come lettrice so che i personaggi di questa storia, Ellen sopratutto, sono un po’ “vuoti” a livello di background. E anche la trama è un po’ bucata. E Il tempo è vago anche lui. Sono consapevole di tutto. Ma diciamo che avevo questa atmosfera in testa e ho cercato di metterla nero su bianco. Spero che almeno quella sia passata.

Grazie infinite a chi è arrivat a leggere fino a qui! E un grazie ancora più grande a chi vorrà farmi sapere il suo parere ^.^

(ovviamente ricambio recensioni sempre moto volentieri <3 ).

   
 
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Earth